L’autrice di questo romanzo
autobiografico è un esempio vivo di intercultura. Nata a Phnom-Penh, in Cambogia,
da madre indo-vietnamita e padre somalo, Fatima Ahmed (la pronuncia del nome Fatima cade sulla “i”)
parla fluentemente cinque lingue: cambogiano, vietnamita, italiano, francese e
inglese. Nel 1970, la famiglia di Fatima si vede costretta ad abbandonare
Il
sogno di Fatima è studiare in Europa. Per riuscire nel suo intento, dovrà fare
i conti con il padre autoritario che vuole preservarla dalla solitudine e dai
problemi inerenti allo spostamento verso un altro continente, già difficile di per sé ma di più
per Fatima che da bambina ha avuto la poliomelite e ha difficoltà nel
camminare.
Questo
libro è una commovente testimonianza della forza di volontà di una donna nel
creare il proprio destino. Ayan, nome sotto il quale si nasconde l’io narrante
dell’autrice, attraverso le sofferenze,
impara a trovare dentro di sé la patria distante. Il testo fa riflettere.
Leggendolo, si capisce che il coraggio non é un dono ma una conquista.
Aukuì vuol dire “i diavoli neri”, nome con cui i
cinesi si riferivano ai cambogiani, mentre gli altri abitanti cambogiani e
anche i vietnamiti li chiamavano “indiani”. In Somalia, la famiglia Ahmed sarà conosciuta
come “i somali della Cambogia” o semplicemente “i cambogiani”. Tutti questi
modi con cui la famiglia di Fatima è stata identificata, hanno portato Fatima a inda
Prima
di dare un nome a Fatima o al suo gruppo familiare, uno dovrebbe conoscere la
sua storia e quella della sua famiglia. Con il suo libro, Fatima ci mostra i
vari passi fatti con umiltà e tenacia, la sua lotta per affermarsi
professionalmente.
La
vita in Somalia si rivela diversa dalla vita a Pnom-Pehn. In Aukuì, la scrittrice praticamente
conduce i lettori per mano e li porta per le pittoresche vie di Mogadiscio, in
mezzo a capre, pecore, cammelli che passano e bambini che giocano. A Mogadiscio, Fatima lavorerà alla Radio,
occupandosi di un programma sulla vita
culturale della Somalia. Ogni occasione è sfruttata dalla sua personalità
aperta che vuole crescere e allar
Nonostante
le molte difficoltà (povertà, fame, la morte del padre e di uno dei suoi
fratelli, poi anche di una sorella, varie umiliazioni subite nelle case delle
famiglie in cui ha lavorato in Italia), fortunatamente Fatima ha anche trovato
persone italiane generose che l’hanno aiutata, rendendo più sopportabile la
distanza dalla famiglia alla quale ogni mese Fatima inviava dei soldi.
Dopo
essersi stabilita a Milano, dove ha fatto cari amici, Fatima ritorna a visitare
la sua famiglia a Mogadiscio, e riflette: “L’immigrato che ritorna a casa per
ritrovare i famigliari racconta solo cose belle del paese che lo ospita. I
problemi dalla sopravvivenza, la ricerca della casa, il lavoro, la terribile
nostalgia, la solitudine, sono già dimenticati, sepolti in fondo dalla memoria.
E così il miraggio della vita facile in Europa continua a coltivare i sogni
nella mente di chi desidera partire.” (Pag. 98)
La
storia di Fatima alterna scene del presente con ricordi di episodi vissuti
prima, in tanti posti diversi. Molti colpi di scena attendono il lettore.
Nell’ultimo capitolo, Fatima è a Creta con il marito italiano, conosciuto nel
periodo in cui si trovava a Milano. E poi è a Milano e sta per diventare
nonna. Ecco le sue parole: “La calma
interiore si trasforma in ali, centinaia di ali giganti, mi alzo con leggerezza
pronta a volare, intorno a me non ci sono più pareti, né sedie di ferro,
spuntano da chissà dove spazi immensi, colline dietro colline e ancora sagome
di colline in lontananza, ed in cima a tutto ci sono io, io granellino di
sabbia della Cambogia che il mare ha depositato in Italia, io che ho pagato i
miei debiti a questa vita, malgrado tutto meravigliosa e piena di sorprese, io
che vado incontro ad una nuova generazione”.
La copertina del libro ci mostra
Fatima con il nuovo membro della sua famiglia, Thomas, figlio di sua figlia.
Aukuì
trasmette forte energia combattiva e tanta speranza. Può senz’altro rivelarsi
utile a quei migranti che si trovano in un momento di scoraggiamento.