Shirin Fazel Razmanali ha ripubblicato in un formato e-book, in duplice lingua (italiano e inglese) con postfazione di Simone Brioni, il suo libro "Lontano da Mogadiscio, che ebbe la prima edizione nel lontano 1993. Il testo risulta aggiornato e ampliato così che i ricordi, gli avvenimenti presi in considerazione risalgono anche ad anni più recenti. Forse l'urgenza della rivisitazione deriva dal fatto che nella Somalia attuale esiste qualche maggiore speranza di venir fuori dalla situazione di feroce guerra civile in cui era piombata. Il testo mantiene la struttura di libro di memorie in cui la scrittrice di origine somala tende a ripristinare nel lettore la visione e l'immagine del territorio della Somalia ad una dimensione più umana. C'è una guerra civile, ma ancora una volta le cause sono da ricercare in fatti economici. Pagine struggenti del ricordo di una Mogadiscio pacifica, solidale, ove la popolazione viveva nel rispetto gli uni degli altri, in semplicità ed onestà, sono presenti in questo romanzo di ricordi. Sembra manifestarsi occultamente il desiderio che si guardi ai somali con maggiore compassione e/o forse con maggior senso di colpa perché è stato abbandonato, indotto, ad una guerra che non risparmiato nessuno dagli adulti ai bambini.
Ma sono anche significative le pagine in cui viene tracciata la vita dei somali all'estero, come si rintracciano, come si ricercano, come rivivono la tragedia che si sta svolgendo nella loro terra d'origine; come pure le pagine in cui Ramzanali narra del suo disagio di fronte alla curiosità, negli anni '70, degli italiani, che si trovavano di fronte una straniera di colore, del disagio degli italiani e della difficoltà di inserirsi in una comunità che sembrava richiudersi a riccio.
Shirin Ramzanali ha scritto un testo piacevole, senza pretese di letteratura, ma proprio per questo snello. È una rapsodia delle proprie esperienze, dei propri vissuti come immigrata della primissima generazione, come facente parte di una comunità che sta perdendo la propria identità, come straniera che riscopre le proprie origini, che, lontana da quell'inferno che era e forse lo è ancora in parte Mogadiscio, si sente quasi in colpa per non essere stata travolta nella stessa tragedia.
È il senso di colpa degli scampati dai campi di concentramento nazisti.
dicembre 2013