Quando
rientra a casa, dopo una giornata di lavoro al ristorante turco, Ringo perde
del tutto la voce.
Lo
shock nel ritrovare solo le quattro mura imbiancate, la spiazza totalmente.
Tutto è sparito, la sua vita, il suo fidanzato indiano con la pelle che odora
di spezie, il denaro nascosto, i suoi amati attrezzi di cucina, il mortaio di
epoca Meiji ereditato dalla nonna materna, la casseruola Le Creuset, il
coltello italiano regalatole per il suo ventesimo compleanno.
Perchè
Ringo ha una grande passione: cucinare. Cucinare non nel senso dello sfamarsi
fine a se stesso, ma riuscire, attraverso il cibo, a riaccendere i propri
sensi, cercare un po' di pace, rivitalizzare l'anima, insomma ritrovare se
stessi. Così senza pensarci troppo, ancora sulla soglia di casa, prende la sua
borsa di paglia e l'amato nukadoko della
nonna e decide di tornare nel suo villaggio natale. Ma la vita di Ringo è
tutt'altro che semplice. Oltre ad essere stata abbandonata dal suo fidanzato,
al villaggio natale l'attende la madre dalla quale è fuggita a quindici anni,
in un giorno di primavera, e con la quale i rapporti, con il tempo, si sono
congelati.
E
non lo smentisce il loro primo incontro. Non solo la madre vorrà indietro i
soldi prestati ma Ringo dovrà badare anche al maiale, Hermès, che fino ad
allora è vissuto in simbiosi con sua madre. E così dovrà trovarsi un lavoro, ma
perchè non aprire un ristorante? Sì, adattare il granaio costruito dallo
spasimante di sua madre, Cementino. Con un po' di fatica e aiutata dall'amabile
Kumasan, tuttofare del villaggio, ormai abbandonato dalla moglie argentina,
Shinorita, e dalla figlioletta, ecco che il Lumachino prende vita. Simbolo
della lentezza che si deve riappropriare dei nostri corpi, mentre mangiamo,
assaporando ogni singolo ingrediente e ripescare nei propri ricordi, nei propri
desideri la chiave di svolta. Così fa Ringo. Dall'asprezza dei primi tempi,
nella quiete di monti che la
circondano,
supera il suo dolore, con un lungo pianto e riacquista lentamente fiducia in se
stessa, ma soprattutto fiducia negli altri.
Il
ristorante ammetterà solo una coppia al giorno, per la quale studierà nel
dettaglio il menù appropriato, in base ai lineamenti e alla fantasia dei
clienti, coppie che non tralasciano colpi di scena, riuscirà a far innamorare due
giovani ex compagni di scuola, con una zuppa a base di zucca, carote e mele,
soprannominata Zuppa Je t'aime, farà
ritrovare il gusto della vita nella Concubina, vestita a lutto da molti anni,
smuoverà dalla depressione un piccolo coniglio inappetente, abbandonato lungo
la strada, dalla sua famiglia, tanto che la sua cucina sarà considerata
“magica”.
La
scelta degli ingredienti è quasi un'ode all'Oriente e non solo, all'insegna del
contemporaneo kilometro 0, ed ecco che il nukazuke di
mele, la zuppa in stile samgyetang di
pollo ruspante allo shōchū,
il sorbetto di yuzu,
il kyey o del Myan mar, polpette di seppia e komatsuna,
l'ashi tebichi di Okinawa, il pot
au feu francese, il maiale in agrodolce all'italiana,
il rāmen, il mapo doufu del
Sichuan, prendono vita.
Ogni
singolo incontro spronerà Ringo a proseguire lungo il suo cammino, il suo dono,
la sua abilità in cucina combinata ad una dose di profonda sensibilità avranno
il potere di rendere felici le persone, rendendo, così, un po' felice, anche se
stessa. Tuttavia il difficile rapporto con sua madre continua ad essere un
relitto arenato. Ed ecco che in una notte, bruscamente, sua madre le rivelerà
cose mai sentite prima e la serenità lentamente conquistata, viene compromessa.
Ringo smarrisce nuovamente la strada, ma quando sembra non esserci più rimedio,
qualcosa capita sempre, e nel ristorante dell'amore ritrovato basterà
far riecheggiare la sua voce, perchè tutto riprenda il suo corso.