L'intreccio della storia socio-politica della Cecoslovacchia con la
storia personale dell'autrice, legata alla dimensione di esule e quindi
in qualche modo separata rispetto al "modus" italico, fa dei romanzi di
Jarmilia Očkayová un corpus letterario di estremo interesse. Intanto
tutti i testi sono organizzati con una sapiente architettura che fa
quasi da cornice ad ogni sua opera. La costante presenza di un prologo
o di un epilogo, che fornisce prime chiavi interpretative, è
accompagnata anche da una suddivisione calibrata numericamente.
Il numero 3 e il 10 fanno da struttura costruttiva delle composizioni
della scrittrice slovacca. Tre sono le parti, ognuna suddivisa in 10
capitoli del primo romanzo; tre sono le parti del secondo romanzo.
Ancora tre sono le parti del terzo romanzo e 10 sono i capitoli di
"L'appuntamento nel bosco".
La cifra narrativa più significativa coesistente in tutti i romanzi
della Očkayová è data dalla dimensione psicanalitica scandita e
contrassegnata dalla funzione onirica.
Il sogno è elemento centrale
in ogni romanzo. In "L'essenziale è invisibile agli occhi" esso è
addirittura predittivo di sequenze narrative quasi che sia la struttura
onirica a determinare la realtà. Il sogno con la veicolazione di tutti
i simboli diventa il percorso attraverso cui si costruisce e si
organizza ciascun romanzo.
Ma i sogni raccontati non sono quasi mai
un inciampo della sequenza narrativa, sia perché sono inseriti con
calcolata opportunità, sia perché non sono sovraccarichi di simbologie e
di incongruenze nella successione sequenziale delle varie parti di essi.
Si snodano con leggerezza, così che il lettore non è infastidito dalla
loro presenza e riesce a seguire la storia e la vicenda proprio a
partire dalla loro esistenza. Il lettore non si trova davanti alla
necessità di dover assolutamente dare un significato al sogno per poter
continuare a seguire la trama. I sogni sostengono e fanno da supporto
alla trama, non si sostituiscono ad essa.
A volte il lettore non sa
fino alla fine se la sequenza narrativa sia una sequenza della storia
narrata o se si trovi in presenza di qualcos'altro. Ad esempio, l'inizio
del romanzo sopra citato dà l'impressione di trovarsi di fronte
all'inizio della storia, mentre è invece un sogno che fa quasi da
prologo a tutto romanzo. Anche il primo romanzo è tutto contrassegnato
dal fatto onirico.
Tale cifra narrativa è presente anche in racconti
apparsi su altri testi o riviste. E' così ad esempio per il racconto
"Aquetta di Nuvolara" in cui l'elemento fantastico, l'aspirazione ad
un incontro ravvicinato con un'eroina della fine del 1700, diventa un
sogno rivissuto quasi realisticamente.
Sotto questo aspetto, se il
sogno è manifestazione di vissuti inconsci che si manifestano quando
l'io non controlla più le proprie pulsioni, è anche desiderio di
realizzazioni di una realtà come si vorrebbe che fosse.
Vi è però un altro elemento che è estraneo alle storie e ai sogni, ma
che è poi il substrato identitario delle protagoniste. Intanto nei
romanzi di Jarmila Očkayová le figure maschili, salvo quelle parentali,
sono tutte figure negative. Sia un fatto voluto, o accidentale certo è
che questi uomini presenti sono cinici, contorti, poco leali o sono
sostanzialmente istupiditi. L'esaltazione della femminilità nelle
narrazioni di Jarmila è un fatto costante. Esaltazione perché le donne
sono dotate di sensibilità, di intelligenza, cultura, creatività. Ciò
che invece spesso manca alla figura maschile.
Ma ritorniamo al punto
di partenza. Vi è un aspetto che definisce in maniera inequivocabile la
dimensione identitaria delle figure femminili che sotto questo aspetto
si assomigliano pur nella loro totale diversità.
Si tratta del come
esse si relazionano alla realtà, avvertono la realtà, la percepiscono e
la assimilano. Si osservi il seguente passo tratto da "L'essenziale...":
"Da adolescente mi divertivo ad elaborare una visione del mondo fondata
sulla nostra percezione olfattiva. Il bene e il male, dicevo ai miei
amici, sono basati sugli odori: l'indole buona dell'uomo è stimolata dai
profumi gradevoli, le puzze stuzzicano il lato malvagio...".
Spesso
c'è rapporto anche conflittuale con la realtà stessa che viene modellata
secondo le proprie caratteristiche. E' la realtà caricata dal proprio
essere, dalla propria vita e dalla propria dimensione. La realtà viene
soggettivata.
Ancora un passo illuminante, a questo proposito,
tratto dal medesimo testo: "...mi sembra che al mondo stia venendo a
mancare la sua fisicità...tutte quelle cose che ci fanno consumare non
creano la fisicità del mondo. E' come se stessimo cancellando i loro
luoghi di ancoraggio, come se facessimo levitare in una specie di limbo
dove l'assenza di gravità solleva le cose e le fa muovere e le mescola
l'una all'altra senza ordine, senza un senso."
E' chiaro che una
simile percezione della realtà dipende dallo stato d'essere della
persona, dell'io, ma è la realtà ad assumere la caratteristica
dell'io.
In altri casi c'è quasi un rapporto metamorfico come ad
esempio in questo passo di "Verrà la vita...": "Mi lasciai scivolare ai
margini del prato, mi misi supina in mezzo all'avena ondeggiante. I
fuscelli cespitosi avevano il colore del grano maturo, le spighette
pendule e cave odoravano di paglia....Ero felice"
E ancora in
"Appuntamento nel bosco" si dice: "Sapevo benissimo che gli alberi
parlano; basta che li tocchi per farti conoscere...basta che abbracci il
tronco, o ti sdrai su un ramo, e appoggi l'orecchio sulla corteccia e
loro ti sussurrano un sacco di cose, e se cerchi di capire da dove
arrivano quelle voci vedi solo le foglie muoversi pian piano come tante
linguette.."
Il rapporto con la realtà umanizzato pur se
conflittualizzato è possibile desumerlo anche dal racconto apparso sulla
rivista "Kuma" dal titolo "le piccole ferite" ove il rapporto tra l'io e
gli oggetti collocati nello spazio assume una dimensione oppositiva, che
si trasforma in senso di colpa perché è l'io che colloca, confeziona
quello spazio e quella posizione degli oggetti, è l'io che produce
"ferite" alla realtà e si ha bisogno di rattopparla, quasi di curarla
dopo la nostra disattenzione.
Nei romanzi vi è una caratteristica che accomuna tutti i
protagonisti. Essi sono personaggi sradicati. Lo sono Barbara e Stefania
del primo romanzo, perché Barbara si allontana dalla sua città per
sfuggire e allontanarsi dal padre, ma anche Stefania, montanara, per
percorrere il suo cammino di maturazione si allontana; lo è Agata del
secondo romanzo, che è un'esule politica; lo è Nadia che ha dovuto
lasciare la sua prima casa, dopo la morte del padre; infine anche Ramona
è un'esule politica sfuggita con la famiglia agli orrori della guerra
nei Balcani.
E' pur vero che l'allontanamento è una delle funzioni
principali della fabula narrativa secondo lo schema che Propp
rintraccia nelle fiabe di magia, ma che poi è possibile trasportare
anche ad ogni altra struttura narrativa, però in Jarmila esso si coniuga
con la disappartenenza che determina la condizione del personaggio e
l'esito finale delle vicende, come in "Verrà la vita e avrà i tuoi
occhi" oppure come in "Appuntamento nel bosco".
Di notevole spessore è poi il background culturale che appare nei
romanzi della Očkayová. Il narratore di ciascun romanzo è centrato
all'interno del personaggio principale e in esso si manifestano gusti e
conoscenze artistiche significative. Lo spazio della cultura messa in
opera va dalla musica alla filosofia, all'arte, al teatro, alla
letteratura. Jarmila non ama personaggi che non esprimono anche
consapevolezza culturale e artistica.
Nel primo romanzo, ad esempio,
vengono citati Dostoevskij, Kafka, ma poi anche il filosofo Berkeley, e
ancora Jung e Freud, Saint Exupéry e Nietzske, Hugo e il Grechetto,
Pitagora e Botticelli.
E' una galleria di nomi, di teorie, di
esperienze culturali che modellano l'io narrante e lo rendono pieno di
consapevolezza dell'appartenenza a un'umanità che non ricomincia da
capo, e che tuttavia ogni volta deve riprovare e rivivere in sé le
esperienze e sensazioni che già altri hanno fatto, che ha quasi bisogno
di confortarsi con quanto l'uomo ha già visto, vissuto, costruito,
donato all'umanità.
La presenza di tanto spessore culturale nei
protagonisti non ne fa delle figure avulse dalla realtà o superiori,
perché i riferimenti culturali vengono quasi spontanei senza forzature o
senso di superiorità.