Nota biografica | Versione lettura |
Piove.
Una nebbia più che una pioggia.
Dietro di me, laggiù, c’è un vecchio che mi segue. Non quello con l’impermeabile. Quello con il cappello nero tipo paracadutista e il bastone.
Sono sicura che mi segue. L’ho notato altre volte in questi ultimi giorni.
Ho quarantotto anni, la mia famiglia è la scuola. Ho un amante. Fabio.
Oggi non lavoro, pago il biglietto da tre euro e entro qui all’Orto Botanico. Mi capita quando non so che pesci prendere.
Questo luogo mi fa bene. Tutti vanno d’accordo. Pesci e ranocchi. Alberi secolari e fili d’erba. Stagni e siepi. Sassi ed edifici. Aironi e merli.
Mi riposo. Rifletto.
Sono un’insegnante elementare. Ho una seconda quest’anno. La mia è una classe multicolore.
La dirigente ha fatto in modo che i bambini italiani doc fossero divisi da quelli non certificati. Come le mozzarelle.
È una cosa vera.
Logico che ho protestato, ho usato una parola che spesso è solo un suono: integrazione. Mi ha risposto molto materna, che i miei bambini possono avere un problema di lingua e rallentare le lezioni. Che possono contagiare, smettono di parlare bene anche gli italiani “puri”. Meglio che stiano divisi. Al contrario, ho risposto, devono stare mischiati. Si contagiano nel senso che imparano tutti qualcosa.
Mi ha proposto di andare in vacanza qualche giorno.
Passeggio. Intanto piove in uguale misura su tutto. Sui ranocchi verdi, sui pesci rossi che non si bagnano, su questa quercia che si sbraccia. Su quel fungo nero. Su di me. Sull’airone cenerino. Una classe multicolore anche l’Orto Botanico.
L’uomo col cappello si ferma davanti serra delle piante grasse.
Nella mia classe vivono bambini come su una zattera, in attesa di essere riconosciuti dallo Stato. La maggior parte, contrariamente a quello che dice la dirigente, parlano italiano bene perché sono nati in Italia. Non sono italiani.
Che schifo.
Un problema burocratico dicono.
Dalla mia zattera quest’anno manca una bambina, Aidha. Le abbiamo lasciato il banco libero. Per quando torna. Il padre l’ha caricata su un aereo e portata in Libano senza il consenso della madre. Non ne abbiamo più notizie. La mamma Fadwa viene a trovarmi e si dispera. A volte porta la merenda ai bambini e qualche gioco da tenere a scuola. Sua figlia è sparita e lo Stato non fa niente. Ha sette anni, è nata qui. Non conosce altro che l’Italia. Non è italiana. A volte giochiamo a “Facciamo che ci sia” e la interrogo. C’è sempre qualcuno che risponde dicendo: lei avrebbe detto così secondo me.
Nella mia classe multicolore c’è anche Michele. È sulla sedia a rotelle. Guarda lontano e sbava. Ogni tanto urla. L’insegnante di sostegno ha troppi bimbi da seguire e lui non è certo un buon investimento. Dice che non migliorerà. Lo parcheggiano sulla nostra zattera.
E io vengo qui a diluire l’amaro.
Il sentiero di sassi bianchi mi accompagna al laghetto.
Una tartaruga allunga il collo e si guarda intorno. Si decide, si tuffa. Una foglia gialla ne approfitta e atterra sul carapace scuro. Penso a un mondo senza colori.
Ecco l’uomo col bastone. Mi viene incontro. Anticipa il discorso facendomi segno con l’indice puntato al cielo.
- Signora! Senta …
Alla buon’ora si è deciso! Non è amichevole.
- Buongiorno, dica …
- Sono Piero Magris … le dice niente il cognome?
- Conosco un Fabio Magris.
Il vecchio sta per ruggire lo vedo. Tormenta il cappello. Si appoggia al bastone.
- Sono suo padre.
- Piacere Silvia, c’è qualcosa che posso fare per lei?
Faccio per stringergli la mano. La rimetto in tasca.
Ho un brivido. C’è un po’ di brezza e l’acqua raggrinzisce.
- Mio figlio è sposato lo sa?
- Io no invece … io non sono sposata.
- Ma lei che è sposato lo sa?
- Non è un problema mio. Non crede?
- E poi lei è … vecchia per lui e anche ... mi perdoni l’onestà … è nera. A me non piace girare intorno ai problemi. Lui è un uomo con infinite possibilità inserito in un buon ambiente. Con gente di sani principi. Uno scandalo, lo capisce? Magari lei ha qualcosa di speciale …
- Scopo bene?! … Cosa vuole che le dica. Perché è venuto da me? Parli con suo figlio.
- Farò finta di non aver sentito. Lui non mi ascolta, ha perso il senno, ha deciso che lascerà sua moglie Laura per stare con lei.
- Davvero? A me non l’ha detto.
- Ma …
- Ma in effetti sono negra. Un po’, non del tutto. I miei nonni paterni erano nigeriani. Clandestini sa … Mia madre è una donna bianca felice. Ha sposato un uomo nero. È noto come siano amanti ben attrezzati. Ne è al corrente vero?
Al vecchio gonfia una vena sulla tempia. Diventa rosso.
- Non faccia la spiritosa. Lei non capisce. Io pretendo … Non ho niente contro le altre razze. Non mi piacciono le mescolanze.
- Certo che capisco … siete in tanti. Non avete niente contro le altre razze. Basta che stiano a casa propria. La nostra conversazione finisce qui. È per gente come lei che … è inutile spiegarle …
- No … senta, lei deve aiutarmi.
- Addio! Non stimoli la mia fantasia. Mi vengono in mente molti modi per aiutarla ma nessuno che le piacerebbe.
Me ne vado. Accelero. Corro. Mi volto. L’uomo procede incerto appoggiandosi al bastone. Mi viene in mente la Banalità del male, il libro della Arendt.
Che schifo.
Questa mattina mancano quattro bimbi, è l’influenza. Fadwa è venuta a portare dei biscotti. Non si dovrebbero accettare perché non sono confezionati, ma per lei faccio un’eccezione. Le eccezioni sono in genere più simpatiche delle regole. Mi racconta che ha contattato la televisione, una trasmissione di denuncia. Le hanno detto che faranno di tutto per farle avere notizie della bambina. Speriamo che sia così. Io, mentre lei era in classe, ho fatto una domanda a Aidha, di calcolo. Ha risposto Ana al posto suo, lei viene dal campo Rom della periferia. Fadwa si è commossa. Le ha dato un dolcetto. Le ha fatto una carezza.
Ieri dopo che sono scappata dall’orto botanico sono passata dall’agenzia di viaggio. Vado in Nigeria nelle vacanze di Natale. Mi farà bene staccare un po’. Vado da sola, i miei non hanno voglia di viaggiare. Laggiù ci sarà qualcuno che ha da ridire lo stesso.
Sono un po’ bianca.
Non ho chiamato Fabio.
Spero che la gente come il padre di Fabio e la dirigente vengano sterminate da un’epidemia.
Spero che Fadwa trovi un po’ di pace.
Del resto Aidha in arabo vuol dire “Colei che parte ma ritorna” .
I nomi significano sempre qualcosa.