El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Nota biografica | Versione lettura |

semplicemente senegal-racconti di viaggi

chiara barison

"semplicemente senegal - racconti di viaggi" è un romanzo. Il comitato editoriale di el-ghibli, per ragioni redazionali e perchè la pubblicazione di interi romanzi non rientra nelle linee editoriali della rivista, ha ritemuto opportuno mettere in rete solo i primi tre capitoli.

CAPITOLO 1: 2PAC E LA PARTENZA

Milano, 02 marzo 2009

La partenza si avvicina e tutto l'entusiasmo di qualche giorno fa si sta miseramente spegnando. Non è il mio primo viaggio in Senegal ma questa volta mi sembra quasi di avere paura. Sì, sono già stata per due mesi a Pikine, ma abitarci per sei, non sarà esattamente la stessa cosa.
Mi fa rabbia quando la gente prende sotto gamba la disciplina antropologia e la ricerca etnografica. Tutti mi lanciano frecciatine riferendosi al mio prossimo viaggio come una bella e lunga vacanza. So anche io che ci saranno momenti piacevoli, il Senegal è uno dei paesi che amo, ma nessuno ha mai riflettuto su una cosa. Partire per fare ricerca non è solo eccitamento per il cambiamento, non è solo quella intensa sensazione che ti pervade e che non si può descrivere, ma vuol dire prima di tutto lasciare la propria casa e i propri affetti; è una scoperta, ma è anche una perdita.
Per chi ha una famiglia la gioia si mescola al dolore. Amici e familiari, ormai abituati ai costanti arrivederci, devono a loro modo pagare la scelta personale di queste partenze.
Io dico che i miei genitori sono santi, non solo si sono arresi al fatto che la loro figlia non sarà mai l'impiegata di banca che vive e lavora vicino casa, ma anche che sarà spesso lontana.
E che dire di mia figlia? Mi perdonerà, da grande, per averla obbligata a vivere dai nonni per lunghi periodi? Ho già le lacrime agli occhi ma so che questa volta non potrò portarla con me, i progetti e le idee che voglio sviluppare, come andare al Sud, nella Casamance dove ci sono ancora gruppi di ribelli, potrebbe essere pericoloso per una bambina così piccola.
La preparo da giorni, cercando di spiegarle con la massima sincerità che la mamma andrà via per lavoro. Lei mi abbraccia ed è triste, è così doloroso, ho gli occhi gonfi di pianto e mi chiedo se davvero ne valga la pena.
Ho sempre creduto e credo tutt'ora fermamente al valore della ricerca sul campo, all'immersione, al contatto, al darsi completamente all'esperienza che il contatto con un altro paese e un altro popolo può dare, ma questo tipo di lavoro comporta sacrifici che non tutti sarebbero disposti ad affrontare. È allora tempo per la gente di non ridicolizzarla e di non associarla banalmente ad una vacanza spensierata.
Mi sento così filosofica questa mattina e sorrido, che grande filosofa, seduta per terra davanti la biglietteria della stazione di Milano, cuffie sulle orecchie e Lady Saw che canta "I'm a bad girl....., I'm bout to crash...". Fantastico. Guardo le persone e osservo la loro fretta compulsiva, io invece mi dondolo al ritmo della dancehall e gli sguardi mi scrutano confusi.
Anche questo non mi infastidisce, sono sempre stata una grande esibizionista. In ogni caso riflettevo stamattina venendo vero la stazione e scontrandomi con la miriade di persone che andavano al lavoro, un flusso unico di grigio, gente impacchettata nei loro abiti stirati e perfetti, intossicati dalla nicotina e quello sguardo di chi non ha più una vita. Nove ore in ufficio per prendere uno stipendio che permetterà di pagare 900 euro per un monolocale? No grazie, preferisco vivere.
Mi sono sentita incredibilmente fortunata stamattina, non solo per le possibilità che ho avuto, ma anche per il carattere che ho avuto, dono o costruzione, ancora non so, ma ringrazio per essere sempre stata così anticonformista ed aver sempre avuto il coraggio di seguire i miei sogni, per quanto folli, di aver sempre dato peso al mio istinto e di non essermi lasciata ingabbiare da una società vuota e superficiale come quella italiana di questi ultimi anni.
Per tirarmi su di morale cambio canzone nel mio mp3 e metto 'Dear Mama' di 2pac, che poesia di canzone. Metto in stand by la mente e mi immergo nelle parole di uno dei più grandi rapper di tutti i tempi. A voi il testo, provate a cercarla e ad ascoltarla, per i pochi folli che non conoscono 2pac.

“When I was young me and my mama had beef
Seventeen years old kicked out on the streets
Though back at the time I never thought I'd see her face
Ain't a woman alive that could take my mama's place
Suspended from school scared ta go home
I was a fool with the big boyz
Breakin' all the rules
Shed tears with my baby sister, over the years
We was poorer than the other little kids
And even though we had different daddy's
The same drama
When things went wrong we'd blame mama.
I reminisce on the stress I caused
It was hell, huggin' on my mama from a jail cell
And who'd think in elementary
Heeey! I see the penitentiary!
One day, runnin' from the police...
That's right mama cacthed me,
Put a whoopin' to my back side
And even as a crack fiend, mama
You always was a black queen, mama.
I finally understand, for a woman it ain't easy
Tryin' ta raise a man
You always was committed
A poor single mother on welfare
tell me how ya did it?
There's no way I can pay ya back,
But the plan is ta show ya that I understand
You are appreciated

[Chorus]
(Lady, don't cha know what love is?)
Dear mama.
(Sweet lady, place no one above ya)
You are appreciated
(Sweet lady, don't cha know what love is?)

Now ain't nobody tell us it was fair
No love from my daddy 'cause the coward wasn't there
He passed away and I didn't cry
'Cause my anger wouldn't let me feel for a stranger
They say I'm wrong and I'm heartless
But all along I was looking for a father he was gone
I hung around with the thugs
And even tho they sold drugs
They showed a young brother love...
I moved out and started really hangin'
I needed money of my own so I started slangin'
I ain't guilty 'cause even though I sell rocks
It feels good puttin' money in your mailbox
I love payin' rent when the rent is due
I hope you got the diamond necklace that I sent to ya
'Cause when I was low you was there for me
Ya never left alone 'cause you cared for me
And I could see you comin' home after workin' late
Ya in the kitchen tryin' ta fix us a hot plate
Ya just workin' with the scraps you was given
And Mama made miracles every Thanksgivin'
But now the road got rough, you're alone
Tryin' to raise two bad kids on your own
and there's no way I can pay ya back,
But the plan is ta show ya that I understand
You are appreciated

Chorus

Pour out some liquor and I reminisce
'Cause thru the dram I can always depend
On my Mama
And when it seems that I'm hopeless
You say the words that can git me back in focus
When I was sick as a little kid
To keep me happy there's no limit to the things
You did
And all my childhood memories
Are full of all the sweet things ya did for me
And even though I act crazy
I gotta thank the Lord that you made me There are no words that can express how I feel
Ya never kept a secret, always stayed real
And I appreciate how you raised me
And all the extra love that cha gave me
I wish I could take the pain away
If you can make it through the night
There's a brighter day
Everything will be alright if ya hold on
It's a struggle every day, gotta roll on
There's no way I can pay ya back,
But the plan is ta show ya that I understand
You are appreciated

Chorus”

CAPITOLO 2: 'HANNO DETTO CHE LÌ SI STA BENE...'

Dakar,13 marzo 2009

Sono seduta in una panchina appena fuori la facoltà di lettere e scienze umane; non faccio altro che mettere e togliere un piccolo maglioncino nero. C'è il sole ma un vento fastidioso rovina una bellissima giornata.
Se avessi ascoltato i consigli di mia mamma quando, da buona donna del sud, mi diceva di portarmi maglioni, golfini, felpe e quant'altro; io testarda come sempre pensavo che non mi sarebbero serviti, in fin dei conti lo scorso anno, nello stesso periodo, faceva già caldo.
Quest'anno invece fa freddo e la sera serve una coperta. Il tempo sembra seguire il cambiamento che da qualche anno sta attraversando la società senegalese.
I mutamenti che sono già avvenuti e che continuano ad essere generati anche e soprattutto dai flussi migratori trasformano non solo le relazioni sociali, ma anche le funzioni dei ruoli, la fisionomia del paese, le aspettative dei giovani e il tempo.
Sì, perché la globalizzazione ha investito come un uragano tutto e tutti, non lasciando indenne niente e nessuno.
Qui in Senegal il conflitto tra tradizione e modernità (sarà poi giusto chiamarlo conflitto? E sarà poi giusto riferirmi a 'modernità' quando mi riferisco semplicemente a mode importate dai paesi occidentali?...) è particolarmente forte ed evidente.
Qualche sera fa, chiacchierando nella boutique di Awa, assieme con la boutique di Moustapha, i due punti di riferimento per l'incontro e il dibattito, si parlava di immigrati senegalesi in Italia. Mi sono azzardata a dire che il numero delle donne senegalesi presenti in Italia (non solo attraverso i ricongiungimenti familiari) era notevolmente aumentato.
Una ragazza amica di Awa ha subito sentenziato: “Ici on dit qu'elles sont des putes” (qui dicono che sono puttane). Non mi sconvolge proprio per niente. Di solito è il modo più semplice per dissuadere i giovani da comportamenti ritenuti non parte della tradizione o di ciò che è socialmente accettabile. Quando poi questi comportamenti vanno a toccare il ruolo della donna, il monito è uno e forte: 'sei una puttana'.
Sei allora una puttana quando ti vesti troppo provocatoriamente (o troppo all'occidentale, per farla breve), quando ti trucchi troppo, quando ti fai il piercing (moda anche questa di nuova importazione, con piercing a livello labiale, soprattutto); sei una puttana quando hai rapporti sessuali prematrimoniali, quando frequenti discoteche e bar, quando decidi di immigrare. La società senegalese non sembra ancora essere pronta ad accettare una scelta di questo tipo. Al contrario l'emigrazione maschile è parte integrante della vita della società stessa, linfa vitale per la sopravvivenza del gruppo. Nessuno solleva dubbi a riguardo, né tanto meno la mette in dubbio; essa è una necessità per la comunità stessa.
In ogni famiglia almeno una persona (ma in molti casi anche più di una), sono emigrati in Italia (e sottolineo Italia).
All'università ho conosciuto un ragazzo al secondo anno di dottorato in fisica nucleare, Mamadou Mbaye. Tutti e cinque i suoi fratelli sono in Italia, uno si è sposato con un'italiana, uno è deceduto in un incidente stradale, sempre in Italia. Ma Mamadou non è un caso isolato, è un esempio come se ne potrebbero citare altri.
E' ovvio dunque che la società senegalese subisca, direttamente o indirettamente, cambiamenti evidenti.
I primi cambiamenti si possono facilmente notare a livello di socializzazione primaria, ovvero all'interno delle famiglie allargate.
Le famiglie si disgregano e i rapporti vengono mantenuti attraverso il telefono, o internet, mentre vengono 'ricuciti' o 'riallacciati' solo nel periodo di vacanza, periodo nel quale gli immigrati più fortunati tornano a casa, a volte con una cadenza annuale, molto più spesso con una frequenza di un paio d'anni tra un ritorno ed un altro.
Le mogli sono spesso lasciate al paese dove assumono il ruolo di padre, ruolo condiviso con i nonni o gli altri membri della famiglia allargata. Il concetto stesso di matrimonio si è modificato; la vita coniugale è ridotta ad un mese o al massimo due, periodo in cui il marito ritorna per le vacanze, magari da ripartirsi tra due o più mogli.
Spesso questi momenti coincidono anche con il concepimento. I figli percepiscono la figura paterna come un'entità astratta, lontana, più legata ad un nome e ad una voce, che ad una persona in carne ed ossa; c'è chi non ha ancora conosciuto il padre e sono bambini di tre, quattro, anche cinque e sei anni. Eppure i 'modou-modou' restano il mito, l'aspirazione a cui puntare, l'ambizione massima a cui i giovani mirano, con la giustificante tanto banale quanto detta e ridetta dell'immagine che questi immigrati rinviano una volta tornati in patria. Essi sono l'esempio concreto del successo, di chi ha fatto i soldi (anche se spesso non è così nella realtà), di chi è salito nella scala sociale in pochissimo tempo, delle persone a cui la gente dà rispetto massimo.
Ieri ho passato un intero pomeriggio a discutere con quattro ragazzi al campus universitario. Tutti e quattro con delle belle carriere accademiche di fronte, tutti e quattro con la speranza di partire per l'Italia. (“Ils ont dit que là bas c'est bien”, “hanno detto che lì si sta bene”- vorrei proprio capire 'chi' sono queste persone a cui si riferiscono e cosa intendano poi per 'stare bene', visto come la maggior parte degli immigrati si trova a vivere specie nei primi anni del loro percorso migratorio).
Come riuscire a spiegare loro che oggi la situazione non è più quella di dieci anni fa? Che oggi non c'è più lavoro? Che tanti modou-modou stanno rientrando a casa perché non ci sono più possibilità per loro in Italia?
Inutile, il mio è fiato sprecato, mi continuano a chiedere perché 'io sia contro l'immigrazione'. Eppure ciò che cerco di spiegare è tutt'altro, ma non mi ascoltano, rimangono fermi sulla loro idea che partire e fare i soldi resti la cosa più auspicabile da fare.
E questo è proprio il dramma di un'intera società, cioè quando ad intraprendere un percorso migratorio non sono più solo individui senza istruzione che non hanno nessuna situazione stabile nel proprio paese, ma quando persone anche di una certa istruzione o con lavori più che soddisfacenti, spinti dal mito dell'immigrato che ha fatto soldi in poco tempo, decidono di abbandonare tutto per rischiare in un progetto che non sempre è positivo.
Questi studenti vanno anche oltre e azzardano a dire che l'intera classe dirigente senegalese è formata oggi da ex modou-modou, o, per farla breve, da persone generalmente poco scolarizzate, partite all'estero in cerca di fortuna e che una volta fatti i soldi, sono tornati in patria.
La mia domanda ora è questa, come affrontare la tematica migratoria qui in Senegal, società di partenza di numerosi immigrati, per poter proporre soluzioni concrete che possano generare uno sviluppo locale e frenare in qualche modo queste partenze compulsive?
Mi scoraggio, la battaglia sembra persa in partenza, alla prima occasione di partire, chiunque partirà, dal contadino al maestro, dall'analfabeta al laureato, giovane o già adulto.
Penso a come un mito spesso fasullo come quello dei nuovi eroi sociali, i modou-modou, possa avere portato ad un cambiamento di tale portata.
Concludo con un accadimento capitatomi ieri nel bus che dall'università mi riportava a Pikine. Io, seduta, di fronte a me un ragazzo dalla pelle chiara, originario della Guinea, discuteva ad alta voce con Alassane, un ragazzo con cui condivido casa e tragitto e, come se non fossi seduta proprio lì di fronte a loro, chiedeva proprio ad Alassane di me, da dove venissi e cosa facessi in Senegal.
Ad un certo punto ha esclamato stupito: “ma perché viene a studiare qui dall'Italia, quando tutti vorrebbero andare lì?”.
Una triste constatazione che rispecchia esattamente la realtà attuale del Senegal. Anno 2009.

CAPITOLO 3: IL BUSINESS DEI MARABUTTI

Pikine, 26 marzo 2009

Oggi stavo riflettendo sul ruolo giocato dai marabutti, dopo aver allontanato l'ennesimo 'mendiant', uno dei tanti bambinetti che si possono vedere e incontrare a Dakar e periferia.
Girano per le strade soli o in gruppetti di cinque, sei, di solito scalzi, con una specie di barattolo di latta al braccio, chiedendo la carità per il marabutto di riferimento. L'età di questi bambini è variabile, facendo una stima approssimativa direi dai quattro ai dieci, undici anni. Una situazione mi ha colpito in particolare: ero in autobus, tornavo dall'università; ad uno dei tantissimi stop causati dal traffico, all'altezza della porta d'uscita all'improvviso è spuntato lui, cinque anni al massimo, scalzo, la maglietta stracciata. Al braccio il tipico barattolo. Come un cantante professionista si è schiarito la voce e posizionandosi proprio davanti quella porta ha iniziato ad intonare un canto religioso.
La sua voce chiara e limpida incantava e io mi sono ritrovata per un attimo trasportata lontano da pensieri, stress e fatica; ma il rumore delle monetine al contatto con la latta del barattolo mi ha fatto ritornare subito con i piedi per terra. Bravissimo cantante, ma pur sempre un bambino privato della sua infanzia per soddisfare i bisogni di un marabutto. Certo, vi direte voi, giudizio forse superficiale fatto con lo sguardo occidentale, eppure non c'è pratica culturale o religiosa che possa giustificare lo sfruttamento di minori. Gli anziani del quartiere mi dicono che questi bambini non sono sfruttati, anzi, sembra quasi che il marabutto sia così clemente e magnanimo da farsene carico. La dinamica è questa: spesso le famiglie meno abbienti (ma non solo...), trovandosi nell'impossibilità di mantenere un numero di figli che a volte supera anche la decina, decidono di 'affidarli' al marabutto del quartiere.
Quest'ultimo, con la promessa di dare loro cibo e istruzione, li prende sotto il proprio tetto e la propria autorità. Effettivamente, se la cosa corrispondesse a realtà, potrebbe anche essere lodevole, cibo e istruzione gratuita a bambini che, altrimenti, non avrebbero mai potuto permetterselo, cosa chiedere di più?
Purtroppo tra ciò che la gente pensa sia vero e quello che in realtà di reale c'è, la differenza può essere enorme. L'immediatezza nella conoscenza è spesso fuorviante e questa è anche una delle regole fondanti della ricerca su campo.
Nella realtà dei fatti questi bambini ingrossano le fila dei già numerosi talibé (fedeli) di queste figure religiose, al vertice dell'intera società senegalese. Essi vengono sì presi a casa del marabutto, ma per essere poi spediti giornate intere a mendicare.
I marabutti si giustificano dicendo che quei soldi serviranno poi a mantenere i bambini stessi, sarà, quello che resta sono ragazzini scalzi che continuo a vedere ovunque, anche fino alle dieci di sera.
Mi sorge spontanea la domanda: stando in giro giornate intere, come possono concretamente ricevere un'istruzione adeguata? Come possono essere sfamati correttamente? E poi, l'insegnamento mnemonico del Corano può essere considerato istruzione sufficiente? (sinceramente l'unica associazione che faccio è quella con le madrasse- le scuole coraniche- sparse per tutto il Pakistan).
Osservando e studiando la società senegalese dal 2001 mi rendo conto che essa è un'enorme rete sociale, i cui vertici, i marabutti, non sono solo gli unici beneficiari di enormi ricchezze ma ne sono anche gli unici controllori.
La gente, ritrovandosi anche a causa dell'attuale crisi economica, in una situazione di disagio e povertà crescente, trova in essi l'unico supporto, non solo spirituale ma anche spesso, economico.
Loro, i leader religiosi, trovano terreno fertile per accrescere il loro potere e la loro autorità all'interno delle comunità. Tocco un argomento taboo; non si può parlare dei marabutti definendoli una sorta di 'mafiosi locali'. In varie occasioni ho provato ad addentrarmi nelle dahire delle confraternite, ho discusso e dibattuto con numerosi di questi marabutti, sia qui che in Italia.
La mia posizione potrebbe anche avere ripercussioni gravi. Non sono rari agguati a persone che si sono apertamente schierate contro di loro. I seguaci più fedeli, chiamati baye fall, che girano per le strade cantando e inneggiando ai loro leader, sono a volte talmente indottrinati (e fumati) che arrivano anche ad aggredire persone che non la pensano come il loro marabutto di riferimento.
Di una settimana fa l'uccisione a calci e pugni di un ragazzo, ritenuto un talibé di un altro marabutto, a Thiès, cittadina ad un'ora di strada da Dakar. Gli aggressori? Alcuni baye fall appunto. Il mandante? Non lo si dice apertamente, ma ufficiosamente tutti sanno che è stato, con molta probabilità, il marabutto a cui questi baye fall si rifacevano.
L'idea che mi sono fatta è che ci sia una sorta di omertà che unita alla povertà porta la gente ad affidarsi a questi leader più per disperazione che per reale convinzione o spirito religioso.
Da parte loro, i marabutti sono estremamente convincenti, tanto da poter annoverare tra i propri adepti anche numerosi occidentali convertiti all'Islam sufi.
Abili comunicatori e manipolatori, sanno cosa dire e come dirla, sanno perfettamente cosa la gente vuole e come ingraziarsela, al punto che alcuni sono disposti ad uccidere nel loro nome. Matador, il presidente dell'associazione 'Africulturban', con cui collaboro dallo scorso anno e cantante rap molto conosciuto, mi ha lanciato la proposta; " Perché non fai un documentario sulla mafia messa in piedi dai marabutti? Solo che una volta montato e pubblicato dovresti lasciare il paese, altrimenti rischieresti la pelle...".
Matador ha ragione, in pochi hanno avuto il coraggio di mettere in luce il lato oscuro delle confraternite. Molti studi si sono concentrati, a volte con un'attitudine troppo buonista o superficiale, solo sugli aspetti positivi, sullo spirito della condivisione,sulla valorizzazione del lavoro, sulle collette che hanno permesso la costruzione di edifici pubblici, che, seppur presenti sono appunto solo gli aspetti più superficiali e forse solo quelli più visibili.
Le fondamenta sono ben altre e devono far riflettere soprattutto se si pensa che sono loro i vertici di un'intera società. Nessun politico potrebbe avere voce e poltrona se non fosse in accordo con i marabutti più influenti; sarebbe impossibile avere anche solo i voti della gente, figuriamoci se un politico si azzardasse a fare insinuazioni come quelle fatte fino a qui (anche se in tanti la pensano esattamente come me).
L'eccessivo indottrinamento e il ricorso alla magia (un altro punto fondante della società senegalese) sono due dei più grossi ostacoli allo sviluppo del paese.
Attraverso i piccoli 'mendiant' questi due punti sono entrambi 'visibili': sarà facile osservare, buttando l'occhio all'interno dei loro barattoli di latta, che non ci sono solo monete e monetine, ma anche un'infinità di altre cose, piume, frutta, sacchettini di 'lait caillé'' (una sorta di yogurt), panini, candele.....; queste non sono, come si potrebbe pensare, offerte fatte al marabutto, ma pegni contratti con gli altri marabutti (non leader religiosi ma una specie di maghi-guaritori).
Importante fare la distinzione, anche se non sono rari i casi di marabutti nel contempo leader religiosi e maghi-guaritori.
Quando vedo una persona mettere una candela nel barattolo di un mendiant, so con certezza che questa stessa persona sarà andata il giorno prima dal marabutto mago-guaritore per fare un 'maraboutage' (una magia), benevola o meno, per risolvere uno dei suoi problemi.
A questo punto risulta evidente che il paese è ancora bloccato su questi due piani e finché la mentalità non comincerà a cambiare non sarà mai possibile nessun tipo di sviluppo a lungo termine.
La mia paura è una: a causa dell'attuale crisi economica la situazione non farà che peggiorare e la gente ripiegherà ancora di più sui marabutti, di entrambi i tipi e ciò sta già in realtà avvenendo. Le elezioni municipali tenutesi la scorsa domenica hanno visto la vittoria proprio di un marabutto leader religioso, ora anche sindaco di una delle più grandi città del Senegal, Saint-Louis.
Religione e politica, un mix da sempre pericolosissimo e noi, da italiani, ne sappiamo qualcosa, vista la continua ingerenza della Chiesa nelle scelte politiche del nostro governo.
Ultima osservazione: Touba, la città santa del Senegal, è interamente gestita dal marabutto più influente del paese e dalla sua famiglia, tal Mahamadou Lamine Bara (da notare che sia lui che tutti i suoi familiari hanno passaporti diplomatici....)
. Da anni il marabutto distribuisce terreni edificabili a prezzi stracciati ai propri fedeli. Qui luce e acqua non si pagano, è lui stesso a provvedere (o almeno così credono le persone).
La gente arriva da ogni parte del paese, la città cresce a vista d'occhio, così come il potere del marabutto.
Dakar comincia pian piano a passare in secondo piano, tanto che ad oggi è Touba la città dove gli emigranti senegalesi partiti all'estero investono e costruiscono.
La gente è in venerazione totale, basti pensare a cosa possa voler dire per un paese in via di sviluppo un posto dove le case vengono praticamente regalate e le bollette non si devono pagare.
Le persone descrivono Touba come il luogo in cui: "mentre cammini la gente ti ferma per portarti da mangiare e offrirti un posto dove dormire". Il marabutto è quasi divinizzato e quando compare folle in delirio si accalcano per vederlo, parlargli, toccarlo. Peccato che quelle stesse persone si dimentichino che i soldi di questi marabutti siano, in fin dei conti, i loro. Sì, perché i miliardi che questi 'moderni imprenditori della religione' si sono fatti nel corso degli anni, altro non sono che le offerte fatte dai fedeli stessi.
I senegalesi si sono auto-convinti che quei terreni 'regalati' e quelle bollette pagate siano regali magnanimamente offerti dai marabutti, quando in realtà sono loro stessi che se li sono pagati.
Sarà che io non riuscirò mai a capire realmente i meccanismi socio-culturali alla base della società senegalese perché non sono senegalese; sarà che io, per quanti sforzi faccia, avrò sempre lo sguardo viziato dalla mia cultura di appartenenza; sarà per tante altre mille ragioni ma queste osservazioni che ho avuto modo di vedere e annotare, a me, fanno riflettere e, per certi versi, preoccupano.
Fino a che punto crescerà il potere e l'influenza dei marabutti? Fino a quando quel bambino sarà costretto a cantare davanti alle porte d'uscita degli autobus? E quanti ancora verranno sottratti ai percorsi formativi pubblici per essere spediti a veri e propri indottrinamenti caserecci, a causa dell'attuale crisi economica?
Fino a quando questi
marabutti si faranno portavoce di un Islam moderato e non invece di uno fondamentalista? Quante domande ancora senza risposta e nella mia mente ritornano nitide le parole del mio professore di sociologia, al primo anno di università: " La religione? l'oppio dei poveri".

Inizio pagina

Home | Archivio | Cerca

Archivio

Anno 7, Numero 29
September 2010

 

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links