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la strana notte di vito renica, leghista meridionale

igiaba scego

L'intestino di Vito Renica era in subbuglio. L'intestino di Vito Renica rumoreggiava impetuosamente.
L' intestino di Vito Renica non era in armonia con il mondo.
Odori, suoni, crampi.
Vito Renica si sentiva un'orchestra impazzita. Un'orchestra che puzzava di cavolo fritto. L'uomo si sentiva uno straccio. Lo sapeva che quella non era la giornata giusta per andare a Roma, ma doveva incontrare qualcuno e se avesse perso quella occasione chissà quando ne sarebbe capitata un'altra.
Doveva resistere, non aveva altre alternative.
Vito infatti aveva un grosso problema: non cagava da quattro giorni! Questo naturalmente stava creando fortissimi scompensi nel suo corpo un tempo perfetto.
Per Vito la vita era racchiusa in una cagata.
Il mondo per lui era diviso in due categorie di esseri umani: i complicati e i semplificati. I primi avevano problemi a cagare (e non solo), gli altri no.
La vita per Vito era facilmente sorvegliabile dal cesso di casa propria.
Quante volte vai in bagno? Ci vai tutti i giorni? Hai difficoltà?
Tre domande che per l'uomo erano basilari per capire a fondo il suo io.
Amore, soldi, fortuna....tutto era sorvegliabile dal cesso! Tutto! Se l'amore andava a puttane, anche l'intestino cominciava a diventare incontrollabile.
Era matematico!
Però alla gente non piaceva molto parlare di quell'argomento, non era "signorile". Vito se ne fotteva della signorilità! Lui era un uomo vero che non si gingillava in stupide quisquilie. Potevano chiamarlo innamoramento, lui molto più prosaicamente la chiamava stitichezza.
Con il tempo - e il duro esercizio - Vito aveva sviluppato un occhio clinico per le sue feci. Prendeva un pezzo di carta igienica e raccoglieva, nell'immacolata carta, un po' di materiale organico per esaminarlo. Guardava il colore, ne sentiva l'odore, calibrava la velocità della caduta, vedeva perfino se il materiale andava a fondo o no. Esaminava tutto con cura certosina, come se avesse al posto degli occhi un laboratorio d'analisi in piena regola. Dopo aver fatto tutto questo ributtava nel water la carta igienica non più immacolata, si dava una bella sciacquata nelle parti intime, si puliva e tirava lo sciacquone. Ma non se ne andava, Vito era un perfezionista, appurava sempre di aver lasciato tutto in perfetto ordine.
Prima Vito si considerava un semplificato.
Non mancava mai al suo appuntamento quotidiano con il cesso. Non aveva nemmeno bisogno dello stimolo di qualche rivista. Andava giù che era una meraviglia. Le riviste magari le usava per farsi le seghe, non certo per leggere. Lui era uno che si intendeva a meraviglia anche di riviste e di seghe. Ma da un po' le cose non andavano come prima.
Da un po' Vito era diventato un complicato.
Anzi aveva fatto una categoria a parte per se stesso: ipersupermegaultracomplicato, detto anche intricato compulsivo.
Tutto dipendeva da quella donna, lo sapeva.
Ecco perché stava su un treno direzione Roma: doveva vederla! Doveva chiarire!
Non voleva passare l'intera esistenza terrena da stitico.
Il vagone in cui stava era semideserto. Oltre a lui, c'era un ragazzo (piuttosto male in arnese) che dormiva in posizione fetale. Constatare questo fu un sollievo per l'uomo. I suoi rumori intestinali non gli avrebbero causato imbarazzo in tale compagnia. Anche perché il ragazzo russava forte e il suo odore superava la soglia di decenza dei peti di Vito. L'uomo guardò il suo compagno di viaggio e lo disapprovò con tutta l'anima. Doveva essere uno di qualche giro strano. Un punk comunista del cazzo. Un aborto dell'umanità. Un terrone. Vito osservò attentamente la peluria craniale del no global. Provò un fortissimo senso di nausea. Non riusciva a contraddistinguere il colore di quei capelli indecentemente lunghi; erano una mezza cosa tra il fuxia e il giallognolo. Una roba da vomitare direttamente lì sul posto. Un colore da comunista schizzato. Ma perché il governo non decideva di sopprimere quel piccolo punk del cazzo (e tutti quelli come lui) nella culla? Con il DNA si potevano fare miracoli, con il DNA (Vito ne era certo) si poteva sapere se uno sarebbe diventato un comunista del cazzo o un sano leghista come lui. Vito infatti era un leghista convinto. Un leghista di primo pelo. Un Bossiano di ferro, di quelli che ce l'avevano duro come il senatur. Vito non trovava nel suo essere napoletano un impedimento alla fede bossiana. "Sono nato a Napoli per sbaglio" soleva dire in giro "Dio e gli angeli hanno fatto dei casini lassù. Lo sanno anche i sassi, io ero destinato a nascere in ***, patria di uomini dal cazzo duro e puro".
Vito Renica odiava Napoli. E odiava soprattutto i napoletani. Non sopportava di essere nato in quella città oppressa dal luogo comune. Lui poi non era nato nemmeno a Napoli città, ma a quattro chilometri da essa, a S.Giorgio a Cremano, uno dei tanti buchi squallidi di una regione, per lui, squallida. Se non fosse nato lì Massimo Troisi, forse nessuno si sarebbe ricordato di S.Giorgio. Comunque a Vito, Massimio Troisi faceva cagare. Come del resto anche Totò, Eduardo, Peppino. Tutti napoletani, tutti buoni a nulla.
"Cazzo! Che sfiga nascere a Napoli!".
Però Vito si consolava, meglio napoletano che negro. Non sarebbe stato forse peggio essere nato in qualche fottuttissimo villaggio di pigmei cannibali?
Almeno così aveva la pelle bianca e poteva decidere di diventare quello che voleva. A 18 anni decise che sarebbe diventato un leghista; E occupò il resto della sua vita a cercare di dare corpo a questa sua idea. Ora di anni ne aveva 31 e si riteneva assai soddisfatto del lavoro compiuto. O almeno fingeva di esserlo. Abbandonò presto la città della tarantella per la più solida città della Madunina e lì, tra nebbia e traffico, ebbe la sua folgorazione! L'aria pregna di gas di scarico, gli uomini incravattati, il tran tran quotidiano ordinato. Tutto era per lui un magnifico sogno. Ma la cosa più bella in assoluto erano le donne. Tante, tantissime fighe in movimento. Ma non erano fighe grossolane come le ragazze di S.Giorgio, non puzzavano di aglio la mattina e di sfinimento la sera, non strabordavano, non pretendevano di essere maritate. Le fighe milanesi erano tutte altamente professionali. Non emanavano odori, non perdevano tempo e di maritarsi nemmeno ci pensavano. Erano fighe facili e senza strascichi. Ma erano anche fighe altamente costose. I primi tempi Vito si buttava in quel mare di donne disponibili come il topo in un magazzino di formaggio. Era quasi felice! Quasi perché quelle donne andavano a letto con lui per dei motivi intollerabili e per di più lo stavano riducendo in bolletta. La solfa delle signore era di solito "Com'è carino il tuo accento! Così particolare!Fa così ridere!" o anche "Che bello essere napoletani! Deve dare tanta allegria". Ecco era contento di scoparsi quelle donne,certo! Ma lui le voleva come leghista, non come napoletano emigrante. E soprattutto non gli piaceva quella pietà accondiscendente nei loro occhi truccatissimi. Quindi la prima cosa che fece fu quello di lavorare sul suo accento. Voleva cancellare ogni traccia di napoletanità dalla sua voce. Fu difficile, estremamente difficile. Cominciò con le vocali. Ingabbiò la A, torturò la E, spense la I, straziò la O, uccise la U. Dopo le vocali fu poi un gioco da ragazzi passare all'italiano standard. Invece di dire scuorno usò vergogna, invece di guaglione ragazzo, invece di ccà qua e così per tutte le parole. Per mesi il vocabolario della lingua italiana Zingarelli si trasformò nella sua unica lettura. Per poco non ci faceva l'amore con il vocabolario, tanto erano diventati intimi. Lo leggeva a colazione, pranzo e cena. Lo assorbiva come i succhi vitali degli alimenti. Poi in una fredda mattina di Febbraio si accorse che ogni forma di dialetto era sparita dal suo essere. Finalmente era diventato un uomo X, senza identità. Di tanto in tanto per darsi un tono aggiungeva al discorso perle di dialetto lombardo apprese di sfuggita chissà dove. Si sentiva un re in quella nuova veste di uomo X. Dopo questa operazione fu facile anche trovare lavoro. Prima il suo accento gli impediva di arrivare a certi livelli. A Milano si sorrideva a tutti, ma si diffidava sotto i baffi. L'accento era un impedimento e cancellarlo giovò a Vito anche finanziariamente. Invece di arrabbiarsi per quel razzismo così assurdo, Vito divenne tutt'uno con il potere. Era completamente solidale con i datori di lavoro lombardi.
"Mettersi un napoletano in azienda....ma che siamo matti? Se fosse stato un negro almeno si poteva sfruttare, ma questi napoletani sono furbi e poi chiamano i sindacati. Sono dei bastardi ingrati! Li conosco bene, ci ho vissuto gomito a gomito tutta la vita....ingrati e noi Nord che li abbiamo nutriti e coccolati per anni".
Vito parlando del Nord aggiungeva sempre il pronome NOI accanto. Lui invero si sentiva a casa a Milano, il noi non era un vezzo, il noi gli spettava di diritto, come gli spettava il paradiso terrestre (a suo dire).
Napoli non era NOI, era LORO. Era qualcosa lontano da lui. Napoli era stato solo il suo purgatorio. Trovò un buon posto. Divenne responsabile del personale in una grossa azienda vicino a Segrate e si comprò anche una bella macchinina.
La sua vita era quasi perfetta. C'era però un grosso neo: il sesso.
Annullare l'accento aveva infatti i suoi lati negativi. Primo dei quali distruggere la presa che aveva sulle fighe milanesi.
Senza accento quelle belle donne professionali non lo trovavano più così divertente. I capelli a porcospino, le occhiaie accentuate e la statura minuta non rappresentavano un grosso incentivo per le donne. Loro volevano da lui il sole, l'addorre mare, i tarallucci, il vino, la risata, il luogo comune. Non volevano certo una brutta copia dei loro uomini milanesi celodurosoloperfinta. Volevano il mistero e l'accento neutro di Vito lo uccideva il mistero. Per questo le tante signore profumate dirottavano i loro interessi verso senegalesi e marocchini molto più esotici e con cazzi molto più lunghi di quello di Vito (e dei mariti celodurosoloperfinta).
Vito si trovò improvvisamente solo.
Non ci era abituato. A S.Giorgio trovava sempre una ragazza disponibile a farsi montare per un po' e anche a Milano, i primi tempi, ci aveva dato sotto parecchio. Però sparito l'accento, sparito il fascino.
Questo tuttavia non lo fece desistere dal piano malefico di trasformarsi in un uomo senza identità. "Chi se ne frega di queste troie snob!" pensava "la vita è fatta di altro".
Per altro Vito intendeva le seghe.
Aveva preso l'abitudine di comprarsi video porno e di chattare di tanto in tanto. Si era creato un mondo virtuale dove lui aveva le redini del gioco e dove nessuno poteva farlo soffrire. Era il padrone assoluto e questo lo confortava dall'essere senza identità. Ma poi una sera incontrò in chat ladybird1974 e la sua vita non fu più la stessa. Ecco perché stava in quel fottutto treno. Era stata ladybird1974 ad ordinarglielo. Gli aveva detto "Sai a Roma c'è la notte bianca, la città rimarrà aperta tutta la notte fino all'alba. Sarebbe una bella occasione per incontrarci."Lui non se lo fece ripetere due volte, prese il primo Eurostar diretto a Roma. E non importava che il suo intestino fosse in subbuglio, doveva vedere quella donna, ne andava della sua sanità mentale.
Lui e quella donna non si erano mai visti. Lui le aveva mandato una foto dove era sorridente e stava al mare. Lei gli aveva mandato una foto dove aveva il muso ed era ad una festa di amici. Lui era leghista, mentre lei una rifondaiola arrabbiata. Lui odiava i negri, i terroni, gli ebrei, gli zingari e tutte le categorie non ariane; tutta gente che avrebbe meritato secondo Vito la camera a gas, lei invece faceva vacanze solidali in Senegal e comprava solo dalle botteghe del commercio equo&solidale. Inoltre in lei c'era (la foto era chiarissima) sangue di extracomunitario. Era italiana, votava, ma qualcosa nel suo percorso era andato storto. Qualcuno aveva troieggiato in Africa e aveva fatto l'errore di non abortire o far abortire.
Se si fossero visti per strada sicuramente si sarebbero ignorati, odiati, respinti. I loro mondi e i loro interessi erano diametralmente opposti.
Ma la chat era un mondo magico dove tutto di fatto poteva succedere.
Infatti successe!
Qualcosa colpì Vito fino alle viscere del suo essere.
Odiava quella mulatta del cazzo, ma lei lo aveva stregato. Doveva vederla, doveva liberarsi da quel virus, se no la sua vita poteva anche finire a rotoli.
Il motore di tutto fu una frase. Banale all'apparenza. Ma per Vito fonte di indicibili tormenti. Ladybird1974 gli aveva digitato durante una delle loro chattate banali "tu vai bene di corpo?" Dopo Vito Renica non fu più quello di prima.
Quella ragazza aveva un sacco di difetti. Ma capiva la sua filosofia. Doveva sapere di più di lei. Forse era la donna che aveva aspettato da tutta una vita e avrebbe chiuso un occhio anche sul fatto che era una mulatta. Poi dopotutto anche durante il periodo delle colonie i soldati italiani si sollazzavano con le indigene. Non era peccato mortale, nessuno lo avrebbe accusato di tradire la causa leghista. Anzi lo avrebbero complimentato.
"Si sa che le negre fanno godere molto più delle bianche" si giustificava davanti alla sua coscienza xenofoba.
Però lui si stava innamorando di quella donna, non era solo questione di sesso. Non cagava da quattro giorni e pure prima il suo andamento corporeo non era dei più regolari.
Si stava innamorando e la cosa non lo rendeva tranquillo. Un leghista non si innamorava, un leghista tirava fuori il cazzo in erezione e svuotava le palle, non c'era sentimento in un leghista. Vito Renica era spaventato da morire dal sentimento che provava. Allora non aveva cancellato la sua identità così bene come credeva. Nonostante tutto gocce sparse di napoletanità gli erano rimaste attaccate in qualche parte buia del cervello. I napoletani credevano all'amore, i leghisti no.
Fu deluso da se stesso. Per ladybird1974 sarebbe tornato anche ad essere napoletano. La cosa non lo rendeva tranquillo. Tanti sforzi per cosa? Ingabbiare le vocali per cosa? Si sentiva un coglione....cedere così davanti ad una sottana per di più virtuale!
Esaminò se stesso. E quel suo sentimento tanto inedito.
A lui sarebbe bastato respirare l'aria che lei respirava o sapere di essere vivo in un mondo dove lei esisteva. Non pretendeva niente di più. Solo un po' del suo calore umano. L'1% del suo calore umano.
Certo gli dispiaceva non poterla toccare, baciare, farla godere (si per la prima volta nella sua vita aveva pensato al piacere di un altro essere umano). Ma si sarebbe sacrificato, l' avrebbe adorata da lontano. Ma ladybird1974 voleva essere adorata? E soprattutto voleva essere adorata da lui? Da uno stupido leghista confuso? Amare un leghista non andava contro tutti i suoi principi di rifondaiola....negra per di più?
A Vito dispiaceva soprattutto non potere leccare ladybird1974.
Non era un pensiero puro, lo sapeva. Ma lui non aveva mai pensieri puri quando pensava alle donne. Era un tipo carnale, lui...in questo era ancora molto napoletano.
Il viaggio era finito. Il treno era entrato senza tanti clamori a Roma. Il suo compagno di viaggio dormiva ancora. Vito non fece nemmeno lo sforzo di svegliarlo, l'avrebbero fatto i controllori, dopotutto lui pagava le tasse e non era compito suo svegliare esemplari non esemplari di essere umano. Inoltre non voleva avere nessun contatto col comunista. Poteva contagiarlo!
Si incamminò veloce verso i capolinea degli autobus, mancavano quattro ore all'appuntamento, ma non voleva rischiare di arrivare in ritardo. Salì su uno dei tanti mezzi diretti a L.go Argentina.
L'appuntamento era lì vicino, sotto la statua cupa di Giordano Bruno a Campo dei Fiori. Certo non era molto distante, ma a che pro rischiare? Quella sera infatti in occasione della notte bianca, la città era aperta fino all'alba e si sa quando si trattava di gozzovigliare i romani non erano secondi a nessuno. Vito Renica aborriva i romani, loro si divertivano e il Nord, il suo Nord, doveva pagare i cocci. Era ingiusto. I romani e i terroni dovevano essere soppressi. Almeno questo era il pensiero di Vito Renica.
L'uomo si guardò intorno. La stazione Termini era cambiata. Più bella, più luccicante. Vito calcolò quanti soldi sudati del Nord erano serviti per fare quel lifting alla maiala capitale. Era ingiusto, ingiusto!! Magari con quei soldi si poteva restaurare tutta la Brianza e invece erano serviti per una fottuttissima stazione della capitale. "Roma ladrona", aveva proprio ragione il suo collega Silvio Bertocchi.! Grande uomo il Silvio. Era uno che parlava chiaro il Silvio....rozzo, ma chiaro. Vito avrebbe dato la vita per essere come Bertocchi. Uno che se ne sbatteva della buona educazione e del buon senso. Uno che parlava a seconda di come gli giravano le palle la mattina. Un vero uomo, un esempio da imitare. Si Vito voleva essere come lui....e poi sicuramente Bertocchi era un semplificato. La merda gli sgorgava dalle viscere come l'acqua da una fontana. Si ne era sicuro Silvio Bertocchi era un semplificato! Invece lui si sentiva triste, era pieno di merda e aveva appuntamento con una ragazza. Mancavano quattro ore...quattro lunghe ore che avrebbe passato nelle strade di quella città estranea e ostile.
Oh come gli mancava il profumo di inquinamento di Milano!
Salito sull'autobus Vito si chiese se si trovasse a Calcutta o a Roma. L'autobus era una babele di suoni, voci e odori., Sembrava di stare in un suk di Marakkesh e non nel cuore della culla della cristianità. Sicuramente molta di quelle persone erano di religione mussulmana.
Bastardi!
Terroristi!
Talebani!
Chi si credevano di essere? Anche Milano era invasa da quei tipi loschi. Vito proprio non li capiva gli islamici. Srotolavano i loro tappetini e si mettevano a fare mossette che avrebbero fatto arrossire anche un bambino di 5 anni. Dicevano che era la loro fede e che pregavano il loro Dio. Lui, Vito Renica leghista, se ne sbatteva del loro Dio. Non voleva vederli più gli islamici. Fede? Che significava? Lui non aveva fede....solo nella lega aveva fede. "Certo sarebbe un conforto credere in Dio", ma la fede c'è o non c'è. Ecco perché sotto sotto (ma non lo avrebbe mai ammesso ad anima viva) lui invidiava quei mussulmani pieni di fede. A volte - ma rimuoveva subito quel pensiero molesto, perché troppo sconvolgente - avrebbe voluto essere come loro...più libero, più sicuro, più sereno. Sicuramente (ma non era cosa da dire ad alta voce) i mussulmani erano tipi semplificati. Cagavano bene i mussulmani, se lo sentiva.
In un suk come quello non poteva mancare nemmeno un suo ex compaesano. Lui i napoletani li riconosceva a distanza. Potevano ripulirsi, allisciarsi, modellarsi; ma lui avrebbe saputo acchiapparli anche in mezzo ad un alveare di api impazzite.Infatti c'era in tutti loro una sorta di ostentazione di superbia che Vito trovava molto fastidiosa. "Siamo i migliori...sfortunati, ma i migliori". Vito detestava questa presunzione. Come detestava anche il sorriso a 32 denti che mettevano in mostra ad ogni piccola occasione. Suo padre era così. Si chiamava Alfredo, lavorava un giorno si e un giorno no (facendo sempre tutte cose diverse) e, nonostante fosse un fallito, si considerava il re della città. Possibile che non vedesse la miseria in cui stava? Possibile che non capisse che non era dignitoso per una famiglia di 7 elementi vivere in una topaia fangosa? Una topaia a cui spesso mancavano i beni primari? Vito odiava suo padre, lo odiava perché era buono e perché non litigava con Dio per la sua sorte avversa.
Alfredo Renica era proprio fatto così! Prendeva la vita un po' come veniva. Non era un tipo che badava ai dettagli lui. Si accontentava facilmente e non molestava Dio (o chi ne faceva le veci...ossia S.Gennaro, S.Antonio, La Madonna) con le sue lamentele. Chiedeva solo al cielo un po' di pace e serenità. Per vivere bene ad Alfredo Renica bastava una risata e un bel piatto di spaghetti con la pummarola en coppa'; Il futuro era incerto lo sapeva, ma lui cercava di non affrontarlo mai di petto. Perché combattere una battaglia persa in partenza? Il futuro sarebbe rimasto sempre incerto, nonostante gli sforzi, nonostante il sudore. A che pro faticare per niente? Ad Alfredo Renica non piaceva faticare a vuoto! Lui veniva fuori dalla rassegnazione, dal fatalismo, dalla pigrizia. Da quel fatalismo a cui Vito non si voleva arrendere.
Papà Alfredo era un semplificato. Non lo aveva mai sentito lamentarsi per problemi di stitichezza. Probabilmente (Vito ne era certo) anche quel suo compaesano sull'autobus era un semplificato. Vito lo osservò meglio. Era un ragazzo giovane, molto giovane. Era in piedi davanti ad una ragazza bionda e affascinata. I due stavano chiaramente flirtando. Era lui a mandare avanti il gioco. Forse il ragazzo era un militare in licenza. I capelli erano morbidi e una piccola ciocca rossa emergeva da un mare color fieno. Aveva labbra carnose e una risata squillante. Vito fu infastidito dalla posa corporea del ragazzo. Le sue mani cingevano l'aria intorno alla ragazza in modo sfacciatamente sensuale. Era delicato con lei, presente e anche sconvenientemente erotico. Tutto il suo corpo era una miscela esplosiva di sesso e risate. La ragazza lo guardava con occhi sognanti. Ormai il napoletano era riuscito a metterla nel sacco.
Vito già lo immaginava nel riscuotere il suo tributo di attenzioni e carezze. Ecco anche questo gli ricordava il padre. Il padre era uno bravo a riscuotere! Vito ricordava in dettaglio ogni sua mossa, quel suo modo sfacciato di sussurrare parole d'amore all'orecchio di una donna stanca, sua madre, e il risultato sempre scontato di farla resuscitare. Vito odiava quell'amore così forte. Non lo capiva! Perché sua madre non aveva mai preso a calci in culo quell'uomo così inutile? Quell'uomo che non riusciva mai a tenersi un lavoro? Ah come gli sarebbe piaciuto avere dei genitori del nord, seri, sereni, sicuri. Lo avrebbero mandato a scuola in giacca e cravatta. E poi la sera non l'avrebbero mai mandato a letto con la pancia vuota. Certo i suoi genitori lo avevano amato, ma che ci faceva lui con il loro amore? Non aveva le cose che desiderava dalla vita, non aveva avuto i lussi e a volte nemmeno l'essenziale. Se ne sbatteva del loro amore. Per questo se n'era andato da S.Giorgio a Cremano. E non ci aveva fatto più ritorno. Chissà se era ancora vivo papà Alfredo. Vito non aveva più nemmeno fatto una telefonata a casa. Chissà se era vivo...
"Ma che si impicchi se vuole...non mi importa, non mi importa, non mi importa!!!"
La verità però era un'altra. Gli importava parecchio, ma non lo avrebbe mai ammesso davanti ad anima viva. Era o non era un leghista? I leghisti si sa sono senza sentimenti, duri come una roccia. Scese dall'autobus. L.go Argentina era illuminata dalle insegne di una libreria psichedelica. La gente impazzita si muoveva in circolo come marionette ubriache in un giorno di festa. Tutti erano alla ricerca del piacere perduto. Tutti alla ricerca di un modo per risolvere, in una serata, una vita fatta di attese malinconiche.
Vito aveva trovato un modo per passare quelle quattro ore. Avrebbe cercato di evacuare il suo stomaco in subbuglio. Sarebbe volato subito in farmacia a comprarsi un clistere. Non poteva presentarsi davanti ad una ragazza sconosciuta in quello stato pietoso. Non aveva un buon odore e la pancia continuava a gorgogliare delirante.
L'operazione clistere occupò pochissimo tempo. La miscela che si era messo in corpo avrebbe tardato quasi 20 minuti ad agire. Il suo era un caso grave, per avere qualche risultato doveva trattenere la miscela il più a lungo possibile nel suo corpo. Non doveva per nessun motivo evacuare prima del previsto. Si sedette in un angolo buio di una strada buia. Non voleva partecipare al baccanale di quella gente da poco. Chiuse gli occhi e sognò l'evacuazione totale delle sue viscere. 5 minuti dopo una donna inciampò sul suo corpo disteso. Fece una capriola e cadde come un sacco di patate nel suolo sanpietrinato della strada.
"Cazzo! Ma non mi hai visto? Ma che sei ceca?"
La donna non parlò. Era dolorante e non capiva perché quell'uomo gridasse come un ossesso. Non disse nulla. Si limitò a guardarlo.
Anche Vito la guardò.
Cercò di percepirla nel buio.
Percepì molte cose. I suoi occhi obliqui, le sue rughe accentuate, le sue mani grinzose, il suo velo merlettato, la sua bocca sottile, i suoi denti storti.
"Cazzo...sei anche muta. Magari non sai parlare la mia lingua...e che ci fai nel mio paese? Tornatene al paese tuo, a parlare la tua lingua del cazzo!"
La donna continuò a guardarlo. Sempre senza proferire parola.
E così come era venuta e caduta, si rialzò e se ne andò.
"Stranieri di merda...." Pensò Vito.
Poi la sua attenzione fu attratta da un rumore che veniva da un luogo remoto. Era un rumore insistente come un martello pneumatico. Un rumore che presto si trasformò in dolore. Erano passati i 20 minuti. L'intestino era pronto ad evacuare. Vito si alzò, si sgranchì le gambe e si avviò verso la sua liberazione. Mancava un'ora all'appuntamento.
Un'ora dopo il suo sguardo avrebbe incrociato quello di ladybird1974. Un'ora dopo sarebbe stato (forse) un uomo felice.
Ma l'ora doveva ancora passare. E il suo stomaco doveva ancora evacuare.
Fu nel momento esatto in cui Vito mosse i primi passi verso la libertà che la luce sparì. La città intera piombò in un buio totale. Vito sentì da lontano grida, schiamazzi e bottiglie che si infrangevano nel suolo. Il buio aveva portato con se caos, disorientamento e anarchia.
"Ma che cazzo è successo?" si chiese Vito ad alta voce. Nessuno lo sapeva. Lo avrebbero saputo tutti il giorno dopo, l'Italia intera era stata colpita dal black out più lungo della storia nazionale. Vito però come tanti ignorava tutto.
Avanzò a tentoni tra gente sdraiata e bottiglie sfregiate. Aveva urgentemente bisogno di un bagno. Girò come un matto per le strade oscure del centro di Roma. Ma ovunque andasse il risultato era lo stesso, negozi chiusi, cessi pure. Non c'erano nemmeno i bagni chimici. Dopo l'improvvisa overdose di luce e balordi, la città era piombata nel buio e nella fredda pioggia. Vito stava per sragionare. Aveva bisogno di un maledettissimo cesso e ne aveva bisogno subito.
"Ma non dovevano stare aperti fino al mattino. Ah lo sapevo, lo sapevo di questi romani non c'è da fidarsi".
Vito si piegò in due dal dolore. Se non avesse trovato un gabinetto entro 5 minuti l'avrebbe fatta lì in strada davanti a tutti. E chi se ne frega del pudore.
Ma poi un miracolo venne in suo soccorso. Una botteguccia ancora aperta. I proprietari erano fuori in piedi, tutti in silenziosa attesa. Vito guardò l'insegna. Era un fast food arabo dal nome fantasioso "Fiori di loto di Baghdad". "Extracomunitari" pensò subito Vito "ci hanno invaso, ci hanno..." Ma in quel momento non poteva far altro che piegare il capo, avrebbe fatto e detto qualsiasi cosa pur di evacuare. Avrebbe chiuso un occhio anche sul fatto che i proprietari del cesso erano cani arabi.
"Speriamo di non prendere qualche malattia. Si sa i cani arabi sono sporchi...". Ma l'unico ad esserlo in quel momento era solo lui. Lacero, sporco e puzzolente.
Si avvicinò lentamente a quella gente in attesa. "scusate" disse Vito "avreste per favore un bagno?" e nello stesso tempo pensò "quanto è sprecata la buona educazione con questa gente". Il gruppo lo guardò senza sentimento, come si guarda un muro dove non è appeso nemmeno un quadro. Poi una voce acuta disse qualcosa in una lingua incomprensibile. Seguirono borbottii intensi. Seguirono sguardi cattivi nella sua direzione. Vito non capiva perché quei cani arabi non gli indicavano la strada per il cesso. Sentiva nel suo didietro un alone liquido che spingeva. Non avrebbe resistito molto, aveva un bisogno immenso di evacuare.
"Ehi...vorresti il bagno eh?" gli disse un uomo barbuto con una camicia rosso sangue.
"Ne hai bisogno eh?" fece eco un altro uomo, questo però senza baffi.
"Si ne ho bisogno" disse Vito perplesso per quel terzo grado fuori luogo.
"Ma te lo meriti il nostro bagno?" disse l'uomo in rosso.
"Meriti? Ma che dite....che state dicendo? Io ho bisogno di farmi una cagata"
"E vorresti insozzare il nostro bagno con le tue feci....di razzista"
Era stato gentile, falso forse, ma gentile. Aveva usato le parole appropriate, aveva detto "per favore". Ma come avevano fatto a capire la sua vera natura? "Umm Fatou vieni avanti"
L'alone liquido stava spingendo con energia. Vito sentiva la forza di quell'alone nei pantaloni. Stava per cagarsi addosso. Davanti a quella donna che solo poco tempo prima aveva insultato. Il mondo era veramente un buco!
Vito notò che la donna aveva cambiato velo. Questo era più semplice, senza merletti.
"Hai trattato molto male mia madre. Ti spaccherei la testa....lo sai che si è ferita al braccio? E invece delle tue scuse, del tuo aiuto...la povera ha ricevuto i tuoi insulti. Ma tu non hai rispetto per i tuoi genitori? "
"I miei genitori sono dei buoni a nulla...sapevano solo darmi baci pieni di saliva. Sono della gente infima, senza palle, senza avvenire" disse Vito con un groppo alla gola, proprio mentre la marea marrone stava per oltrepassare l'ano.
Ricacciò indietro la marea, con tutte le sue forze. Mancava poco all'appuntamento con ladybird1974. Puzzava da morire. E l'intestino era in piena rivoluzione.
"Allora che facciamo? Mi fate usare il cesso o no?"
"Si...ma tu chiederai scusa a Umm Fatou o no? Dipende tutto da questo..."
Vito ci pensò su un attimo e disse "No"
Quella gente lo guardò inorridita. Solo Umm Fatou non rimase sorpresa.
"Sei infelice ragazzo, mi fai pena....un uomo che non ama i genitori...che non sente il calore di un bacio....usa il nostro bagno, usalo. E poi per favore abbandona presto le nostre vite. In fretta, in fretta....La tua infelicità è contagiosa, che sappia Allah avere pietà di te."
Vito guardò la donna con rispetto. Nessuno al mondo gli aveva mai parlato così. Nessuno aveva scandagliato così bene il suo cuore. Era stato un attimo, ma vitale. Quella donna straniera lo aveva capito meglio di chiunque altro, meglio anche di se stesso.
La tristezza lo colse. Non poteva usare quel bagno. Non poteva entrare nell'aurea di Umm Fatou. Ne sarebbe rimasto soggiogato. Lui non aveva il lusso di rimanerne soggiogato. Lui era un leghista, se ne era forse dimenticato? Lui non poteva rispettare una straniera, se ne era forse dimenticato? Lui ci pisciava sui stranieri, se ne era forse dimenticato?
Non disse niente, nemmeno una parola. Voltò le spalle a quella gente e se ne andò all'appuntamento con ancora le sue moleste feci da evacuare.
Era triste, solo, spaesato e al buio.
Umm Fatou gli aveva fatto pensare a S.Giorgio a Cremano.
A S.Giorgio la gente era come Umm Fatou: sincera, leale, saggia.
Ma lui non riusciva a vedere il positivo nella sua gente, nella sua famiglia, in se stesso. Gli altri, il Nord, loro si che erano i migliori.
Arrivò al luogo dell'appuntamento con un po' di ritardo. La pioggia batteva insistente e alcuni giovani cantavano nella piazza. Roteò gli occhi alla ricerca di una presenza femminile in attesa. Non vide nessuno. Se n'era andata perché lui era in ritardo? O forse non era mai venuta? Lo scoramento prese Vito alla gola. Si getto sul suolo bagnato e pianse. Pianse per papà Alfredo che non vedeva da anni (e che forse aveva già tirato le cuoia), pianse per Umm Fatou che aveva insultato, pianse per S.Giorgio a Cremano che aveva oltraggiato. Si era costruito una maschera. Una voce. Una identità. Quell'uomo che viveva a Milano in via Zanardi numero 8 non era Vito Renica. Avevano lo stesso nome, ma non la stessa musica nel cuore. Il Vito Renica di S.Giorgio non avrebbe mai ingabbiato le vocali.
L'intestino stanco di Vito fece un ultimo grande rumore. E poi si liberò.
Non gli importava della puzza. Non gli importava della vergogna. Quelle cose importavano al leghista.... lui non era mai stato leghista, lui era di S.Giorgio a Cremano come poteva essere un leghista? Era un controsenso assurdo. Immerso nella sua sporcizia Vito Renica scoppiò in una risata strana. La gente attorno a Giordano Bruno ne fu spaventata. Tutti scapparono alla chetichella. Ora era l'unico padrone della piazza. O almeno credeva. Una ragazza alta, slanciata e bagnata dalla pioggia si avvicinò a lui e gli disse "scusa sei Vito? Vito Renica? Il leghista?" "No...ti pare che un leghista faccia il barbone?"
"Non so....io li odio i leghisti. Ero solo curiosa di vedere questo tipo in faccia e gridargli in faccia il mio disprezzo."
"Non perderci tempo con i leghisti...brutta razza...."
La ragazza sorrise.
"Sei simpatico....ma lavati....c'è la Caritas che offre da mangiare" e così dicendo gli offrì un biglietto da visita. "vai a questo indirizzo....lì troverai un pasto caldo e un bagno".
Vito sorrise. Mormorò un "grazie" a fior di labbra. La ragazza lo salutò con la mano e sparì nel buio.
"Ha carattere la ragazza" pensò Vito di ladybird1974. Poi si addormentò protetto da Giordano Bruno.

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Anno 0, Numero 3
March 2004

 

 

 

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