Un ufficio in viale Jenner, angolo via Legnone
Giorgio era un cerchiobottista: che male c’era ad andare d’accordo con tutti?
In ufficio era a.
matissimo, da tutti. Con un’abilità zelighiana si metteva all’istante nei panni dell’interlocutore, e ne sapeva intuire a colpo sicuro i gusti, per quanto disparati, e le tendenze.
Intellettuale cinefilo? E lui ti propinava una sfilza di film impegnati da sala d’essay, con citazione tratta direttamente dal Mereghetti, ultima edizione.
Fighetto da aperitivo e maglioncino sulla spalla? Ed ecco pronto un elenco dettagliatissimo di locali “in” dove, soprattutto, il buffet valeva veramente la pena, e il panorama femminile non passava inosservato.
Esperto di vini? Et voilà, una prolusione degna del miglior sommelier sul mercato.
Impegnato di sinistra? Il nostro eroe era in grado di dissertare per ore sulla dialettica interna al partito, per non parlare delle questioni internazionali che, in particolare dopo la caduta del muro e con l’avvento del superpotere finanziario, riproponevano con urgenza il tema della democrazia in Europa.
Insomma, non c’era argomento che potesse lasciare il nostro Giorgio, per così dire, “a piedi”. Dimostrava una velata insofferenza solo in occasione di argomenti particolarmente “spinosi”, come la questione dei campi rom (come fare per non indispettire la collega che sosteneva di aver subito un tentativo di furto del bambino da parte di una zingara?), e annaspava leggermente quando si faceva riferimento alla situazione politica di paesi particolarmente sfigati, di cui, francamente, alla fine, chi cazzo se ne frega?
Ma l’abilità diplomatica del nostro non si fermava lì! Lui era in grado di intuire all’istante non solo i gusti, ma anche gli stati d’animo dell’interlocutore. Eh sì, perché l’empatia si vede anche, e soprattutto, da questo. Come dire: se uno è depresso, mica gli puoi raccontare una barzelletta. Devi piuttosto aderire al suo spleen esistenziale, e confermare con mesti cenni di assenso di avere perfettamente presente la palude limacciosa in cui si dibatte il disgraziato, e non solo per sentito dire, ma perché lo provi tu stesso tutti i giorni, in ogni momento. Salvo passare rapidamente alla battuta crassa e liberatoria quando, finalmente, si intravedeva all’orizzonte un “allegro”, che arrivava provvidenzialmente a salvarti la vita dalle tragedie del depresso. Il quale, a questo punto batteva fatalmente in ritirata, accompagnato dal tuo sguardo di profonda empatia, che diceva “Perdonami, avrei preferito cento volte continuare a coprirmi il capo di cenere con te, ma, sai, gli obblighi di ospitalità…”.
Se non che, un brutto giorno… mica ti licenziano un collega in tronco, anche lui, manco a dirlo, depresso? E con una motivazione decisamente pretestuosa: ritardi reiterati e non giustificati. Infatti, in quest’abitudine, il licenziato era, diciamo così, in buona compagnia…