Via Donadoni
Accidenti se era tosta l’Ernestina!
Dall’alto dei suoi 87 anni aveva visto morire i suoi vecchi, il marito, amici, parenti e tra poco sarebbe toccato a lei.
Era nella normalità delle cose.
È il destino di chi nasce.
Sì, tutto vero, tutto giusto, ma lei non si sarebbe arresa così presto.
Avrebbe stretto a sé la vita non solo con i denti,( ne aveva ormai pochi), ma anche con le unghie delle mani e dei piedi.
Mai avrebbe finito i suoi giorni in quella città, mai i vermi di quella terra avrebbero spolpato le sue ossa. No! Roma no! Mai.
Matilda, l’adorata nipote, per la quale più di trent’ anni prima aveva lasciato la sua Milano, aveva esaudito il suo più grande desiderio: tornare in Bovisa, nella meravigliosa casa in via Donadoni, casa nella quale adesso viveva Matilda, (che beffa, il destino!).
Eccitata, come una ragazzina al primo appuntamento, ma con il solito piglio risoluto e autoritario, aveva preparato il viaggio nei minimi dettagli.
Cosa indossare (roba sobria, lì non badano certo ai vestiti).
Chi rivedere (i Masera, e poi la sua amica sartina, oddio come si chiamava, veniva dalla Bassa, e viveva ancora in quella casa di ringhiera in via Candiani. Lo sapeva perché Matilda si faceva sistemare i vestiti).
Aveva sognato di affacciarsi dalla finestra di quella che era stata la sua camera e di guardare la bella ciminiera di mattoni rossi della Sirio, e più in là, a destra, il gasometro.
Sapeva, dai racconti di Matilda, che non c’erano più i capannoni della Montecatini e anche la bocciofila sotto casa sua.
Va bene! Va a da via i ciapp. Era sempre la sua Bovisa.
Fiumicino-Linate.
Taxi, sguardo rapido da destra a sinistra.
Oddio, la Mangiagalli, ho partorito lì il mio Carlo, sessantadue anni fa.
La stazione non la ricordavo così, ma non è male.
C’è ancora la Fernet Branca, che emozione! Siamo vicini a casa.
Via Candiani, si, ancora le vecchie case di ringhiera, tanti negozietti. È qui che abita la sartina.
Ohh!!! Vedo la ciminiera, magnifica, che emozione, non devo commuovermi, niente lacrimucce.
E cos’è questo spazio? Un parcheggio? E sì, c’è la stazione nuova.
La mia casa... è uguale, non posso crederci! Hanno solo messo l’ascensore, per fortuna.
Sottobraccio a Matilda entro, la casa è stata ristrutturata, adesso si entra direttamente in una grande sala, la disposizione delle camere non è più la stessa e ci sono due bagni. Mi dispiace un po’, era completamente diversa, ma è bella, mia nipote ha gusto.
La finestra su via Varè.
Il cielo è come lo ricordavo, grigio, senza nuvole, ovattato, come fosse un manto. Solo chi è nato qui può sentire la sensazione di protezione che tutto questo suscita. Un po’ come vivere nel grembo materno.
Fa effetto questo spazio vuoto davanti, il terreno incolto sulla destra.
Per fortuna, la bella ciminiera di mattoni rossi svetta ancora.
Sistemerò qui la sedia, voglio godermela.
Domani mattina andrò a salutare il Masera nel negozio di scarpe e poi la sartina. Domani sera invece offrirò la cena a Matilda alla Gesa Vegia (c’è ancora, lo so).
Sono così felice, anzi no, euforica. Sembra che anche le mie ossa lo percepiscano, non mi fanno più male. Però devo andare a letto, domani sarà un’altra splendida giornata.
Alle 6 del mattino, mi faccio il mio solito caffè, butto un occhio alla mia ciminiera.
Matilda chi sono quelli? Perché urlano? Cosa c’è?
Ruspe, trattori, vigili del fuoco. Gruppetti di persone con i telefonini in mano, chi chiamano? Striscioni, ma cosa c’è scritto? Cosa sta succedendo?
Poi un boato, improvviso, potente e un attimo dopo un fungo di fumo sbianca il cielo. No, non era fumo era solo polvere. La polvere dei bei mattoni rossi della ciminiera, scomparsa, svanita, evaporata come non fosse mai esistita.
Silenzio.
La mano premuta sulla bocca spalancata ferma l’urlo in gola, stritola le guance, mentre gli occhi stralunati non si staccano dal fantasma della ciminiera.
Linate-Fiumicino.
Nessuno mai avrebbe potuto riconoscere in quel mucchietto di pelle e ossa, dallo sguardo quasi spento fisso al soffitto, la mascella serrata, l’Ernestina, la tosta.
Si, proprio lei.
L’Ernestina la tosta, sopravvissuta alla guerra, agli affetti, alla gioia, ai dolori, ora lascerà che i suoi ricordi e i suoi simboli seppelliscano lei.
Roma avrà l’Ernestina, alla Bovisa rimarrà la “tosta”.