Via Pellegrino Rossi
Hai rubato alla primavera i colori dei gigli da campo, i profumi del pruno e del mirto, i silenzi misteriosi del mandorlo in fiore e poi hai intrecciato le foglie tenere e scure del sambuco per farne corona ai miei sogni e cullando la mia giovane vita mi hai tenuto nascosto ai cattivi segreti del dolore e del pianto per non disturbare il mio sonno e i miei giochi nel giardino dell’infanzia felice.
Hai rubato all’estate i colori di fresie e lamponi, di mirtilli e ciliegie per coprire di mille infiniti fioriti la strada della mia adolescenza, affinché non cedessi al pianto, al rimorso, al rancore e vivessi ogni storia d’amore come la prima, l’unica e ultima della mia vita.
Hai rubato all’autunno le malinconiche foglie cadenti e i rumori del vento smarrito, i colori dei grappoli appesi e le chiome di altissime nubi per cullare le mie ninne nanne amorose alla donna e al figlio che ora sono nella mia vita la parte migliore di me e un amore infinito.
E infine hai rubato all’inverno le nevi perenni sul cuore, i silenzi profondi e amari del verde ginepro e l’alloro, hai vestito di calde mattine d’arancia matura e castagne sul fuoco questo stanco mio viaggio alla fine, il ritorno alla casa del pianto, alla solitudine antica, per non farmi trovare il dolore della fine e di un fragile addio.
Tutto questo tu hai fatto per me e in cambio hai voluto un sorriso. Soltanto un sorriso per te nella vita, da cui stanco ora torno a giacere.
Tu, madre mia, la mia vita. In un viaggio infinito.