Via Broglio, 25
“Ehi! la Sciura l’ha tirà giò la tapparella della camera!”
“Alura LU lè lì!”
“Che facia tosta...”
“L’é puntual come un treno svizzero.”
C’eri anche tu, come ogni venerdì pomeriggio intorno alle 5 insieme a quella masnada di ragazzetti, a sbirciare attraverso la catasta di legna, messa al riparo per l’inverno, e in trepidante attesa di un segnale.
E puntualmente l'“evento” accadeva e tu non intendevi certo perdere quell’occasione. Mamma si chiedeva sempre se non avevate di meglio da fare che farvi i fatti degli altri, ma poi era la prima a chiederti con finta noncuranza se la Sciura e il Sciur... e tu con un certo sussiego accettavi di aggiornarla sull’accaduto.
La Sciura Giovanna accoglieva nella sua villetta il Sciur Vittorio ogni venerdì pomeriggio e l’evento veniva sancito dal rumore della tapparella della camera che si abbassava cigolando e incespicando un po’.
La Sciura era una mingherlina infermiera di mezza età in pensione, che aveva deciso di ritirarsi a vivere nel nostro ridente paesino di M. dopo aver abbandonato definitivamente Milano, per la precisione la sua amata Bovisa, al numero civico 25 di via Broglio, dove era nata.
Il suo trasloco in quel borgo di ben 103 anime, dove non accadeva mai nulla, fu una ghiotta occasione per le donne di far pettegolezzi, di chiacchierare sul sagrato, di porsi domande sottaciute: come mai è qui? ma la casa dove abita non era della buon’anima della Signora Colombo, pace all’anima sua? e via dicendo e tu ragazzino curioso non perdevi una sola parola e con i tuoi amici gironzolavi intorno alla casa della Giovanna.
Lei, la casa l’aveva in effetti avuta in eredità dalla Signora di cui era stata per lunghi anni infermiera e aveva deciso di goderne appena giunta in pensione.
E aveva anche deciso di godere in pieno anche delle attenzioni del Sciur Vittorio, idraulico in pensione, ex sindaco del paese e soprattutto marito della Teresa, che lo teneva d’occhio da una vita.
Il Vittorio, appena vista la nostra Giovanna, ebbe una specie di visione, non tanto perché fosse bella, che poi non lo era granché, ma perché l’era una forestiera e per giunta di Milano e le milanesi si sa... e, dopo aver passato la vita insieme alla Teresa e alle solite donnette casa e chiesa, non gli pareva vero che una tale Signora gli avesse messo gli occhi addosso.
Ti ricordi come lei lo guardava di sottecchi, mentre prendeva l’aperitivo al bar della piazza? O come faceva finta di aver perso qualcosa e chiedeva il suo aiuto? Quante risatine ti sei fatto con i tuoi amici!
Finché un giorno, con una certa dose di coraggio, la Giovanna chiese al Sciur Vittorio se poteva darle una mano in casa con l’impianto idraulico che... l’era proprio una rovina!
Tutto questo maneggio non era certo passato inosservato e la povera Teresa non sapeva che pesci prendere, le rimanevano solo la preghiera e la confessione da don Cesare. Quel sant’uomo cercava di tenerla su: vedrai che passa, sono solo maldicenze, stai tranquilla.
Intanto tu non perdevi occasione per andare a raccontare a tutti quello che credevi di sapere o che ti immaginavi, non senza buoni motivi, bisogna dire!
Giusto per non dare nell’occhio, il Vittorio, presa confidenza, si recava a casa della Giovanna addirittura con la sua auto, una Renault 5 rossa fiammante, l’unica di tutta la zona.
La storia durava ormai da mesi e in paese cominciavamo a occuparci di altri pettegolezzi, anche se non gustosi come questo. La Teresa rassegnata continuava a pregare e voi ragazzetti avevate deciso di fare altro ogni venerdì alle 5.
Quel venerdì tu però decidesti di andare da solo a dare una sbirciatina prima di raggiungere gli altri, giusto per non perdere l’allenamento.
La tapparella era stranamente sollevata, la Renault 5 rossa fiammante non era parcheggiata lì vicino, nella villetta non c’era segno di vita. Cosa stava succedendo?
Corresti come un fulmine dalla Teresa per vedere se il Vittorio era lì, ma lei non lo vedeva dalla mattina, ti disse piagnucolando e facendosi il segno della croce; nel bar nessuno l’aveva incontrato, fatto strano; nel negozietto della Mariangela non aveva messo piede.
Insomma nessuno sapeva dove fosse finito. Sparire così in un paesino non era cosa facile.
Ma tu sei sempre stato uno sveglio e anche in quel momento volevi dimostrare di esserlo. Con un binocolo in mano, salisti il più possibile in alto su sulla cima della montagnetta che sovrastava M.; quelle stradine le conoscevi come le tue tasche, e con un po’ di fiatone raggiungesti una terrazza naturale da cui si poteva vedere un lungo tratto di strada. Inforcasti il binocolo e puntasti dritto sul fondo valle.
In lontananza mettesti a fuoco la Renault 5 rossa fiammante carica di bagagli fin sul tetto e ti parve di vedere due mani sbucare dai finestrini e salutarti allegramente.