El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Quinta rapina in un anno

Marisa Gaggini

Via Candiani

Nel bar tabaccheria di Giorgio e Anna G. situato a Varese nella centrale via Cavour si può dire che alle rapine siano quasi abituati. Nell’ultimo anno, infatti, i proprietari del locale sono stati vittime di ben cinque tra furti e rapine.
L’ultima giovedì 26 aprile.
Poco dopo le 15 un uomo alto, distinto e ben vestito, è entrato nel negozio e ha chiesto alla titolare un pacchetto di sigarette. Dalla tasca invece del portafoglio ha estratto una pistola e intimato il classico “Fermi tutti, questa è una rapina!”. La signora Anna, incurante del pericolo, ha immediatamente reagito. Ha iniziato a urlare a squarciagola e a lanciare contro il malcapitato rapinatore tutto ciò che aveva sottomano: sigarette, scatole di fiammiferi, bustine di zucchero, tazze, piattini, persino una teiera di acqua calda. I pochi avventori l’hanno subito imitata e tra urla e lanci vari il ladro si è dato alla fuga, dopo aver afferrato al volo una stecca di sigarette.

La versione di Anna G.

Non mi piace tanto stare al bar nella pausa: c’è poca gente e da quando abbiamo subìto furti e rapine non mi sento tanto sicura. Ma mio marito e il ragazzo del bar devono pure riposare un po’. Cerco di stare attenta, ma i ladri sono più furbi di noi. Perciò quando giovedì verso le tre è entrato in negozio quel bel signore distinto, elegante non ho avuto nessun sospetto. Era di sicuro italiano, aveva anche una bella voce tipo attore. Mi ha chiesto le sigarette, ha messo la mano in tasca e invece del portafoglio cosa ti tira fuori? Una pistola! Va bene che poi i carabinieri hanno detto che, dalla descrizione che ne ho fatto, forse era una scacciacani, ma al momento chi ci pensa? Questa era la quinta rapina in un anno, capisce? Cinque in un anno! Allora sono andata fuori di testa e ho cominciato a urlare a più non posso. Io sono piccola e magra, ma canto nel coro della chiesa e la voce ce l’ho. Anche troppa, dice mio marito. E mentre urlavo gli lanciavo dietro tutto quello che avevo lì: sigarette, tazzine… Anche i clienti mi hanno aiutato; quello lì alla fine ha preso la porta e se n’è andato con la stecca di sigarette che gli ho tirato dietro. Solo dopo ho pensato al pericolo e ho avuto paura.

La versione del rapinatore

p> Innanzitutto è imprecisa; io non sono affatto italiano, sono svizzero. Lo so che tutti pensano che gli svizzeri siano ricchi, ma non è vero. Almeno non tutti. Anche da noi c’è crisi e uno si arrangia come può. E se l’idea di un ladro svizzero vi fa ridere, affari vostri.
Avevo calcolato e previsto tutto; in questo sì che sono svizzero.
L’ora: intorno alle tre c’è calma nel bar. Troppo tardi per il caffè del dopo pranzo, troppo presto per quello del pomeriggio e per gli aperitivi. Inoltre questo è un bar che lavora tanto di mattina così l’incasso è bello ricco.
Poi è il momento del riposo del barista e del titolare che lascia al banco la moglie. Una biondina piccola e magrolina, una che pensi si spaventerà subito e non reagirà.
Ultima, la posizione del bar con buone vie di fuga. Alla fine questa è stata l’unica cosa vera.
Che ne sapevo io che li avevano già rapinati e che stavano “in campana”?
Quando quella lì ha cominciato a strillare come una gallina a cui stavano tirando il collo, mi è sembrato di sentire mia moglie quando torno tardi la sera o lascio in giro i calzini da lavare. Quando urla non la sopporto proprio. E la tabaccaia sembrava proprio lei o sua sorella gemella. Impossibile sentirla.
E poi lei e i suoi clienti a lanciarmi dietro di tutto; cosa c’entravano loro? Era forse loro l’incasso? Noi svizzeri siamo abituati che ognuno si fa i fatti propri, da noi la privacy è sacra. Qua tutti si impicciano; ho dovuto filar via veloce che se no mi sporcava anche il vestito.
Certo che ho tirato su una stecca di sigarette: me le devo pur ripagare le spese da Mendrisio a Varese. O no?

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(ISSN 1824-6648)

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Anno 9, Numero 37
September 2012

 

 

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