El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Cantante in metrò

Dan Shen

MM3, stazione Maciachini, piazzale Maciachini

Chissà quando è cominciata l’abitudine di fare un po’ di “spettacolo” nei vagoni del metrò, per guadagnare qualche spicciolo. C’è chi canta e chi suona uno strumento musicale; chi fa da solo e chi in un gruppo. Gli strumenti sono vecchi, sporchi e rovinati. C’è anche un bambino che ha un tamburello (o “piccolo tamburo”, che è un’altra cosa) con la pelle tenuta insieme dal nastro adesivo. I brani che vengono eseguiti sono quasi sempre O sole mio e Marcia alla turca, tranne intorno a Natale, quando si sentono di più Jingle bells e Astro del ciel. Si vede che gli “esecutori” lo fanno più per abitudine, per routine, che per un credo sincero nella musica. Riescono a suonare chiacchierando o cercando intorno qualcuno che abbia l’intenzione di offrire una monetina. La Marcia alla turca viene eseguita in mille modi stonati, con errori di note, di ritmo o, addirittura, con qualche nota mancante. Quando mi capita di assistere a queste situazioni, cerco di cambiare posto per evitare fastidio alle mie orecchie, così ben educate dagli esercizi dei miei insegnanti. Raramente capita che ci siano una o uno che suonano bene. Allora anch’io gli dò un paio di euro per ringraziarlo del piacere che mi ha dato.
Tra loro c’è una ragazza che non riesco a dimenticare dalla prima volta che l’ho sentita. Non posso dire che abbia una bella voce e neanche una buona tecnica di canto. Neppure, ovviamente, che abbia abiti belli e un bello strumento; inoltre il suo amplificatore è pieno di nastro adesivo. Però, quello che mi ha colpito è il suo modo di eseguire: ha sempre un bel sorriso sulle labbra e due occhi che brillano. Mentre canta, cerca lo sguardo dei passeggeri per comunicare. Quando lo trova, li guarda direttamente e con qualche piccolo movimento del sopracciglio, canta come se stesse facendo una conversazione con loro; guarda caso, io sto cercando d’insegnare la stessa cosa ai miei allievi! Quando lei non riesce a trovare una compagnia per “chiacchierare”, canta verso l’aria e lo sguardo mira molto lontano, come se fosse su un vero palcoscenico di un grande teatro. “Bessame, bessame muccio…”: la vibrazione della sua voce è molto calda e i suoi sorrisi sono così dolci. Gli occhi scintillano e ti fanno venir voglia di chiederle a chi sta mandando il suo sentimento. Dopo l’interpretazione, lei, come tutti quelli che fanno questo tipo di “lavoro”, tira fuori un cartoccio bianco dalla tasca e ci mette la mano in mezzo. In due secondi quell’aggeggio torna ad essere un bicchiere di Mc Donald’s. Passando da un passeggero all’altro, con la voce bassa e dolce, dice: “Per favore, un piccolo aiuto…”. Sulle sue labbra c’è ancora quel sorriso. Quando riceve qualche monetina, guarda il donatore e, non solamente con la parola ma anche con la luce degli occhi, muovendo le sopracciglia, dice: “Grazie di cuore” e poi cambia il vagone e ricomincia il suo canto dolce, il suo sorriso, la sua conversazione…
Quasi tutti i musicisti, la prima volta che si esibiscono davanti al pubblico, magari accompagnati da uno o più strumentisti e nonostante i begli abiti e l’ambiente di lusso, hanno un’immensa paura: non sanno dove posare le mani, dove possono guardare e soprattutto, non sanno che cosa stanno cantando, ovvero che cosa significa il testo.
Guardando il sorriso e la luce degli occhi di questa ragazza, e soprattutto quelle poche monetine in fondo al suo bicchiere di carta, io penso che sia molto coraggiosa!

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(ISSN 1824-6648)

Il quartiere dei destini incrociati: corso di scrittura creativa

A cura di remo cacciatori e mihai butcovan

 

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Anno 9, Numero 37
September 2012

 

 

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