El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Riduzione teatrale di Fiamme in paradiso

Giancarlo Monticelli

“ FIAMME IN PARADISO “ DI SMARI ABDEL MALEK

RIDUZIONE TEATRALE DI GIANCARLO MONTICELLI

Episodio 1

1Un “ marocchino “ , Karim, con un borsone e vestiti troppo leggeri. Passeggia. Ha freddo. Mangia un po’ di focaccia e cioccolata. Chiede informazioni a un passante. Si siede e scrive su un quaderno.

Un uomo prende da terra, in primo piano, una cartella dalla quale estrae un quaderno uguale a quello su cui Karim sta scrivendo. Legge. “8 novembre 1992. Eravamo alla stazione centrale di Milano. Le sei e trentasei del mattino; 11 gradi sopra zero. Tremavo per il cambiamento brusco di temperatura. I miei denti facevano un rumore tale che la gente si girava a guardarmi. Dopo aver camminato un po' e aver mangiato un po' di focaccia e quello che rimaneva della cioccolata, ho comin¬ciato a sentire un po' di calore nel corpo. Allora mi sono seduto per continuare questo diario. Il treno in cui sono arriva¬to non era molto diverso da quelli che abbiamo in Algeria, salvo che quello italiano era decorato con alcuni quadretti di paesaggi delle città italiane. Non era troppo affollato. Gli orari vengono rispettati, o almeno così mi è sembrato alla prima esperienza. Le vie della città sono larghe. Come a tutti coloro che arrivano per la prima volta in una nuova città, ottenere la più piccola informazione mi costa un’enormità di tempo e fatica. Trovare la fermata dell’autobus è stata un’avventura. Poi..."

2Mahdi batte sul vetro della fermata dell’autobus; è con Bescir. Karim mette il quaderno nella borsa e corre ad abbracciare l’amico. Mahdi gli presenta l’altro. Si abbracciano, si baciano sulle guance, si mettono una mano sul cuore.
****K. - Sono davvero contento di trovarti.
M.- Mi hai stupito. Non mi aspettavo di trovarti qua. Pensavo che stessi scherzando.
K.- Come stai?
M.- Bene, el hamdullah, e tu?
K.-Sto bene anch'io come vedi.
M.- ( si riprende dopo un breve momento di stupore e presenta l ’ amico a Karim ) Bescir di Scerscell. ( a Bescir ) Karim di Costantina E' un vicino. E un vicino è meglio di un fratello lontano, come si dice da noi.( una pausa )- Dove andiamo? A quest'ora, la moschea è ancora chiusa.
B.- Voi, intanto che aspettate che apra l’Istituto, fate un giro qui intorno.. Perchè non lo porti al giardino? M.- No! fa molto freddo. Andiamo al bar Tropical di Viale Corsica.
B.- Allora ci rivediamo ( e se ne va. Mahdi e Karim si avviano insieme.)

3. ( I due si stanno dirigendo verso il bar )
M.- Quando sei arrivato?
K.- Ieri. Sono partito da casa mia l'altro ieri.
M.- Come si sta lì in Algeria?
K.- Per stare si sta. Solo che la situa¬zione sta peggiorando, purtroppo!
M. ( indicando dei tavolini ) Ci siamo.
K. Ah, qui?****
( L’azione si interrompe. Gli avventori che stanno leggendo il giornale, rivolgono domande in italiano direttamente a Karim )
Avventori:- Che cosa combina il governo? E' vero che perseguita¬ tutte le opposizioni? E si sa qualcosa sull'assassi¬nio del presidente Boudiaf?
K.- Uccide, il governo. Ma tutti uccidono. Da tutte le parti. Ci sono ormai tante guerre di vendetta. Sai, mi viene in mente di continuo quel che aveva detto De Gaulle: “L’Algérie après la France c’est le chaos.”
Avventori:- E' vero che gli arrestati sono torturati?
K.- E' vero.
Avventori:- Si dice che è stata l'opposizione che ha assassinato il presi¬dente!
K.- Non credo, anche se sarebbe nel suo interesse. Questo delitto, e mi fido del mio intuito, è stato concepito ed eseguito dall’interno stesso del governo, da quel gruppo che chiamano mafia politico-finanziaria. Quasi tutti gli organi di informazione hanno fatto la stessa deduzione.
Avventori:- Ma come è possibile?
K.- Quel presidente rappresentava una minaccia per la mafia. Era pericoloso per lei. Capisci, come avrei potuto rimanere, in quel caos, in quel paese corrotto, mediocre, degradato? Era un uomo straordinario. Era lui che aveva concepito la rivoluzione nel 1954, era lui che l'aveva fatta esplodere negli animi dei rivoluzionari e dopo nel cuore di tutto un popolo.( L’azione riprende )
****M.- Che cosa prendi?
K:- Un caffè.
M.- Ma prendi un latte macchiato e una brioche, che nutre...( si allontana )

4. (Karim si siede. Prende il quaderno e scrive )
( L’uomo di prima legge ad alta voce ):
Si sentiva confuso e spaesato in quello squallore urbano così esotico per lui. Si sentiva “superato dagli avvenimenti"; come non avesse coscienza di quel che gli accadeva intorno. Non riusciva a fermare nella memoria gli eventi che capitavano velocissimi come in un inferno. Voleva sapere subito, le piccole e le grandi cose, sulla sua nuova possibilità di vita: la lingua, le tradizioni degli italiani; il loro atteggiamento verso gli stranieri. Era preoccupato …
M. -( torna con il caffè ) L’istituto adesso è aperto. ( Karim beve in fretta il suo caffè. Si dirigono verso l’istituto )****

5. ( Sono davanti ad una saracinesca sollevata a metà )

****K. - Ma questo è un garage!
M. - Sì, lo era. Poi è stato anche una discoteca, pensa un po’; e adesso è la nostra moschea. C’è anche il ristorante halal..
( La sala della preghiera si materializza con un grande tappeto azzurro e libri.
Karim si mette con il capo in direzione della Mecca, guarda i libri. I due dicono la preghiera del mezzogiorno.)

K. - Voglio sbarazzarmi del peso di alcune cose.
M.- Di che cosa?
K.- La mia roba, la borsa, i libri, il passaporto e il resto dei documenti.
M.- Non preoccuparti. Troveremo una soluzione a tutto. ( Escono )****

6( Si sente un’esplosione e una sirena dei pompieri. )
Poliziotto: ( Si presenta all’istituto islamico. Ha in mano una cartella e un quaderno uguali a quelli di Karim. Rivolgendosi al custode dell’istituto. ) Lo conoscevate questo Karim?
Custode: - Sì lo conosco; perché cosa è successo?
Poliziotto: - ( Legge dal quaderno alcuni brani del diario di Karim ) “Della polizia, e te lo dico io, non c’è da aver paura Basta non andare nei posti a rischio. Ti consiglio di stare alla larga dalla Stazione Centrale; ci sono "El Ghabbara"
Custode:- El Ghabbara"?
Poliziotto: - I venditori di droga. ( Riprende la lettura ) “La stazione brulica di poliziotti in divisa e soprattutto in borghese. Se hai i documenti e ti beccano, ti inventano un crimine e ti mandano in galera. Se non li hai, ti possono anche rispedire a casa. Ma non è così facile...” ( Legge più avanti )“Noi però abbiamo un trucco per evitare scocciature dalla polizia Basta che tu nasconda la tua identità. Non dirgli chi sei. Nascondi i documenti La polizia non può fare niente se non sa chi sei e non sa che delitto hai commesso. A volte il delitto lo trovano, ma non l’identità, e allora ti mettono in galera. Quando hai scontato la pena, magari per il delitto di un altro, ti mollano. E tutto ricomincia. E’ assurdo, perchè se la polizia vuol sapere l'identità di uno straniero ha tutti i mezzi per farlo. Spesso però se la prende calma, non vuole grane, ti lascia stare, finché non rompi le scatole.” ( Cerca un’altra pagina ) “ L'Italia ha bisogno di mano d'opera a buon mercato. Ed eccoci qua noi del terzo mondo, noi dell’altro mondo. C’è un mucchio di mestieri schifosi che gli italiani non hanno proprio voglia di fare. Ed eccoci qua, noi dell’altro mondo…”
Custode: - Era un comunista ateo, un ubriacone e un fornicatore.
Poliziotto: - E’ morto. Informate la famiglia.
Custode: - Chi sa il suo indirizzo?
Poliziotto: - E’ tutto qua nella cartella.
Abu Ali: - Aveva amici italiani, perché non lo aiutano loro?

6( L’uomo che leggeva il diario di Karim, il suo amico italiano, sta leggendo il quaderno dell’inizio ma alla presenza di Karim: sono alla scuola di italiano.) “Camminavano a passo lento nei viali di un bel giardino. Una nebbia densa velava tutta la città. Faceva freddo. Nè il triste panorama del giardino, nè il clima pungente avevano impedito a Karim di godere del verde dell'erba. della se¬renità emanata dagli alberi spogli, spiriti silenziosi. Camminarono parecchio, poi si sedettero. Karim desiderava poter vedere la primavera in Italia. Provava a immaginare come sarebbe stato quel giardino di lì a sei mesi. Voleva vedere quella natura umida, così esotica rispetto al suo mondo assolato, rifiorire nella stagione dell’allegria. Veder la gente in quei viali, vederla allegra, e soprattutto le donne. Aveva sentito molte cose sulle europee. Amavano molto il sole e l'abbronzatura. Non avevano paura, di spogliarsi sotto gli occhi degli uomini. Ma ce l’avrebbe fatta ad arrivare a primavera? Mahdi sembrava non avvertire affatto il tumulto sonoro della sinfonia che ubriacava Karim. L’Italia era bellissima, lo aveva letto; era stata la culla della civiltà occidentale, lo aveva letto in tanti libri. Lo voleva dire a Mahdi…

( Mahdi e Bescir stanno cenando con fichi secchi pesce in scatola; bevono la fanta in lattina. Karim si unisce a loro )
*****M. - L'Italia un paese sviluppato? L’Italia, dà retta a me, è un paese in via di sviluppo. Ha qualche fabbrica che produce a poco prezzo merci che gli altri fanno meglio. Gli italiani, nella maggior parte, non sanno un'altra lingua! Non sanno né il france¬se, né l'inglese! La loro lingua muore non appena passa il confine. proprio come il pesce quando esce dall'acqua! E' la spazzatura dell'Europa, credi a me.

( L’amico italiano, sorridendo, legge ad alta voce, in italiano, la battuta che Mahdi ha appena detto in arabo mentre loro continuano la loro discussione )
K. - Non lo credo.
M. - Ho visto la Francia e la Germania, e soprattutto la Germania. Non c’è neanche paragone.
K. - Ho visto anch'io la Francia, ed eccomi qua in Italia; finora non ho visto una gran differenza fra le due nazioni.
M. - E' da un giorno che sei qui. E poi in Francia sei stato pochissimo. Io invece ci sono stato più di due anni.
K.- Forse! ****

EPISODIO 2

1( Una targa sul muro vicino a una specie di gabbia di ferro da leoni. C’è una fila di persone.)
****M. -( sopraggiungendo con Karim ) E’ qua! Non è ancora tempo. Ma non devi essere timido. Devi essere combattivo, perchè l'uomo della ghorba deve essere un lottatore, capace di superare ogni impresa, diversamente fallirà. E così sopporterà fame e freddo; sarà nudo e si stancherà, sarà umiliato e soffrirà.****
( Arriva Anna - tarchiata, decisa, brusca, con un gran vocione da virago e, chissà perché, un berretto da postino in testa - ad aprire la gabbia. Gli habitués del dormitorio cominciarono a entra¬re.)
Anna: - ( Con modi di drago custode della caverna urla ): I ticket verdi, prima... poi i rossi. Con ordine... in fila svelti... svelti... Tu no... i tuoi quindici giorni li hai fatti... non cercate di fare i furbi... avanti... svelti...( Dopo si gira verso i nuovi. Karim è vicino alla porta. Col passaporto in mano. Lo tiene stretto in quella confusione. Mahdi si è tirato indietro. Aspetta l’esito. Finalmemte Karim riesce ad avere un posto. E’ soddisfatto. Ora tiene in mano un biglietto, N. 19. E’ il numero del letto.)
****M. - Aspettami qua domani, alle otto e mezza. Se non arrivo, vuol di¬re che sto lavorando. No, non mi aspettare qui.. E' meglio davanti all'Istituto.
K. - Va bene. Ma come faccio a tornare all'Istituto. Mi sembra di non ricordare niente.
M. - Vedi quella fermata, dove c'è quella si¬gnora là?
K. - Sì.
M. - Vai lì e aspetta. Quando arriva il bus sali e non scendere fino al capolinea. Penso che poi tu sia capace di andare all'Istituto.
K. - Certo. Chiederò alla gente.
M. - Ti lascio riposare. A domani.
K. - A domani.( Si allontana )*****

( Nel dormitorio c'è un odore aggressivo, una puzza. Secoli che non l’avevano più arieggiato. Puzze di cucina povera che non trovano sfogo all'esterno e ristagnano lì imputridendo. Al primo impatto a Karim pare di non riuscire a sopportarlo. Gli viene da vomi¬tare. Ma a poco a poco le narici si abituano. Sdraiato al piano di sopra di un lettuccio a castello, con la sua borsa sotto le coperte, accanto a sé, per sicurezza, guarda e ascolta. Rombo continuo di treni sulla testa; il dormitorio, non se n’è accorto prima, è proprio sotto il cavalcavia della Stazione Centrale. Karim scrive sul suo diario finchè di colpo si spegne la luce.)

K. – ( sta ora parlando con il suo amico italiano )< /i> Cos’era quest’enorme stanzone, una prigione? un manicomio? una sala di preghiera dei cristiani? Una folla rumorosa si agitava intorno in mille faccende misere e incomprensibili. Crocefissi alle pa¬reti; anche tante immagini di quelli che i cristiani considera¬no Gesù, Maria e altri santi. Nonostante lo stupore e lo spaesamento, si sen¬tiva riscaldato e tranquilizzato. Si accorse che il luogo era pulito. Erano puliti anche i materassi, le coperte e persino i cessi. Sentiva una gran voglia di dormire, ma nonostante ciò tirò fuori il suo diario e cominciò a registrare tutto quello che ricordava degli avvenimenti di quel giorno. Alle 11 precise, la luce venne spenta. Fu costretto a smettere di scrivere dormire.

1Un sogno:... Amel con attorno le amiche nel suo negozio pettina una donna... un manichino... qualcosa che non ha capelli o faccia... muove con grazia il pettine pettinando il nulla... e sorride e il suo sorriso è bellissimo.... Vedi, dice Karim, son tornato... Non è durato tanto... Lei gli si getta tra le braccia... Karim la stringe... stringe una nuvola di polvere...

2- Sveglia! Sveglia! Buon giorno! Buon giorno! (Un vecchino esile, anche lui in berretto da postino, gira per la camerata, con voce tremula e garbo da nonno dà il buongiorno a tutti. Al suo paese Karim non ha mai visto uno che per mestiere sveglia i dormienti con tanta dolcezza.)

EPISODIO 3

1.( Karim si sveglia. Si lava. Fa colazione. Esce. Cammina un po’. Ferma un passante. )
K. - Pardon... scusi, dov’è piazza del Duomo?
Passante: -E’ lì, guardi, si giri, dietro di lei ( per attimo sembrò aver meno fretta ) Lei è tedesco?
K. - Tedesco? Cosa vuol dire?
Passante: -Deutsch... Allemand...
K. - Ah, allemand... no sono algerino.( La fretta riaumentò di colpo. Si allontanò, voltandosi a guardare Karim per ben due volte, assai perplesso. )
K. – ( Si gira e contempla il Duomo. Si siede e scrive una cartolina dicendo quello che scrive) Mr. Belkacem Larbi Cité Ouvrière BP 234, Constantine, Algérie. Je suppose que vous avez reçu ma carte postale de Rome. Ça vous a plu, j’ espère. Milan est une autre merveille. Voyez le ciel bleu. Voyez cette majestueuse cathédrale que les Italiens appellent Duomo. Vous vous rendez compte? Je suis en ce moment ici devant le Duomo. Quelles lumière! Quelles couleurs! Et puis, il ya une multitude de races. Je vous embrasse tous. A la prochaine. Karim B.
( Si rivolge all’amico italiano, come se fosse alla scuola ) Voleva darsi un tono e così scrisse in francese, la lingua formale, ma anche la più rapida, per chi ha studiato, del complicato quadrilinguismo algerino; l’arabo classico, la lingua di Dio, della letteratura alta, dell’ufficialità pretenziosa; l’arabo dialettale, che esprime la quotidianità, il berbero, l’antica lingua del Maghreb - Sant’Agostino, il primo immigrato algerino a Milano, di certo la parlava per le strade.

2. ( Karim e Mahdi sono all’istituto. Stanno mangiando nel ristorante interno e, mentre mangiano parlano tra loro )
****M. - Come hai passato la giornata? Hai passeggiato un po'? Ti è piaciuta Milano?
K. - Si, mi è piaciuta molto. Solo che mi perdevo sempre.
M. - Domani non lavoro, faremo un giro insieme.
K. - Come mai non lavori?
M. - E' una lunga storia. Come puoi capire, la vita clandestina è piena di pericoli!
K. - La polizia?
M.- Sì, ci hanno fermato i carabinieri vicino ad Aosta. La città dove abbiamo lavorato oggi. Mi credi se ti dico che la canna del¬la pistola di un carabiniere mi ha accarezzato il petto? ...
K. – Perché?
M. - Ci considerano delinquenti, e soprattutto ci hanno trovato senza documenti. Se non fosse stato per il capo - distribuiamo volantini per lui - che ha garantito che siamo gente onesta, non ci avrebbero lasciati. Insomma cose del genere capitano spesso. Ma dimmi, hai dormito bene?
K. - Sì, ero così stanco. Ho persino sognato.
M. - Hai sentito quella puzza orrenda?
K. - Lo schifo non dura molto. Le narici dopo un po’ si abi¬tuano.
M. - Ne hai scoperto l'origine?
K. - Si, è l'odore della cucina. Non c'è areazio¬ne.
M. - E' l'odore del maiale...*****
Amico italiano: - (interviene interrompendo il dialogo ) Come? ( Karim con un gesto fa capire che è proprio così. L’amico, leggendo sul quaderno, ridice in italiano una parte delle battute che sono state dette in arabo ) “ Ma dimmi hai dormito bene? Si ero così stanco. Ho persino sognato. Hai sentito quella puzza orrenda. Lo schifo non dura molto. Le narici dopo un po’ si abituano. Ne hai scoperto l’origine? Sì, è l’odore della cucina. Non c’è areazione. E’ l’odore del maiale…
K. – ( Dall’amico italiano passa a parlare in italiano con Mahdi ) Ma io non ci credo.
M. – ( in italiano anche lui, coinvolgendo l’amico italiano ) - Lo conosco bene io. Ne sono sicurissimo. Come fai a dire il contrario?
K. - Che ne so io? L’odore del maiale non l’ho mai sentito. E poi, a mio parere, il maiale è un animale naturale, come tutti gli altri animali. Non c’è grande differenza tra la sua carne e quella delle pecore o delle mucche. Penso che se uno senza saperlo se lo trova nel piatto, lo mangia e lo trova anche buono.
M. - Ti sbagli. Io ne conosco la puzza, il colore della carne - _ rosa chiaro e grassa - e anche il gusto - una volta mi hanno imbrogliato: me l’hanno fatto mangiare. Ho vomitato tutto il giorno. Ti dico che puzza. Tu lo sai che mangia spazzatura? E causa parecchie malattie che colpiscono i cristiani!
K. - Dal punto di vista biologico non c'è differenza fra la carne dei diversi animali, perfino del topo. Non vedi che il topo somiglia molto al coniglio? Perchè mangiamo questo e rifiutiamo l'altro?
M. - Secondo la tua logica dovremmo mangiare anche cani e gatti?
K. - Perchè no?
M. - Stai scherzando?
K. - No, sono serio. Non hai sentito che in alcune regioni nel no¬stro sud si mangiano i cuccioli dei cani? Perfino alcune specie di rettili?
M. - Sì, ma i cani non sono proibiti
K. - Ah, adesso ho capito. Il maiale è schifoso perché è proibito, è"haram".
M. - Ma scusa, se non è cattivo, perchè è vietato mangiarlo,? E' per la sua na¬tura di animale immondo, che vive tra cose immonde, che esiste il divieto il divieto, ed è per questa ragione che provoca malattie a quelli che lo mangiano. Non lo dico per fantasia. Sono i medici che lo affermano.
K. - Quali medici?
M. - Perfino i medici in Occidente.
K. - E però qui lo mangiano.
M. - Il maiale per me è immondizia, putrida; non sarebbe mangiabile anche se non fosse vietato dalla religione. Se ti capiterà di es¬sere qua in estate vedrai e ti convincerai che la carne di maiale fa male a chi la mangia.
K. - E perchè d'estate?
M. - D’estate, col sudore, esce fuori la puzza di maiale. Non potrai avvicinarti ai cristiani per la forza di quella puzza. Chi non mangia maiale, invece, sa di sudore e basta.
K. - Forse. Non ne ho l'esperienza.
M. - Tu non credi mai a niente finchè non lo vedi con i tuoi occhi.
K. - Certamente. Voglio essere io a decidere.
M. - Te ne accorgerai.
K. - In Algeria, studenti che frequentavano a¬fricani neri all’Università sostenevano che puzzano, che emanano un odore particolare, sgradevole. Questi studenti giuravano sulla verità delle loro affermazioni. Ma io dopo aver conosciuto alcuni neri non ho sentito alcun odore. Nè cattivo, nè specifico. Tutti gli uomini puzzano, se non si lavano. Bianchi, neri o rossi, quando puzzano, puzzano d’uomo.
M. - Tu allora non credi che ci siano odori particolari a seconda della razza?
K. - No. Sono menzogne che i profeti della segre¬gazione razziale hanno diffuso nei tempi della grande colonizza¬zione e a cui hanno fatto propaganda pensatori e medici razzisti..
. ( Mentre Karim parla, arriva Bescir. Mahdi cerca subito aiuto da Bescir ) M. - Dì, come davanti a Dio, il maiale puzza o no?
B. - Non lo so, ma tutti dicono così.
M. – ( si guarda intorno alla ricerca di un appoggio più solido. Vede nell'angolo opposto dell’aula di preghiera Salah l'egiziano. Gli fa cenni insistenti di avvicinarsi. Salah, un po esistante, si avvicina al gruppo degli algerini. Saluta, ma non si siede sul tappeto accanto agli altri. ) Il maiale ha un cattivo odore, o no?
Salah - Sì ha un cattivo odore a causa dei microbi che costitui¬scono la sua carne e i suoi umori.
M. – ( si gira verso Karim e dice trionfante ) Hai visto? Tutta la gente lo sa e ci crede.
K. - Non dubito che ci siano delle ragioni per cui i mussul¬mani la pensano così, ma.. ( rivolgendosi all’amico italiano ) Voleva aggiungere che l'uomo, an¬zi il suo spirito era creato in modo tale da cercare sempre le cause nascoste delle cose e dei diversi fenomeni. Anche se non è capace di trovare spiegazioni, se ne crea in ogni circostanza una parvenza nell’immaginazione, se ne fa una fantasia. Al mussulmano è vietato mangiare la carne di maiale. Non gli è stata data alcuna spiegazione, tranne che è un animale immondo. Ha cercato cause che gli sembravano logiche e spiegazioni per rendere conto a se stesso di una così severa proibizione. Senza alcuna spiegazione per lui logica non sarebbe stato capace di osservare quel comandamento. Si trattenne dal comunicare queste idee agli amici, non avrebbe cambiato niente in una fede costruita in lunghi secoli fino a diventare una seconda natura.
( I tre amici ora sono zitti. Stanno aspettando che Karim continui i suoi discorsi. Visto che non aggiunge altro, Salah ne approfitta per togliersi d’imbarazzo.)
****Salah: - Permesso?*****
( Tutti ora dicono la preghiera della Iscia )

3( Al dormitorio Karim e Mahdi si separano )
*****K. – Alle nove precise.***** ( Mahdi si allontana. Karim si mette sul letto. Nasconde il portafoglio sotto il cuscino, mette la borsa vicino a sé, dalla parte del muro e legge, finchè la luce si spegne di colpo.)

4. Nel buio, nella zona del sogno, un corpo traccia danzando arabeschi e figure.

EPISODIO 4

1( Karim sta dormendo. L’amico italiano sta leggendo ad alta voce dal quaderno )
Amico: - Nel dormiveglia, verso mattina, Karim cominciò a porsi una domanda: qual‘ era la sua lingua? in che lingua pensava, sognava, faceva l’amore? Gli tornò alla mente una conversazione che aveva avuto un paio di giorni prima di partire con Hascim…
K. – ( Parla e si muove come se, ad occhi chiusi, nella sua fantasia, si materializzasse la presenza di Hascim ) Lui era l’amico che in Algeria aveva sempre considerato suo pari intellettuale. Insieme avevano studiato sociologia a Costantina, insieme avevano sognato di iscriversi a un corso di specializzazione in Europa. Da studenti si erano conosciuti, e studi e interessi comuni avevano conservato viva l’amicizia. Un’amicizia fondata sullo scambio di idee, attraverso tre mezzi, la parola, i libri e le cassette registrate. ( Karim si trasferisce nella zona del sogno con libri e cassette da restituire ad Hascim. E difatti, quel giorno, era andato da lui per riportargli, prima di partire, libri e cassette di musica che aveva preso in prestito. Si sono dati appuntamento al caffè, e Karim, nell’attesa si mette a leggere )
Hascim: - ( sopraggiungendo ) Ah, stai leggendo uno scrittore arabo, mi fa piacere ( si siede al tavolo. )
K. - Sì, e pensa che per anni, almeno dalla scuola superiore, avevo smesso di leggere letteratura araba moderna. Mi ero fatto l’idea che esprimesse soltanto un ritardo di civiltà, che potesse solo essere il sintomo di una degradazione storica, una regressione spirituale e culturale. Per anni, tanti anni, io ho letto soltanto in francese. Mi ero convinto, mi avevano convinto, che il francese fosse quello che ci dicevano ai tempi coloniali: “la lingua del progresso e dello sviluppo della civiltà”.
H. - Ti ho portato un pacco di libri e di cassette. In arabo, perché tu non te lo dimentichi. E per nutrire i tuoi sentimenti e la tua nostalgia ci ho messo tante canzoni di Om Kalthum.
K. – ( citando )La vita è così breve... - perché sprecare tempo a separarsi? Ti ricordi, ti ho detto che alla scuola superiore la mia conoscenza del francese era un po’ precaria. I “francofili” mi prendevano in giro. La mia passione era l’arabo classico. Avevo i voti più alti. Il mio professore mi chiamava Sibaueh, il grammatico. Poi, sai, nell’adolescenza, per conformismo, si vuole sempre essere “moderni”. Ai nostri tempi, ti ricordi, moderno voleva dire francofono. Forse ho reagito anch’io come quella professoressa che avevo all’università: diceva che non le piaceva essere corteggiata in arabo, che reagiva più alla seduzione se la corteggiavano in francese.
H. - Mais qu’est-ce-que tu me chantes là? Mi ricordo benissimo le tue tirate contro la letteratura araba: “Non si è mai mossa dall’immaginario della poesia preislamica. Per secoli ha ripetuto soltanto quello che di grande si era fatto nella letteratura alta delle epoche Omayade e Abbasside”. E quanto eri saccente nelle tue prediche! Come mai questa conversione recente? Questo ritorno alle fonti?
K. - Ho avuto anch’io il mio lungo “periodo dell’ignoranza”, prima che sul Profeta scendesse la rivelazione. Persino gli scrittori nostri, o arabi in genere, che scrivevano in francese non mi ispiravano fiducia. Arabi anche loro, e quindi incapaci di essere all’altezza dei veri scrittori francesi. Ed ero così ignorante che tutto quel che leggevo in francese per me era automaticamente francese: neanche mi accorgevo che stavo leggendo scrittori americani, russi o tedeschi tradotti in una lingua e in una cultura non loro. L’infinita varietà e diversità delle culture europee la infilavo a forza in un solo contenitore: Francia. Poi, mi sono accorto che il mare della conoscenza è uno, ma che diversi sono i continenti e i profili delle loro coste. Il continente della lingua e della letteratura araba per me è stata una riscoperta di questi ultimi anni. E la vivo un poco come un nuovo amore e come un’espiazione. Sento la verità dei versi di Mahmud Guneim, Per loro la bellezza è straniera, è artificiosa / Per me è natura originaria, è dono, è cosa; e non mi vergogno più di declamarli ad alta voce. Ho finalmente trovato la chiave per gli armadi della letteratura araba.
H. - L’Emiro Abd-el Kader ha detto: Tu perduto tra muri di città / Sprezzi chi ama nomadi e deserto / Odii case d’aerea levità / Chiuso tra argilla e pietra non sei aperto. Di questo forse ti sei vergognato fino a ora. Della natura originaria della lingua, araba, che è il grande spazio, il deserto, un mondo così lontano da quello europeo che ci è cascato addosso.
K. - A uno, tempo fa, mi hanno raccontato, è caduto in testa un nido di cicogna, da un minareto. Lo ha spedito all’ospedale in coma; e ancora adesso è un po’ confuso. Questo è forse l’effetto che ha fatto a me, a noi tutti, l’invasione della cultura europea .

2. Svegliadormienti: - Sveglia! Sveglia! Buon giorno! Buon giorno! ( Una voce tremula e gentile entra con garbo nelle sue fantasie culturali. Una mano lieve lo tocca. Viene riportato al nuovo giorno e alla realtà di Milano.)
( Sta piovendo. Karim esce con la sua borsa. Si è messo un cappottone che ha trovato nel dormitorio. Incontra Mahdi. )

****K. - Non lavori oggi?
M. - No. Vedi come diluvia? Ma che stai facendo?
K. - Sto aspettando che apra l'Istituto.
M. - Che ore sono?
K. - Non lo so.
M. - Aspetta.( Mahdi lanciò uno sguardo verso un orologio pubblico-) Sono le dieci e cinque. Vieni. Andiamo alla chiesa di via Copernico.
K. - A fare che?
M. - Non ti sei ancora sbarazzato dei documenti? T’ho detto che qui con la polizia è meglio essere nessuno. Se vuoi puoi depositare i tuoi documenti lì.
K. - Il mio passaporto? Ma qui è tutta l’identità che ho?!
M. - Dai retta a me, lascialo lì.
( Arrivati in un ufficietto accanto a una chiesa, Karim segue le istruzioni che gli dà Mahdi. Toglie da portafoglio il passaporto, lo allunga a un ragazzo che sta dietro la scrivania ; questi lo fotocopia, dà la fotocopia a Karim, mette il passaporto in una busta e lo pone in uno schedario.)
M. - Nascondila la fotocopia.*****

3. ( All'Istituto, finalmente aperto, trovano Bescir ).
*****K– Mi occorre trovare un posto per i libri e la borsa.
B. io ti consiglio di andare a parlare con Abu Ali. Quello è bravo. Ha buon cuore; ti aiuta.
K. – ( va nell'ufficio di Abu Ali; lo saluta, e dice in arabo classico per farsi capire da un egiziano)- Fratello, ho dei libri di qualche interesse. Per il momento non ho un posto dove lasciarli. Abu Ali - Che genere di libri sono?
K. - Sono libri di letteratura. in francese.
Abu Ali - Sai che i nostri servizi non prevedono il deposito. Tuttavia, posso trattenerteli una o due settimane, non di più.*****

( Karim si sente tranquillo. Va a prendere i libri; li pone sulla scrivania; Abu Ali, ostentando di non guardarli, li mette in un cassetto. Finita la cerimonia, Karim si sente leggero, forse troppo leggero. Si è sbarazzato in quel giorno di tutto il suo fardello. La valigia, con i pochi vestiti, la nasconde in un angolo lontano dagli sguardi di tutti. Si mette in tasca solo il suo diario.)

4. ( I due amici escono.)
*****M. - Meno male che la pioggia sta diminuendo. Il freddo per noi è il nemico "number one".
K. - Per chi non ha casa, certo; ma tu sei risparmiato.
M. – ( scoppiando a ridere ) Credi che abbia una casa?
K. - Sì! Perchè? non ce l'hai?
M. - E come no?! ( Mahdi quasi si scompiscia dal ridere ) Abito in una villa tutta rossa, prima ci abitava Aziz. Te lo ricordi, ha tentato anche lui l’avventura in Italia. E poi è tornato a Costantina. L’avrai pur visto?
K. - Sì che l’ho visto. Mi ha detto che era tornato indietro in vacanza, che in Italia per lui tutto andava benissimo, e che ti aveva lasciato la casa e il lavoro. ( L’ilarità di Mahdi raggiunge un parossismo. Karim non capisce perché. ) Perchè stai ridendo ?
M. - Ti faccio vedere, fra poco, dove abito e dove abitava Aziz.
K. - E' vicino all'Istituto?
M. - E' più vicino ancora di quanto tu non pensi. ( Dopo pochi passi Mahdi si ferma di fronte a una Opel S.W. rossa, parcheggiata poco più in là della fermata dell’autobus.) Eccola qui la mia villa rossa. Ci dormiamo da parecchi mesi. All’inizio, eravamo io, Hamid di Bejaia, non lo conosci ancora, e Gilali. Ma adesso loro sono andati via; è venuto Bescir al loro posto. Ci sono tanti barboni vagabondi come noi che dormono nelle mac¬chine, in quelle abbandonate. Anche gli italiani hanno inco¬minciato a tollerare i nostri comportamenti e la nostra condizio¬ne di immigrati clandestini (e non clandestini). Passano, ci ve¬dono ma non mostrano interesse a quello che stiamo facendo. Un giorno, un vecchio mi è passato vicino. Ero già in macchina, mi stavo preparando a dormire, quando e lui mi bussa al finestrino. Mi sa¬luta e mi chiede se per caso ho bisogno di coperte o di qualcos'altro. Ti dico questo per farti sapere che gli italiani non si preoccupano molto di noi. Ma la polizia ci chiede spesso se la macchina è nostra. Ci chiede anche la nostra identità. Gli interessa solo se siamo spacciatori di droga, se no ci lascia perdere.
K. - Vi è mai capitato che vi portano in questura?
K. - Mai.****

EPISODIO 5

1.( Al Sammartini, Karim sta scrivendo una lettera. Contemporaneamente l’amico italiano legge ad alta voce dal diario ) "Caro papà, spero che quando riceverete la lettera sarete in buona forma e perfetta salute. Adesso vivo a Milano. E' una grandissima città dove per la prima volta oggi ho visto il sole. E' come il nostro sole. E' dolce e tiepido in que¬sti giorni d'autunno. Ma è coperto molto spesso dalla nebbia e dalle nuvole. Mangio bene e dormo bene. Per quanto riguarda il lavoro non ci penso per il momento, perchè trovo che la lingua è difficile. Non capisco proprio niente di quello che mi dice la gen¬te. Quante volte han cercato parlare con me, ma quando si accorgono che non riesco a capire né a farmi capire, se ne vanno, la¬sciandomi stare. Sento di essere del tutto solo. Già mi mancate tutti quanti e soprattutto la mamma. Per quanto ti riguarda, ca¬ro Messaud, fratellino mio, ti regalo questo poster che ti spedisco in un pacco assieme alla lettera.. Ami il calcio! Allora ecco un’immagine di Baggio. So che il Milan è la tua squadra del cuore. Infine vi saluto tutti, voi, gli altri parenti, gli amici. Non dimenti¬cate di scrivermi a lungo e spesso. …”

2. ( Karim interrompe la scrittura )
Amico: - ( direttamente a Karim ) Nostalgia? mal di paese?
K. – Sì. ( continua a scrivere, ma poi si rivolge all’amico ) In verità Karim non sentiva nessuna nostalgia né per le persone, né per le cose, né per i luoghi. Se per nostalgia si intende il desiderio del ritorno, lui non voleva tornare. Gli venne in mente il buio che copriva il cielo a Costantina il giorno della sua partenza. Il paese del buio, così gli era sembrato allora il suo paese. No, non voleva tornare.( Si alza e mentre si taglia la barba continua a parlare con l’amico ) Tornare? Partendo aveva pensato di lasciarsi indietro per qualche tempo, o forse per sempre, tutto quel che lo rendeva infelice nel paese del buio. Lui si sentiva di essere uno dei tanti tra quella popolazione presa in ostaggio dai due fronti impegnati in una lotta al massacro nel suo paese. Era anche partito per non dover essere obbligato a scegliere in un conflitto di cui non si sentiva parte, non erano quelle le sue scelte, né la dittatura militare, sostenuta impudicamente dalla Francia, e tacitamente da tutta Europa, né il sogno del riscatto islamico imposto con la violenza.

3. ( Completamente rasato, Karim esce dal dormitorio e guardando davanti a sé, come se rivedesse tutto, racconta ) Pioveva fitto. Camminava senza una meta precisa. Si riparava sotto le tende dei negozi e i balconi delle case. Camminò a lungo, perché come suo solito voleva vedere la fine della strada. Guardava dritto davanti a sé verso il lontano Nord della città; la pioggia stava calando, un vento leggero cacciava via le nuvole pesanti. Continuò verso Nord invocando un cielo ancora più pulito. D’un tratto si trovò di fronte il muro di un gigantesco castello, un muro infinito come di un baluardo. Il muro era interrotto da due porte. Accanto alla più grande delle due un marocchino accucciato per terra chiedeva l’elemosina. Quello era un cimitero. Lo capì subito, dal grande silenzio che lo colse entrando. La curiosità, per il luogo, per i comportamenti altrui, fu il suo primo sentimento. Era disposto a fare tutto quello che gli altri facevano per non offendere la loro sensibilità e la sacralità del posto. Dietro di lui veniva una signora ( Passa effettivamente una donna con un mazzo di fiori. I tac¬chi della signora dietro a lui rimbombano come spari in quel silenzio.) Su ciascuna tomba bruciava una candela, e c'era un vaso di fiori, alcuni freschi, la maggior parte appassiti o secchi, quasi antichi, e spesso, enormi crisantemi di plastica impolverati. Non c'era tomba a cui mancasse una croce o una statua. Si incantò a guardare il ritratto di una ragazza su una tomba; era bellissima. "Non vedrà più il sole, non vede, non sente, queste nuvole che si stanno aprendo”. Si ritrovò con gli occhi pieni di lacrime.( Karim si gira di spalle e si allontana verso il fondo, al buio ).

4. ( Sul fondo, nella zona del sogno, un’immagine di un cimitero musulmano )
K. – ( all’amico italiano ) I cimiteri musulmani sono luoghi scabri e spogli; terra rossa ammucchiata in forma di carena rovesciata; quella è la tomba, per tutti; e una piccola lapide bianca, o spesso una tavoletta di legno, con soltanto il nome o un versetto del Corano. Allah u akbar, e poi “Siamo di Allah e ad Allah stiamo tornando;” uguale per tutti. Il sentimento è quello della desolazione, nient’altro, e senza consolazione alcuna.
Madre: Karim!
K. - Cosa c'è?
Madre: - Niente, solo che Brahim.....
K. - Cos'ha? Quale Brahim?
Madre: - Il figlio di Dauia....
K. - E' morto?
Madre: - Si. Poverino, ha sofferto molto, la vita è così. E’ infida e ingannevole, purtroppo.
K. - Quando?
Madre: - Alle quattro di questa mattina. Non hai sentito urla e strida?
K. - No, non ho sentito niente, benchè sia rimasto sveglio fino a tardi.
Madre: - Ero lì, a casa di Dauia. Devo tornarci fra poco. Alzati e pre¬parati per partecipare ai funerali. Non ho voluto svegliarti per aiutare a scavare la fossa, perch_ i tuoi fratelli si sono offerti di farlo loro volentieri.
K. - E’ morto di cancro, no?
Madre: - E' Dio che ha dettato la sua fine. I medici non sanno leggere l'avvenire.
K. - Però lo sapevano che malattia aveva. Avevano ragione anche quando hanno detto che sarebbe durato un sei mesi.
Madre: - Chiedi perdono a Dio. Non dire queste cose. Se avessi visto la sua povera mamma come piange e batte la testa contro il muro e si sgraffia la faccia e si strappa i capelli. Dio mio Signore! Ha fatto piangere con lei gli alberi e le pietre. ( Sta in piedi vicino alla porta mentre parlava, a mani conserte, il viso grave con tracce di la¬crime disseccate.)
K. - Hai pianto anche tu?
Madre: - Si, la poverina! Sai che se non avessi pianto le altre donne a¬vrebbero pensato che non ho alcuna pietà di Dauia.
K. - La natura delle donne è misteriosa, mamma. Siete capaci di far cor¬rere lacrime senza motivo. Siete commedianti di prima classe!
Madre: - Che vuoi? Sono le nostre tradizioni, le nostre abitudini. E questa è la volontà di Dio per le donne. Vuoi che ti prepari la colazione?
K. - Non occorre. Non ho appetito e soprattutto dopo questa notizia.
Madre: - Non dobbiamo mica morire per i morti! Non serve a niente. Fra noi, posso dire che Brahim ha sofferto molto e ha fatto soffrire con lui sua madre, suo papà e tutta la sua famiglia. Adesso è in riposo e fa riposare i suoi.
K. - Perchè_ l'hanno pianto allora se li ha fatti soffrire? E perchè_ lo stanno piangendo se li ha liberati?
Madre: - Non capisco quello che stai dicendo. O stai filosofando? Alzati e preparati per i funerali.-
( Viene eseguito il trasporto e la tumulazione mentre si sentono le preghiere tradizionali

5. Karim lascia la zona del sogno che si oscura e torna alla tomba della ragazza. Ha in mano una rosa rossa. Toglie i fiori secchi dalla tomba della ragazza e ci mette il suo.

EPISODIO 6

1. ( Mentre i due cimiteri scompaiono, Karim dice in francese una poesia che legge dal suo taccuino)
****E ora il tempo
il vecchio tempo dai capelli bianchi
m’imbarca sul suo mostro orrendo
barca vetusta e stanca
sull’onda che s’increspa tremolante
poi in piena infuria
verso la notte della vita
e gli orizzonti dove si spegne il sole
e declinano le stelle
nel profondo delle tenebre
nel silenzio sordo e senza vita
dell’eternità.*****
( Gli ultimi versi della poesia vengono detti all’istituto islamico )

****Abu ali: - ( ha sentito Karim che leggeva la poesia; lo guarda con attenzione; gli si avvicina ) Perché ti sei tagliato la barba?
K. – ( si tocca il mento ) Ho deciso così.
Abu Ali: - ( irritato ) Se segui con convinzione la tradizione del Profeta non te la dovresti tagliare. ****( Va a prendere i libri di Karim che aveva in deposito e glieli restituisce. Si allontana. )

2. ( Karim ora sta parlando con l’amico italiano al quale lascia i suoi libri )
K. - Mi sono messo nei guai col responsabile dell'Istituto.
Amico: - Con chi? Che genere di problemi?
K. - Con Abu Ali. Quando mi ha visto senza barba, non gli sono piaciuto. Per vendetta mi ha costretto a sbarazzarlo dei miei libri. E mi ha anche tenuto una lunga lezione di morale ( una pausa ) Ma io non ne sono convinto. Se la tradizione costrin¬gesse a seguire in tutto la condotta del profeta, il musulmano non avrebbe spazio per vivere la propria vita. Non siamo venuti al mondo per essere la copia di un unico modello riprodotto all'infinito. Perché allora non ci vestiamo di lana? Perchè non portiamo il bastone, perché non facciamo i pastori? Perché non andiamo a dorso di cammello o beviamo latte di cammella? Perchè non ci tingiamo gli occhi di Khol? Il segreto, a mio parere sta nel seguire lo spirito, l’onestà del Profeta, la sua sincerità, la sua scienza e saggezza, la sua pazienza e il suo grande amore per gli uomini, la sua pietà per loro e il timor di dio. ( La fine di questo discorso si svolge vicino alla Opel rossa dove ci sono anche Mahdi e Bescir )

3. ( Bescir prende due coperte dalla Opel rossa e le dà a Karim )
****B. - Queste sono per te. Fatti un letto. Non avrai freddo; perchè i vetri della macchina non sono rotti.
K. - Ti ringrazio molto. Ma non mi avete qual’è la mia casa?
B. - E' questa qui a fianco.( E’ una vecchia Opel bianca abbandonata, buona per il rottamaio. La macchina bianca è chiusa, ma il deflettore dalla parte volante è aperto. Bescir ci infila un braccio, lo scardina e apre la portiera da dentro.)
B. -Eccoti a casa, buona notte!*****
( I sedili anteriori non sono ribaltabili, Karim si accomoda dietro. Stende un telo di plastica, poi sopra un lenzuolo; si sdraia, si mette addosso due coperte di lana e si addormenta con le gambe rannicchiate. Di tanto in tanto si gira e si sveglia perché gli fa male la schiena )

4. ( Al risveglio Karim vede Mahdi e Bescir che si precipitano a pisciare. Esce dalla macchina )
K. – ( come se parlasse con l’amico italiano, trattenendosi ) Anche lui sentiva lo stesso bisogno. Ma più ancora dello sguardo della gente, era la ferita alla propria dignità che temeva. ( Non ce la fa più, corre a pisciare ) Al suo paese sapeva bene di essere quello che era, ma qui, con tutto di fuori, in mezzo a una strada, con tutti che passano, come un barbone? Dormiva in macchina, pisciava in strada, un cammino di degradazione morale che era cominciato? ( Se lo scrolla e tira su la lampo.)” Ci si abitua a tutto”, diceva Sartre.

5. ( Mahdi e Bescir si avvicinano )
****K. - Buon giorno.
B. - Buon giorno. Hai dormito bene?
K. - Si più o meno.
M. - Vieni con noi all'agenzia?
K. - Oggi no; ci vengo la settimana prossima.
M. - Fai come vuoi, ma perchè non vieni con noi per conoscere l'a¬genzia e farti conoscere? Chissà? Magari un "capo" po¬trebbe aver bisogno di un distributore di volantini Può darsi che ti porti con lui. Vieni con noi, io provo a parlare di te a Carlo, il brasi¬liano.
K. - Va bene. Aspettatemi vicino alla fontanella. Vengo subito ****( Si siede per mettere in ordine la sua casa. Si lava mani e faccia alla fontanella. Per colazione Bescir gli dà un pezzo di pane durissimo.)

EPISODIO 7

1. ( All’agenzia ci sono già persone che aspettano e caporali che parlano tra loro )
M. –( insegnando a Karim ) …de¬stra, sinistra, aspettami, dritto, qua, là, apri per favore e **** poche al¬tre parole necessarie. Scommetto che le sai già anche tu.
K. - Fin lì ci arrivo; e ne conosco anche qualcuna in più.*****
Barese: - ( parlando con i suoi colleghi ) Io preferisco lavorare cogli algerini, perché sono “brava gente”.Son cinque anni che lavoro con loro; non fanno i furbi; non rubbano; brava ggente! Sempre con gli algerini! ( Mahdi saluta Karim e si reca da lui.)
Carlo: - ( il brasialiano appena vede Bescir lo chiama ) Ehi, Joe! ( Bescir lo raggiunge )
Anna Maria : - ( parlando con gli altri ) Niente tunisini, per carità gli albanesi! i marocchini, dipende, a volte li assumi e quelli invece di lavorare si mettono a vendere sigarette per strada. Poi, per carità, siamo tutti uguali, basta aver voglia di lavorare.
*****K: - ( sta vicino alla porta per farsi notare dai capigruppo. Quando tutti sono andati via, rimane solo con un altro algerino. La conversazione tra i due compatrioti inizia timida.) Karim di Costantina.
Kamel: - Kamel di Algeri.
K. - Ho capito dalla tua pronuncia che sei della capitale. Di che zona?
Kamel: - Ah, conosci Algeri? Di Haidra!
K. - Accidenti, quartieri alti! Non ci sono mai neanche passato. Sono stato ad Algeri un mese. Ero lì per uno stage a una scuola di giornalismo.
Kamel: - Ah, sei giornalista? Non ti ho visto in TV?
K. - Non tutti i giornalisti lavorano alla televisione. Ma come vedi sono qui come te in Italia. Se avessi un lavoro pensi che l'avrei lasciato per venire all'avventura a scommettere la vita.
Kamel:- Ma perché hai detto che eri un giornalista?
K. - Non ho detto così. Ti ho detto che ho fatto uno stage di gior¬nalismo. Ma non sono arrivato tra i primi. Forse è stato meglio. Da noi è stato sempre un mestiere pericoloso. Da quanto tempo sei in Italia?
Kamel: - Un paio di settimane.
K. - Anch'io sono nuovo. Non ti ho visto prima.
Kamel- Invece io ti ho visto. Non eri al Sammartini?
K. - Si, proprio ieri sono scaduti i miei quindici giorni. Ho dovuto traslocare.
Kamel: - Anch'io. Dove dormi?
K. - In una macchina.
Kamel: - Anch'io. Mi pare che l'agenzia stia per chiudere. Va be’, per oggi niente volantini da distribuire. Andiamo. Tor¬neremo domani.
K. - Aspettiamo ancora un po'. Chissà magari possono aver bisogno di un ragazzo. Finché ci sono ancora egiziani vuol dire che c'è speranza.
Kamel:- Non credo. Domani, magari, oggi tutti i capi sono partiti, come vedi. Vieni, voglio telefonare al paese.
K. - I tuoi hanno il telefono?
Kamel: - A Haidra tutti abbiamo il telefono.*****

2. ( I due vanno verso la fermata del tram. La borsa di Kamel è molto pesante: Karim lo aiuta )
****Kamel: - Fra 15 giorni si sposa mia sorella.
K. - E tu hai voglia di tornare?
Kamel: - Che domanda! Lesem, sta scritto così. Io sono l’unico fratello. Come potrebbe sposarsi lei?
K. - Ti confesso che al tuo posto non tornerei neanche se si sposano tutte le sorelle dell'Algeria
Kamel: - E’ l'unica sorella che ho. L'amo molto. Non posso farle questo. Non sono mica venuto qui per restare, sono di passaggio. Prima ero in svizzera.
K. - Ma perché sei venuto, allora? Eri regolare là?
Kamel- No, ma ho una carta d'identità francese.
K. - Da dove l'hai avuta?
Kamel: - L'ho comprata
K. - Da quando si vendono le carte di identità?
Kamel: - Nei paesi sviluppati, se sai vivere, tutto è possibile. Vuoi farti un’identità nuova? Ti indico io la persona che può procurartela.
K. - Grazie per ora mi va bene la mia vecchia.
Kamel: - Prendiamo il tram.
K. - Dove devi andare?
Kamel: - Al supermercato. Non posso mica presentarmi a mani vuote in Algeria? Dovrò pur fare qualche regalo.****

3.( I due salgono su un tram pieno di gente. Stanno zitti per non farsi riconoscere Alla seconda fermata sale un omone enorme tondo di faccia con capelli e barba arruffati. Vestiti sporchissimi. Puzza come fosse già in decomposizione. A Karim viene un conato di vomito. Lo domina. Per fortuna, l’uomo col suo puzzo di morte scende alla fermata seguente. )
****Kamel: - Hai visto "la cosa"?
K. - Sì, secondo me dorme in una discarica.
Kamel: - O in una tomba.
K. - Pensa che immunità ai microbi avrà sviluppato?
Kamel: - E' un microbo lui stesso, ma gigante perché è metamorfosato. ( L’idea fa molto ridere Kamel.)
K. - Se lo studiano è probabile che scoprano un vaccino per l’AIDS!( Sì sorprende anche Karim a ridere della “cosa”.) Quanto tempo mi ci vorrà per ridurmi così?!*****
Controllore: - Biglietti, signori.( Provano a scappare ma uno dei due controllori gli sbarra il passo con le braccia.).
K. - Parlez-vous français?
Controllore : - Le bigliet, messieus, se no c’est la multe.
K. - Je ne connais pas les usages de votre pays, je pensais que les transport c’est gratis chez-vous.
Controllore: - Che cazzo dice questo! De qual paes et vus?
K. - Je suis algerien.
Controllore: - E che cazzo è? Ah, algerino. Non sembra, pare tedesco. Di’ ma il passaporto ce l’hai? Le document, le papier?!
K. - Non.
Controllore: - Sei entrato senza passaporto?
K. - Non, je l’ai perdu.
Controllore: - Tutti quanti ripetete la stessa canzone ( Poi si gira verso Kamel, sarcastico ) Anche tu sei algerino, nuovo naturalmente, e hai perso i documenti? Vero?
Kamel: - E invece non indovini? Lui è algerino, e io francese. Eccoti carta d’identità e passaporto! Lui è un cugino. Stiamo andando al consolato francese per fargli ottenere un visto.
Controllore: - I biglietti, mi diano i biglietti o chiamo la polizia.
( La gente attorno comincia a ridere. Sono arrivati alla fermata. La porta si apre. Karim sente uno strattone violento a un braccio e si trova a correre a perdifiato dietro a Kamel che anche in quello è svelto.)

4.( Karim e Kamel, ciascuno con una maniglia della borsa di Kamel, stanno ragionando tra loro, in arabo. Dietro di loro la gente del tram riprende in italiano, come se fosse un pubblico dibattito, le loro battute

- Ti fai riguardo di scippare mille lire, mentre gli italiani ci scippano il nostro gas a prezzi stracciati. Sono milioni, macché milioni, miliardi di dollari che ci fottono, sai!?
- Lo fanno col consenso del governo algerino.
- Ma chi ha messo al potere questo governo?
- Non dirmi che è l'Italia che sceglie i nostri governanti e i nostri ministri?
- Non direttamente, però manovra... Dai, entriamo.
- Cosa vuoi comprare?
- Comprare? Perché adesso io compro?!
- Non mi hai detto che volevi comprare dei regali?
- Io i regali me li regalo.
- Cioè rubi?
- Già Roma ci prese tutti i nostri beni. La Francia ci ha succhiato il sangue per centotrent’anni. Poi anche questi qui sono koffar, infidèles, devono pagare la "Djezia", la tassa di chi pratica le religioni del Libro, ma non ha avuto la luce della verità, l’Islam - e pareva convinto.
- E se ti arrestano?
- A me non mi arrestano.
- Sei sicuro?
- Convinto!
- Convinto che bisogna rubare per vendicare la tua patria e la tua religione. E che ne fai di quel che rubi?
- Lo tengo per me.
- Potrei anche capire se tu lo dividessi con chi ne ha bisogno, gli algerini di qui?
- Perché dovrei? Non hanno cervello per pensare e mani per agire.
- Chacun pour soi? Una sorta di self-service etico.

5. ( Karim lascia andare la maniglia della borsa. Avanza fino ad incontrare l’amico italiano )
K. - Il pomeriggio lo passò nel parco, ovattato di nebbia, sognando con impazienza primavera, la bella dormiente.

FINE DELLA PRIMA PARTE

EPISODIO 8

1. ( Karim sta dormendo nella sua macchina. Improvvisamente una torcia elettrica gli illumina il viso. Colpi ripetuti sul finestrino della macchina lo svegliano. Si sentono urla incomprensibili tutto attorno. La scena è rischiarata dalla luce azzurra lampeggiante della polizia.)
Poliziotto: - ( prendendo a calci la portiera ) Esci, figlio di puttana, vieni fuori, marocchino di merda, vieni fuori dalla macchina!. ( Karim toglie la sicura e intanto cerca di infilarsi i pantaloni e la giacca. Ma il poliziotto non gli lascia il tempo di farlo. Apre la porta e lo tira giù trascinandolo a terra. Con la faccia va a sbattere contro il muso della macchina rossa. Tiene i pantaloni in una mano e una scarpa nell’altra, non riesce a proteggersi. Il poliziotto lo tiene forte; gli conficca le unghie nel braccio. Poi comincia a maneggiarlo come una marionetta. Lo rimette in pie¬di, gli apre le gambe, gli toglie di mano scarpa e pantaloni, buttandoli via e gli mette le mani sul tetto della macchina. Karim è vestito soltanto con la tuta da ginnastica che usa per dormire
K. - Non ho capito. ( Il poliziotto, che pensa di essere preso in giro, gli dà uno schiaffo violento. Così forte che Karim, che ha la faccia girata verso di lui, va a urtare uno spigolo della mac¬china con l'altra guancia.) Niente da temere( parla a se stesso, in arabo ) non mi hanno visto umiliato.( Si gira, si china per raccogliere la sua scarpa, i suoi pantaloni. Ma il poliziotto con un calcio glieli getta ancora più lontano.)
Poliziotto: -Va, vaffanculo, va, marocchino di merda.
Ufficiale: -( Interviene con maggiore calma ) Sei italiano?
K. - Non ho capito Ufficiale: - Di dove sei? ( Lo chiede in italiano e poi in fran¬cese. ) K. - Dell'Algeria
Ufficiale: - Non sembri algerino
K. - Ma sono algerino!
Ufficiale- A meno che uno dei tuoi genitori non sia francese...
K. - No, non sono francese. Sono algerino
Ufficiale: - Hai un documento che accerti la tua identità?
K. - No.
Ufficiale: - Perché, sei venuto senza passaporto?
K. - L'ho perso.
Ufficiale: - Anche tu? Perché non hai fatto la dichiarazione di smarrimento. Da quanti giorni sei in Italia?
K. - Da venti giorni circa
Ufficiale: - Perché sei venuto qui?
K. - E' un poliziotto che mi ha fatto venire.
Ufficiale: - T'ha fatto venire un poliziotto? ( si rende conto dell’equivoco - Perchè sei venuto in Italia, deficiente? ( Karim non risponde) Di chi è la macchina?
K. - Non lo so.
Ufficiale: - Non è tua vero?
K. - No, non è mia.
Ufficiale: - Allora perchè te ne sei impossessato?
K. - L'ho trovata aperta. Avevo bisogno di dormire, avevo anche freddo. ( Un poliziotto dice qualcosa che Karim non capisce e scoppia in una risata cattiva.)
Ufficiale: - ( sembra richiamarlo all’ordine, poi porge a Karim un taccuino e una penna ordinandogli ) Scrivi nome, data di nascita, città e paese d'origine ( Gli ridà la giacca, le scarpe, i pantaloni, le sue cose. Karim comincia con gran fatica a scrivere un falso nome, un falso indirizzo, conservando soltanto la data di nascita vera. L’ufficiale legge quanto Karim ha scritto ) RAMIK DAFU. Nato a Orano. Che scuola hai fatto? Vedo che sai scrivere bene.
K. - Universitario. Sono laureato.
Poliziotto: - “Ooh!...( e accompagna l ’ esclamazione con un fischio di sarcasmo.) Ufficiale: - ( dà a un altro poliziotto il taccuino, poi si ri¬volge di nuovo a Karim, un po’ meno duro, ora ) Perchè hai lasciato il tuo paese? Lavoravi lì?
K. - Sì.
Ufficiale: - Perchè sei venuto qua allora?
K. - Voglio proseguire i miei studi.
Poliziotto: - Ooh!...( secondo fischio sarcastico.)
Ufficiale: - Come mai? Hai la pretesa di continuare a studiare e non hai nessun documento. ( Karim non risponde e l'ufficiale continua ) Va bene, raggiungi il gruppo. Aspetta un po'. Hai sangue sulla bocca. ( Karim porta meccanicamente la mano alla bocca e sputa. E’ sangue-)
K. - Uscendo dalla macchina ho sbattuto contro la portiera.
Ufficiale: - Va be’. Vattene, sparisci. Non tornare più alla macchina.
K. - Posso prendere la mia roba?
Ufficiale: - Certo, ma se ti ritrovo qua a dormire ti scasso la faccia!
( Karim guarda nella macchina. Cerca in quella massa informe una cami¬cia e un maglione. Si veste e se ne va )

2. ( I poliziotti se ne sono andati. I tre amici rimangono soli.)
***M. ( imprecando ) Avevano solo voglia di romperci il cazzo e non farci dormire. Ci hanno disturbato, e che Dio li bruci nell’inferno per l’eternità.
K. - Che cosa ha detto quel poliziotto? Perché sghignazzava? Non ho capito niente.
M. - Meglio che tu non abbia capito
K. - Perché?
M.- Ha detto parolacce basse, basse come lui.
K.- Ma io lo voglio sapere. Mi serve per capire la men¬talità della gente di qui.
M.- Se proprio vuoi? Ma sai, la gente di qui non ha rispetto, non ha il senso del rispetto, né per gli altri, né per sé . Ti ha detto "se la macchina fos¬se stata mia gli avrei fatto un culo così,” e ha fatto il gesto con le mani.
K. - Ha detto proprio questo?
M.- Che vuoi sono infedeli, non hanno alcun rispetto per noi. Ma anche per loro, usano sempre brutte parole.****

EPISODIO 9

K. – ( Mostra una lettera all’amico italiano ) Quasi l’avevo dimenticata. ( Leggendo ) “Torna, in un paese straniero calpesteranno la tua dignità. Non permettere mai che questo succeda”.

1. ( Karim è all’interno dell’istituto, nella sala di preghiera. Due barbuti responsabili lo osservano da lontano. Ha vicino a sé il foglio di una lettera che vorrebbe scrivere e un libro. Apre il libro e legge )
K. - Nous errons à travers des demeures vidées
Sans chaînes sans draps blancs sans plaintes sans idées
Spectres du plein midi revenants du plein jour
Fantômes d’une vie où l’on parlait d’amour...

****Un buon musulmano : - ( gli si avvicina ) Chiudi quel libro e ascolta la parola di Dio!
K. –No
Musulmano: - E allora vai fuori!
K. - Ma fuori fa freddo
Musulmano: - Vai fuori****
.

2. K. – ( Dirigendosi verso l’amico italiano, nella zona della scuola serale ) Invece proprio alla scuola serale di italiano gli sembrava di trovare un po’ di calore familiare. Lì aveva incontrato persone cui nel teatro della mente aveva dato un nome di personaggio. C’era il “padre misericordioso”, il “consigliere”, il “fratello probabile”. Con quest’ultimo sperava davvero che la fratellanza sarebbe fiorita un giorno. Fratelli umani... già, ma chi erano i suoi fratelli ormai? Gli fece paura il senso di estraneità che aveva avvertito nei confronti del poliziotto della coscienza che gli aveva detto “Vai fuori!” e di tutti loro lì alla moschea. Ripetevano sempre le stesse cose, le stesse che aveva lasciato in Algeria, per cui aveva lasciato l’Algeria. E ora le ritrovava anche qui. Chiusura e ostilità verso gli altri, tutti gli altri. Ripetizione infinità di gesti ritualizzati e parole che davano loro la garanzia assoluta di essere nel bene, di essere il bene. Gli faceva un po’ paura di cominciare a sentirsi estraneo a loro.

3. ( Si accende una luminaria di Natale. Si vede gente riunita per la cena della vigilia )
K. – ( si allontana dall’amico )Malato e pieno di nemici vivrò
come l’aquila sulla più pura cima

Così, solo, straniero, estraneo, in questa purissima e freddissima notte di Natale, per strade frequentate da nessuno, da lui solo, se li ripeté molte volte in testa, come una preghiera. ( Si siede e cerca di dormire. Nella zona del sogno compaiono Hascim e Amel che lo saluta con la mano. Intorpidito dal freddo, parla tra sé ) Dio che freddo qui. Sto per gelare; forse e così che si muore assiderati? Ci invadono ricordi di casa e di amori perduti e ci si addormenta... Domani le scriverò. No. Meglio che si precisi la mia sorte, potrei arrivare io prima della lettera, rispedito a casa dalla polizia ammanettato, come un pacco.

4. ( Nella macchina ci sono Mahdi, Bescir e Kaled. Karim arriva, saluta e ascolta Kaled che racconta la sua esperienza.)
( Intanto le persone che partecipavano alla cena della vigilia fanno i loro commenti )

Kaled era giovanissimo, poco sopra la ventina. Era bello.
Era spiritoso, dinamico.
Aveva un temperamento equilibrato.
Puro d’anima e di corpo. Dalla sua bocca non usciva che il bene. Così almeno l’aveva dipinto Mahdi.
Karim s’aspettava quindi che Kaled parlasse loro del jihad in Bosnia
- jihad, lo “sforzo” per compiere la volontà di Dio; in Italia, venne in mente a Karim, erano tutti convinti che volesse dire “guerra santa”.
- S’aspettava anche che un ragazzo così pio tenesse gravi sermoni.
- Niente di tutto questo usciva dalla sua bocca. Anzi scherzava e rideva. Parlava delle cose di questo mondo ma con obiettività e giustezza.
- Karim si trattenne dal fare domande sul jihad , perchè aveva l'im¬pressione che Kaled fosse geloso del proprio segreto.
- Era stato in Afganistan, prima di venire in Italia, così almeno capì Karim da vari accenni Quando poi aveva sentito che i musulmani della Bosnia erano oppressi e uccisi, si era imbarcato sulla nave del jihad per difendere i fratelli. - Karim si sentì orgoglioso del suo compa¬triota: “un ragazzo che parla poco e fa molto”, pensò. “Non come i pii musulmani che ho incontrato qui, che organizzano collette per mandarci gli altri. Kaled si impegnava in proprio, ecco!”
- Si misero a discutere di guerra e religione.
- Kaled non sembrava affatto scandalizzato o meravigliato dalle strane idee di Karim: “Per me in Bosnia non si combatte affatto una guerra di religione, ma una sporca guerra per il potere!” “Questo è quello che ho potuto scoprire andandoci,” disse Kaled, “ho poca scienza di religione, non credo neanche di essere un giusto come il secondo Califfo, ma non penso che l’Islam e neanche il Cristianesimo possano giustificare un simile macello. Non è con la morte che si afferma la verità.”
- Parlarono di molte altre cose. Della loro condizione di emigranti nella ghurba. Della vita nelle case abbandonate, degli sgomberi forzosi con la polizia. Kaled ascoltava e rideva anche lui delle loro disgrazie nell’esilio. Parlarono dell’Algeria.
- Di colpo, a tutti sparì ogni allegria, i visi si allungarono.
- “Sforzo, anche da noi, per compiere a ogni costo la volontà di Dio!”, disse Mahdi.
- “No, un macello, anche da noi, e per il potere!”, disse Kaled.
- “Riusciremo mai a tornare a casa un giorno?”, chiese Karim.
( L’azione si ferma e Karim parla con se stesso, con le persone della festa, con i musulmani dell’istituto )
K. – Il mujahid, l’ideale che da ragazzo avrebbe voluto seguire. Ma ora che ne aveva davanti uno, che nel dolore altrui per sé aveva scoperto il dubbio, Karim vedeva aprirsi un’altra idea. Forse, la stessa vita dura che faceva era jihad, sforzo di compiere il proprio destino, la volontà di Dio, forse. Jihad vuol dire anche e soprattutto scienza del mondo e conoscen¬za di sé, di Dio, forse, e quindi la forza della verità e la certezza della propria fede. Perché i musulmani tutti non si sforzano per impiantare questo jihad nelle loro anime e nelle anime degli altri, anche, con l’esempio, invece di uccidersi fra di loro e uc¬cidere gli altri? Oppure, jihad come violenza è l'unica forma pensabile, per limiti di pensiero, nel tentativo di uscire dall’ignoranza, dalla po¬vertà, dalla debolezza, dal sottosviluppo?

5. K. ( Saluta gli amici e si allontana dalla macchina. Vede la luce della cena di Natale; ai partecipanti alla festa ) An¬che noi mangiamo e giochiamo e beviamo, non il vino. Non ballia¬mo assieme alle donne, uomini con uomini, donne con donne, ma giochiamo e scherziamo, con la parola, in cui fidiamo, creiamo in compagnia fantasia e gioco e verità. E per questo, ci facciamo visite, stiamo su la notte a discutere con gli amici e coi parenti.( Nella zona del sogno compare la famiglia di Karim che sta festeggiando. K. Si addormenta mentre sente la musica del suo paese.)

EPISODIO 10

1. K. – ( Si sveglia e controlla il portafogli. E’ vuoto. All’amico italiano ) Aveva speso tutti i soldi che si era portato da casa e con i pochi che era riuscito a guadagnare il bilancio era disperatamente in passivo. Non aveva più niente in tasca, neanche per comprare un foglio di carta da lettere e un francobollo. Circolava la voce che qualche chiesa distribuisse ogni giorno mille lire ai poveri e ai bisognosi. Se ci si andava cinque giorni di fila si riusciva anche a mangiare un panino di tonno e formaggio. Ne aveva sentito parlare tra i più disperati. "Tutto tranne questo," si disse. “Mendicare soldi è qualcosa che non potrei mai fare anche se dovessi mangiare la polvere."
Aveva un timore superstizioso, irragionevole di mendicare soldi. Era convinto che mendicare il pane può essere giustificabile ed accettabile, perché l’uomo non può vivere senza pane. Ma il denaro è una cosa futile! Un uomo che si rispetta non dovrebbe vendersi in cambio di qualcosa come il denaro che non ha nessun valore.( Guardandosi in giro, trova per terra dei biscotti; li raccoglie, li pulisce alla bell’e meglio e li mangia.

2. ( Con quello che trova in giro, Karim costruisce un rudimentale teatrino dei burattini nel quale rappresenta la storia popolare che il nonno gli aveva raccontato quando era bambino ) La storia di un uomo dignitoso che era diventato povero. Non aveva più niente in tasca. Era così miserabile che un giorno pensò di andare a mendicare. Ma si vergognava da morire. Decise di andare a consultare il saggio del paese. Il consiglio che questi gli diede fu - se ne avesse avuto veramente bisogno - di farlo, ma a condizione di non toccare niente di quello che avrebbe ricevuto il primo giorno. Il nostro brav’uomo diede la sua parola e se ne andò. L’indomani, l’uomo tornò dal saggio con una borsa piena di denari e gliela porse. Questi la prese e disse:
- Sta bene. Domani, vai e chiedi secondo il tuo bisogno. Non temere di spendere i denari che ti daranno.
L’uomo passò lungo tempo a fare il suo nuovo mestiere di mendicante. Lo faceva senza vergogna, perché il saggio glielo aveva permesso. Ma a poco a poco mendicare cominciò a diventargli sgradevole. Un giorno decise quindi che avrebbe smesso, anche se fosse morto di fame. Corse dal saggio per avere il suo consenso. E il saggio iniziò:
- Benvenuto! Come stai?
- Bene, si grazia a Allah.
- A Allah sia grazia. E allora? Hai bisogno di qualcosa? Vuoi forse indietro i tuoi denari?
- Che denari?
- Quelli che mi hai dato da tenere.
Il povero uomo aveva dimenticato del tutto quei denari:
- No. Che Allah ti perdoni. Sono solo venuto a informarti della mia decisione di smettere il mestiere di mendicante.
- E perchè? Non guadagni abbastanza?
- No, non è questo. Al contrario, in alcune occasioni mi capita di guadagnare in un solo giorno l’equivalente di quello che guadagnavo in un mese quando lavoravo! Soprattutto nelle feste.
- E allora?
- Non mi è venuta sinora nessuna vocazione per questo lavoro. Anzi lo odio proprio. In questi ultimi giorni non sono più uscito a mendicare.
- Non lo accetti più allora?
- Piuttosto, non l’ho mai amato.
- Non sei stato capace di abituarti?
- No.
- Hai ragione.
- Come? Non ho capito?
- Vedrai poi. Ora vieni con me.
Il saggio lo condusse in un angolo della moschea, tirò fuori la borsa dei denari e disse:
- Ecco la tua roba. La riconosci?
- Sì, ma ora non ne ho alcun bisogno - replicò l’uomo. “Non restituirmela.”
- Stai tranquillo, non ho voglia di restituirtela. Perchè anche se lo facessi non ne avrei la capacità.
- Perchè?
- Guarda con i tuoi occhi.
L’uomo scrutò con cura la borsa, poi disse:
- Non vedo niente di strano.
- Apri - gli ordinò il saggio.
L’uomo esitava. Ma il saggio insistette:
- Siediti comodo e aprila.
Sciolse il filo che la chiudeva, ci guardò dentro e... si spaventò.
- Che cosa mi hai dato? - chiese al saggio.
- La tua roba.
- Ma sono vermi!? Mi prendi in giro?
- No. Ti giuro che dico la verità. E’ la tua roba.
L’uomo provò vergogna, perché gli sembrava di aver mancato di rispetto al saggio, che era così reputato per la sua pietà, la sua serietà, la sua saggezza antica. Cercò di riscattarsi dicendo:
- Dimmi, per il tuo Dio, di che cosa si tratta?
Il saggio prese a svelare il segreto.
- Se tu avessi mangiato questi soldi invece di portarli a me la prima volta che cosa sarebbero oggi? Vermi, naturalmente. E dove sarebbero andati questi vermi?
- Nella mia pancia.
- Appunto. Se tu li avessi mangiati saresti diventato un uomo che ama mendicare. Il tuo cuore brulicherebbe di voglia e di desiderio di mendicare, come stanno brulicando questi vermi. Ma Allah ti ha protetto.

3.K. – ( All’amico italiano ) Da qualche tempo era diventato anche un ladro. Il ladro è più rispettabile del mendicante. Poi era un ladro onesto. Non rubava che per mangiare e non mangiava molto.

4. ( Karim va all’agenzia e comincia a fare e a trasportare sacchi di immondizia )
Mauro: - ( lo osserva lavorare; poi gli si avvicina ) Vieni lunedì prossimo alle sette. Ho un lavoro di due giorno interi. ( si allontana )
K. – ( tra sé ) giovedì, venerdì, sabato, domenica... Mi comprerò un dizionario italiano" - sognava - "vado a vedere un film o a teatro. Poi comprerò una pizza. Mangerò la carne, il pollo. Mangerò. E berrò anche la coca e mangerò il couscous, ormai si trova anche qui. Comprerò la carta da lettere e i francobolli. Non devo sperperare i miei soldi. Devo risparmiare. Ma davvero lunedì lavorerò? Non riesco più a contare quante volte quello della cooperativa mi ha promesso un lavoro senza mantenere la parola. Ma questa volta non era come le altre. Mi ha detto di trovarmi lunedì, non domani. Eravamo a giovedì. Quindi un giorno preciso. Un giorno fortunato, di lavoro

5. K. ( con molta circospezione va al suo vagone dove si prepara per dormire; ripete tra sé ) …giovedì, venerdì, sabato, domenica ( si addormenta e sogna. Ad Amel che lo saluta con la mano si sovrappone la donna col cane )

EPISODIO 11

1. K. – ( si sveglia ripetendo ) …la donna con il cane... ( rivolgendosi all’amico italiano ) era poi una cagna e si chiamava Lady. Era andata così. Una settimana prima aveva ricevuto una lettera da casa. La leggerò ai Giardini" si era detto. ( va a sedersi sulla panchina e legge la lettera, traducendola in italiano per l’amico ) “ Costantina, 20 aprile...” - Già sei mesi che sono via… ****“Tanti saluti, carissimo fratello. Scusami se non ti ho risposto subito. Ci capirai quando saprai che disgrazia ci è capitata negli ultimi tempi. Tuo fratello Safi si è ammalato ed è stato ricoverato per molti giorni all’ospedale. Ora, mentre ti scrivo, tutto va bene, Hamdu-lillah. Non preoccuparti. Oggi è venuto a fargli visita il suo amico preferito Nadir, e l’ha trovato molto bene. Ha fatto un gran piacere a Safi. E’ stato gravemente ammalato. Ma ora sta riacquistando la salute, Hamdu-lillah. Fino a due settimane fa non poteva neanche muoversi, dopo essere rimasto immobile a letto per due mesi, tra ospedale e casa. Adesso può alzarsi e camminare per casa con il bastone. Come sai ha sempre avuto problemi con le ossa. I medici dicono che con una lunga cura di antibiotici gli salveranno la gamba. Ieri per esempio è andato fino al balcone. Poi ha preso Chafia, che ha già compiuto tre anni, sai?, se l’è messa seduta accanto e ha giocato con lei. Eravamo tutti contenti. Sta tornando alla vita. E presto potrà tornare a scuola.
Sai, stiamo facendo i mekroud che ti piacevano tanto. Hai sempre avuto una passione per i dolci. Aspettati un pacco fra poco. Caro fratello ci manchi parecchio, soprattutto alla mamma. Abbiamo ricevuto in una busta tre bellissime cartoline di Milano, tutte indirizzate a Chafia però. Ti ricordi solo di lei perché è la più piccola. Ma io sono la più grande. E sono la sola che ti scrive. Ma non pensare che per questa ingiustizia non ti scriverò più. Non voglio che tu ci dimentichi, che l’Italia ti allontani da noi. A proposito. La nostra mamma si è spaventata perché nella tua lettera parli molto bene della tua insegnante. Ti consiglia di non avvicinarti alle italiane. E se per caso ti viene l’idea di sposarti ti dice che qui ci sono tante donne ben educate e belle. Io però la penso in modo diverso. Ti consiglierei di sposare un’italiana. Ormai avrai già idee moderne come loro, no? Devi solo conservare la tua religione. In Italia, la conoscono? La rispettano? Non dimenticare di rispondere a tutte le mie domande nella prossima lettera. Qui in questi giorni fa molto caldo. Venerdì scorso i ragazzi sono andati al mare. A proposito, nelle cartoline non si vede il mare. C’è a Milano? Avrei voluto andarci anch’io, ma Ladi ormai fa proprio il fratello maggiore, e mi ha detto: “Tu sei grande, adesso sei una donna, non puoi andare al mare con i maschi!"
Questa settimana Madjid, sua moglie e il loro piccolo bambino sono venuti da noi. Papà e mamma sono molto orgogliosi di essere nonni. Papà ha comprato un caprone nero per rendere grazie, quando Safi è uscito dall’ospedale. Abbiamo cucinato couscous con carne arrosto. Abbiamo fatto mangiare tutti i poveri del quartiere. E’ stata proprio una festa. Spero che la lettera ti trovi in buona salute. Amen. Infine ti invio i saluti di tutta la famiglia e di tutti i parenti. A presto.

Tua sorella Buba:"*****

2. Lory : - ( avvicinandosi con il cane )Scusi? E’ libera? ( Si siede, un po’ discosta. Del mondo esterno lui percepisce solo un cagnolino bianco che trotterella accanto a due gambe di donna. Poi sorride alla padrona balbettando un saluto e guardandola per la prima volta. Una donna sulla trentina, appena un po’ sfiorita, ma con begli occhi verdi, due laghetti da oasi ) Si chiama Lady, è una cagnolina. Mi dispiace se la abbiamo disturbata.
K. - Per niente ( si sente un po’ confuso da quegli occhi.)
Lory: - ( osserva la lettera ) E’ una scrittura?
K. - Si, è una lettera che ho ricevuto dalla mia famiglia.
Lory: - Che lingua è? Assomiglia all’arabo.
K. - E’ arabo.
Lory: - Ah lei è arabo?
K. - Sì, algerino.
Lory: - Non sembra un arabo.
K. - Come?
Lory: - Non assomiglia agli arabi.
K. - Ci sono tanti algerini che mi assomigliano.
Lory: - Forse uno dei due genitori è francese?
K. - No, tutte e due i miei genitori sono arabi.
K. - Come ha detto che si chiama?
Lory: - Loredana. Lory per gli amici.
K. - E’ un bel nome. ( incerto se sia il nome del cane o quello della padrona.) E il cane?
Lory: - E’ una femmina. Si chiama Lady.
( La cagna, sentendo il suo nome si alza di scatto e salta a terra. Lory, non avendo ormai più motivo di restare, si alza anche lei e lo saluta come se non ci fosse niente fra loro. Se ne va.)

3. K. – ( all’amico italiano )La vita è stranissima: ci fugge quando le corriamo dietro, ci sorride quando disperiamo”. Così era stato il primo incontro con la donna col cane. Una donna ci si siede accanto, il cane ti salta in grembo e rompe il ghiaccio della solitudine ( Si ritrova ora al vagone )

4.( La situazione torna a essere quella del risveglio )
K. – ( come accomiatandosi ) Oggi è venerdì, El Jumu’a, il giorno del raduno.( si dirige verso l’istituto )

5.( All’istituto Karim sente forte il bisogno di rispettare l’usanza religiosa dell’abluzione prima della preghiera. L’unica doccia che puo’ usare è quella dell’Istituto Islamico, gelida, per temprare corpo e spirito. Si spoglia e apre il rubinetto.)
K. ( Tra un brivido e l’altro ) Aveva conosciuto la vera fame e l’autentico freddo; abitava la strada e, condividendola con tutta la corte di emarginati, travestiti, ladri, spaccia, barboni, e semplici stranieri poveri come lui, aveva imparato il coraggio e anche una garbata gentilezza verso tutti; non avrebbe mai creduto prima che sarebbe arrivato un giorno in cui avrebbe fatto la doccia con acqua gelida anche in inverno in un luogo altrettanto gelido, ma quel giorno era arrivato e il suo organismo era diventato solido e coriaceo; resisteva con animo a ogni situazione di disagio e malattia, ad alimenti malsani, e anche, per qualche giorno, alla mancanza totale di alimenti. Aveva però imparato la lingua italiana. Aveva conosciuto alcuni italiani: alcuni che l’avevano picchiato e offeso; alcuni che con qualche cortesia l’avevano aiutato. Aveva scoperto un fantastico museo della morte, dove cristiani più o meno credenti eternano il proprio nulla in grandi e costose statue. Aveva passeggiato nella città di Milano, per ricche strade piene di negozi lussuosi, per squallidi vialoni grigi, periferie morte; aveva trovato ristoro nei suoi lussureggianti parchi e giardini folti di siringhe, preservativi usati, e ogni concepibile immondizia, e tanti senza casa, a volte anche lui; quei giardini gli erano stati a volte casa calda nel caldo, gelida nel gelo. Aveva anche conosciuto altre cose, tante, nuove, tante merci, un trionfo, un delirio di merci, che a volte aveva anche rubato; aveva mangiato le più diverse specie di frutta esotica, cose che non esistevano al suo paese, che non conosceva prima o che conosceva solo per sentito dire o per averne letto i nomi su libri e giornali. Aveva conosciuto anche la metropolitana. Aveva conosciuto insomma qualcosa della vita e del carattere degli italiani. Quando misurava tutti i benefici e tutti i danni che gli avevano provocato le migliaia di umiliazioni e sofferenze, freddo, fatica, fame, la miseria insomma, e peggio, la vergogna della miseria, si sentiva soddisfatto di sé. ( Finita la doccia si mette addosso qualche goccia di acqua di colonia. E si dirige verso i giardini )

( Lory passa lontano con il cane ma non si ferma. Karim si accascia sulla panchina, gli occhi pieni di lacrime )
Lory: - Stai dormendo?
K. - No non dormo, sto pensando.
Lory: - E’ la nostalgia?
K. – Sì ( risponde senza convinzione ) Ho dimenticato di dirti il mio nome l’altra volta. Mi chiamo Karim.
Lory: - Karin?
K. - No, Karimmm, con la "m”.
Lory: - Che significato ha?
K. - Vuol dire “generoso”. Lory: - E’ un bel nome, di buon augurio.
K. - Grazie. ( Lo sguardo di Karim abbraccia tre direzioni: Lady, Lory e due innamorati che sdraiati sull’erba si baciano con abbandono.)
Lory: - Ti piace l’Italia?
K. - Molto e soprattutto i suoi giardini, almeno quelli che ho visto a Milano.
Lory: - Voi non avete giardini?
K. - Si, ma sono pochi, piccoli e aridi.
Lory: - Dove abiti in Algeria?
K. - All’Est, a Costantina. E’ un’antichissima città dei tempi dei romani.
Lory: - Parli abbastanza bene l’italiano!
K. - Si, sono andato a scuola. Poi leggo molto. Sai che trovo l’italiano la lingua più dolce di tutte quelle che ho conosciuto o sentito?
Lory: - Si è una bellissima lingua, ma non diffusa. Non è come il francese o l’inglese e perfino l’arabo.
K. - Hai molto affetto per i cani
Lory: - Si, sono molto intelligenti. E poi sono un rimedio contro la solitudine.
K. - Hai ragione. La solitudine è il più brutto dei mali.
Lory: - Hai una famiglia in Algeria?
K. - Certo, genitori, fratelli.
Lory: - Parlate il francese?
K.- Si, ci sono quelli che lo capiscono; ma ci sono altri che neanche si accorgono di usare parole francesi ormai mischiate ai loro dialetti.
Lory: - La lettera dell’altra volta era in arabo? Vero?
K. - Si, come hai visto; le lettere le scriviamo sempre in arabo. E’ la lingua formale, è la lingua di Dio...
Lory: -( dopo un lungo attimo di silenzio ) Come sta la tua famiglia?
K. - Sta bene. Grazie. Solo che hanno nostalgia di me.
Lory: - Da quanto sei in Italia?
K. - Dieci mesi circa.
Lory: - Lavori?
K. - Un giorno sì e uno no . Tu lavori?
Lory: - Ma certo.
K. - Volevo dire, non vai in vacanza?
Lory: - Fra due giorni. Ho deciso di non uscire dall’Italia quest’anno. Forse andrò in Sardegna.
K. - E’ una bellissima isola. Vero?
Lory: - Bellissima.
K. – ( dopo una breve pausa ) Forse le spiagge sarde assomigliano alle nostre.
Lory: - Probabile.
K. - Non sei mai stata in Algeria?
Lory: - No. Purtroppo ma sono stata molte volte in Egitto per lavoro.
K. - Che lavoro fai?
Lory: - Giornalista. Sto preparando un libro sulla storia contemporanea del Medioriente.
K. - Non hai imparato l’arabo?
Lory: - No, ma ci sto pensando. Ho molto da fare, però.
K. - Ma tu non mi hai detto che lavoro facevi in Algeria.
K.- Mi occupavo di orientamento scolastico.
Lory: - E hai lasciato il tuo lavoro per venire all’avventura.
( I due ragazzi smettono per un momento di baciarsi e dicono alternandosi i pensieri di Karim )
- Karim non voleva raccontarle la storia del suo licenziamento, non voleva dirle che il suo lavoro nato dalle buone e false intenzioni del governo dopo i moti dell’88
- “La disoccupazione intellettuale, la fuga dei cervelli, è tra le maggiori piaghe del nostro Paese.
Va affrontata all’origine, a partire dall’orientamento scolastico!” aveva detto un pompiere di regime
- buona intenzione durata sei mesi, come il suo lavoro. Poi si era trovato a reggere il muro col culo, diventato anche lui un “haitist”.
- “Morti che han paura della morte”, così chiamava mentalmente i tanti, tanti ragazzi che perdevano giorni e giovinezza e vita senza scopo, facendo nulla.
- Lo era diventato anche lui.
- Ma come dirlo a lei?
K- Volevo proseguire i miei studi. ( Gli sembra il momento adatto e l’invita a sedere.)
Lory: - No grazie, sto per tornare a casa.
K. – ( cerca ancora affannosamente di trattenerla, e senza alcun legame logico le dice) Immagina che mia mamma mi ha scritto consigliandomi di non sposare un’italiana.
Lory: - Perchè? ( Poi aggiunge) e tu che cosa ne pensi?
K. - Le nostre vecchie mamme hanno paura della bellezza delle rumiat, che vuol dire “donne europee”. Sai, viene da rum, romano! Noi vi chiamiamo “i romani”. C’è persino una canzone, che grosso modo dice: “Dio, mio Signore, /Cos’ho fatto io e mio figlio / L’ho cresciuto con la mia mano / La ragazza rumia me l’ha rapito!” Temono che i loro figli siano incatenati dalla loro bellezza. ( La fissa con lo sguardo per un momento e continua ) dai loro corpi delicati, dai limpidi occhi verdi, dai capelli d’oro, dai loro modi liberi. Che tentazioni per i loro figli! Parecchi ragazzi della nostra città se ne sono andati per seguire donne italiane.
( Mentre parlano un gruppo di egiziani passa loro vicino. Ostentatamente non lo salutano. Gli viene da sorridere pensando a cosa si sarebbe sentito dire da loro.) Lory: - Li conosci?
K. - Si. Sono egiziani.
Lory: - Sono bravi gli egiziani.
K. - Si. Sono bravi . Ma dimmi è vero che le spiagge sarde sono belle?
Lory: - Bellissime e soprattutto la Costa Paradiso. A me piace il nuoto e il sole più di ogni altra cosa.
K. - Lady la porti con te?
Lory: - No la lascerò a mia sorella.
K.- Vai da sola?
Lory: - No, con gli amici. Ma fin’adesso non ci siamo messi d’accordo sul giorno di partenza. ( Si china su Lady. L’abbraccia, con un sorriso, e chiede ) Ci rivedremo?
K. - Sì, qui, ai giardini di Via Palestro, su questa panchina, tra un mese?! Buone vacanze.
Lory: - Grazie. ( Se ne va )
K. – ( parlando con i ragazzi di prima ) Non è sposata. Ne sono sicuro.
Ragazzo: - Ha detto “con gli amici”. Forse, un amante?
Ragazza: - Un vecchio amore che la trascura? I cani “sono un rimedio contro la solitudine”.
Ragazzo: - Bella, appena un po’ sfiorita, forse perché trascurata e sola?
Ragazza: - Che sia questo un inizio? Una mano che gli si tende?
K. – ( molto emozionato ) Bella, bellissima, come la costa del Paradiso.

EPISODIO 12

1. K. – ( E’ tornato al suo vagone; si prepara per dormire. Scrive sul suo diario ) Domenica notte…. E domani …( chiude il diario, spegne la candela e si sdraia e aspetta il sonno.) Che lavoro sarà mai? Quanti soldi guadagnerò? Sarà faticoso? Così pensava. E pensando alla fatica, così si disse, come parlando a un’altra persona: "Stai tranquillo. Hai mangiato tanto, oggi, e due volte. Non ti sei affaticato. Hai dormito bene. Non ti sei mosso dal giardino per tutto il giorno. E qualcuno, in Sardegna, forse adesso ti sta pensando.

2. ( E sogna. E’ in un giardino; somiglia a quello del nonno E’ quello! Il pozzo, il campo arato, le piante, sono gli stessi. E’ diversa la siepe. E’ tutta spini e rovi. Non ci sono fiori. Uno solo, bellissimo. E’ alto, più alto degli alberi. Poi arriva un vento, furioso, così violento da sradicare la siepe. Vede il fiore che si china di qua, di là a baciare il suolo e si risolleva diritto come prima. Poi il gambo gli si spezza, la corolla cade a terra. Guarda bene il terreno e vede che sono spuntati a migliaia piccoli fiori che non eguagliano il primo, né in bellezza, né in altezza, né in maestosità. Karim li guarda con disprezzo e risentimento. Sembra che si facciano beffe del grande fiore morto...)

3. ( Karim si sveglia. Guarda l’orologio. Sistema il letto. Prende un libro e si incammina verso la cooperativa )
K. ( è ancora presto; apre il libro e legge ad alta voce ) “Un bel été. C’est tout. Le ciel et nos caresses. Nous ne savons pas encore l’un de l’autre ce que se disent aux premiers jours les jeunes amants... A cause de cette peur de ce qui précède, à cause de cette vie que nous quittions...”

4. Mauro : - ( sopraggiungendo ) Allora? sei pronto?
K. -Sì, come vede.
Mauro: -Si tratta di scaricare dei camion. E’ un lavoro pesante, ma "pagante".( Si ride addosso per la sua arguzia.)
K. - Ogni lavoro è fatica.
Mauro: - I marocchini come te hanno tutti la schiena di vetro. Ma mi sa che te sei diverso!
K. - Non sono marocchino, sono algerino.
Mauro: - Fa lo stesso. Dudes mila, va ben?
K. - Scusi non ho capito.
Mauro: - Dodicimila. Ma neanche l’italiano hai imparato?
K. - Va bene! Quante ore ci sono da lavorare?
Mauro: - Per oggi ci sono 5 camion. Invece domani ce ne sono 4. Non so quante ore ci mettete voi a scaricare un camion. Dipende anche dalla distanza che c’è fra il camion e il luogo di scarico. L’importante è la voglia di lavorare, no? Hai una fotocopia del passaporto?
K. - Si ma non l’ho portata. -
Mauro: - Non fa niente. Non dimenticarla domani.
K. - Certo. Ma dove dobbiamo lavorare? - chiese un po’ inquieto Karim
Mauro: - Sto aspettando un altro ragazzo. Mi sa che arriva in ritardo. Te, aspetta qui. Ah, eccolo là che arriva! ( Un ragazzo arabo viene loro incontro, con una certa flemma. Il padrone lo presenta a Karim ) Si chiama Franco; è marocchino come tè!
Rafik: -( dice in arabo il ragazzo, in un orecchio a Karim )**** Mi chiamo Rafik e sono egiziano, ma qui, lo sai già siamo tutti marocchini.
Mauro: - E’ il tuo collega. Non dimenticare domani la fotocopia. Aspettatemi qui.
Rafik: - ( volendo simpatizzare con Karim, incomincia a fare domande Gli chiede in arabo nome, cognome, età, cittadinanza, se è sposato, da quanto tempo è in Italia, se ha mai lavorato, se ha una ragazza in Algeria, se ne ha una in Italia )*****
Mauro: - Vedo che avete fatto amicizia. Ma cos’è che parlate, non si capisce niente! Per me è arabo! ( Di nuovo si ride addosso per la magnifica battuta. )
K. - Appunto, è arabo
Mauro: - Com’è possibile? La lingua della Tunisia e quella dell’Egitto è la stessa?
K. - Algeria, Algeria! Anche quella dell’Irak, per esempio, e di tutti i paesi arabi.
Mauro: - ( si presenta ) Mi chiamo Mauro. E te, com’è che ti chiami?
K. – Karim.
Mauro: - ( Si industria a ripetere un paio di volte “Karim”, ma non gli viene proprio.) Ti dispiace se ti chiamo Gianni, è più semplice?
Mario: - ( viene da Mauro che, scambiate alcune parole riparte subito. Rivolgendosi ai due) Venite, seguitemi. L’italiano lo capite sì o no? Mi chiamo Mario. Come ti chiami tu?
Rafik: - Rafik.
Mario: - E tu?
K. - Karim.
Mario: - Rafik e Karim? Giusto?
K: e Rafik: - ( all’unisono ) Si
Mario: - Non siete soli. Ci sono altri quattro ragazzi. Pronti? ( Gli altri quattro intanto si sono aggiunti a loro due.) Provate a scaricare questo camion. Quando finite prendetevi 20 minuti di riposo. Poi scaricate il secondo e così via fino a quando non li avete fatti tutti. Dai, mœves! Ma l’italiano lo capite sì o no!
Rafik: - Come no? Benissimo.
K. -D’accordo.
Mario: - Buon lavoro ( e se ne va.)

( Il camion è pieno di scatole di cartone. Due dei loro compagni salgono sul camion per passare ad altri due sul bordo del cassone gli scatoloni, i due rimasti a terra li trasportano dal camion al deposito. Gli ultimi due sistemano la pila che va crescendo. L’operazione procede e Karim non prova nessuna fatica. Si siede su uno scatolone per aspettare il secondo camion. I quattro italiani tirano fuori - non si sa da dove - dei panini e si mettono a mangiare. Lungi da Karim l’idea di mangiare; del resto, come potrebbe? Non ha un soldo in tasca. Il secondo camion è più piccolo del primo, ma le scatole sono più grandi. La squadra si scambia i ruoli per rotazione: i due che erano sul camion scendono giù a impilare e ordinare le scatole scaricate; gli altri due italiani salgono sul camion .Questa volta suda parecchio. Appena finito, corre a cercare un rubinetto. Dopo aver bevuto torna per riposare. Siede su una scatola. Sente un gran piacere nel riposo. Gli italiani a ogni pausa tirano fuori qualcosa da mangiare e da bere. L’egiziano a un certo punto esce e va in un bar vicino a prendere qualcosa. Solo Karim non ha niente per rigenerare le proprie forze, se non l’immobilità. E così si siede, appoggia la schiena a una scatola e si assopisce per un momento. E’ l’egiziano a risvegliarlo; gli porge qualcosa, una merendina "Kinder". Ringrazia e se l’infila in bocca tutt ’ intera. )
Mario: - Il turno del giorno è finito. ( Karim si slancia col poco vigore rimastogli, ma l’egiziano, sgomitando, è più veloce di lui )
Rafik: -Scusi, potrebbe chiedere a Mauro se può anticiparmi una diecimila?
Mario: - Mauro è a una riunione. Non verrà né oggi, né domani.

5. ( Due giorni dopo. Karim è davanti alla porta ad aspettare Mauro. Sul vetro della porta è attaccato un pezzo di carta: "Torno subito". )
Mauro: - ( comparendo ) Allora? Sei venuto per i soldi?
K. - Sì. Già che passavo di qui...
Mauro: - Devi tornare venerdì prossimo alle 9.
K. - Ma io non ho niente da mangiare in questi giorni. Non mi può dare una parte oggi e il resto venerdì?
Mauro: - Mi dispiace. Ma non posso farci niente. Proprio niente. Senza questi due giorni di lavoro saresti morto di fame davvero. Pazienta ancora un po’.
K.- Morto di fame appunto... Va bene. A venerdì allora.( Mauro se ne va
) Venerdì… tre giorni. Solo settantadue ore.

EPISODIO 13

1.( Karim è febbricitante. Va a dormire nel vagone. Straparla. Rafik gli dà da bere un farmaco ) Voci: - Che cazzo ci fate qui, marocchini di’ mmmerda? Via di qua bastardi! ( Colpi battuti sulle fiancate del vagone, scalpicci di piedi in fuga. )
Poliziotto: - ( ha puntato la canna del fucile sulla bocca di Karim ) Che cazzo ci fai qua, marocchino di’mmerda! ( Karim cerca di scostarsi, riceve un pugno in piena faccia; cerca di alzarsi, un calcio di fucile lo colpìsce sui reni. Il poliziotto lo tira su del tutto dal letto, di peso, lo trasporta come un sacco fino alla porta del vagone e con un calcio in culo lo lancia fuori

2. K. – ( E’ seduto su una panchina. Parla alla notte ) Allora si sentì miserabile, sofferente, umiliato, meschino. Allora dubitò dei miraggi che stava seguendo. Allora gli apparve l’assurdità della sua vita, la beffa che il destino gli faceva. ( Dalla sua bocca escono sospiri
, che subito diventano singhiozzi, dolorosi, intensi, un pianto che tutto lo scuote. Poi, si arrende al sonno.
Una donna: - Black, vieni qua, dove vai!... Dio mio! ( la donna che era corsa dietro al suo cane e ha visto Karim corre a un telefono ) Chiamo da piazzale Maciachini. Qui dietro la siepe del giardinetto c’è un drogato che ha preso un overdose, penso.

3. Un’infermiera: - ( sorridendo a Karim sdraiato su un lettino di Ospedale ) Buon giorno. Stai proprio bene. Sei salvo.
K. - Salvo? Da che cosa?
Infermiera: - Sta tranquillo, non sei grave.
K. - Cosa m’è capitato? Chi mi ha portato qui?
Infermiera: - Non ti agitare. Non ti ricordi? Ti hanno portato qui svenuto. Adesso come vedi stai bene. Ma di dove sei?
K. – Io? Di dove sono? Vengo dall’Algeria.
Infermiera: - Ti ricordi il tuo nome?
K. - Certo: Fuad Karim ben si Said
Infermiera: - Che nomi difficili che avete! Ma non assomigli agli algerini.
K. - Non so a cosa somiglino, ma sono algerino.
Infermiera: - Sei così biondo! E anche un bel ragazzo!
.K. - Hai uno specchio?
Infermiera: - Sì, ma a che ti serve?
K. - Vorrei controllare che cos’ho sulla schiena.
Infermiera: - Hai solo un grosso ematoma con molto sangue raffermo.
K. - Ma vorrei vederlo. Mi porti lo specchio, per favore?
Infermiera: - Non temere, non ti rimarrà il segno. ( La ragazza esce e va a prendere la sua borsetta. Ne tira fuori uno specchietto da trucco e lo porge a Karim. Poi stacca lo specchio dalla parete, aiuta quel corpo indolenzito a sollevarsi dai cuscini e a piegarsi in avanti. Tiene sospeso a mezza schiena lo specchio grande. Karim cerca con lo specchietto l’angolo giusto e vede una grossa chiazza violacea. ) Guarirà presto.
K. - Che giorno è oggi?
Infermiera: - Sabato. Può darsi che uscirai lunedì. Nel frattempo ci si assicura della tua identità e della causa del tuo incidente.
K. - Potrei dire che tutto quel che vedi me lo sono fatto da solo. Ma tu capisci bene che non è vero.
Infermiera: - Ma il dottore deve renderne conto alla polizia. E’ la legge. Di’ quel che ti sembra più prudente per te.

4. K. – ( sta girovagando, canticchia in forma di filastrocca )

Oh, soldi soldi soldi
Fonte d’ogni dolore
Se mancate!
Oh soldi soldi soldi
Fonte d’ogni piacere
Se ci siete.
Oppio dell’umanità
Chiave della felicità
Datori di morte o vita
Motori d’ogni storia vissuta
Dei popoli distruttori

Strangolatorì d’ogni libertà... ( Si blocca di colpo ) Mauro, ecco la mia salvezza . Oggi è lunedì. Mauro è in cooperativa, senza dubbio. Che ore sono? ( Alza la mano per guardare l’ora. Ma l’orologio non c’è.) L’ho lasciato sotto il cuscino. L’ho perso, dunque. Che fare? Non era mio. Penserà che gliel’abbia rubato... ( Passa una signora ) Che ore sono, per favore?
Signora: - Mezzogiorno e cinque .
K. -Devo correre, devo correre, se no quello alla mezza chiude( Lo dice ad alta voce alla signora, che si gira a guardarlo mentre lui corre via a perdifiato.)

5. Mauro: - ( vede Karim, gli va incontro salutandolo con una certa affabilità.) Ma dove sei stato tutti questi giorni, avevo altro lavoro per te!
K. – Sono stato a Roma, per qualche giorno.
Mauro: - ( aveva già preparato un assegno di duecento quaranta mila lire.) Vai alla Banca di Sondrio. Sai dov’è?
K. - No.
Mauro: - Si trova a Quarto Oggiaro. E’ facile trovarla.
K. - Così lontano?!
Mauro: - Guarda che ti ci vuole il passaporto per incassarlo. Ce l’hai, uno vero?!
( Karim avverte un tuffo al cuore. Afferra l’assegno e corre via, senza neanche salutare Mauro.)

6. K. – ( correndo ) La chiesa, la chiesa, quella maledetta chiesa dove l’ho lasciato in deposito. Via Copernico, a casa del diavolo! Devo farcela, devo arrivare a Quarto Oggiaro prima della quattro e mezza. Quella maledetta chiesa apre alle tre! Ma perché mai una chiesa deve avere orari di ufficio?

7. K. – ( correndo, correndo arriva alla chiesa ) Vorrei il mio passaporto.
Ragazzo: - Va bene:
K. – Che ore sono?
Ragazzo: - Le tre e mezzo ( va via a cercare il documento; torna dopo un po’ ) Ecco: Deve firmare la ricevuta.
K.- ( esegue ) Che ore sono?
Ragazzo: - Le quattro meno dieci.
K. - Poi dovrei prendere, la 91, poi la 57... Non ce la farei mai. ( se ne va sconsolato )
Ragazzo: - ( Guardandolo allontanarsi ) Una farfalla impazzita tra i vetri di una lampada. Più andava verso la luce più si bruciava.

EPISODIO 14

1.Barbone: - ( beve a collo da una bottiglia. Quando il vino non gli occupa la bocca canta, la testa arrovesciata verso il cielo ) Partono ‘e bastimente pe’ terre assai luntane ... ( Karim si ferma ad ascoltarlo ) Ti piace? E’ una canzone napoletana ...simme carne e’ cannune, simme emigrante... Va via! Che stai a fare qui?
K. - Sto bene qui .
Barbone: - Vai alla chiesa qui dietro, che lì ti danno da mangiare.
K. - Non ho fame.
Barbone: - Chi sei -
K. - Sono un tuo amico
Barbone: - Un amico? ( scoppia a ridere.)
K. - Mi piaceva ascoltare la canzone.
Barbone: - Davvero?!
K. - E’ bella. Ne conosci un’altra?
Barbone: - Mi stai prendendo per il culo? Vattene.
K. - Sei arrabbiato?
Barbone: - No. Non sono arrabbiato ( il barbone scoppia in una risata idiota ) E’ che oggi sono felice.
K. - Sei innamorato?
Barbone: - Che amore? Scemo. Ho guadagnato tanti soldi oggi. Io sono miliardario. Ho miliardi in Svizzera! Ma tu non lavori?
K. - A volte sì, a volte no.
Barbone: - Perchè non vai alla chiesa a prendere i soldi?
K. - In che modo
Barbone: - E’ semplice! Ti metti in piedi accanto alla portai con un cappello in mano così la gente sa che tu hai bisogno di soldi.
K. - Ma non io ho un cappello
Barbone: - Non importa, basta un piattino, un bicchiere di carta.
K. - Ho un bicchiere di vetro
Barbone: - No il bicchiere non va bene! Si rompe.
K. - Che faccio allora?
Barbone: - Aspetta un momento ( tira fuori di tasca una manciata di mille lire appallottolate.) Prendi!
K. – ( le conta ) 7 mila lire
Barbone: - Perfetto. Ci aggiungi una duemila e vai a comprarmi una bottiglia di vino e per te ti prendi una birra.
K. - Non bevo alcol.
Barbone: - Non sai cosa perdi! Vai qui dietro l’angolo alla Coop e comprami una bottiglia di vino rosso.

2. I due buoni musulmani : - ( rimproverando Karim )****Vino!? E’ haram, impuro, solo toccarlo è haram, darlo a un altro è haram! K. - Per lui è come l’ossigeno, me lo farò incartare, e poi se non lo faccio io, qualcun altro lo farà. Che senso hanno ormai questi scrupoli? - Sono venuto qui per soffrire, per aver fame e freddo, questo era il senso di tutto, del mio viaggio, del mio pellegrinaggio, qui per perdere tutto, anche il nome, e ora sono qui accanto a lui che ha perso tutto, e mi faccio scrupolo di toccare una bottiglia di vino, di dargliela? Di fare del male, di fargli del male? Forse lo sto aiutando a finire con un po’ meno dolore? ( Prende una bottiglia di vino )
I buoni musulmani: - E’ diventato ormai un kafir, un senza Dio, un senza legge, come quelli di qui, della ghurba****

3. Barbone: - Grazie ( afferra avido la bottiglia )...simme carne e cannune, simme emigrante... Io sono un angelo sai? L’angelo della morte! ( urla con voce da pazzo ) Va via adesso! Togliti dai piedi!

4. K. – ( E’ nella zona della panchina. Un po’ infastidito dalle zanzare, tira fuori il suo diario e dice ad alta voce quello che sta scrivendo ) “Domani incasserò l’assegno, poi tornerò qui; mi siederò sulla panchina, la solità. Quant’è che non l’ho vista, lei e la sua cagnetta? Due, tre settimane? A forza di perder tempo, sto perdendo anche il senso del tempo?!” ( Sente il suono di una sirena dei pompieri. Incuriosito, rimette il diario nella cartella e svolta l’angolo )

5. ( Nella zona della scuola. Mahdi, Bescir, Kaled e Rafik stanno raccontando all’amico italiano quello che è avvenuto ) Svoltato l’angolo, lo incuriosì una Uno bianca; c’era qualcosa di strano: un filo di fumo che ne usciva. Dal fondo della strada una macchina dei vigili stava arrivando a sirena spiegata, e anche questo era strano in quella strada deserta. Accanto alla Uno cera già un piccolo crocchio di uomini in divisa. Pompieri, forse? Curiosi? Quattro persone; cinque con lui, che si era avvicinato. E lo strazio di quella sirena, e attorno una città morta. Voleva avvicinarsi di più, per vedere. Uno dei pompieri stava armeggiando con la portiera. Si avvicinò ancora un po’. Ecco, il pompiere la stava aprendo. “L’ha aperta,” ebbe il tempo di pensare. E un grande gorgo di fiamma lo ingoiò. Il cielo si era rovesciato in terra. Poi un sonno, un grande sonno. Qualcuno, molto pesante, gli stava seduto sul torace. Pesante, molto, pesante: “Azrail, angelo della morte, sei tu?” Mi schiacci perché vuoi che soffra?” Perduti i piedi, perdute, le gambe, perduto il bacino, perdute le mani...” “Presto presto, che questo qui sta morendo”, gridavano delle voci attorno, “la barella, la barella...” Voci, tante voci. Poi la testa gli si spense.

6. ( All’istituto islamico, i due buoni musulmani stanno leggendo il giornale con la notizia della morte di Karim. Uno legge in italiano e traduce subito in arabo )
Abu Alì: - “Quattro persone e un marocchino morti in un attentato terroristico in Via Palestro.”
Poliziotto: - Lo conoscevate questo Ka...Karim?
Selah: - Sì, lo conosco. Perchè che è successo?
Poliziotto: - E’ morto Abu Alì: - Dobbiamo convocare una riunione?
Selah: - Aveva amici italiani, perchè non l’aiutano loro? ( Consegna all’amico italiano la cartella con il diario e dice in arabo ) Maledetto sia. Non credeva al jihad. Pensava che Dio non sia capace di aiutare i suoi Alla scuola l’amico estrae dalla cartella il diario di Karim e legge le prime pagine a Mahdi, Bescir, Kaled e Rafik )
4 novembre 1990 “L'ultima notte che passo a Costantina, inshallah. Però, cos’è quest’angoscia che provo? E’ paura dell'ignoto? Ho paura di non riuscire nella mia... missione. Ecco, sto partendo per una missione. Perchè no? Non devo dimenticare che parto, vado via da casa, per continuare i miei studi. Se troverò un lavoro, se riuscirò a tirar su abbastanza soldi, tra un anno o due, tornerò al paese. Poi, andrò in Francia, ma prima sposerò Amel. Costi quel che costi. Se non trovo un lavoro, non potrei neanche pensare di tornare; Mi adatterò a passare la mia vita intera nella ghorba. E chissà quali durezze e umiliazioni?
Ma già adesso sono disperato. E’ dispe¬razione mischiata a speranza, a sprazzi, a lampi. Non so cosa stanno pensando di me mio padre, mia madre e i miei fratelli da quando ho detto loro che avevo avuto il visto per l’Italia. Non so neppure quali sentimenti stanno provando. Si rendono conto delle incrtezze, umiliazioni, tragedie, forse, a cui vado incontro, o è solo una generica, tradizonale, paura dell’ignoto? E i miei fratelli, che forse mi invidiano.
Ho cenato senza appetito, senza nessun piacere; patate e merghez fritte, la mia passione da quando ero bambino. Cosa gli mai fatto io a Dio? E' poi così folle la mia ambizione che Lui mi dovrebbe punire? Alah ya Rabbi Alah? Perché mio Dio, perché? Come diceva mia nonna.
( Gli amici arabi, fannop chiudere il diario di Karim e dicono in arabo la preghiera )****“E tu, anima serena - ritorna al Tuo signore, con gioia, e alla Sua vista piacente, - ed entra fra i Miei servi - entra nel Mio Paradiso!” *****
Kaled: - ( all’amico italiano ) E’ Il Corano, La Sura dell’Aurora, LXXXIX, vv. 28-30: “E tu, anima serena - ritorna al Tuo signore, con gioia, e alla Sua vista piacente, - ed entra fra i Miei servi - entra nel Mio Paradiso!”

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(ISSN 1824-6648)

Abdelmalek Smari: il poeta della liberta'

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 9, Numero 36
June 2012

 

 

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