El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Il poeta si diverte

Abdelmalek Smari

Opera teatrale

IL POETA SI DIVERTE
ATTO I

Scena I

Rauf, un ragazzo giovane, ben vestito. Ha un quaderno sotto il braccio e una biro dietro l'orecchio, nella mano tiene un uccellino.
E' in piedi vicino a un muro, dietro al quale si trova un albero: i suoi rami cadono fino all'altezza di una persona.
- Non aver paura, sei salvo! Non sei caduto nelle mani di un sanguinario (l'accarezza). Magari sei deluso. Oppure dubiti di te stesso, della tua capacità di volare? Cadere è una delle regole della natura. Così la stanchezza, dopo i primi tentativi di volare, è una delle leggi che governano il mondo degli uccelli.
“Ecco che parlo con un uccello, come se capisse o mi stesse ascoltando... proprio io … pensare che quelli che parlano ai cani mi fanno ridere! Però... io sono cosciente che l'uccello non mi capisce....non fa niente. Chissà? Forse capisce, da come lo si tratta, se sono parole di tenerezza o parole cattive. Questo è un problema che gli scienziati non hanno ancora risolto.
Fra poco ti restituisco al tuo ramo, ma non prima che se ne vadano dal tuo cuore lo spavento della caduta e il terrore della prigionia, senz'altro temporanea. Piccolo angelo, a cui gli angeli hanno rubato le ali, sei nella culla di un poeta!
Sai che vuol dire poeta?
Il poeta è qualcuno che ha perso un tempo a lui caro. E' diventato perciò così triste, così malinconico che si sente solo nella folla, esiliato nella propria patria. Non vede più in questo mondo né misericordia, né compassione. Allora si mette alla ricerca di qualcuno o di qualcosa che lo consoli e lo diverta dalla sua solitudine.
Conosci la sua tragedia? No, non sforzarti! Rispondo io. Poiché gli sforzi dell’uomo per vincere la propria condizione non hanno avuto risultati, il poeta è un uomo che affronta il proprio destino con lucidità e coraggio: conta solo su se stesso, mette in moto i suoi sentimenti, la sua mente, le sue conoscenze e anche l'esperienza dell'umanità intera per trasformare la sua profonda tristezza in parole, in forme, in melodie, proprio come fate voi in maniera spontanea e naturale. Quindi il poeta cerca di trasformare la sua tragedia in una bellissima consolazione.
E' grazie al poeta che l'uomo può sentirsi forte, accanto alla bellezza e trovare un compagno nell'indifferenza di questo mondo e una luce nel suo buio.
Non ho ancora finito la mia poesia… Chissà quando sarà finita quanto sarà bella?! Me la immagino una poesia orfana, unica...
Sai che cos'è la tristezza? Sì che lo sai… Quando ti ho raccolto da terra eri dolorante e terrorizzato.

Scena II

Un angolo di un giardino pubblico con le sue panchine, la sua fontana, le aiuole, il cestino dei rifiuti... un cane a spasso con la sua padrona, Claudia, Roberto che cammina con le mani dietro e infine Rauf, che sta scrivendo qualcosa in arabo e commenta la scena fra i denti.

- Rauf: (sospirando): Ah! se solo riuscissi a finire questa poesia! C'è ancora da lavorarci. C'è ancora qualcosa da aggiungere. Non fa niente. Relax... (respira). Pensiamo allo splendore dell'erba, per esempio. No, ho già sfruttato quest'immagine... E' meglio che lasci stare il quaderno e la penna per rilassarmi.
Mette quaderno e penna sulla panchina, si distende e sbadiglia. Rimane in questa posizione a guardare Claudia, che gli passa vicino col suo cane che sembra trascinarla.
- Claudia (al cane): Willy... piano! Dove vuoi andare? (poi con esasperazione) Allora! Ho capito, vuoi che ti liberi?
- Rauf (fra i denti): Anzi vuoi che lui ti liberi.
- Claudia (slegando il cane): Eccoti libera, come desideravi.
- Rauf: Non sapevo che era femmina...
- Claudia: Stai attenta però, fai la brava.
- Rauf (sempre fra i denti): Ecco. Fai la brava. Mi raccomando (muovendo la testa)... come se i cani capissero qualcosa.
(La cagna viene verso di lui)
- Claudia: No! Non andare lontano. Willy! Vieni qui! Oh mio Dio! Willy! (corre e la raggiunge) Che cosa ti ho detto? Eh? Sei scema? Oh dio, che spavento! Con questo tuo comportamento infastidisci la gente (si abbassa per accarezzarla un po') Quando ti parlo, ascoltami e cerca di capire ciò che ti dico. Quando ti chiamo, vieni, non scappare. Hai capito? Adesso facciamo ancora un altro giro prima di tornare a casa. Si può ancora stare bene nei giardini, vero Willy? Peccato che dobbiamo rientrare (si gira verso la cagna chinandosi su di lei) mi hai fatto una di quelle paure! Ti voglio bene, lo sai? Ho paura per te.
- Rauf: Adesso riconosci che avevi paura per lei e non per la gente.
- Claudia (abbracciando il cane): prima di andare dalla mamma, facciamo un altro giretto piccolino piccolino, okay? Dai, sù.
Spunta Roberto, un uomo che dimostra una sessantina d'anni circa ma che ne ha di più: è ancora robusto, alto, bello, nonostante l’età. Ora Rauf ha una gamba accavallata sull'altra, il quaderno sul ginocchio e la penna fra le dita.
- Roberto (parla al cagnolino): Ehi come siamo belli, anche se i tempi sono brutti. Willy, che è adesso nelle braccia di Claudia, si agita, mentre Roberto si rivolge a un altro cagnolino che viene a curiosare:
- Anche tu, Fifi, anche tu sei bello. (Willy saltella) Ché? Mica sei gelosa di lui? (concentrato come un bimbo sul suo giocattolo): Avvicinati, vieni che ti bacio (si china sulla cagna e la bacia sul muso).
- Rauf: Che schifo! Ma... Roberrrto, che fai!!?
Si sente la voce di una donna.
- La voce: Vieni Fifi. Non vedi che è impegnato con gli altri cani?
- Roberto: Toh, prendi (da’ un biscotto a Willy).
- Claudia (un po' confusa): Hai già fatto colazione, golosina! Non si fa così, dai.. vieni qua! (rivolta a Roberto) Mi dispiace.
Si accorge che la cagna sta mangiando il biscotto e non ha ringraziato
- Claudia: Grazzie!
- Rauf: Un cane maleducato?! Ma non le hai insegnato a ringraziare?
- Roberto: Le manca solo la parola.
- Rauf: Ma che cosa ha di più l’uomo rispetto agli animali, se non la parola?
- Claudia: Hai ragione. Pensa che ieri mia sorella è venuta a casa mia. Ci siamo immerse in una conversazione e quindi avevo dimenticato di darle la medicina. Allora lei ( rivolta alla cagna) - E' vero Willy? - è venuta da me. Insisteva e insisteva, ma io pensavo che si sentisse male o che avesse fame. Cercavamo io e mia sorella....
- Rauf: Certo, senza la cagna.
- Claudia: cercavamo di capire cos'era successo. Abbiamo pensato a tutto tranne alla medicina. Ovviamente non ce ne saremmo accorte se non fosse stata la stessa Willy - vero tesoro?- a farcene ricordare coi suoi intelligenti via vai nella direzione del medicinale.
- Roberto: A proposito, come sta adesso?
- Claudia: Pare che sia in continuo miglioramento. Dobbiamo però aspettare la stagione del calore. Il suo medico...
- Rauf: di famiglia...
- Claudia: …mi ha detto che la sterilizzazione le risparmierà la possibilità di contrarre un cancro perché, come spiegava, se il suo bisogno di maternità non viene soddisfatto almeno una volta nel suo ciclo della vita, il rischio grosso è che le ovaie si indeboliscano e si esponga al pericolo di un cancro! Adesso mi sono messa il cuore in pace. Le ho fatto l'intervento. Non c'è più alcun rischio.
- Roberto (ai cani): Ragazzi, adesso basta! Andate a giocare. Dai correte, correte. (Ritorna a parlare con Claudia) Poverina! Ha sofferto tanto?
- Rauf: Non te l'ha detto?
- Claudia: Per quanto riguarda la sua maternità non credo che se ne lamenterà per tutto il resto della vita. L’analista mi ha tranquillizzato. Secondo lui occorre ancora fare altre sedute di analisi con lei e poi vedremo.
- Rauf: Un cane nevrotico! Mai sentito.
- La donna: Deve ancora superare il periodo del calore però. Se lo passerà senza problemi, potremo stare al sicuro. Tra l’altro il suo medico la sta seguendo passo passo (si china sulla bestia, la solleva e la stringe con le braccia al petto, accarezzando il pelo), è vero amore mio? La bacia in modo tenerissimo ed esce.
Si sente nuovamente la voce della padrona di Fifi.
La voce: Fifi, vieni amore mio..
- Rauf: Meno male che tu non hai bisogno di uno psichiatra, altrimenti è la rovina.

Scena III

In un parco davanti a un laghetto. C'è un bel sole. Rauf e Roberto chiacchierano.

- Rauf (si è chinato di nuovo sul quaderno): Non ho detto che avevo ancora qualcosa da dire? Sono riuscito ad aggiungere ben sei versi in una sola settimana! La creatività necessita di distensione e serenità, stati di grazia che hanno origine nelle zone scure dell'inconscio. Per illuminarle e saperne trarre beneficio, bisogna abituare gli occhi della mente alla loro oscurità...
Roberto si avvicina alla panchina di Rauf.
- Roberto: Buongiorno! Posso sedermi, non disturbo?
- Rauf: Prego!
Roberto non si siede però, tira fuori un fazzoletto e pulisce la panchina. Rauf lo guarda e s'accorge che la sua giacca ingombra la panchina. Con un gesto svelto la scosta.
- Roberto: Grazie. Gli anni hanno stancato questa testa (fa accenno al capo, segue poi un silenzio, Rauf si toglie il pullover e lo mette sulle spalle).
- Roberto: Hai caldo?
- Rauf: Sì un po'.
- Roberto: Perché sei ancora giovane. Quanti anni hai? Venti? (guardando il quaderno, poi lo fissa negli occhi) vedo che stai ancora ripassando le tue lezioni. Che scuola, hai detto, che hai fatto? Non ricordo... Sei ragioniere? Hai fatto il liceo? Hai una laurea?
- Rauf: Ho frequentato l'università (guarda il quaderno).
- Roberto: Forse ti ho disturbato.
- Rauf: Affatto. Aspetto che mi venga l'ispirazione.
- Roberto: Sei milanese? Io sono di Ferrara. (Rauf lo guarda con aria interrogativa) Ferrara, sai? Bologna, Rimini. Da quelle parti.
- Rauf: Non sono milanese e non so distinguere fra i vari dialetti.
- Roberto: Non sei di Milano?
- Rauf: No e neppure italiano.
- Roberto: Splendi ancora di gioventù...
Rauf si accontenta di muovere la testa in segno d'assenso, torna poi a chinarsi sulla sua poesia, sbadiglia.
- Roberto: Hai sonno? - Rauf: Sbadiglio sia quando ho sonno che quando ho dormito troppo.
- Roberto: Sei stanco, si vede.
- Rauf: Hai ragione. Non ho dormito abbastanza la notte scorsa.
- Roberto: Sei sposato?
- Rauf: No.
- Roberto: Meno male. Ti consiglio di non farlo. Se potessi tornare indietro, non mi sposerei, ma vivrei come l'ape che sugge il nettare di ogni bel fiore (Rauf muove la testa, assentendo). Ma dimmi, vivi da solo? Chi ti cucina? Chi ti stira? Chi ti lava i vestiti?
- Rauf (enumerando i suoi impegni): Purtroppo devo fare la spesa, cucinare, lavare i piatti e i vestiti, tutto io; e anche la casa, devo pulirla io. Inoltre ho altri impegni e altri lavori.
- Roberto: Immagino. Tuttavia ti consiglio di non sposarti, perché non tarderai ad averne abbastanza di tua moglie. Ho un figlio, dopo dieci anni di matrimonio si è separato ed è andato con un'altra donna. Lei con un altro uomo. E' il bambino che ne pagherà le conseguenze, adesso. Quando una persona fa un figlio, non deve lasciarlo. E' ancora un bambino! (Rauf, costernato, ascolta) E' un bambino di sette anni! Che cosa sarà di lui?
- Rauf: Francamente, a parte il fatto che ho sempre qualcosa da fare, leggere per esempio (poi accenna alla poesia) e scrivere, dico, a parte questo a volte sento un forte desiderio di avere qualcuno vicino, anche per breve tempo.
- Roberto (sorride): Qualcuna!.. che condivida il letto con te. Ricordati: devi essere nel giardino dell'amore, come l'ape... Ma non mi hai detto...Non hai mai avuto una ragazza? - Rauf (non risponde subito): Purtroppo no. Anzi, ho avuto una bellissima ragazza ma non sono stato capace di interessarla a lungo.
- Roberto: Non voglio farti dei complimenti, però devo riconoscere che sei bello e piacente. E poi... hai tutta la vita davanti a te.
Rauf sospira, mentre Roberto prova ad alzarsi dalla panchina.
- Roberto: Aia! Non ho più il vigore di una volta. E' come se avessi già perso tutto sin dal primo giorno in cui mi sono sposato. Sai chi comanda a casa mia? Mia moglie. Io sono un servo docile. Corro di qua, corro di là per eseguire i suoi ordini. (Rauf lo guarda stupito) Sono stato operato due volte a queste gambe. Se fossi ancora giovane sarei guarito subito. Ma con l'età è difficile recuperare (si siede di nuovo). Ti infastidisco, forse?
- Rauf: Ti ho già detto che sono schiavo delle mie idee. Quando vengono, scrivo. Quando se ne vanno la mia penna si secca.
- Roberto (riaccomodatosi): Bene (un breve silenzio. Ambedue guardano il laghetto. C’è qualche cigno bianco. Il sole risplende sopra la superficie dell'acqua alzando un alone luminoso). E' una bella giornata nonostante l'autunno!
- Rauf: Tutto questo tepore e tutto questo splendore...
- Roberto: Tutto questo tepore e tutto questo splendore, giovanotto, non tarderanno ad andare via lasciando dietro di sé una fredda umidità e una cupa oscurità. E tutta questa gente non tarderà a disertare questo spettacolo affascinante, non appena tramonti il sole. Allora non rimarrà più niente in questo giardino. E' proprio come questa nostra vita... Sai perché? (senza aspettare) Perché si tramuta subito in freddo (si alza in piedi, sistema la giacca e si avvicina con la lentezza propria degli anziani verso Rauf per salutarlo. Rauf si alza anche lui, indossa pullover e giacca). E' il momento, devo andare, altrimenti mia moglie me le dà”. E' lei che decide della mia vita, perfino delle mie passeggiate. Tutto con un ordine impeccabile, tranne i miei soldi. Arrivederci, semmai ci dovessimo rivedere un giorno.
- Rauf (già in piedi per congedarsi) Arrivederci.
- Roberto (continuando a parlare come se non lo avesse sentito): Scusami se ho abusato del tuo tempo. E' che sono solo, senza amici, tranne il calvario di mia moglie ovviamente e qualche inutile vecchietto come me.
Anche Rauf se ne va.

Scena IV

Entra Roberto; è contento di vedere Rauf che va verso di lui.

- Roberto: O Rauf! Come stai? (sono in piedi faccia a faccia) Hai sentito cos’è successo? In Algeria voglio dire.
- Rauf (contagiato dall'aria costernata affettata da Roberto): No, purtroppo non sento la radio da molto tempo né leggo i giornali.
- Roberto: Gli islamisti hanno ammazzato due giornalisti e un ex ministro degli interni. Bekei, si chiama.
- Rauf (dopo un po'): Non esiste Bekei, sarà Belkheir?
- Roberto: Sì, può darsi che si tratti di lui. La notizia è stata data da Radio Svizzera. Il nome comunque assomiglia a questo qua. E' triste. A me dispiace molto, veramente. Ma Dio santo! Perché uccidono soltanto gli uomini di cultura? Non lo so io!
- Rauf: Perché i mass media riportano soltanto le notizie dell'assassinio degli uomini di cultura?
- Roberto: No. Camminiamo un po', fa freddo. Il problema è che gli islamisti non sentono l'esigenza di una cultura umanistica. Anzi vogliono mantenervi ancora nel medioevo.
- Rauf (come se non avesse sentito Roberto). Hai sentito dell’uccisione di 400 cosiddetti islamisti, molti giovani, colpevoli solo di avere rifiutato la tutela di un regime dittatoriale e repressivo?
- Roberto (stupito). No.
- Rauf: Eppure non sei rimasto impressionato come lo sei per la morte di tre persone. Ovviamente non è colpa tua! Sai quanto spazio la stampa ha riservato ad una notizia tremenda come quella?
- Roberto: Non l'ho letta sui giornali.
- Rauf: Per forza, è stata pubblicata come un evento di pochissima importanza, nascosta tra le pieghe dei giornali. Questo però non vuol dire che io tifi per l'assassinio e la violenza. Solo che mi colpisce la morte di 400 persone uccise ingiustamente più di quella di tre. Ma chi mi dice che non ci sia stata una connivenza o complicità col regime anche se i tre sono giornalisti e uomini di cultura? Ognuno ha scelto comunque il proprio schieramento, ti pare?
- Roberto: Hai ragione. Quando penso alla violenza che esiste nel mondo! La mafia da noi uccide senza pietà. Poi c’è la Bosnia, la Cecenia, lo Sri-Lanka, l'Iraq...
- Rauf: L'Irlanda, la Spagna, la Corsica, gli Stati Uniti, il Québec.
- Roberto: l’India, l’Algeria, l’Africa,
- Rauf: L’Albania, la Padania, il Sud Tirol...
- Roberto: Quanta violenza! Quanta povertà, quanta miseria c'è sulla terra! Dov'è questo Dio salvatore? Non è possibile che esista un Dio così crudele e sadico che voglia tanto male ai suoi figli, alle sue proprie creature senza misericordia e giustizia!
- Rauf: Migliaia di miliardi di esseri viventi nascono e muoiono ogni secondo dalla più semplice cellula, passando per l'uomo, alla balena in un continuo corteo funebre senza sosta. Perché non piangiamo tutte queste vite sprecate mentre ci scandalizziamo alla morte di una o due persone, a cui magari non avremmo mai concesso importanza se i mass media non lo avessero voluto?
- Roberto: Allora non sei d'accordo con me?
- Rauf: Non è questione di essere d'accordo o meno, ma il problema non è così semplice.
- Roberto: Fa veramente freddo. Andiamo al bar. Beviamo qualcosa di caldo, un tè o un'altra cosa calda.
I due amici escono.

ATTO II

Scena I

Roberto è al bar. Entra Hamid, l'amico di Rauf. Si salutano.

- Roberto: Hai visto Rauf?
- Hamid: (con un sorriso timido) No, può darsi che sia nei giardini.
- Roberto (con un'eccitazione insolita, senza guardarlo): Tu credi?
- Hamid: A cosa?
- Roberto: No... niente.
- Hamid (insistendo): A cosa?
- Roberto: Tu credi? (poi si trattiene). No. .. Niente. Sto scherzando.
- Hamid: Dai, tu mi vuoi dire qualcosa. Non sei mica tu lo straniero qui. Dai, dimmi di cosa si tratta.
- Roberto: Però promettimi di non dire niente ai tuoi amici.
- Hamid: Te lo prometto, però dipende da quello che mi vuoi dire.
- Roberto: E' un argomento di grande importanza... Si tratta di Rauf.
- Hamid (con aria grave) Ha fatto qualcosa di male? Gli è successo qualcosa?
- Roberto: Siete tutti mussulmani?
- Hamid: Certo, anche Rauf..
- Roberto: Che vuol dire Islam?
- Hamid: Non sai ancora che vuol dire Islam? Ma dove vivi? E' una religione come tutte le altre!!
- Roberto: Come si può distinguere un mussulmano da un non musulmano?
- Hamid: Che cosa insinui?
- Roberto: Dimmi, come si fa a distinguere un mussulmano? Non dirmi dalla barba, perché tutti gli uomini possono farsela crescere. Non dirmi neppure dal vestito!
- Hamid: La barba, il vestito, i gesti e i rituali come la preghiera, il Ramadan...
- Roberto (togliendogli la parola): E se capita che qualcuno non fa più la preghiera, rimane ancora mussulmano?
- Hamid: Chi lascia la preghiera per ozio o per trascuratezza non è considerato “fuori dalla religione”. L'ateo, il kafir, secondo me, è colui che lascia la religione perché non crede più.
- Roberto (come se fosse arrivato ad una conclusione): Perfetto. Che cosa pensi di Rauf? Lui è ancora mussulmano, anche se ha smesso di pregare? Ma come fai a dire che appartiene ancora al gruppo dei credenti e non a quello degli eretici?
- Hamid (stupefatto): Come puoi tu, cristiano, dubitare dell'islamità di un mussulmano o giudicare della sua fede? Io stesso ho pensato molte volte di non pregare più, in questa vita difficile dell'esilio...
- Roberto (continua imperturbabile): Cosa pensi di chi beve il vino?
Hamid, temendo una trappola nell'indiscrezione di Roberto, comincia a misurare le parole.
- Hamid: Un mussulmano non deve bere il vino (rivolgendosi a Roberto che ha stampata sul viso un'aria interrogativa), né mangiare la carne di maiale, insomma non deve trasgredire gli obblighi religiosi nella misura del possibile. Ciò non vuol dire che il mussulmano debba essere un angelo e che non sbagli mai!
- Roberto (in maniera ossessiva) Cosa pensi di Rauf? Pensi che beva?
- Hamid: Metto la mano sul fuoco.
- Roberto: Eh! Che amico sei! Però, però... (una risata troncata)! Il tuo amico ha tradito la fiducia che hai in lui!
- Hamid: Che dici?! (sorridendo).
- Roberto: Ovviamente non dirgli niente di ciò che ti ho detto.
- Hamid: E cosa mi hai detto?
- Roberto (abituato a scherzare): Siete così, voi arabi. Non capite che la superficie delle cose.
- Hamid: Però, come diceva appunto Rauf, siamo più fortunati dei vostri cani. Almeno noi qualcosa capiamo. Non vedi che possiamo parlare e non abbaiare. Prova a parlare tu nella mia lingua.
- Roberto (ridendo): Anche noi in America abbiamo imparato la lingua degli americani. (guardando attentamente Hamid): Vedo che Rauf ti ha insegnato bene! E' intelligente. Veramente.
- Hamid: Quando lo vedi cantagli le tue lodi. Ma ritorniamo al nostro discorso. Che cosa mi volevi dire?
- Roberto (come se facesse uno sforzo per ricordare): Cosa stavo dicendo?
- Hamid: Hai già dimenticato? Si vede che non era una cosa seria.
- Roberto: Naturalmente stavo scherzando. Ma immagina se Rauf bevesse davvero! Però... cosa può fregare a te se lui beve il vino?
- Hamid: E' un amico e non voglio che sia colpito da questo male.
- Roberto: Che amico sei!
- Hamid: Non mi hai detto cosa è successo.
- Roberto: Stavo scherzando, tu mi conosci, no? Ora devo lasciarti, mia moglie mi aspetta. Ciao!

Scena II

Nei giardini. Qualche passante; Rauf è seduto su una panchina, il suo solito quaderno nelle mani e la penna tra le dita. La testa è rovesciata un po' dietro le spalle come se fosse in meditazione. Entra Roberto. Ma Rauf lo vede soltanto quando si avvicina a lui.

- Roberto: Ciao poeta, o meglio, laico.
- Rauf (sorridendo): Tu mi puoi cambiare nome ogni giorno. Non è male come idea, forse dobbiamo cambiare i nostri nomi ogni volta che viviamo una nuova esperienza. E' da giorni che faccio la corte ad una poesia...
- Roberto: E' una donna la tua poesia?
- Rauf: Magari! E' più difficile di una donna. E' più resistente. Non cede che a un cavaliere coraggioso.
- Roberto (scherzando): Altro che cavaliere, tu sei cammelliere... Quando l'uomo si trova fuori dal suo ambiente naturale, gli capita di perdere necessariamente l’anima, gli capita di morire...
- Rauf: (fa il segno dello scongiuro, per scherzo) Adesso mi vedi già morto!
- Roberto: E' quasi una regola. Ma tu sei una persona colta. Sei l’eccezione che conferma la regola. Sei un poeta e sei intelligente. L'ho detto anche al tuo amico.
- Rauf: Gli hai detto anche che sono un ubriacone.
- Roberto: Perché, non è vero che bevi?
- Rauf: Sì, bevo e berrò ancora e ancora. Però dovresti tenere conto della sua sensibilità. Sai cosa significa per lui? Che io sono finito, sono morto ormai e lui ne porterà il lutto. Sarà preso da quella tristezza che si ha quando si perde un vero amico.
- Roberto: Ma non ho detto niente di chiaro. Erano semplici allusioni. Stavo scherzando. Dai, sù, non allungare il muso! Sei sempre tu. Tu, come ti ho visto la prima volta e come sei adesso (finisce ridendo).
- Rauf (ride anche lui): Ti ricordi della domanda che mi hai fatto quando mi hai conosciuto per la prima volta? "Portavi in Algeria vestiti europei?" Che strana domanda! Anche adesso quando me ne ricordo mi vien da ridere da solo come un pazzo, non solo per la comicità dell'espressione, ma per dispiacere. Sì, ridiamo anche per dispiacere. L'ignoranza non è roba solo per abitanti del deserto e pastori di cammelli, ma i suoi tentacoli arrivano in Italia e in Lombardia, perfino a te, caro Roberto.
- Roberto: (si concentra e poi il suo viso si contrae in una risata) Ero sincero. Mi hai confuso quel giorno! Ed io che cercavo di fare mostra della mia occidentalità! L'errore è umano. Poi siamo diventati amici ormai, nevvero? Ed è quello che conta. Ora devo andare. Vieni qualche volta a trovarmi nel mio studio... col tuo amico.
- Rauf: Ancora! Il mio amico!
- Roberto: Che cos'è successo tra voi due? Non dirmi che avete litigato.
- Rauf: Mi hai messo in una situazione di disagio con lui. Ho dovuto confessargli tutto. Non avevo scelta. Gli ho detto che stavo sperimentando la vita, sia il lato dolce che quello amaro. Un uomo come me non deve....
- Roberto (lo interrompe maliziosamente): Un poeta come te.
- Rauf: (continuando con lo stesso tono) ...un abitante del deserto come me, non deve forse conoscere il gusto e l’effetto del vino?
- Roberto: Voi, abitanti del deserto, non sapete quasi niente della civiltà e del vino in particolare.
- Rauf: (in modo pedantesco) Devi sapere caro mio che il vino, così come la libertà, l'amore e tutto il resto non sono stati creati dagli occidentali: sono cose e valori che vengono dall'uomo. - Roberto: solo che la vostra religione ve li ha proibiti...
- Rauf: Se ce li ha proibiti, il motivo è che noi ne siamo fin troppo innamorati. E' un modo per insegnarci la misura, ha paura che noi esageriamo nell'amarli e ne abusiamo. Sai che fra le bevande del paradiso ci sono riservati fiumi interi dei migliori vini?
- Roberto: Se è come dici tu, andiamo tutti quanti ad abbracciare la tua religione!
- Rauf: Non è tutto qui. I nostri poeti, pagani e mussulmani, hanno lodato il vino! Hanno persino creato un genere chiamato Khamriyat, cioè pressapoco “Vineide”. Non credo che un'altra poesia abbia mai lodato il vino come quella araba. Ma tu ignori anche questo,vero? Per forza, non capisci l'arabo.
-Roberto: Se continuo a darti retta, tornerò da mia moglie mussulmano. Ciao.
Ride ed esce.

Scena III

Sul marciapiede c’è un palo della luce. Una prostituta ha appena cacciato Rauf.

Sì, ciao! Uffa! Che barba! E mi parla in francese! “Bene,bene. On pousse! … Ce n'est pas croyable!..” E mi canta in Arabo! “Hel ra-it, hal ra-it..” ma io cosa ho visto?! E vuole che passi la notte con lui! Cafone! Pensa che basti salutarmi e sorridermi perché io accetti di passare la notte col primo arrivato. Ma io sto lavorando! Devo pagare l’affitto, devo mangiare ogni tanto qualcosa, no? E poi questi preservativi che non finiscono! Ma questo cafone non sa che devo rendere conto al mio datore di lavoro? Ho dieci preservativi e non ne ho usato nemmeno la metà!
Tra poco è l’alba. O, dio mio, se non li finisco, poi domani ne riceverò altri dieci! No! Io non ce la faccio più: devo dare le dimissioni.
E questo cretino che ogni sera mi viene a ripetere la stessa canzone! Quanti preservativi potrei usare con lui? Due? Tre? Ma quelli che avanzano? Me li pagherà lui? Non ha una lira in tasca. Viene qui solo per farmi perdere tempo e far scappare i clienti.
Le machine (la donna ha l'accento spagnolo) non si fermano più... E così, si diverte molto sulla mia pelle. Volendo, potrei anche fargli un pompino per sbarazzarmene, ma non merita nemmeno che gli dia un briciolo di importanza!
“Che bella donna sei… e che basso prezzo chiedi!”.
Ma cretino, tu non sei capace neanche di avere un letto! Vuole fare l’amore con me sul prato o magari su un albero, come si fa da loro nella Savania!
“Sai che faccio quando me ne vado via da te? Piango la tua bellezza che si sta perdendo. Ecco!”
Piange per me, avete sentito? E chi piange per lui? Mascalzone che non è altro!

Hai mai visto quant'è lontano il cielo?
Io t'amo quanto lui è distante.
Hai mai visto quant'è grande il mare?
Io t'amo quanto lui è grande.
Hai mai visto quanto sei bella?
Io t'amo quanto sei bella tu.

Se la mia bellezza è così grande, come dice, credete che un solo uomo la possa contenere? Se mi ama tanto… conosce le condizioni! O sbaglio?
La machina e cinquanta euri. Se mi vuole a casa, deve fare conto che io finisca i preservativi. Non m’interessano i soldi. Mi ha fatto perdere tempo e clienti e pensava di avermi fatto del bene e tenuto compagnia! Che stronzo!
E insiste “Veramente, non puoi fare qualcosa per me?” ma chi sarà lui, miserabile che non è altro?
“Mi considero come amico. No?” no, no caro, mi dispiace. Le condizioni sono quelle che ti ho detto... E ri-insiste “E che cosa mi hai detto?” Deficiente; gliel'ho ripetuto trenta volte, ma lui non capisce un bel miente...

Scena IV

Roberto, un sigaro in bocca, seduto ad un tavolo, sta sfogliando un giornale nel bar. Hamid, con aria seria e la barba malcurata, si avvicina a lui.

- Hamid: Ciao.
- Roberto (lieto): Ah ciao, come stai?
- Hamid: Bene, grazie a Dio, per l’Islam.
- Roberto (incuriosito): Che c’entra l’Islam con la tua salute?
- Hamid: A noi mussulmani non interessa la vita quanto l’Islam. L’importante è essere mussulmani, il resto non conta nulla.
- Roberto: Non sono d’accordo!
- Hamid (in tono provocatorio): Che importa che tu sia d’accordo o no ? Voi altri cristiani, vivete nel peccato. Andrete tutti quanti all’inferno. A quanti Dei credete?
- Roberto (divertito): Noi crediamo ad un Dio unico.
- Hamid: Andrete tutti quanti all’inferno (pronuncia questa espressione con isteria). Che cosa dite di Maria?
- Roberto: E’ un processo? ... E’ la madre di Dio.
- Hamid: Andrete tutti all’inferno. Come chiamate questo? (accenna a un crocifisso appeso al collo di Roberto)
- Roberto: Crocifisso. E’ il simbolo dei cristiani. Rimane però un semplice pezzo di metallo. - Hamid: Che Dio mi preservi. Andrete tutti all’inferno.
- Roberto (con tono ironico): Scusa, ma non è che adoriamo il crocifisso. E poi da noi quasi nessuno da’ più importanza alla religione, figuriamoci a un pezzo di metallo!
- Hamid: Tutti all’inferno! Tutti all’inferno! Tu preghi?
- Roberto: Anche se è una domanda indiscreta, ti risponderò lo stesso; io lo faccio, ma raramente. Ogni tanto vado in chiesa per guardare Dio.
- Hamid: Guardare Dio!? Tutti all’inferno!
- Roberto: Se sei così fedele, Dio dovrebbe amarti. Invece in realtà il vostro Dio vi punisce. Non vedi che fate parte del terzo mondo? Significa allora che noi siamo sulla retta via e voi no. Non siamo noi forse i ricchi e voi i poveri, noi gli istruiti e voi gli oscurantisti, noi i democratici e voi gli schiavi dei dittatori, noi i puliti e voi i sudici...?
- Hamid: Se siamo così come dici è perché non osserviamo più i comandamenti di Dio. Se avessimo applicato le leggi del Corano, saremmo stati noi gli sviluppati e voi gli arretrati, noi gli illuminati e voi gli intenebrati... Ma Dio ci ha castigati. E' meglio che lo abbia fatto in questo mondo effimero piuttosto che dannarci nella vita eterna dell'aldilà...
- Roberto (in tono provocatorio) E quindi non siete mussulmani?
- Hamid: Tutti all’inferno! (Si accorge del barista che ha portato un bicchiere di liquore a Roberto) Cos’è?
- Roberto: Whisky.
- Hamid: A Latiiiff! Tutti all’inferno! Posso dare un’occhiata al tuo giornale? Che cosa racconta? (sfogliando il giornale) Io non so leggere la vostra lingua.
- Roberto: E la tua, la conosci almeno?
- Hamid: La mia lingua è la lingua degli abitanti del paradiso.
- Roberto: Invece la mia è la lingua di Dante e ciò mi basta come onore.
- Hamid. Chi è costui?
- Roberto: Era un poeta che, secoli prima della tua nascita, aveva vagato nell’inferno e nel purgatorio per finire nel paradiso.
- Hamid: E’ entrato nel paradiso? (scettico)
- Roberto (in tono ironico): Macché?! Credi che al paradiso non vadano anche i poeti? Loro lo meritano!
- Hamid: Eresia! Tutti all’inferno! tranne Rauf, non perché è un amico ma perché è musulmano come me. Anche se è un musulmano laico.
- Roberto: Ma sei ingiusto! (in tono supplichevole) Non sono anch'io tuo amico?
- Hamid: In questa vita sì, ma nell’aldilà si separano il buono e il cattivo.
- Roberto: In che scuola hai studiato?
- Hamid: Io non sono andato alla scuola francese dove si insegnano solo eresia e depravazione ma, grazie a Dio, ho avuto la possibilità di imparare a memoria il Corano. Ho imparato anche il calcolo. Ci hanno insegnato perfino la medicina. Adesso posso guarire i posseduti, scrivendo i talismani e posso curare parecchie malattie del corpo usando gli sputi combinati con le preghiere. Ma non solo, ho anche imparato a distinguere il bene dal male e ad esortare la gente ad amare l’uno e a odiare l’altro.
- Roberto: (falsamente meravigliato) Caspita, hai una vasta cultura!
- Hamid: Appunto. Questa è la vera cultura. Invece la vostra è inutile. Non insegna che eresia, musica, pittura, fisica, filosofia!...Tutti all’inferno.

ATTO III

Scena I

Nei giardini, Roberto apre il giornale e Rauf il suo quaderno. L’uno legge e l’altro scrive. Vicino a loro ci sono tre persone che stanno chiacchierando.

- Roberto: Ieri ho avuto una conversazione molto divertente, direi, con uno di voi.
- Rauf: (un po' stupito): Uno di noi? Noi, chi?
- Roberto: Voi, mussulmani o arabi. Che ne so io? un tuo paesano; mandava all’inferno tutti i cristiani. E lo diceva sul serio!
- Rauf: Ti sei divertito, no?
Si sentono delle voci.
- Roberto (infastidito): Non è possibile! Non possono parlare a bassa voce?
Pensioni, pensioni (Rauf sorride) Senti? Fra poco parlano di malattie! Ogni volta è lo stesso refrain: pensioni, malattia, medicinali, chiesa, morte! (guardando il quaderno di Rauf) Sempre con la poesia?
- Rauf: Le sto sempre dietro.
Poi in arabo canterellando.
- Rauf: Uaraac, uaraac deiiimen; deiiimen uaraac deiiimen.
-Roberto: Sei anche capace di cantare?
- Rauf: E’ un refrain del principe della canzone araba.
- Roberto: Voi arabi avete sempre un principe in ogni cosa! Nel regno dei ciechi chi ci vede con un occhio solo è Re!
- Rauf: Non è tutto. Abbiamo un principe dei poeti, uno degli innamorati, alcuni del petrolio... ma sono principi senza principati! Un principe dei cammelli, uno degli sciacalli del deserto, uno della vita e un altro della morte (ride)
- Roberto: Sei diventato come quelli lì (accenna verso l'origine delle voci). Ti piace parlare di morte?
- Rauf: Io l’ho citata così. Ma sei tu che ne stai parlando.
- Roberto: Quando la morte è vicina (accenna ancora alla direzione delle voci), cominciamo a parlarne come se cercassimo di difenderci dal terrore di lei e renderla dicibile, più umana. Già! (Guarda intorno e respira un po’ d’aria, cambia argomento). E’ una bella giornata.
- Rauf: Abbiamo fatto bene a non stare nel bar, altrimenti avremmo perso tutto questo splendore.
Le voci non si sentono più.
- Roberto: Finalmente! (con profonda inspirazione)... Si può leggere tranquillamente.

Scena II

Un giardino pubblico. E’ quasi notte. Rauf e Hamid sono seduti. Ognuno ha una bottiglia di birra. Hamid ride forte.

- Rauf: (lo rimprovera) Perché ridi? Che ti fa ridere in una espressione come questa? Io la trovo geniale. (Hamid ride ancora più forte. Anche Rauf ride) Vedo che la birra ha cominciato a produrre effetto nella tua testa.
- Hamid (smette di ridere e risponde): Parli di dignità mentre sei in questa situazione (ride di nuovo con scossoni sfrenati)
Rauf ha smesso di ridere.

come il cavallo maledice il cavaliere
maledetta sia questa vita
perché sognare è tormento
e vivere stanca.

E' così, mio caro, chi vuole la grandezza deve soffrire per conquistarla.
- Hamid: Ti diverti? (e con malizia) Mi puoi mostrare in questo momento la tua grandezza?
Oppure l’hai lasciata nella tua tana da barboni?
- Rauf: (scherza) Non vedi? La sto sorseggiando in queste gocce squisite.
- Hamid: Stai delirando (ride). La birra comincia a darti alla testa.
Hamid deglutisce qualche sorso, schiocca la lingua mentre passa Claudia che non li vede, fischia. Rauf cerca di farlo tacere.
- Hamid: Ha paura di noi, come se fossimo cannibali!
- Rauf: E’ possibile che una ragazzina non abbia paura al buio, in un giardino quasi deserto, popolato da sciacalli come te, specie in questi momenti dell'odiosa equazione sicurezza/immigrati? Ma chi se ne frega? (ride) Ah, se ti vede Roberto... e lui che crede che tu sia il padre Pio dell'islam!
- Hamid (scoppiando in una risata e ridendo ancora): Sei ubriaco. Quante bottiglie hai vuotato?
- Rauf (conta le bottiglie vuote) ma.. sei uno stronzo. Perché gli fai queste orrende corna?
- Hamid (ride): Ma scusa, non era quello che lui voleva? E' colpa mia se mi ha ridotto alla piatta categoria di homo islamicus e poi ci ha creduto: un'effigie senza storia, senza soggettività, senza personalità, senza originalità, senza libertà né capacità d'intendere e scegliere, di volere e schierarmi... lasciamo perdere... Ehi, non approfittare per contare le mie.
- Rauf: Hai le tue bottiglie ed io le mie.
- Hamid: Adesso fai il poeta?
- Rauf: Stile-Corano. Mi piace il Corano. Cerco sempre di imitarlo nei miei tentativi di creazione poetica.
- Hamid: Non profanare il Corano.
- Rauf: Chi di noi due lo prende in giro, tu che trascorri la settimana ebbro e poi vai il venerdì a fare la preghiera oppure io che me ne ispiro per creare delle belle poesie?
- Hamid: Tu preferisci la poesia alla preghiera? Sei contro la preghiera? (tace, poi scoppia a ridere clamorosamente). E’ meglio che tu smetta di bere. Non sei più capace di capire ciò che ti si dice e ciò che dici. Quante bottiglie hai vuotato? Contale!
- Rauf: Le ho già contate, le mie, ma non te lo dico. Devi dire, prima tu, quante bottiglie hai svuotato.
- Hamid: Perfetto, facciamo testa e croce. Parto da me: conto fino al dieci. Colui su cui il dieci casca, deve dire il risultato.
- Rauf: (conta a bassa voce) No! Non ci sto. Così m’inganni.
- Hamid: Va bene, facciamo testa e croce.
- Rauf: Benissimo. Prima contiamo noi stessi e l’insieme delle bottiglie ancora piene e quelle svuotate. Se il numero cade su di te cominci tu, se cade su di me comincio io. Va bene?
- Hamid (ride) E se il numero cade su una bottiglia?
- Rauf: Ho pensato anche a questo. Ogni volta che cade su una bottiglia la togliamo via.
- Hamid (ride) E se cade su di te?
- Rauf: Ma sei scemo. Abbiamo già pensato a questo. Invece tira fuori le tue bottiglie. Prima tu. Perché io ho avuto per primo l’idea.
- Hamid (serio): Mai nella mia vita ho accettato che mi dessero degli ordini. E se ho accettato di fare questa vita precaria è per non essere preda di un dittatore come te.
- Rauf: Ed io cosa credi che stia a fare qui? Pensi, anche tu come il resto del gregge, che sia venuto qui per il “gran banchetto”?
- Hamid: Io non accetterò mai la dittatura di un altro. E’ stato per questo motivo che sono esiliato.
- Rauf: Senza di me, non sei capace neppure di fare un testa e croce.
- Hamid: Bravo Archimede!
- Rauf: Sei tu Archimede.
- Hamid: No! Ti ringrazio, ma preferisco Hamid (ride forte) Si vede, amico mio, che non reggi più la birra. Quante bottiglie hai bevuto finora? Mi sembra che sia il caso di fermarti. Hai bevuto tanto da confonderti...
- Rauf: Da vedere il gallo asino (Hamid ride forte) la ba'ra [feci del cammello] cammello, (Hamid continua a ridere), il chicco di grano duomo, una bottiglia due (Hamid ride) e Hamid dieci
Rauf, ride, poi come se si fosse risvegliato.
Rauf: Ora basta. Dimmi quante bottiglie hai bevuto?
- Hamid: Te lo dirò quando le avrò contate.
Giovanni, amico di Roberto, riconoscendoli si avvicina.
- Hamid e Rauf: Buonasera.
- Giovanni: Buonasera. Che fate?
Rauf accenna alla bottiglia con un sorriso.
- Giovanni: Ollamadonna! Quante bottiglie avete bevuto?!
- Rauf (alza le spalle): Boh, non lo so.
- Hamid (a Rauf, con malizia): E contale!
- Rauf: E perché non le conti tu?
- Hamid: Fallo tu.
- Giovanni: Non sapete contare?
- Rauf: I numeri sono una nostra invenzione, lo sai?
- Giovanni: I numeri sono tanti. Ci sono quelli indiani, i romani, gli aztechi... anche quelli che i megalomani e i raconta-balle danno... la lista è lunga. Avete bevuto troppo.
- Hamid (a Rauf): Hai visto? Perfino Giovanni si è ubriacato... per essersi avvicinato a te?!
- Rauf: Da vedere il gallo asino... Ma... (tace per un po’) chi ha detto che sono ebbro?
- Hamid: Lo dice Giovanni.
- Rauf (alzandosi in piedi, rivolto a Giovanni): Guarda, è vero che sono ebbro?
- Giovanni (in tono divertito): E tu che ne dici?
- Rauf: Io vedo che non sono ebbro.
- Giovanni: Dunque non sei ebbro.
- Rauf (a Hamid): Hai visto? E’ la prima volta che il mondo mi dà ragione e mi rende giustizia.
- Hamid: Tu sei tanto ubriaco da vedere Giovanni mondo.
- Giovanni (fa per andare via e poi ritorna): Mi raccomando. Divertitevi ma fate i bravi. Ciao. - Rauf (a Giovanni): Ciao. Ma prima di andare via t'insegno un trucco per distinguere un ubriaco da uno che non lo è. Adesso mi reggerò su una gamba sola: se cado sono ubriaco. Aspetta eh?!
Fa tre tentativi.
- Rauf: Aspetta eh?! Aspetta eh?! Aspetta eh?!
Giovanni sorride, saluta un'altra volta ed esce.
Rauf imperterrito continua le sue dimostrazioni fallimentari.

Scena III

Claudia sorride a Rauf. E' vicino a lei, anche lui sorridente. Porta degli occhiali scuri.

- Rauf: Sono Rauf... vorrei conoscerti. Sai che abbiamo un amico comune, Roberto?
- Claudia: Claudia, lieta di conoscerti. Ah, Roberto, cara persona, né? (sempre sorridendo) Ma togli via questi occhiali (glieli toglie con delicatezza) Ecco. Dio, che occhi belli hai! (Rauf è meravigliato). E’ un peccato che tu li nasconda.
- Rauf (scherzando): Li nascondo dagli sguardi indiscreti...
- Claudia (con tono scherzoso): Di', sei sposato?
- Rauf: No.
- Claudia: Ovviamente è una scelta.
- Rauf: Non è così. Non ho ancora incontrato una donna.
- Claudia: … che fa per te?
- Rauf: Magari fosse quello il problema, veramente sono timido. Non so corteggiare le donne.
- Claudia: Mille donne potrebbero innamorarsi di te, non ti devi aspettarti delle avance. Prendi tu piuttosto l’iniziativa.
- Rauf (con tono più sicuro): Tu accetteresti di sposarmi? Cosa te lo impedisce? C’è qualcosa che non va? Perché sono straniero? ... io non credo alle frontiere.
- Claudia (con civetteria): Scemo! Quando una donna s’innamora di un uomo cancella le frontiere.
- Rauf: Mi piaci davvero. (La fissa) I tuoi bellissimi occhi mi hanno liberato già un po' dalla mia timidezza. Certo siamo ancora al primo minuto di conoscenza...
- Claudia: Sono sposata.
- Rauf: (raffreddato) Peccato... Scusa. Volevo dire... Sono stato sciocco .
-Claudia: Sei stato un po’ impaziente ma restiamo amici, no?
- Rauf (impacciato): Scusami...
Claudia mette la sua mano in tasca, mentre Rauf la osserva. Tira fuori un pacchetto di chewin-gum che le cade. Rauf si china insieme a lei. Lei tiene in mano il pacchetto vuoto mentre Rauf vi fa scivolare i chewin-gum uno per uno.
- Claudia (con voce sensuale) Come sei bravo a mettere dentro! (Rauf sorride). L’hai fatto più volte, no?
- Rauf: E' proprio un peccato che tu sia sposata! Non voglio crederci. Ho tanta voglia di te. Vorrei rapirti. Quando ti sei sposata?
- Claudia : tredici anni fa'.
- Rauf: Non ci credo. Sei giovanissima, avrai vent'anni anni... ma che ne pensi del matrimonio adesso?
- Claudia: E’ una bellissima esperienza per chi ama la vita super-calma. Invece per gli altri sono due marroni eterni.
- Rauf: Questo può valere per chi l’ha sperimentato. Io invece non l’ho mai provato.
- Claudia: Cosa aspetti? Ci sono sicuramente delle donne che ti desidererebbero, le donne non sono orche!
- Rauf: Non hai qualche consiglio?
- Claudia: I bar, i giardini e soprattutto le discoteche. La discoteca è il luogo più adatto per queste cose.
- Rauf (fra sé): E’ un sogno! Credo che una stella in cielo mi sia più accessibile di una bella ragazza in terra.
- Claudia (cambiando il discorso): Che lavoro fai? Quali sono i tuoi desideri?
- Rauf: Ti dico il mio sogno. Voglio lavorare, lavorare e guadagnare soldi fino a cinquantamila euro, non di meno né di più.
- Claudia (incredula): Dici così perché sei sicuro che non riuscirai a trovare quella somma.
- Rauf: Appena arrivato in Italia mi sono fatto questa promessa e non ci rinuncerò.
- Claudia: Tutti ci promettiamo qualcosa ma non è detto che ogni promessa debba essere realizzata.
- Rauf: E’ legittimo per te dubitare, ma io ci credo.
- Claudia (andandosene): In bocca al lupo!
- Rauf: Ci vediamo!

Scena IV

Claudia, in riva al laghetto del giardino, con Roberto.

- Roberto: Bella giornata?!
- Claudia: Sì. E' una bella giornata che piace soprattutto agli artisti e ai poeti.
- Roberto: Ho conosciuto un giovane poeta.
- Claudia: Anch'io ne ho incontrato uno, che però cerca di conoscere una donna.
- Roberto: Il mio poeta era un vero poeta! Una volta ha scritto una poesia, anche se non riuscivo a leggerla!
- Claudia: Il mio invece era un poeta in fieri. Ho notato nelle sue parole e immagini i segni di un vero talento. Ho notato anche una certa eccentricità. Era triste, malinconico o forse un po' patetico. Ma aveva un suo delirio: immagina che sta cercando di accumulare cinquantamila euro, non di meno e non di più! Pare che rifiuterebbe se qualcuno gli desse una somma anche superiore, tuttavia diversa da cinquantamila euro!
- Roberto: Ma va! Le persone sono capaci di perdere il rispetto di sé e strisciare per un soldo, figuriamoci davanti a quell'enorme somma!
- Claudia: Il buffo è che è uno straniero!... ha bisogno di soldi!
- Roberto: Anche il mio poeta è straniero.
- Claudia: Può essere lo stesso? Saresti capace di riconoscerlo?
- Roberto: Certo, cosa dici?! Grazie a Dio sono ancora efficiente!
- Claudia (pensandoci un po’): Proviamo a vedere, ti piace giocare?
- Roberto: Certo, ma come?
- Claudia: Semplice. Se lo vedi ancora offrigli una somma di denaro convincendolo della tua serietà.
- Roberto: Studierò bene la cosa... (poi tace) perché no? Abbiamo il diritto di divertirci anche noi.
- Claudia: Troverò qualcosa che ti aiuti a convincerlo.
- Roberto: Facciamo un piano...
- Claudia: (la faccia come illuminata da un’idea) Gli ho detto che ero sposata e gli è dispiaciuto. Sarà felicissimo se mi saprà invece nubile o divorziata, pronta a seguirlo.
- Roberto: Che bella idea! Ci cascherà senz'altro.
- Claudia: Tu come l’hai conosciuto? Io l'ho conosciuto di recente... lo vedevo spesso nei giardini. A proposito, ha saputo se eri ricco o no?
- Roberto: Non abbiamo parlato molto... ci conosciamo appena.
Claudia si sprofonda a seguire le sue congetture. Anche Roberto: dopo un breve silenzio, la sua faccia s'illumina.
- Roberto: Andrai ai giardini nei prossimi giorni e, quando ci incontreremo, decideremo come fare.
- Claudia: Va bene.
- Roberto: (esitate) Mmmm..
- Claudia: Cosa?
Roberto: Niente, ci vediamo!

Scena V

Nel giardino. Roberto va verso Rauf. Rauf, con gli occhiali scuri, è intento sul quaderno.

- Roberto: Ancora?! E' una poesia lunghissima!
- Rauf: Il problema non è la lunghezza, ma la qualità. Voglio che la mia sia poesia della vita. E' difficile.
- Roberto: Sei riuscito a conoscere qualche donna?
- Rauf: No!
- Roberto: Cosa aspetti? Sei bello, giovane, intelligente, hai tutto quello che può piacere a una donna...
- Rauf: Ho sentito già delle parole del genere. Dove?... Da una signora che viene anche lei qui col suo cane.
- Roberto: Hai visto che ho ragione?
- Rauf: Sì. Il mondo appartiene agli audaci.
- Roberto: Cosa manca a te per esserlo? Sei bello, giovane, intelligente, hai una casa, un lavoro...
- Rauf: Questo però non mi è servito a niente.
- Roberto: Mi dispiace, se posso aiutarti in qualche modo...
- Rauf: Credimi, ti ringrazio di tutto cuore... Per me la solitudine è un vero problema.
- Roberto: Cercati un cane...
- Rauf: (categorico) No! preferisco vivere da solo piuttosto che avere per compagnia un cane puzzolente! Che idea! … sai, oggi ho incontrato una vecchia amica... l'ho molto amata... anzi ne sono ancora innamorato... mi manca...
- Roberto: Sei giovane, dimenticherai.
- Rauf (deciso): Non voglio dimenticarla.
- Roberto: C’è speranza che ritorni? Posso fare qualcosa per aiutarti?
- Rauf: Ora lei vive con un altro...
- Roberto: Una valida ragione per dimenticarla! Se è andata con lui, si vede che con lui è felice. Può darsi che tu sia sincero, ma questo tuo desiderio che tu chiami amore è un sentimento primitivo, possessivo, ecco orientale... qui da noi non regge.
- Rauf: E’ un problema di logica: da una parte l’amo, dall’altra le rifiuto la felicità con un altro uomo, è una contraddizione, vero?
- Roberto: E’ proprio quello che volevo farti capire.
- Rauf: E’ la verità! E poi queste sono vampate di passioni: vanno e vengono. Non bisogna dare loro retta... Ma che significa la parola amore?
- Roberto: Non devi guardare dietro, se non vuoi soffrire. Posso aiutarti, se vuoi... un aiuto materiale, concreto, dei soldi... I soldi non si rifiutano mai, no?
- Rauf: E che ne sai tu? Sei sicuro che non rifiuterei i tuoi soldi?
- Roberto (in tono acceso): Certo, sicurissimo. Se c'è un campo in cui gli uomini si assomigliano come due arabi è l'amore infallibile per il vitello d'oro. Quello che cambia tra un popolo e l'altro è il modo di adorare questa bestia.
- Rauf (Ridendo): Mi è venuto in mente qualcosa di ridicolo. Un giorno mi sono detto: “Se mai trovassi una grossa somma di denaro, non la prenderei a meno che non corrisponda a cinquantamila euro” E’ un'idea assurda, come un capriccio.
- Roberto: Naturalmente dici così perché sai che non è realizzabile.
- Rauf: Forse... ma finché non se ne presenti l’occasione, non posso provarlo... Parliamo d'altro.
- Roberto: Non ti ho parlato mai di me? Sai chi sono io? Son un uomo ricco. Ho diverse azioni in banche e assicurazioni. Se vuoi, posso farti anche adesso un assegno...
- Rauf: (sorride) Cambiamo argomento, è meglio!
- Roberto (tirando fuori un libretto di assegni e scrivendovi una cifra): Sul serio! Dimmi il tuo nome e cognome.
- Rauf: Non ci credo. Se è vero quello che dici, per quale motivo mi daresti del denaro e a quali condizioni? (avvicinandosi al libretto degli assegni ) Centomila euro. Esageri, dai... E’ uno scherzo! Ma siamo a teatro?
- Roberto: No, siamo nella realtà. Dimmi il tuo nome... Questa è una piccola somma per me, rispetto a quanto ho.
- Rauf: E’ una provocazione. E' esagerato. Io non ci credo...
- Roberto: Non dirmi che li rifiuti in nome del tuo assurdo capriccio!
- Rauf: Nel nome di quel capriccio assurdo, io rifiuto.
- Roberto: Dimmi il tuo nome... Non essere così testardo! - Rauf: A che serve il mio nome, quando ho detto di no?

Scena VI

Si aggiunge Claudia e si avvicina a Rauf guardando di sbieco Roberto.

- Claudia: Ciao. Come andiamo?
- Roberto: Pensa che gli ho proposto (accennando a Rauf) una somma di cui nemmeno Ali Babà sognava... centomila euro ma lui non li vuole!
- Claudia (a Rauf): Sei matto? Centomila euro!
- Rauf: Prima di tutto, non ci credo. Poi, anche se Roberto fosse serio - e non credo che lo sia (volgendosi a guardare Roberto) Non è vero? - io li rifiuto. Ti ricordi cosa mi ero ripromesso? Cinquantamila euro, né di più, né di meno.
- Claudia: Appunto, se il destino ti ha dato più di ciò che aspettavi, perché rifiuti?
- Rauf: Veramente non sto rifiutando il danaro, ma sto rifiutando la prepotenza del destino. Voglio obbligarlo a farmi qualche concessione. Ho deciso che la capitolazione non sia a senso unico!
- Claudia: Sei solo un testardo!
- Roberto: Piuttosto un pazzo! Dammi il tuo nome e vedrai...
- Rauf: Molte grazie. Tieni il tuo denaro... La mia ultima parola è cinquantamila euro, né più, né meno.
Roberto e Claudia a bassa voce.
- Claudia: Sei un vero commediante! Sei stato bravissimo!
- Roberto: Ma lo faccio sul serio!
- Claudia: Serio per Rauf.
- Roberto: No, ho deciso veramente di dargli quella somma.
- Claudia: Davvero?
- Roberto: Non diminuirebbe la mia fortuna. E’ quasi niente per me. Ho deciso veramente di aiutarlo, ma a modo mio.
- Claudia (di nascosto a Rauf) Dai! Digli il tuo nome.
- Rauf: Ho detto no. E’ una questione di principio!
- Claudia: Che senso ha afferrarsi ad un principio che ci porta alla rovina? Accetta.
- Rauf: Sono felice quando sfido il destino.
- Roberto (quasi minacciandolo): Se non mi dici il tuo nome, strappo l’assegno.
- Claudia: No, no. Cambierà idea.
- Rauf: Il tuo assegno non significa nulla per me.
- Claudia (a Rauf): Perderai molto con la tua sciocchezza. Accetta. E’ una somma sufficiente per permetterti di vivere bene tutta la vita. Ti ricordi della nostra conversazione? Ti ho nascosto delle cose. Anzi ti ho detto delle falsità: Io non sono sposata, ecco. Non ti eri accorto che non porto la fede (mostrandogli la destra)?
- Rauf: Mi hai mentito?
- Claudia: No, no, era un’astuzia per eccitare la tua gelosia.
- Rauf: E chi mi può garantire che adesso non mi stai raccontando altre balle, magari per stuzzicare questa volta il desiderio del danaro?
- Claudia: Mi deludi, vorrei che tu mi credessi. Come ti ho detto, sono libera e sono pronta a seguirti. Potremmo cogliere tutt'e due quest’occasione per uscire dalla miseria. Con centomila euro possiamo aprire un negozio, vivremo bene e saremo felici. Non fare lo stupido, prendi l'assegno!
- Rauf: La fortuna è strana, la cacci dalla porta ed entra dalla finestra!
- Claudia: Basta stupidaggini! Dai, prendilo.
Gli si avvicina, lo accarezza; lo abbraccia, lo stringe, lo scuote... Rauf è allibito.
Claudia: Ti prego, Rauf. Non deludermi.
- Rauf: Non capisco più niente. Se Roberto vuole veramente il mio bene perché non vuole darmi solo quello che voglio?
- Claudia: Cerco di convincerlo, ma se non ci riesco, promettimi che accetterai. Dovremo riuscire. Non devi perdere quest’occasione d’oro.
Claudia si rivolge a Roberto.
Claudia: Ha accettato...
- Rauf: Ho accettato... solo cinquantamila euro però.
- Roberto: Pare che non ci sia nulla da sperare!
- Claudia: Cretino!
- Rauf: Perché centomila euro, Roberto?
- Roberto: Perché l'ho deciso io. Ci mancherebbe altro... sono padrone dei miei soldi.
- Claudia (sgomenta) Peccato!
- Claudia (a Roberto): Intesta l'assegno a mio nome. So io come convincerlo!
- Roberto: Io lo compilo col suo nome e centomila euro o niente!
Strappa l’assegno.
- Claudia (a Rauf): Imbecille, cafone, io non posso seguire un masochista come te! La povertà ha una brutta faccia, figuriamoci se siamo costretti a viverla insieme per tutta la vita!
- Rauf: Hai ragione, ma non mi ritengo povero. Mi piace divertirmi è la mia ricchezza e la mia consolazione, come la poesia che sboccia come un fiore di primavera.

come il cavallo maledice il cavaliere
maledetta sia questa vita
perché sognare è tormento
e vivere stanca.

Home | Archivio | Cerca

Supplemento

(ISSN 1824-6648)

Abdelmalek Smari: il poeta della liberta'

A cura di raffaele taddeo

 

Archivio

Anno 9, Numero 36
June 2012

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links