El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Intervista per el-ghibli

raffaele taddeo

Dai tuoi scritti emerge una profonda conoscenza della cultura del mondo arabo e di quello francese. Che cosa ti ha affascinato di più della cultura italiana, di quella passata e di quella presente?

Ho cominciato a leggere e ad interessarmi alla scrittura ad un'età incredibilmente precoce! Dal giorno in cui ho imparato a decifrare le prime lettere e le prime sillabe e parole, non mi ricordo di aver mai più da allora smesso di leggere e di imitarne gli autori: scrivere. E se più tardi, all'età di 8 anni, cioè alla mia seconda elementare, ci si è introdotta anche la lingua francese, e appena acquisito il potere di decifrare i misteri delle sue lettere, sillabe e parole, il processo al servizio della mia brama (già accesa di decifrare il mondo attraverso la decifrazione dei suoi segni... umani) non ha fatto che continuare il suo percorso naturale. Così non ho smesso più, anche con questa lingua, di inghiottirne tutto ciò che mi accadeva sotto gli occhi. Alternavo questo rifornimento spirituale e di sensibilità a seconda del mio interesse del momento o dell'importanza dell'opera che ho sotto mano. Non facevo nessuna scelta “difficile o facile che sia” perché per me, l'uomo o ogni altra creatura non può avere che una lingua sola, cioè gli basta la capacità di comunicare con i simili o col mondo e non importa con quale lingua. E a questo punto avere più di una lingua per l'individuo è come averne una sola: o meglio come averne più versione di quella biologica che è la vera lingua madre. E quella culturale o meglio geografico-storica, quella che di solito chiamiamo lingua madre, non è di certo così primordiale perché rimane sempre una lingua secondaria. Quindi io mi sono trovato con questa capacità bi-frontale di comunicare e penso d'essere salvo da ogni schizofrenia o crisi d'identità. Perché tutto ciò che ho imparato è mio, è me. Così è stato anche con le altre lingue, l'inglese, lo spagnolo ed il portoghese o il tedesco in misura minore, che avevo imparato o che sto imparando. Così anche è stato per la lingua italiana. Lingua che certamente mi ha arricchito della musicalità, della spiritualità, della saggezza e della sensibilità della sua gente. Mi ha addolcito la vita e l'inserimento negli suoi usi e costumi degli italiani, originariamente ostili ed estranei per me, e mi ha altrettanto addolcito per gli italiani, io che ero pieno come loro di paure, di misteri di ostilità e di pregiudizi... mi affascinano di più gli autori che ormai non sono più solamente italiani, ma spiriti universali. Mi affascinano gli uomini che tengono all'unicità della cultura mediterranea e più in là a quella umana. Non mi piacciono quei personaggi che predicano la divisione del mondo e degli uomini in razze e culture gerarchizzandoli e presentandoli come fondamentalmente ostili gli uni agli altri. Non mi piace Petrarca che era un fautore delle Crociate ma mi piace Dante che aveva capito che l'islam era una specie de eresia, come il cristianesimo era rispetto all'ebraismo e questo rispetto al monoteismo egizio... Mi piacciono Boccaccio e Machiavelli per la loro conoscenza profonda della psicologia umana. La loro intuizione era rilevante perché questi due geni fanno leva appunto sulla unicità della razza umana. Mi piace la poesia di Leopardi che mette le parole fresche e dolci sull'incurabile ferita che è il lato tragico della nostra esistenza: la coscienza della nostra condizione e del nostro essere inesorabilmente mortali. Mi piace l'ironia di Svevo e quella di Calvino. Ammiro il genio di Gramsci, la sua ferma posizione, la sua onesta intellettuale e la sua grande forza di resistenza e di sacrificio. Mi piacciono le analisi onesti di Asor Rosa, di Massimo Fini. Mi piace molto Umberto Eco anche se stento a capirlo del tutto. Infine non mi piacciono gli autoproclamatisi esperti dell'oriente, del medio-oriente e del terzo-mondo in generale che il loro impegno è solo quello di servire l'impero del giorno e i detentori del Capitale (multinazionali, fabbricanti e mercanti d'armi e i parassiti ed opportunisti che gli tornano attorno).

La tue forme di scrittura variano molto dal romanzo, al racconto, alla critica, alla poesia. In che cosa pensi di dedicare maggiormente il tuo tempo. Che cosa pensi di dover prediligere fra queste forme letterarie?

Sinceramente sento che non ho nessuna scelta in questa arte. Quando mi passa per la mente un'idea o mi preme qualche sensazione e sento il bisogno di registrarne le tracce, intuisco subito che si tratta di una poesia, un racconto, un aforisma, una pièce teatrale, un racconto breve o lungo o un saggio. Forse dipende dalle mie letture? Forse. Ma non sono sicuro a cento per cento, perché anche le mie letture non obbediscono alla mia volontà. Quanti libri compro, ma che forse non li leggerò mai, non perché non ho tempo ma perché non trovo più di alcun interesse. L'interesse per la lettura di un argomento piuttosto che di un altro dipende esso stesso dalla stessa dinamica o meccanica che determina la mia scelta delle forme in cui scrivo. L'essenziale è che non mi sento mai in colpa nei confronti di nessuna forma. Perché penso di scrivere ciò che davvero desidero, dalla profondità delle mie viscere.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

I progetti sono ovviamente tanti, ma è il tempo e le forze che mi sono rimasti che decidono. Più di progetti, direi che sto sognando di finire il mio romanzo che ho sulla mia scrivania. Sarà pronto in autunno. Sogno anche di raccogliere altre poesie e saggi in libri e pubblicarli, o almeno vederli pubblicati finché sono ancora in vita. Mi rendo conto che è possibile che la mia vita non sia così lunga visto la precarietà della mia salute... ma non si sa mai (io spero e sogno). Sogno di scrivere ancora quattro romanzi uno politico, uno sulla condizione della donna in Algeria, uno d'amore e uno storico. Sogno anche di tradurre in arabo l'opera di un grande italiano toscano e lavorare sulla lingua araba...

Ci sono rapporti con gli intellettuali italiani, come li vivi?

In realtà sto vivendo un po' da eremita. I miei contatti sono più virtuali: letture e scambio di mail. Ma mi rendo conto che non mi è semplice capire i miei vis-à-vis, o forse sono loro che non mi capiscono, o forse è la nostra vita moderna, individualista, che ci complica l'esistenza e offusca la comunicazione. Comunque spesso mi sento solo, terribilmente solo. Ma questo non significa che non ci siano altri motivi oggettivi a questa solitudine o meglio isolamento: la politica soprattutto. La gente vede nelle guerre subite dalle nazioni deboli come volute da queste stesse nazioni! Io invece ci vedo un'aggressione dell'impero di giorno e delle potenze-satelliti. Purtroppo molti giornalisti, scrittori e cosiddetti esperti del mondo arabo, del medio-oriente o del terzo mondo non capiscono o fingono di non capire che sono al servizio degli apparati della propaganda e delle mistificazioni delle nazioni predatrici per giustificare le loro atroci aggressioni contro i deboli, i dannati della terra

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Che cosa pensi della situazione culturale italiana, europea, ed occidentale in generale. Stiamo, a tuo parere, precipitando verso un declino da cui è difficile risalire, oppure siamo ad una svolta storica rivivificatrice?

Non credo mai che nazioni che hanno biblioteche, librerie, scuole, università, giornali ed altri computer e Ipod possano decadere. Finché c'è istruzione, c'è vita. Non credo nemmeno alla morte ma neanche al solo inceppamento della letteratura italiana o quella chiamata occidentale. Io lavoro in una libreria e basta dare un'occhiata alle entrate annue per rendersi conto del grande interesse che gli italiani hanno per i libri e per gli altri strumenti dell'acquisizione del sapere e delle arti. Persino i bambini hanno i loro libri! E che cos'è il futuro di una nazione, se non è il futuro stesso dei suoi bambini? E che cos'è la qualità di questa nazione se non è la qualità stessa dei bambini che essa alleva? Nessuno nega l'importanza, condizione sine qua non, della stampa (impressione), del consumo dei libri e della loro produzione nel fondare e mantenere viva e crescere non solo una cultura ma anche una civiltà intera. Quindi finché questa dimensione spirituale funziona in questo modo e con questa efficacia in un dato paese, questo paese non declinerà, non morirà, non sarà preda a nessuna nazione predatrice...

Hai qualche opinione della cosiddetta primavera araba? Quale può essere la prospettiva che si apre.

Io penso che è un nonsenso chiamare primavera ciò che sta avvenendo in una parte del terzo-mondo, il cosiddetto mondo arabo. Secondo me o non si conosce bene che cos'è la primavera e se la insulta, o è una congiura dei servi del Capitale e dei loro scrivani per nascondere bene lo zampone delle nazioni predatrici che hanno giurato di prendere la loro rivincita e smantellare alcuni processi storici contrari ai loro interessi egoisti come quello della decolonizzazione. L'unica prospettiva che si è aperta è che il Sudan è diviso in due, la Iugoslavia in sei o sette parti, l'Iraq, l'Afghanistan, la Libia sono occupati. Il Mali si sta dividendo. La Siria è tutta sangue e fiamme (purtroppo a causa della crudele ostilità del Qatar e l'Arabia Saudita e serve dell'impero del giorno e fautrici della guerra civile siriana in corso). La prospettiva che si apre è un precedente di banalizzazione dei sistemi della ri-colonizzazione, della cultura dell'apartheid e di altri grandi sfruttamenti ancora più disumani e difficilmente riversibili. La prospettiva che si apre per questi ormai ex paesi sovrani è questa ricaduta negli inferi dell'occupazione, della miseria, della morte culturale e della morte della dignità e della giustizia. Sinceramente non ne vedo nessuna primavera che fiorisca. Non ne vedo nessuna prospettiva buona o sorridente per loro.

Infine, a tuo parere la rivista el-ghibli sta svolgendo una funzione importante. Tu sei stato critico all'inizio della sua comparsa. Deve continuare in questa strada, con questa impostazione, oppure deve rinnovarsi dopo quasi 10 anni di vita e in che modo.

Non seguo La rivista El-Ghibli in un modo sistematico, ma teoricamente, l'arte e la conoscenza hanno sempre se non necessità almeno interesse a cambiare e perfezionarsi. È la legge che la vita c'impone. La mia idea è che El Ghibli dovrebbe cercare di demolire quella orrenda costruzione (l'aggettivo immigrazione) che ne imbruttisce l'elegante proposito di trattare ciò che è rimasto di bello allo sciagurato uomo: la poesia.

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(ISSN 1824-6648)

Abdelmalek Smari: il poeta della liberta'

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 9, Numero 36
June 2012

 

 

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