La speranza di una soluzione democratica della situazione afgana ha mosso la creazione artistica della scrittrice romena nella composizione sinfonica narrativa del romanzo La città dei tulipani . La struttura non è propria di una sinfonia ma si forma con la storia di quattro donne, ciascuna con una propria vicenda che si intreccia a quella delle altre in uno spazio unitario, la città di Kabul e in esso l’ospedale diretto da Sandro, un medico che spende la propria vita per curare la sofferenza degli altri indipendentemente dalla parte politica da cui provengono, perché compito del medico è curare le ferite.
Alle storie delle quattro donne si uniscono quelle di tre uomini, di cui uno è Sandro, che appaiono più complesse, più intricate di quelle delle donne che sono segnate dalla sofferenza spesso subita a causa della violenza della guerra.
Complessità che vorrebbe segnare la differenza di genere. Sandro, pur nella sua generosità non sa poi essere capace di mantenere la fedeltà sentimentale anche se il suo innamoramento diventa un atto salvifico per la persona che amerà. Kevin, un disordinato, incostante, impreciso, inaffidabile. Daud, talebano combattente, ha speso la sua giovinezza in una continua contraddizione con la sua natura docile, delicata che sapeva assumere felicità anche soltanto dagli aquiloni.
La narrazione acquista così il ritmo di una polifonia, scandito dalle dagli eventi di una guerra crudele in un organismo sociale le cui dinamiche sono inspiegabili in un tempo come il nostro e in una società come la nostra in cui non solo l’idea, ma la pratica della libertà individuale è stata assunta come conquista definitiva e irrinunciabile.
Diventa allora non solo crudele ma inaccettabile che possa esserci ancora chi spezza la gambe ad una persona che sogna di essere una ballerina lasciando che la cosa più importante, più nascosta, più vitale di una persona, quella dei sogni, sia per sempre stroncata. La vita di per sé è già una sofferenza, se poi essa viene privata dai sogni non ha più senso perché ogni sofferenza è tollerata dalla speranza dei sogni.
Anche a Samir, piccolo bambino sono stati rubati i sogni nel momento in cui prende consapevolezza che la violenza della guerra che si è abbattuta su di lui gli impedirà di sognare.
Al romanzo, ben condotto, ben orchestrato, manca la dimensione della tragedia, che purtroppo è la costante nella vita, perché difficilmente il destino, che si è accanito contro il singolo quasi vendicandosi per il fatto stesso che quest’ultimo si sia potuto illudere, poi permette che si risolva positivamente ogni avversità. Nella realtà la tragedia annunciata si conclude con tragedia consumata.