Profumati nel vento; morbidi nell’acqua. Mossi appena dalle mani adoranti, oppure soltanto un’escrescenza, che il corpo elimina e butta fuori: i capelli, per generazioni ordinati e poi esplosi come hair, emblemi lunghi e scomposti di una pacifica rivoluzione, ne il riporto, romanzo di Adrian N. Bravi edeito da Nottetempi, rappresentano il blasone – molto poco nobile, per la verità – di un’età composta da uomini che, armati di pettine, spazzola e pazienza ha costruito sulla propria testa un illusorio esempio di bellezza e dignità.
Arduino Gherarducci, il protagonista del libro, e però presto vittima della comicità che, secondo lo scrittore – e per fortuna – rappresenta il motore del mondo. Un vero e proprio avvertimento del contrario pirandelliano che ci fa ridere per tutte le buffe cadute altrui e che prima delle riflessioni e del sentimento blocca l’immagine della perduta elevatezza della figura umana nel crollo e nel ridicolo che desta ilarità. Una comicità aq cui nessuno sfugge e che si presenta divertente e piacevole ma anche profondamente irriverente. Non serve rasarsi la testa a zero, non serve neppure un riporto regale, con la frangetta, come quella di Giulio Cesare. E alla fine è inutile persino fuggire verso regioni lontane come la Lapponia – di fatto irrangiungibili – per cercare luoghi in cui non esista la memoria della nostra vita che avremmo voluto almeno semplice e serena; ma che abbiamo invece visto evolversi perdendo ogni immagine di sicurezza. Più vicino di quanto possiamo credere, in luoghi ventosi, iun cui i nostri capelli verrano scompigliati, il nostro piccolo e insufficiente cranio, con tutto ciò che di altrettanto insufficiente contiene, verrà mostrato.
Essere spettinati, perciò disordinatio dentro, è il rischio che corriamo sempre. I capelli sono quello che sono. Un simbolo, un eccesso oppure una mancanza. Una parte di noi, come tutto il resto: presente di fatto o nel ricordo. Anche quando rischiano di diventare miracolosi, anche quando basta soltanto toccarli per guarire da un male presupposto. Come fosse una pranoterapia – in questo caso l’arte magica di calvo mante – che ovviamente fa soprattutto ridere. E, tra noi e noi, ci fa domandare: ma quanti capelli avrà l’autore.
Lucilla Noviello il messaggero 13-01-2011