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Duro ritorno a casa dopo la sporca guerra

Michele De Mieri

Duro ritorno a casa dopo la sporca guerra

Adorno legge Plotino, ma solo il secondo è il filosofo egiziano che insegnò a Roma, l’autore delle Enneadi, mentre il primo non è il francofortese dei Minima Moralia bensì Alberto Adorno, un giovanissimo argentino, meglio ancora un porteño (un abitante dell’area di Buenos Aires) di origini italiane, alle prese con i postumi di ogni tipo per la partecipazione, sia pure di poche settimane, alla “sporca guerra” come fu subito chiamato quel surreale ultimo conflitto tra nazioni occidentali che contrappose, tra l’aprile e il giugn o 1982, il regime sanguinario dei generali argentini all’Inghilterra che cominciava ad avvertire i primi affetti della cura della lady di ferro Margaret Thatcher. Sud 1982 è il racconto straniato eppure realissimo di come una generazione già duramente provata dalla lunga repressione e dai migliaia di desaparecidos visse la sventura nazionalistica per il possesso rivendicato delle isole Malvine, Falkland per i britannici. Immagina modelli e situazioni culturali argentine ma scrive in un perfetto italiano il quarantacinquenne Adrian N. Bravi, che dopo aver esordito nella sua lingua madre è giunto, in quattro anni, alla terza prova in italiano: Restituiscimi il cappotto (Fernandel) e La pelusa (Nottetempo). Parte dalla caserma il viaggio speculativo di Alberto Adorno, metafora di tutto un paese ridotto a vivere come una gigantesca totalizzante caserma estesa dalle Ande alla Patagonia, ad avere paura di una frase detta in un caffè o su un autobus. La guerra, quando comincia Sud 1982, è finita, Alberto è impegnato in quello che lui chiama “il mio processo di smalvinizzazione”, tra emicranie da racconto cortazariano e incubi del fronte che irrompono durante il sonno, il giovane si aggira per una Buenos Aires spettrale, che di tutto per non vedere le ex reclute cacciate dalle gelide e brulle isole dell’Atlantico meridionale da un nemico distante e tecnologicamente superiore, un nemico che si palesa all’improvviso con lo stridore dei suoi cacciabombardieri ma che è temuto dai giovani argentini anche per i terribili gurka, le truppe nepalesi. Le lunghe bevute notturne e i tragitti per la città conducono le riflessioni del protagonista di nuovo a quei mesi trascorsi in divisa e a “una guerra coi baffi neri decisa da un gruppo di alcolizzati”, perfetta foto di gruppo della giunta Galtieri e soci.
Adrián N. Bravi sa troppo bene che non può – e non vuole – più scrivere per denunciare la politica dei generali né soffermarsi troppo sulla tragedia dei tanti giovani scomparsi (c’è solo un momento in cui il protagonista passa vicino alla Plaza de Mayo dove le madri reclamano notizie sui loro figli), a lui interessa un approccio più laterale, solo a prima vista meno militante, vuole raccontare un diciannovenne che finisce dentro l’assurdo di una guerra senza senso, un ragazzo che non sa bene cosa vorrà fare da grande, un lettore curioso che si immerge in Plotino ma anche in tutti grandi autori della tradizione argentina, primo fra tutti Cortázar, maestro dei mondi paralleli e tessitore di uno spirito argentino, cosmopolita e porteño insieme, non piegato da nessuna giunta militare né dal populismo peronista di ieri e di oggi. In Sud 1982 passa tutta una generazione fermata da Bravi in alcuni veloci ritratti: Dal negro Pelè, sommo di sfortuna nell’epoca già marcata dal genio non solo calcistico di Maradona, a Fernando Huidombre finito in manicomio perseguitato dagli incubi del fronte, fino a Francisca, fidanzato di Alberta che lo lascerà perché dopo la guerra lo “vede un po’ strano”.
Alberto attraversa la breve guerra, la prigionia e il ritorno a casa con in tasca il libretto di poesie dell’amico Carlitos, quello che gli farà dire: “Sentire, io credo che il realismo in senso stretto non esista, è solo un artificio. Un gioco di fantasmi. Lo dice spesso un mio amico poeta”. Si chiudono molte porte, molte possibilità, nella giovane vita di Alberto, segnata da quel supremo, terribile e surreale spaesamento che è la guerra in nome di una manciata di isole spazzate dal vento e abitate da pecore più che da uomini. Si dice addio a molti amici – molti si suicidano – alla famiglia, alla fidanzata che ti chiude in faccia con la porta anche un’ipotesi di vita immaginata e si parte, per provare forse, come Plotino, ad aspirare all’immaterialità, perché in quel caso “forse – pensa Adorno – alcune cose non sarebbero andate meglio”. Sud 1982 è un racconto perfetto del grottesco che nella vita prende il sopravvento anche di fronte alle situazioni più serie e tragiche e Adrián N. Bravi – che il bibliotecario a Macerata – è così sorprendentemente maturo da sperare che si cimenti presto in storie più italiane.

Michele De Mieri - Unità 11-08-2008

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(ISSN 1824-6648)

Adrian Bravi: l'antieroe

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 8, Numero 32
June 2011

 

 

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