Jorge Luis Borges. Funes “el memorioso” non può dimenticare nulla, la sua mente vive assalita di una
moltitudine sterminata di ricordi. Funes ricorda ogni singola foglia dell’albero, distingue tra i vari stadi della vita
del bicchiere, non sopporta ricordarsi di tutti gli acini dei grappoli di uva. Insomma per Funes non esiste la
pace, le sue memorie non passano per alcun crivello: moltiplicandosi lo stordiscono. Ancora una volta la
dimenticanza è presentata come rifugio per l’anima che cerca la pace interiore.
Proprio sulla virtù dell’oblio ci parla il romanzo “Sud 1982” (Nottetempo editore, 2008), di Adrián Bravi,
presentato ieri sera, 9 luglio, al Padiglione delle Nazioni di Latinoamericando Expo. Adrián è uno scrittore
argentino originario di Buenos Aires. Trasferitosi in Italia da più di vent’anni, vive a Recanati dove lavora come
bibliotecario. Nel 1999 pubblicò in spagnolo “Río Sauce”, nel suo paese, e qualche anno dopo esordì in Italia, e
in italiano, con il romanzo “Restituiscimi il cappotto”.
La trama dell’opera presentata ieri è ambientata nell’Argentina del 1982, ai tempi della guerra scatenatasi tra
essa e l’Inghilterra, che si contendevano la sovranità delle isole Malvine. Proprio le nazioni che videro i natali
degli scrittori che avevano inneggiato l’oblio!
Era un’epoca di crisi nel paese sudamericano, governato
allora da una giunta militare e oppresso da un malessere
diffuso tra i cittadini. Una generazione di giovani fu
richiamata alle armi nella speranza che il sentimento
patriottico e una facile guerra lampo riuscissero a
“ricompattare la nazione”, come si legge nel resoconto
sulla quarta di copertina del volume. Adrián racconta in
“Sud 1982” (vincitore del premio Popoli in Cammino) una
storia struggente attraverso lo sguardo di un giovane che
era stato arruolato per il combattimento. Ria fu la sorte
dell’Argentina!
Durante la presentazione del volume, a cui hanno
partecipato anche dei membri del corpo diplomatico
dell’ambasciata dell’Argentina, che celebrava la propria
festa nazionale, lo scrittore confessò che la trama fosse scaturita dal resoconto di un suo amico, allora un
diciottenne che aveva passato una ventina di giorni in trincea. La cronaca dell’amico è la fonte da cui attinge il
ricordo di quel soldato letterario che, conclusasi la guerra, torna alla vita normale che non è più normale. Vive
“malvinizzato” (un verbo ideato apposta dall’autore per rendere l’idea della sindrome traumatica del
sopravvissuto) e vuole appunto scrollarsi di dosso i foschi ricordi del campo di guerra.
Bravi, evocando quell’epoca nefasta, ha raccontato che i soldati argentini tornavano a casa di notte per non
farsi vedere. Con il passare del tempo hanno iniziato a incontrarsi tra di loro e perfino è stato loro accordato un
indennizzo statale. I combattenti volevano scordare, ma per scordare avevano bisogno di ricordare le
esperienze prima di seppellirle, ma la società non aveva orecchie per udire la voce querula degli sventurati. “Per
dimenticare il passato, prima ci vuole un monumento che lo ricordi”, dice uno dei personaggi del romanzo di
Bravi.
Gabriel Valle - 10 luglio 2009