L’uomo che temeva l’”infinito” di polvere
Sic est. Così è. E' inutile girarci intorno, chiamare le cose con altro nome, stirarsi le zampe di gallina agli angoli degli occhi o an- dare tutti in pellegrinaggio alla piscina di Cocoon. Falce ben affillata e mantello nero di ordinanza, la monte è lì che aspetta col suo futuro di impercettibili microrganismi pronti a banchettare su quel che resta delle nostre velleità e dei nostri inganni riducendoli in polvere. Già, la polvere. Fastidiosamente onnipresente a ricordarci da dove veniamo e dove finiremo: "Memento homo quia pulvis es et in pulverem reverteris", recita la Genesi. Sembra quasi una corgiura! Un quotidiano attentato alla nostra integrità mentale che si traduce, per qualcuno, nella "amatofobia", la paura della polvere.
E malato di amatofobia è Anselmo Del Vescovo, protagonista "senza qualità" (per rifarci al personaggio di Musil che Anselmo ricorda molto) di La pelusa l'ultimo romanzo, edi- to da Nottetempo, dello scrittore argentino Adrian N. Bravi. Da una ventina d'anni in Italia precisamente a Recanati, Bravi si occupa della ca-talogazione del libro antico all'Università di Macerate, proprio come il suo fobico Anselmo, che di professione fa il bibliotecario in quel di Catinari (anagramma con una "i" di troppo del natio borgo leo- pardiano).
Volumi e schedari sono però per Anselmo solo una irritante perdita di tempo per quella che invece è la sua occupazione- ne preferiva: combattere l''impalpabile eppure odioso pulviscolo che si deposita su oggetti e persone e che tutto am-manta di finitezza e temporaneità. Rendere finito l'infinito, ' è questo il compito della "pelusa (la polvere lanuginosa), tanto che in una delle numerose mail che il bibliotecario si ostina a inviare all'indirizzo ) inesistente di un suo fantomatico amico, e che per forza di cosa vengono rispedite al mittente scrive: "L'infinito che ha martoriato tante teste, è la polvere mica altro”.
Isolato nella sua condizione quasi snobistica di stratega , della guerra alla polvere, il protagonista ad un cento punto si sdoppia in un alter ego dai forti tratti borgesiani che, guarda caso si chiama proprio ! Adrian Bravi come l'autore. E' qui che si palesa la vena fortemente visionaria e immaginifica dello scrittore che attinge a piene mani alla letteratura sudamericana, dove il sogno non ha confini e condivide con la realtà luoghi e sentimenti. Il tutto reso con un linguaggio meticolosamente tecnico e ossessivamente scandito dalle azioni ripetute all'infinito del suo protagonista che finirà per perdersi dietro l'effimera ricerca della motivazione filosofica del “nulla eterno”.
Serrato nella narrazione e convincente nell'ambientazione, tanto da sembrare a tratti claustrofobico, il romanzo di Adrian Bravi è la lotta per la sopravvivenza di un antieroe destinato per genetica predisposizione, a soccombere sotto il manto, infine rassicurante, dell'ultimo granello di polvere.
Maria Grazia Rongo - la gazzetta del mezzogiorno -20-03-2007