Anselmo del Vescovo, bibliotecario di Catinari,
monotona cittadina di provincia, (anagramma di quella
Recanati dove vive e lavora Bravi), ha un'ossessione
con cui riempie le proprie giornate: quella per la polvere,
anzi per la pelusa, la lanugine che si forma sulla buccia
delle pesche, sotto i letti, quella che al primo alito di
vento svolazza da tutte le parti e sembra stendersi su
ogni cosa come un velo. Anselmo non sopporta la vista
di quelle infinite particelle pulviscolari e ingaggia contro
la pelusa una lotta senza speranza: trascorre il tempo
libero a pulire la casa e a pulirsi.
Come la pelusa sembra continuamente spostarsi,
così anche la vita di Anselmo è un fluttuare senza
pace. Rinchiuso in un ufficio a catalogare libri antichi
dei quali vede solo i frontespizi, un giorno decide che
vuole saperne di più, informarsi sulla storia del libro.
Ordina manuali, inizia a leggerli, ma si stanca presto,
abbandona l'impresa. La stessa difficoltà la vive nelle
relazioni umane, con la moglie in particolare il rapporto
è inesistente, la osserva ogni giorno sempre più triste
rifugiarsi nella vodka, ma tutto quello che riesce a dirle
è di pulire meglio sotto il letto. L'unica persona con cui
riesce ad aprirsi è un vecchio amico a cui scrive delle
email che puntualmente gli tornano indietro con l'indicazione
che !'indirizzo è errato.
In questo circolo chiuso si apre un giorno una piccola
frattura, un'epifania. In biblioteca compare uno
strano personaggio che, al pari dell'autore, dice di chiamarsi
Adrian Bravi, di essere argentino, e mostra di
condividere con Anselmo la stessa battaglia contro la
polvere, o pelusa come la chiama lui. Di Adrian si perdono
subito le tracce, ma da quel rapido incontro
Anselmo sembra vivere in funzione della sua assenza:
la sua ossessione si accentua, giunge a un punto di
non ritomo.
Dopo l'ottimo esordio con Restituiscimi il cappotto
(Fernandel, 2004) l'italo-argentino Adrian N. Bravi torna
con questo romanzo enigmatico e ironico, nelle cui
pagine risuona l'eco sudamericana di Cortazar e
Borges, ma anche dello spagnolo Unamuno. Da dove
nasce la fissazione di Anselmo? La sua incapacità di
vivere, di relazionarsi col mondo? Bravi non lo dice,
lascia che sia il lettore a sciogliere come meglio crede il
piano metaforico dell'opera, un piano oscillante, leggero,
che sfugge proprio quando crediamo di averlo
afferrato, come la pelusa.
Michele Barbolini
Fernandel.it