In questa rubrica, recensisco pochi romanzi. Perché li amo poco. Concordo con quanto
diceva Pessoa: “Il romanzo è la favola delle fate per chi non ha immaginazione”. E Giorgio
Manganelli: “Basta che un libro sia un ‘romanzo’ per assumere un connotato losco”.
Molti lettori (non tutti, s’intende) di quel genere letterario sembrano, infatti, così privi di fantasia
da chiederla in prestito ad altri.
Comunque, mi piaccia o no, i romanzi esistono, talvolta sono anche belli, e per lavoro me ne
occupo (sigh!) da molti anni.
La casa editrice nottetempo, per esempio, ha un fiuto eccezionale nel pescare buona narrativa.
E’ il caso di una sua recente pubblicazione: La pelusa, di Adrián N. Bravi, scrittore argentino
che vive in Italia e scrive in italiano. Nel 1999 ha pubblicato Río Sauce, poi il debutto in Italia,
e in italiano, nel 2004, con Restituiscimi il cappotto edito da Fernandel.
La pelusa è la storia di un’ossessione, quella che ha il protagonista, il bibliotecario Anselmo Del
Vescovo, per la polvere, peggio ancora se si presenta come lanugine, pelusa appunto.
Anselmo ha una moglie alcolizzata (e va capìta, chi non lo sarebbe con un marito così!) che si
sforza invano d’assecondare il coniuge in quella sua manìa di pulizia che va oltre l’igiene,
sconfina nelle inquiete praterie di una ragionata follia.
La caccia allo sporco diventa per Anselmo attacco e difesa, elabora tattiche esplorative e
strategie pulenti soprattutto nel suo territorio domestico, perché fuori, in ufficio o per strada, la
polvere, pur malsopportandola, non gli arreca lo stesso atroce disagio.
La cosa si presta a fatali riflessioni psicoanalitiche, ma me n’asterrò per due motivi: il primo è
che non credo sia la chiave migliore per capire il libro di Bravi, il secondo per non imbattermi in
una cosa che amo poco quanto i romanzi, cioè la psicoanalisi; le preferisco gli psicofarmaci.
La descrizione di quanto accade e fa il protagonista dà gran godimento di lettura, una scrittura
veramente straordinaria, sembra quasi il racconto di un fratello entomologo di un insetto. Poi
accade che un giorno ad Anselmo si presenti un altro che si chiama Adrián Bravi, proprio come
l’autore del libro, e ha la stessa avversione per la polvere. Qui, pur trovandoci di fronte ad una
sempre fascinosa macchina narrativa (l’incontro col Doppio) a me è sembrato che le pagine
perdano qualche colpo, diventino cioè pericolosamente romanzate.
Ma ve l’ho già detto, non fidatevi di me, non amo il genere.
Eppure prima di quel coup de théâtre (che piacerà a moltissimi lettori, quanti ne auguro a Bravi)
che pagine strepitose!
Come va a finire?
Anselmo – rifacendoci alle locuzioni popolari – morderà la polvere?... mangerà la polvere?... si
ridurrà in polvere?
Non ve lo dico. Non vorrei attirarmi, svelando il finale, le ire delle edizioni nottetempo. Sento già
odor di polvere, e non mi conviene dar fuoco alle polveri.
Del resto, le librerie stanno lì per questo. Per acquistare i libri. E questo è un libro che vale un
passaggio alla cassa di quei negozi.
Armando Adolgiso 15-02-2007