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restituiscimi il cappotto

Luca tassinari

Restituiscimi il cappotto è la seconda uscita della collana LDM (libri di merda) dell'editore Fernandel. Una collana rivoluzionaria, come già dissi in occasione dell'uscita inaugurale, perché immune alle recensioni. Per recensire un libro di merda, infatti, occorre dichiararsi a priori recensori di merda, e si capisce che non tutti i bei nomi della recensionistica nazionale hanno il coraggio o la possibilità materiale di compiere questo passo così necessario.
Prendiamo un noto recesore a caso, chessò, D'Orrico, e supponiamo per assurdo che dopo attenta ponderazione egli decida di recensire Restituiscimi il cappotto, uscito nella collana Libri di merda. Ne nascerebbe subito un parapiglia inimmaginabile: colleghi di rango lo accuserebbero di aver macchiato di merda il buon nome della categoria; scrittori livorosi non gli perdonerebbero di aver preferito un libro di merda ai loro capolavori; e infine, somma catastrofe, gli editori delle riviste e dei giornali per i quali abitualmente scrive lo caccerebbero in malo modo, al grido di «recensori di merda qui non ne vogliamo». Va da sé che sarebbe quasi disumano chiedere a D'Orrico un sacrificio così grande, e infatti nessuno glielo chiede, anche in considerazione del fatto che, nella specifica occasione, D'Orrico non potrebbe nemmeno togliersi la soddisfazione di gridare che «Adrian Bravi è il più grande scrittore italiano vivente», dato che Adrian Bravi è argentino, mica italiano.
Restituiscimi il cappotto è il racconto eponimo del libro, che ne contiene due. L'altro si intitola Un orizzonte lontano, ed è la storia di due desperados argentini che rapiscono un lottatore di sumo, giapponese e cieco, per consegnarlo a un colonnello nazista che fa collezione di fenomeni da esibire nel suo circo ambulante. I due scopriranno a loro spese che fidarsi della trama di un racconto è una colossale sciocchezza.
Il racconto eponimo, dicevo, appartiene alla categoria dei racconti compiuti ma che non finiscono, sul tipo di Gordon Pym, per capirsi, tanto compiuto che solo a un elefante privo di sensibilità letteraria come Verne poteva venire in mente di scriverne il seguito. Anche restituiscimi il cappotto, come Gordon Pym, finisce in dissolvenza, rifiutando una conclusione che necessariamente deve restare appannaggio del lettore. Ma mentre Gordon Pym finisce in vista del significato ultimo (e nascosto) delle cose - lasciando intendere che un significato ultimo, qualunque esso sia, da qualche parte c'è - Restituiscimi il cappotto sfuma sull'ipotesi che il senso della vita sia così ben celato agli occhi dei mortali per il semplice motivo che non esiste.
La trama del racconto è così labile che mi chiedo se serva davvero riportarla qui, ma tutto sommato anche un recensore di merda ha la sua dignità, per la miseria, e non si può recensire un libro senza mai dire di cosa parla (almeno credo). Una bella mattina d'inverno, dunque, il protagonista narratore decide di suicidarsi. Prima di dar corso al progetto, però, si concede un'ultima bevuta con la compagnia dei "mal vestiti", un tipo umano di periferia, dedito allo spreco di tempo e all'alcolismo. Un frequentatore abusivo della congrega - un rappresentante di cosmetici laccato come il suo campionario e come la sua auto blu-metallizzato - beve alla salute e a spese dell'aspirante suicida, per poi svignarsela col suo cappotto. Sospeso per il momento il progetto di levarsi dal mondo, il protagonista si chiude in casa e scrive per mesi al ladro del cappotto, chiedendogli in tutti i modi di restituirglielo, con preghiere, tentativi di patteggiamento, invettive, accuse, minacce. Il recupero del cappotto diventa a un tempo nuova ragione di vita per il protagonista e sorgente del racconto, nonché occasione di riflessione filosofica sul senso della vita (e della morte), sulle relazioni fra gli uomini (ladri e derubati) e sulla scrittura.
Il testo di Bravi, pur senza scadere nel didascalismo, è di quelli che inducono pause di riflessione nel lettore, e una scrittura narrativa che riesce a far questo senza trasformarsi in "lezione di vita" è fortemente indiziata di essere autentica letteratura. Adrian Bravi, d'altronde, presenta credenziali letterarie di spicco: mette una frase di Montaigne in esergo, per dire, e non si perita di inserire nella sua prosa svelta e pulita citazioni di Caproni o di Baudelaire (dichiarate con divertita civetteria in una nota fuori testo). Per non farla troppo lunga lascio la parola al Bravi medesimo, riportando un brano che mi è rimasto particolarmente impresso: una tranquilla confessione dell'impotenza delle parole a capire il mondo.
«Non ero mai riuscito a comprendere il rapporto fra le strade e i loro nomi. Da ragazzino percorrevo il paese nel tentativo di far coincidere i vicoli o le piazze con i nomi che gli avevano dato. Cercavo d'immaginare le ragioni che avevano indotto ad attribuire quel nome a quella particolare strada. Non potevo pensare che le parole fossero oggetti inanimati pronte a essere appiccicate a una cosa e tanto meno se quella cosa era una strada o una piazza. Per me, un incrocio stradale era anche un incrocio di nomi, e forse di vite lontane nel tempo l'una dall'altra, ma non riuscivo a capire il senso di quell'incontro, e ogni tentativo era inutile. Chissà se tu da ragazzo eri approdato a migliori risultati. Oggi è un altro giorno. Continuo a scrivere, a buttare giù delle parole, e ogni volta, quando rileggo quello che ho scritto il giorno prima, mi chiedo se avrei dovuto dirlo in un altro modo o non avrei dovuto dirlo affatto, visto che non ricevo nessuna risposta. Il tempo banalizza ogni cosa e le parole, alla fine, si condannano da sole alla nullità. È la loro natura. E mi chiedo: io, che da un mese sono barricato in casa, per chi diamine scrivo? Per me? Per te? Scrivo forse ciò che un giorno vorrei dimenticare? Il mondo dice tutto ma non risponde mai. Solo una scrittura condannata alla cecità potrebbe darmi una risposta.» A parte le ricadute filosofiche, comunque, Restituiscimi il cappotto è un libro divertente e ben scritto, consigliabilissimo anche come lettura d'evasione, nel caso la voglia o il tempo di pensare dovessero scarseggiare. Lo consiglio, dunque, e resto in spasmodica attesa della prossima uscita della collana Libri di merda, alla quale continuo ad augurare magnifiche sorti e strepitoso successo.

Altre opzioni 21 Ago 2004,

Luca Tassinari

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Supplemento

(ISSN 1824-6648)

Adrian Bravi: l'antieroe

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 8, Numero 32
June 2011

 

 

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