Fenomeni letterari: lo straordinario itinerario di un detenuto che si è scoperto scrittore.
Buzzati è rinato ad Aleppo
Si chiama Yousef Wakkas, è nato in Siria ma è scrittore in italiano. Questa estate ha vinto il premio letterario Eks & Tra. I suoi libri raccolgono l’ammirazione dei critici. Chissà se tra dieci anni sarà il primo di tanti stranieri a trionfare sulle nostre antologie.
La prima volta è successo nel 1982, chiuso in una camera d’albergo, nel porto del Pireo, si lancia all’assalto del vocabolario inglese – italiano per poter scrivere una struggente lettera d’amore a Teresa. Dopo ripetuti e vani tentativi, la lettera finisce nel cestino e il bagaglio con l’indirizzo di Teresa viene abbandonato nella stanza di albergo che Yousef deve improvvisamente lasciare per sfuggire alla polizia. La seconda volta invece, accade in un carcere di massima sicurezza italiano quando, seppure in regime di isolamento, viene a sapere dalla televisione che l’associazione culturale Eks & Tra ha indetto un bando di concorso per scrittori stranieri in lingua italiana. Consultando il vocabolario italiano, traduce parola per parola la profetica storia di “Io marokkino con due kappa”, racconto graffiante di uno straniero che cerca di entrare in Italia clandestinamente e invece viene scaricato a Lagos, con la complicità dell’ufficio stranieri di un improbabile agenzia viaggi.
E così nasce la stella di Yousef Wakkas, autore siriano di racconti in lingua italiana, oggi quarantatreenni recluso nel carcere di Busto Arsizio con una condanna a 12 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti. La sua stella lo porta dritto a prendere il premio speciale per la giuria Eks & Tra nel 1995 e nel luglio ’98 a vincere di nuovo il bando di concorso con “ Shumadija kvartet”( quartetto del bosco) pubblicato nell’antologia “ Destini sospesi di volti in cammino” a cura della casa editrice FARA, fautore dell’originale esperimento sulla narrativa straniera in lingua italiana. Infine riceve una medaglia al valore culturale dal Presidente della repubblica. Nella sala colloquio del carcere di Busto Arsizio, sotto gli occhi insidiosi di un poliziotto penitenziario che controllare il significato di ogni sua parola, racconta con candore disarmante ciò che è stato e ciò che vorrebbe essere: un grande scrittore. Occhiali grandi, libri e documenti sotto il braccio, un’aria d’insegnante universitario costretto suo malgrado alla guerra, dice: “ il mio primo autore di letteratura italiana è stato Moravia, la figura storica più amata, Giordano Bruno, il più grande, “Il deserto dei tartari” di Dino Buzzati, una storia di strabiliante fantasia che racconta un nemico che non c’è”. Il suo amore per l’italianità inizia sui banchi di scuola, poi all’università, ad Aleppo. Ma il racconto migliore è forse quello che non ha ancora scritto, quello della sua vita. Una sorta strana che dalla Siria lo porta alla guerra del Libano “ dove uccidevano i nostri fratelli e morivano a poco a poco senza capire il perché”. “ sì, ma non è autobiografico “ precisa Yousef. “ Mi sono immaginato un personaggio, ho avuto con lui un lungo dialogo inventato finché l’ho messo su carta. Il mio primo racconto nasce per caso, quando in carcere ho visto una trasmissione sugli immigrati e mi ha stupito la capacità con cui gli italiani riuscivano a banalizzare la questione immigrazione. Era il luglio 1995, il mio morale era a pezzi e ce l’avevo persino con la mia ombra. Sentii parlare del concorso letterario per stranieri e mi misi subito al lavoro, un lavoro difficile visto che dell’italiano avevo preso in prestito solo alcune parole. Mi venne in mente una battuta di un compagno sardo che una volta mi disse: “ io quando parlo italiano, penso in sardo”, e così pensai anch’io il racconto in arabo e lo tradussi, parola per parola.. e’ stato difficile a causa della diversità espressiva. Ho dovuto imparare a scrivere da sinistra a destra. Da noi il mattino ha una bocca e la notte assomiglia a dei capelli folti e neri del primo amore. Come vedi, è tutto è così diverso. Quando seppi di avere vinto il premio, capii di avere una nuova identità”. Del resto, l’identità l’ha cambiata più volte, Yousef, anche quando arrivò in Italia cinque anni fa e, per sfuggire alla miseria, diventò un corriere di droga, cambiò identità. Con un nuovo passaporto.
“ sapevo di giocare con il destino e che prima o poi lui mi avrebbe aspettato in fondo ad una cella di sicurezza. Poi sono successe tante cose e ho sofferto tanto. Forse dopo, quando sarò fuori di qui, allora racconterò la mia verità. Per il momento preferisco usare la tecnica dell’immedesimazione. I racconti che sto scrivendo adesso parlano di stranieri in carcere. La raccolta si chiamerà Fogli sbarrati. Per anni ho vissuto in modo schizofrenico: da una parte c’era la mia cultura, dall’altra la costrizione a dimenticarmi chi ero e da dove venivo per indossare i panni del clandestino”. Ogni volta che riuscivo a fare qualche passo avanti, una forza più grande di me mi prendeva per i capelli e mi riportava indietro. Oggi con la mia nuova identità di scrittore-detenuto evado mentalmente. In Fogli sbarrati, racconterò i meccanismi strani che ci sono in carcere, qui dove fanno le stecche con le croci che segnano le giornate trascorse e le diagonali che segnano una settimana. Scriverò anche il diario di un drogato, di uno che è obbligato a essere per sempre un outsider, come me”. In Fogli sbarrati Yousef Wakkas scrive: “ … in carcere essere iracondo porta male; la giornata perde il suo fascino costruito pezzo per pezzo con l’impegno congiunto di fantasia e allucinazione. Fra le idee più strane che cominciano a frullarti nella testa, c’è quella di prendere a calci e pugni il primo che passa. Cosa che, per legge, è inammissibile perché i viandanti indossano una divisa protetta e hanno il manganello facile! Però si può sempre stuzzicarli con eleganza, fingendo di essere un tifoso del Milan quando gioca con il Napoli o la nazionale sarda. Questo mondo perverso appare molto malvagio all’esterno, ma all’interno lo spettacolo è molto attraente. A volte, come d’incanto, fioriscono persino le reliquie di sentimenti fuggite alle miracolose perquisizione e gli istinti selvaggi afferrano avidamente insegnamenti e valori che glorificano la libertà stessa. Difatti, non di rado si vedono detenuti che di colpo si chiedono:chi sono io?”:
ora Yousef si prepara per andare al nuovo appuntamento che gli ha dato il destino. E come nel film Sliding doors, del regista inglese Peter Howitt, Yousef ha premuto il tasto, rewind per tornare indietro e cambiare rotta, incamminandosi verso il giorno del suo riscatto. Perciò dice di sé:” me lo sento, prima o poi diventerò un grande scrittore, ma per il momento mi accontento di sapere che qualcuno si senta più libero attraverso le mie parole”.