El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

intervista per el-ghibli

raffaele taddeo

Ti sei scoperto scrittore quando eri un recluso e dopo aver vinto il premio del concorso Exs&Tra nel lontano 1995. Come e quando hai imparato la lingua italiana? Quali difficoltà hai avuto nell'apprenderla?

Il mio primo approccio con la lingua italiana risale all'inizio degli anni ottantanta, quando facevo l'intermediario ed altri lavori saltuari. All'epoca, attratto forse da cio' che rppresentava la cultura italiana e spinto dalla necessita' di comunicare con la gente che incontravo tutti i giorni alla Fiera di Milano o nelle fabbriche di ceramiche a Sassuolo, compravo il Corriere della Sera e lo leggevo interamente, compreso le pubblicita'. E a dire il vero, oltre alle ragazze che frequentavo, questo metodo mi ha aiutato moltissimo ad imparare e a capire le nozioni fondamentali della lingua italiana, ma soprattutto ero diventato un appassionato della famosa terza pagina, dove scrivevano autori italiani di grande fama come Claudio Magris. Poi, il periodo che ho passato nei quartieri di Giambellino e Quarto Oggiaro, mi ha aperto un nuovo orizzonte nell'apprendimento, cioè l'approfondimento dei vari dialetti che parlava la gente che abitava in questi quartieri, dal napoletano, al calabrese al siciliano. Quest'esperienza, a volte, mi dava la sensazione di vivere l'Italia pre-uinione, quando ogni regione parlava il proprio dialetto e si costituiva un regno o una regione indipendente. La difficoltà poi si è fatta più viva quando mi sono messo a scrivere, impattando con le regole grammaticali e le etimologie. Difatti, confondevo i tempi, sbagliavo le congiunzioni e spesso anche le espressioni. E solo a questo punto che ho preso l'impegno di studiare la grammatica italiana, chiedendo il parere un po' ai miei compagni di sfortuna, che spesso erano negati a questo tipo di studi, e un po' alle assistenti sociali. E ovviamente, nello stesso tempo, ho intensificato anche la letture, ma questo volta con molta attenzione, consultando il vocabolario quando vi erano parole o termini incomprensibili. E forse quest'abitudine mi ha aiutato più di tutto, perche' mi ha fatto conoscere le radici delle parole e mi ha offerto esempi su come usarle (figurativo, letterario, participio passato, suffisso ecc.). Poi, e questo è il merito di un gran lavoro da parte degli studiosi di lingua, il vocabolario conteneva tavole di nomenclatura che spiegava tutti gli stati figurativi e proverbiali dei cinque sensi, del clima, della casa, della viabilità e via dicendo. Tutti questi elementi, all'insieme, hanno completato il mosaico di un quadro complesso ma anche piacevole che noi chiamiamo semplicemente "L'apprendimento di una nuova lingua". In realtà è un processo che va oltre la grammatica e le parole, perche' con esse, senza che ci si accorge, s'apprende anche una nuova cultura e un nuovo metodo di vita.

La tua scrittura è segnata in qualche modo dalla tua esperienza di recluso. Ora che ne sei fuori, intanto, continui a scrivere? Poi, la tua scrittura ha subito cambiamenti? Le tematiche stanno mutando?

La mia scrittura è dovuta soprattutto alla mia esperienza di recluso, ma anche al fatto di voler fare sentire la voce di questa gente all'esterno di quelle terribili mure. Poi, cioè, una volta finita quella fase, la mia scrittura ha subito dei cambiamenti, però non so definirne la gradualità, anche se, ho la sensazione quasi certa che non ho scritto ancora quello che riflette veramente i miei pensieri. Le faccende della vita hanno inciso molto sul mio andamento letterario, nel senso che, finora, pratico la scrittura come hobby, nei momenti e nei luoghi più disparati. Ora, quell'esperienza è rimasta alle spalle da un bel po', ma ne conserva tante tracce che, a volte, spuntano involontariamente qua e là nei miei scritti. Tuttavia, le tematiche non stanno solo mutando, ma sono mutati gli aspetti diversi della vita generale della nostra umanità, e non solo quello che riguarda un popolo, perché in fin dei conti, si tratta di una razza unica di umanità, con diverse sfumature e diversi punti di vista. E ' ovvio che non si può applicare un concetto del genere in poco tempo, ma si tenta, e la letteratura in questo senso, ha giocato sempre un ruolo di prima linea.

Un aspetto particolare presente nei tuoi testi è quello della forma onirica. Ha essa una qualche relazione con la tua esperienza di vita, oppure è una modalità di scrittura che hai scoperto man mano che la confidenza con la penna si faceva più intensa?

La forma onirica rappresenta un modo assai particolare per definire o spiegare uno stato difficile della psicologia umana. Certamente non sono il primo scrittore a scoprirlo, e credo che uno dei massimi che ha usato questa tecnica è il grande scrittore argentino Jorje Louis Gorges di cui avevo letto alcuni racconti in carcere. D'altro canto, la forma onirica ti da' la libertà assoluta di andare oltre, e fin troppo oltre ogni dimensione conosciuta, perche è incompatibile con qualsiasi barriera. Non so dire se questa forma ha qualche relazione con la mia esperienza di vita, ma forse certi aspetti, come i racconti di Shahrazâd, onirici in gran parte e simbolici, hanno influenzato il mio modo di scrivere e di raccontare. Poi, personalmente, trovo il mondo onirico molto affascinante, con i suoi sentieri inifiniti e i suoi concetti che non mettono mai limite alle tue ambizioni. E' un posto, l'unico posto, dove riesci ad esprimere la tua pazzia in piena libertà!

Hai arricchito la tua formazione, che è pregnante nelle figure e nelle metafore di cultura mediorientale, con cultura e letteratura italiana?

Si, moltissimo. E' vero che, prima di venire in Italia, avevo letto qualcosa di Alberto Moravia, Dino Buzzati, Italo Calvino e qualche libro illustrato sul rinascimento italiano, ma non erano assolutamente sufficienti per capire la cultura e la letteratura italiana. L'occasione, purtroppo, mi e' capitata un'altra volta tra le pareti del carcere, dove è incominciato il primo impatto con i nomi e i testi che hanno fatto grande questa letteratura. Difatti, è li che ho conosciuto Leopardi, Carducci, Montale, Sciascia, Pirandello, tanto per citare alcuni nomi. E li che ho incominciato anche a pensare e riflettere sul senso di quella vita e ciò che avevo combinato fino a quel momento. Sotto questo aspetto, possiamo dire che il carcere è servito per scoprirmi, capire il senso della mia vita, e soprattutto ripudiare un passato che tuttura mi segue con il suo peso. Non dimenticherò mai i drogati con cui ho condiviso la cella, erano le mie vittime, e spesso mi vergognavo di guardarli in faccia. Poi, leggendo e studiando la letteratura italiana, a mio modo e non in quello accademico, ho scoperto anche tanti aspetti comuni tra le due culture, come la similitudine tra La divina Commedia di Dante Alleghieri e L'ascensione del profeta Moametto e tra i racconti del Decamerone di Boccaccio e i racconti de Le Mille e una notte, aspetti che danno l'ennesima prova che la nostra civiltà è il frutto di tante civiltà, piccole e grandi, e il conflitto di cui ci parlano certi intellettuali, non è altro che una mistificazione forzata e che la gente, prima o poi, la condannerà duramente.

Quali sono gli autori italiani che hai apprezzato maggiormente?

Pirandello ed Umberto Eco, ma ciò non toglie l'importanza degli altri, solo che questi due autori, a mio parere, hanno colto, in due epoche diverse, la cognizione del tempo e di quello che ci gira, impotente, in orbite, vale a dire l'uomo. Ora, l'impotenza non significa solo l'immobilità, ma anche il suo esatto contrario: la mobilità composta di azioni e di reazioni, badando a rispettare sempre e ovunque il ritmo e il peso del tempo, l'unico fattore che l'uomo misura nella sua ombra e in esso si disintegra contando il suo cammino eterno. Ammetto però che ho letto poco o niente di autori giovani, sto provvedendo a colmare questa lcuna cercando soprattutto in internet e negli archivi delle riviste letterarie, anche per farli conoscere al lettore arabo mediante la traduzione.

Sono vent'anni che ormai è emersa questa nicchia della letteratura detta della migrazione. Tu ritieni che abbia avuto e abbia una funzione nel panorama culturale italiano?

Se non l'ha fatto finora, lo farà senz'altro nel futuro prossimo. La letteratura, dai tempi in cui gli uomini hanno scoperto il modo per esprimersi, prima con i simboli eppoi con gli alfabeti, è stata la condutrice di tanti cambiamenti, anche quando gli stessi uomini, più di una volta, tentarono di andare contro il proprio pensiero e la propria indole. Dunque, anche la letteratura della migrazione, prima o poi, avrà il suo posto meritevole e darà un grande contributo per capire un' epoca intera dove gli essere umani, per mille cause, hanno incominciato un esodo massiccio, prevalentamente da sud a nord; ma chissà se non avrà poi luogo anche un esodo alla rovescia!

Che cosa pensi della rivista el-ghibli? Tu hai collaborato anche con la rivista Kuma. Trovi delle differenze fra le due riviste. Ma con questo non chiedo un giudizio di paragone che non avrebbe senso, ma se esse riescono ad esprimere esigenze diverse della scrittura dei migranti?

Kuma e Il Ghibli sono due riviste importantissime nel panorama della letteratura della migrazione, e credo che abbiano dato un contributo enorme sia nel diffonderla e sia nel dare l'opportunità alla nuova generazione di scrittori immigrati di esprimersi e di farsi conoscere. Ovviamente, hanno due modi diversi di rappresentare questa letteratura, ma ciò serve anche per confrontarsi ed imparare a vicenda.

Quali sono le tue aspettative nel futuro di uomo e di scrittore.

Ho tante aspettative, ma forse, come dicono i saggi, bisogna vivere due vite per poter raggiungerle tutte. Tuttavia, sono contento di cio' che ho realizzato finora, anche se lo considero molto poco rispetto a ciò che desidero veramente. E per questo, sto cercando di cambiare rotta e inizare un cammino nuovo, il nono, o forse il decimo, ma ne vale la pena! Qualche giorno fa, mentre stavo facendo il mio lavoro come rappresentante di una ditta che vende mobili, ho incontrato una copia di anziani fiorentini. Lei era un'impiegata statale in pensione e lui un profissore di italiano. Sono bastate due parole per dimenticare il lavoro e tutto ciò che ne gira intorno. Abbiamo passato quattro ore insieme parlando della Cattedrale di S. Simone, di Pinocchio, di Orianna Fallacci e persino del mostro di Firenze. Alla fine, mi hanno quasi convinto di fare il gionalista, facendo reportage per conto di riviste italiane. Un'altra prospettive da prendere in considerazione, accanto a quella di vendere Sapone d'Aleppo alle erboristerie, come mi hanno suggerito!!

Home | Archivio | Cerca

Supplemento

(ISSN 1824-6648)

Yousef Hasan Wakkas: surrealismo e fiabismo

A cura di raffaele taddeo

 

Archivio

Anno 7, Numero 28
June 2010

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links