El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

labambina

raffaele taddeo

“…sempre l’assassino che ride dietro l’assassino che ride dietro l’assassino. Un sogno a scatole cinesi.” Ma può trattarsi di un sogno? Può essere un sogno sentire, dentro la propria carne, la presenza della propria violenza e quella degli altri? Sentirla, desiderarla, non esorcizzarla, non allontanarla da sé, ma a volte, con tutta le freddezza di un sangue che sembra non pulsare e non scorrere nelle vene, se non per essere versato e far conoscere così la brutalità della ferinità che si nasconde nell’uomo, ricercarla come unico stratagemma di sopravvivenza, come unico strumento di identità.
I singoli personaggi della comunità descritta nel testo di Mariella Mehr non acquistano identità se non nella sfera di una violenza perpetrata-subita. L’unico personaggio solo vittima, Lina, vive esclusa dalla comunità e immersa nella natura che è pacificante e più rassicurante degli uomini.
E’ la realtà quella rappresentata dalla scrittrice svizzera? E’ un aspetto della realtà, certamente, perché in ciascun uomo, anche quando nella sua manifestazione esteriore appare circondato da positività e da atti accettati dagli altri, si nascondono momenti di animalità, di ferinità, di cattiveria che a stento vengono domati e controllati.
L’umanità proposta da Mariella Mehr non vive perciò del chiaroscuro di bene e male - che l’uomo nella sua storia si porta dietro, rappresentato dai biblici Abele e Caino - ma sembra incarnarsi solo nel male, nella tenebra del Lucifero che impietrisce ogni sentimento, ogni altruismo.
La comunità, anche quando si ritrova per le ricorrenze, per le feste religiose o pagane, trascende e sprigiona brutalità, così come avviene nel carnevale quando dietro “alle maschere e alle smorfie da streghe, infuriavano la libidine e la voglia di litigare…gli uomini non stavano a pensarci su, la donna veniva immobilizzata e presa di forza. Durante il carnevale le donne imparavano davvero a conoscere gli uomini, quelli degli altri e i loro, perché nel copulare non sono selettivi, neanche la moglie del vicino viene risparmiata in quel periodo”.
Se questo è il tono generale del romanzo di Mariella Mehr, qualche rilievo forse più significativo sul piano letterario è da farsi rispetto alla organizzazione strutturale, alla lingua, agli indizi metaforici che conferiscono un giusto valore compositivo alla narrazione.
Prima di tutto non c’è una vera storia, ci sono quadri narrativi, momenti, fatti, che non si intrecciano secondo sequenze legate da uno schema di successione logico causale.
E’ la vicenda della bambina, senza nome, di come il suo autismo si incupisce, di come la comunità non solo non si prende cura di lei ma ne fa oggetto di violenza e di emarginazione. La violenza non si sviluppa secondo una logica causale, perché diverrebbe tragedia; la violenza, quando è il continuum di un atteggiamento, di un comportamento non è assoggettata alle leggi del legame con un prima e un dopo. E’ pura evenienza. Così la struttura del romanzo è organizzata secondo un parametro di omologia con il tessuto dei perversi sentimenti di fondo. I fatti si intrecciano, si annodano, a volte si susseguono per dimostrare la distanza che separa la comunità dai bisogni affettivi de la bambina. Sola dalla soddisfazione di quei bisogni avrebbe potuto acquistare la possibilità di una integrazione con le altre persone.
I personaggi appaiono spesso come pietrificati nei loro caratteri e temperamenti. Così la madre adottiva Frieda, da cui non traspare quasi mai un atteggiamento di compartecipazione, di compassione. Ma anche l’ambiguo e contrastante Kari, che da una parte si prende in casa la figlia nata da un incesto, quasi come espiazione, ma poi usa modi violenti per tentare di vincere l’autismo de labambina. La picchia con la cintura mentre piange sulle ferite che le procura.
Così il viscido Armin, incapace di un briciolo di umanità e solo a caccia di soddisfazioni libidinose ottenute a scapito di minori.
Anche labambina non mostra sviluppi nel suo carattere, e se ve n’è uno è quello di un progressivo radicamento del suo autismo che si raggruma nel desiderio di dare sfogo alla rabbia con violenze sempre più sadiche e vendicative.
In questo quadro anche gli amministratori della religione non sono da meno nel far sentire il rapporto uomo-Dio come un fatto di pura e semplice vendetta del supremo per le malefatte degli uomini. Sono lontani da una religione che accetta e che accoglie.
Solo Lina ha momenti di lucidità anche in rapporto alla divinità perché esprime una sua posizione priva di bigottismo e superstizione. “La vita e la morte seguono le loro leggi, inutile aggrapparsi alle sottane del Signore…Il Dio della Chiesa, quello invocato dai preti, non è nient’altro che un penoso inganno che toglie dignità agli esseri umani così come ad ogni creatura…Chi impara a vivere come le formiche, le farfalle o gli alberi, può fare a meno di Dio di cui deve verificare l’esistenza giorno per giorno.”
La pietrificazione dei personaggi fa di questo romanzo un antiromanzo perché non stabilisce, né descrive evoluzione, mutazione dei personaggi, di uomini, ma li fissa, pur in azione diverse, fossilizzandoli e nel contempo miticizzandoli. Tutta la vicenda diventa un fatto epico ove si concretizza il male, la violenza.
Il secondo aspetto significativo è dato dalla lingua. Una valutazione più corretta andrebbe fatta sulla lingua tedesca usata dall’autrice. Se la traduzione esprime, in qualche modo, la struttura linguistica originale, siamo di fronte ad una lingua che vuole adeguarsi alla storia narrata e ne fa da supporto. Frasi ellittiche, passaggi temporali spesso audaci, conio di parole formate dalla unione di più parole quasi ad esprimere la riduzione dell’articolazione sentimentale e spirituale in un unico condensato privo di modalità e di varietà. LaBambina, Donnadelbosco, sempreverde, cuoredargento,accidentidunabambina, sono solo esemplificazione di questo procedere. Il lettore si trova sempre di fronte ad una lingua mai aggraziata e acquietante, ma scabra e arcigna.
Nel romanzo di Mariella Mehr si crea un parallelismo fra Gesù Cristo e labambina, annunciato fin dalle prime righe: “Sopra la testa della bambina, il Cristo sofferente sulla croce. Brilla d’argento sul legno scuro. ..Sanguedargento sgorga dal cuore argenteo, cuoredargento muore. Muore senza sosta. Come può uno morire senza sosta, si chiede Labambina. Così è la vita della bambina nello chalet Idaho, con Ladonna e Luomo, che si prendono cura di lei, una contiunua morte dargento”. E successivamente quando il padre con uno schiaffo la scaraventa fra lamiere, “Labambina vaga dentro una notte che non finisce mai. ..Si morde la lingua fino a farla sanguinare per non urlare. Ha un sapore rosso di metallo segato. Un gusto di aceto, si aggrappa ad esso succhiandolo”.
E’ immediato l’accostamento all’aceto dato a Cristo sulla croce sul punto di morte.
Oltre tutto il Cristo invocato, proposto nel romanzo non è mai un Cristo dolce, amorevole. E’ un Cristo sofferente, in croce, e Dio è solo punizione e giustizia.
E’ significativo il fatto che Gesù muore senza sosta, così come avviene per Labambina che continua a morire perché nessuno la vuole in vita, nessuno la accetta. Forse solo il padre ha cercato di assumersela, ma è incapace di sottrarsi alla sua violenza.
Il romanzo di Mariella Mehr non è facile, né appagante, perché l’azione catarchica che ogni romanzo, sotto diversi aspetti, opera, in questo caso non riesce a porsi. Perché la catarsi avvenga è necessario che il bene e il male siano entrambi rappresentati come due polarità contrapposte e ben enucleabili, così da produrre la immedesimazione in una di esse, solitamente nel bene, anche quando è presente in un personaggio detestabile. Quando la identificazione con un personaggio non può avvenire perché questo contiene solo male e la violenza, allora al lettore non rimane che lo sconcerto, resta isolato e turbato nel suo pensiero e nella riflessione su cosa e come possa essere la vita.

Home | Archivio | Cerca

Supplemento

(ISSN 1824-6648)

alle porte della città

A cura di raffaele taddeo

 

Archivio

Anno 5, Numero 20
June 2008

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links