El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Intervista ai promotori

Mihai Mircea Butcovan

Abbiamo chiesto a don Bruno Baratto, coordinatore e animatore di questa manifestazione, di rispondere ad alcune domande.
Don Bruno ha fortemente voluto chele risposte fossero frutto di una riflessione collettiva dei suoi collaboratori.
Le domande poste a lui hanno trovato risposte a più voci, a riprova e testimonianza della partecipazione collettiva alla organizzazione e alle finalità della manifestazione.

Intervista a più voci

Quali sono gli obiettivi di questa manifestazione? Chi sono i vari destinatari di tale evento?

un incontro che spiazzi il mio punto di vista, non perché cattivo, ma perché ho bisogno di vedere anche da altre angolature e ho bisogno a mia volta di essere visto da punti di vista diversi –.
Insieme a questo, l’obiettivo di far conoscere i vari gruppi di migranti stranieri presenti nel territorio attraverso canali diversi dagli stereotipi quotidiani.
“La festa è un’occasione, un’opportunità che cerca di creare un punto d’incontro tra flussi di persone, tra cittadini con molteplici culture che si ritrovano a creare un territorio fertile affinché si possa sviluppare il dialogo, il confronto, la partecipazione. E’ la prova provata che effettivamente, concretamente si può convivere in modo costruttivo tra persone che provengono da popoli diversi. Cerchiamo di mettere in evidenza che l’altro, il diverso non deve farci così tanto timore. Se riusciamo a spogliarci da tutte le nostre impalcature pregiudiziali nei confronti degli altri (intendendo con ciò tra italiani e immigrati, ma anche tra immigrati e immigrati e tra immigrati e italiani) ci rendiamo conto in realtà che stiamo vivendo un periodo straordinario di crescita culturale, intellettuale e sociale. Gli scambi continui, i confronti, gli stimoli tra i vari attori in questa nostra società possono portare a delle cose nuove a delle esperienze che sono utili a migliorarci, nella molteplicità delle relazioni. Questa manifestazione vuole essere anche uno stimolo a lasciare qualche volta la via maestra di un vissuto ormai consolidato, a tentare altre vie, a metterci in gioco, a creare dei dubbi. Cerchiamo di suscitare una riflessione sul nostro essere. Chi siamo noi veramente? Siamo effettivamente ciò che siamo o possiamo essere qualchedun’altro? L’incontro con l’altro con il diverso da noi dove ci porta? Quale cambiamento comporta nel nostro essere il confronto con altre persone di altre culture e formazione? Cerchiamo di essere come quel sassolino che gettato in uno stagno crea delle piccole increspature nelle nostre ferme convinzioni, perfettamente consci, comunque, che si tratta di un movimento lungo, lento, che deve essere ripetuto costantemente con la speranza che possa diffondersi. I destinatari quindi siamo noi tutti, senza eccezione: italiani, immigrati, persone di ogni colore politico e di ogni condizione sociale.”
“... abbiamo cercato di rimaner fedeli all’intuizione originaria: proporre un momento di incontro fra persone che provengono da percorsi culturali diversi fra loro. Per noi interculturalità non è un minestrone in cui si annullano tutte le differenze: è piuttosto un’occasione in cui la diversità dell’altro diventa stimolo a riscoprire le mie radici, a valorizzarle non in contrapposizione, ma in relazione all’identità altrui. Fra italiani e stranieri, ma anche fra stranieri, chi proviene dalle culture africane e chi viene dalle culture arabe, o dell’Europa dell’est o dell’America del sud.”
“L’obiettivo più importante è quello di conoscerci per non aver paura della nostra ombra e per riconoscere le potenzialità di vivere assieme, con-vivere.
Destinatari: tutti, ogni cittadino che vive qui e che vuole rendersi consapevole delle radici della propria origine, quella umana, della vastità della propria terra, quella dei fiumi e delle montagne, dei mari e dei deserti, della ricchezza della propria cultura, quella di Proust e di Senghor, quella della coltivazione del radicchio rosso e del miglio, quella di Picasso e dell’artista di statue africane…
Chi va in cerca di riconoscersi in tutto ciò lo fa perché scorrendo il dito sulle tracce dei confini non può far a meno di ricordare i compromessi, le sofferenze, i lutti, i distacchi, e le miserie subite per conquistare la possibilità di colorare poco più in là i confini del proprio Stato su quella carta geo-politica. Il ricordo ferisce già abbastanza. Non vuole più esserne ferito.”
“l'obiettivo di questa festa è di arrivare al massimo dell'integrazione tra noi stranieri e il paese che ci ospita”.
“...far conoscere gli usi e costumi del nostro paese attraverso balli, piatti, vestiti... incontrare e scoprire altre culture soprattutto quelle del paese di accoglienza, l’Italia... e soprattutto diminuire il fosso, cancellare la paura dell'altro...”
“Crediamo che il fare festa sia una delle esperienze (non l’unica!) in cui si possano mettere in atto dinamiche di reciprocità, che sono uno degli obiettivi principali della prospettiva interculturale. La festa è sentita necessaria da tutte le culture, ed ha degli elementi comuni che poi si esprimono in un’infinità di modi diversi: lo stare assieme senza aggressività, il mangiare assieme, la musica e la danza, i vestiti da festa… L’esperienza fatta in questi anni ha confermato la seguente convinzione: ormai l’appuntamento di “Ritmi e danze dal mondo”, si presenta come un’occasione importante per lavorare assieme, tra associazioni italiane e straniere e con qualche istituzione sensibile, per far vivere assieme un momento di scambio il più vario possibile fra gente che proviene da culture diverse, italiani compresi.”

Che cosa succede nei giorni di festa?

Nei giorni della festa si hanno due effetti: il primo, metterci tutto noi stessi. Chi organizza o partecipa a vario titolo sente che questo evento gli chiede qualcosa di sé, tempo, energie, creatività... ma anche capacità di stupirsi, di apprezzare quanto va succedendo, ben oltre il proprio contributo... E’ questo il secondo effetto: dalla festa si riceve, energie, relazioni, incontri, meraviglia...
Tempo fa, una persona del pubblico ci diceva: “a questa festa c’è un clima particolare; e se gli spettacoli o i gruppi musicali potete averli pagando, ricordatevi che per il clima non funziona così: o c’è, o non c’è”. Ecco, è questo clima che viene percepito e gustato, alla base di tutto quello che accade di bello: un clima, un’energia che ti fa sentire a casa, a tuo agio, da qualunque parte tu venga, che ti fa venir voglia (e tanti lo fanno) di sederti sull’erba del prato e rimanere lì a gustarti quanto ti va accadendo intorno, non solo spettacoli o musiche o danze, ma anche odori, colori, suoni di lingue diverse, giochi di bimbi, chiacchiere di anziani...
In qualche modo, ci si sente a casa: “come se per un giorno ci sentissimo di nuovo al nostro paese...”
Ed è anche come se “dimenticassimo il paese da cui veniamo e vedessimo solo questo essere insieme, viaggiando grazie alla festa da un paese all'altro”.
L’atmosfera che il visitatore respira quando si entra nello stadio di Giavera, nasce dal lavoro che molte persone: organizzatori, operatori del settore, tantissimi volontari e simpatizzanti, svolgono durante un intero anno. E’ il risultato visibile di tanti incontri, confronti, talvolta anche scontri, organizzati per poter arrivare preparati alla manifestazione, con un’offerta culturale e ricreativa rinnovata di anno in anno, che possa essere un momento di riflessione sulla società che cambia.
“Sarà anche banale o venale, ma più di qualcuno, che all’invito d’entrata, rivolto dal variopinto gruppo d’accoglienza “lasciate un contributo per la festa” tira dritto, poi all’uscita, ancora un po’ frastornato, lascia una somma più generosa degli altri, ‘perché, ci vien detto, tutto questo merita di continuare’...”

Qual è l’impegno organizzativo per questa festa? Chi sono i collaboratori? Quali motivazioni li spingono a collaborare alla riuscita della manifestazione?

L’organizzazione continua ad essere un cantiere aperto: certo, si è fatta parecchia strada dalle prime edizioni, tuttavia sentiamo che da un lato abbiamo bisogno di consolidare ulteriormente la struttura organizzativa, sia a livello logistico sia a livello di relazioni tra volontari, e tra le associazioni organizzatrici. Dall’altro lato sentiamo anche che non ci possiamo “permettere” una struttura troppo rigida o definita, se vogliamo continuare a lavorare insieme con persone di percorsi culturali spesso molto differenti tra loro.
C’è un comitato organizzatore, composto da una decina di membri, italiani e stranieri, che si ritrova periodicamente durante un po’ tutto l’anno, custodisce un’impostazione coerente con i valori condivisi, cura la programmazione dell’edizione in corso secondo le possibilità e la creatività che si va sviluppando in quell’anno, verifica la compatibilità fra... sogni e realtà... e mantiene i rapporti tra volontari e le associazioni (o almeno ci prova!). Da tre anni a questa parte abbiamo formato un’associazione di servizio il più snella possibile per la gestione contabile della festa, mantenendo però, almeno finché non troveremo–inventeremo di meglio, l’organizzazione attraverso comitato e assemblea delle associazioni.
“Un’evoluzione, quella degli ultimi anni, che ha già portato a dei cambiamenti strutturali all’interno dell’organizzazione, e che ne richiederà ancora, per rispondere all’esigenza di disporre di una struttura operativa snella e funzionale, con delle figure professionali specifiche, per rispondere correttamente e in tempo alle diverse necessità, capace anche di restituire al territorio e alle istituzioni un feedback sul lavoro svolto durante l’anno e sulle importanti esperienze di condivisione accumulate. Sarà fondamentale rafforzare il lavoro di squadra, coinvolgendo forze nuove e fresche, che sappiano dare una mano sia da un punto di vista operativo sia portando nuove idee e proposte.”
Alla preparazione e allo svolgimento della manifestazione partecipano davvero in tanti, volontari italiani e delle associazioni di migranti presenti sul territorio. Da ricordare anche alcuni gruppi giovanili, primi fra tutti gli scout. Ultimamente stiamo anche investendo qualche euro per compensare il tempo di qualche figura organizzativa particolare (raccolta fondi, logistica, contabilità ...) che però, alla fine, fanno davvero molto di più di quanto sia richiesto dal ‘contratto’... “I collaboratori sono tutti volontari che credono negli obiettivi e nel modo adottato per perseguirli. Più di cento i volontari che hanno visto l’origine dell’evento e che continuano a offrire il loro prezioso contributo. Ogni anno se ne sono aggiunti, tanto da arrivare ormai a più di 300. Possono far parte di associazioni o anche singoli che oltre a sciogliersi sotto il sole pulendo il campo, facendo servizio ai parcheggi o dislocando sul campo centinaia e centinaia di panchine e tavoli hanno sentito il carico del divertimento più forte di quello del lavoro.”

Come vengono coinvolte le associazioni territoriali (di immigrati e non)? All’inizio, mettendo assieme conoscenze personali. Adesso spesso sono loro a chiedere di partecipare, di solito alla cucina o con qualche danza: si cerca di incontrare i responsabili, di capire meglio le proposte, li si introduce a qualcosa di più di quello che hanno in mente... Un altro valido aiuto a questo proposito sono i contatti sul territorio con altri che lavorano assieme ai migranti, che spesso segnalano quanto c’è di nuovo.
Significativa la collaborazione con il Coordinamento delle Associazioni di Volontariato della Provincia di Treviso (un rappresentante del Coord. è nel comitato organizzatore) e importante l’apporto economico del Centro di Servizio per il Volontariato.
Un rappresentante delle associazioni di migranti afferma che “la manifestazione di Giavera continua a rappresentare un riferimento importante per l’incontro di varie associazioni di migranti e di italiani fra loro, uno spazio per collaborare concretamente e costruire qualcosa insieme, e sentirsi così più inseriti nel territorio in cui siamo venuti ad abitare”.

Quale partecipazione delle persone?

E’ l’opera di chi, senza altri riconoscimenti che la soddisfazione personale di contribuire con la sua parte alla riuscita della festa, lavora con impegno grande per tre giorni, accettando di non vedere molti spettacoli della manifestazione ma accontentandosi di gustare il clima che con il suo sforzo contribuisce a creare.
“I volontari italiani e stranieri ci mettono l’anima: ci credono che andando oltre i pregiudizi e i luoghi comuni si possa star bene e lavorare bene assieme”.

Qualche aneddoto. Qualche testimonianza, di ospiti e partecipanti.

Cultura dell’incontro, incontro delle culture, che da qualche anno apre la manifestazione, sono intervenuti Gad Lerner, Igor Man, Maria de Lourdes, Vinicio Albanesi, Maria Louise Niwemukobwa, e poi, fra proposta di riflessione e palco dello spettacolo, Gianantonio Stella con lo spettacolo tratto da L’orda, Marco Travaglio, Giampiero Beha, e molti altri.
“Un giornalista durante una serata di “Ritmi e danze dal mondo” ci ha chiesto: “Dove sono gli artisti importanti che devo intervistare?”. Lì per lì non abbiamo saputo rispondere alla"domanda" ma spesso ci è tornata in mente, proprio perché attendeva ancora"risposta"
Oggi ci è più chiaro chi siano gli artisti, se per arte intendiamo la cura attenta e competente per una cosa fatta bene, come il virtuosismo di un musicista che rende emozionante un brano musicale. Ci piace pensare allora a tutti gli artisti della normalità: quegli artisti del quotidiano, che con gesti concreti costruiscono vicinanza, arte del convivere.
Artisti della normalità che forse non verranno mai cercati da quel giornalista, ma che seminano e curano e custodiscono ogni giorno parole e gesti carichi di presenza, capaci di creare reciproca ospitalità.

Che cosa è successo nell’edizione 2007? Quali novità avete introdotto nel programma, rispetto alle edizioni passate?

Ritmi e danze”.
Tanto per fare un esempio: una ventina di giorni prima della festa, ci telefona il responsabile di un gruppo indiano molto bravo e affascinante, il gruppo Milon Mela, che avevamo già ingaggiato in precedenti edizioni e che aveva riscosso molto successo. Ci dice che sono nuovamente in tournée in Italia e avrebbero piacere a partecipare, con una nuova proposta. Senso di gratificazione, visto che si sono ricordati di noi, ma anche imbarazzo: ormai i giochi sono fatti, nel budget, sempre ‘tirato’, non resta quasi più niente... Gli rispondiamo che ci sentiamo davvero onorati dalla loro proposta, ma purtroppo i fondi sono già stati impegnati. Tuttavia, se in quel periodo hanno altri appuntamenti in Norditalia, saremo lieti di averli nostri ospiti, senza impegno di spettacoli."risposta" ma a noi fa piacere esserci con voi, se ci ospitate veniamo volentieri. E così una ventina di artisti dall’India hanno scelto di proporre a “Ritmi e danze 2007” due spettacoli quasi a costo zero, riconoscendo un clima e una ospitalità che avevano apprezzato nelle precedenti occasioni.
Poi la proposta del Caffè delle Lanterne: iniziata l’anno scorso, quest’anno abbiamo dovuto curarla ‘in casa’: il contatto con Pap Khouma ci ha portato ad invitare Mihai Butcovan e Ribka Sibhatu, e attraverso Mihai a questa imprevista attenzione da parte di El Ghibli...
Da anni cercavamo di coinvolgere qualche cinese: sono da tempo la quinta nazionalità sul territorio, ma è molto difficile riuscire a farli partecipare ad iniziative comuni. Lunghi contatti con una piccola associazione, qualcuno è interessato, altri titubanti e fino alla fine non si sa... poi la domenica si presentano con una cinquantina di ragazzi, e un dragone da animare in giro per il campo... E così via...
L’edizione 2007
La serata di apertura, con Pap Khouma, Laura Sincinelli dell’associazione Aispo dell’ospedale San Raffaele di Milano, Paolo Polegato, impegnato in iniziative di solidarietà, intervistati da Edoardo Pittalis del Gazzettino, e i ritmi travolgenti dell’Orchestra di Piazza Vittorio ha permesso di iniziare con tanta energia positiva, che ha coinvolto a fondo un pubblico di oltre milleduecento persone.
Poi la serata dedicata al Senegal, con cena tradizionale e proposte di musica e spettacolo curata con larga autonomia dalle associazioni di senegalesi presenti sul territorio, una sfida importante da gestire di fronte a più di quattrocento intervenuti.
Il sabato e la domenica, il pieno della festa, c’è stata la serata sul tema del viaggio (il titolo, provocante: Altrove...I viaggi sono inviti a straordinare il mondo), con Giuseppe Cederna, attore viaggiatore scrittore, lo spassoso Natalino Balasso, ormai da quattro anni ospite di “Ritmi e danze”, e i Rapsodia Trio, capaci di trascinare il pubblico nei ritmi più vari in giro per il mondo...
Poi tante e tante proposte diverse:
Il sabato si apre con l’Atta pu, la composizione di un tappeto floreale a forma di mandala, usanza di benvenuto dalla tradizione indiana... che, pur essendo al centro del campo e non protetto, è rimasto incredibilmente intatto, custodito, dalla sua stessa bellezza e sacralità, fino alla fine della festa... poi i Milon Mela, con musiche danze rappresentazioni dall’India, musiche e danze dal Ghana, Tanzelarjia, un progetto italo-bosniaco di danza contemporanea, la rappresentazione sulla schiavitù di Africa Heritage,le danze tradizionali italiane dell’Antico Cerchio, quelle albanesi del gruppo Dardania e quelle latinoamericane di Santo Domingo. In contemporanea con lo spettacolo sul viaggio Altrove, dall’altra parte del campo si è tenuta La notte dei Sud, con pizziche salentine dei Taricata, ritmi senegalesi dei Modern Mbalax e salsa latinoamericana.
La domenica, continua il vortice delle proposte: il drago animato cinese, gli Afrojambo Acrobats, bravissimi e simpaticissimi ragazzi kenioti, poi i Lice de Luxe, originale circoteatro danese-ispanico, e ancora i due gruppi di musica araba, Badar e Bendir, la coinvolgente Fanfara Burek, da Balcani e dintorni, i canti del gruppo di donne ucraino, i riti del tè presso la tenda marocchina, musica e danze con maschere tradizionali del gruppo Watinoma, dal Burkina Faso, e a chiudere il gruppo interculturale di Jamaica reggae Les Totems...
Nei due giorni, anche mostre stabili, come le bellissime foto di Aldo Pavan sui mille volti del Nilo, e Miransu', la mostra-di-carta di Monica Sarsini, anche liberi libri e scrittori migranti con il “Caffè delle Lanterne”, anche più di cinquanta bancarelle di prodotti di artigianato creativo, in legno, ceramica, stoffe, bigiotteria, presentazioni di associazioni e progetti, istituzionali o meno. E la proposta di spezie e sapori, cucine dal mondo, quest’anno gestite dalle associazioni di Santo Domingo, Romania, Marocco, Costa d'Avorio, Senegal, India, Nigeria, Bangladesh, che hanno sfornato più di quattromilaseicento piatti...
Le associazioni locali di migranti non si sono limitate quest’anno ad offrire danze in costumi tradizionali: accettando la ‘sfida’ per qualcosa di diverso, si sono cimentate soprattutto nei riti tradizionali del matrimonio, con presentazioni tanto curate dei riti di Marocco e Albania e quella dell’“investitutra del re” del Burkina Faso da dover essere ripetute, a gran richiesta del pubblico. E ancora, l’apparizione del “coumpo”, misterioso personaggio completamente ricoperto di paglia, della tradizione senegalese...
Il sabato successivo, un pomeriggio di torneo di calcetto multietnico, con 15 squadre tra cui Camerun, Togo, Costa d’Avorio, Senegal, Macedonia, Marocco, Italia, Brasile, Bangladesh, Kosovo...
Ma una delle proposte più innovative è stata quella che ha concluso, la domenica dopo, l’intera manifestazione. Indovina chi viene a pranzo non si è tenuta allo stadio di Giàvera del Montello, ma in diciotto case in diciotto paesi diversi del trevigiano, dove trentasei famiglie hanno accettato l’invito ad ospitare o lasciarsi ospitare in casa d’altri per pranzare assieme.
Nella semplicità e nell’emozione del mangiare assieme, aprendo le porte della propria casa o entrando in casa altrui, per condividere un piccolo frammento di vita, per scoprire altri sapori e altri modi di abitare... per un passo verso minor diffidenza, maggior familiarità... Sia l’ospitare che il lasciarsi ospitare diventano esperienze che spiazzano un po’, che invitano a rivedere stereotipi e pregiudizi... e così trentasei famiglie, di italiani e di migranti, hanno scelto di aprire la propria casa per un pranzo da condividere insieme. La misura del successo è stata che gli inviti si sono ripetuti...

Ormai siete arrivati a 12 edizioni di “Ritmi e danze dal mondo”. È cambiato nel tempo il rapporto della popolazione con la festa? Quale ricaduta pensate abbia avuto sul territorio questo evento?

Ritmi e danze”, all’edizione di due anni fa ha detto: “All’inizio, c’erano gli stranieri dentro e i paesani di Giavera fuori a guardare. Oggi finalmente si trovano assieme.”
Fin dall’inizio abbiamo fatto la scelta, prettamente interculturale, di offrire proposte culturali sia di qui che d’altrove, perché è nel confronto che si costruisce conoscenza ed incontro. Ormai le persone che partecipano sono in parti uguali migranti e italiani, con un bacino che si sta ampliando anche oltre il Triveneto e sono di tutte le età, e tante famiglie, e tanti tanti bambini di ogni colore... E ventimila presenze, per un paese come Giavera, diventa una gran bella pubblicità. Certo, per un paio di giorni si complica la circolazione, i parcheggi non bastano mai, però la sfilata iniziale per le vie del paese ha contribuito a far sentire di più la festa anche ai residenti italiani.
Ma la ricaduta sul territorio per noi si misura soprattutto nelle relazioni che si creano, con associazioni, singoli, famiglie, che permettono una convivenza un po’ più serena e il sostegno e la creazione di altre piccole iniziative nel territorio.
“Nella nostra riunione di verifica ci siamo chieste se riusciamo a toccare il cuore di quelli che partecipano alla festa e se dopo la festa qualcosa è cambiato nel nostro modo di pensare, se qualcosa è cambiato nella nostra vicinanza.” Simili considerazioni da parte delle associazioni di migranti sono segno pur piccolo di una progressiva presa di coscienza del senso di abitare un territorio nuovo, con la volontà di esserci attivamente.
Non abbiamo certo la pretesa di risolvere i problemi della convivenza plurale–multiculturale del Trevigiano: altri ne hanno responsabilità ben più istituzionale. A noi il compito di essere un piccolo segno che dimostra che è possibile stare assieme con maggior disponibilità all’incontro con l’altro, grazie anche a quell’energia della festa che ci può far poi diventare artisti della quotidianità.

Quale rapporto avete con le istituzioni locali nell’organizzazione della festa?

Quest’anno abbiamo aperto la manifestazione nel vicino comune di Montebelluna, nel passato abbiamo collaborato anche con Conegliano... Al di là di appartenenze politiche definite, cerchiamo collaborazione con chi condivide almeno in parte gli obiettivi e lo stile della manifestazione. Da questo punto di vista, siamo stati molto attenti a tenerci al di fuori di scelte partitiche: la manifestazione in se stessa, per come è organizzata e per lo stesso fatto di esserci, nel nostro territorio è proposta politica nel senso più alto del termine, costruire nuova polis tra cittadini di qui e d’altrove.
Si è iniziato quest’anno un dialogo importante con alcuni enti e istituzioni, la Provincia di Treviso e la Regione Veneto, che vanno quindi ad affiancarsi al già consolidato rapporto di collaborazione con il Coordinamento del Volontariato di Treviso, un passo importante per la riconoscibilità della manifestazione a livello istituzionale.

Com’è formato il gruppo di lavoro che organizza l’evento? Qual è il lavoro organizzativo svolto per la riuscita dell’evento?

Ritmi e danze dal mondo”, piccola utopia, lieve miraggio che permette di uscire dai propri confini, mescolando le diversità senza confonderle o appiattirle, nella ricerca curiosa di qualche perla preziosa che permetta di stare al mondo con occhi sempre nuovi. Tutte le fasi dell’organizzazione richiedono un importante lavoro di volontariato: coordinamento dei reparti operativi, scelta dell’agenda artistica e culturale, proposta gastronomica, gestione della sicurezza, organizzazione dei servizi di pulizia e relazioni con istituzioni e altri partner. Tutti tasselli importantissimi, parte di una stesso puzzle e imprescindibili l’uno dall’altro.
“Oggi “Ritmi e danze dal mondo” richiede ormai una lunga gestazione attenta ed amorosa: siamo in tanti a vegliarne l’attesa, a viverne i dolori del parto, a condividere la gioia di vederla nascere. Nella trepidazione di sapere che non tutto dipende da noi, di far credito a quanto va accadendo, abitando l’incertezza dell’incontro che va oltre quanto è scontato, fidando che tutto questo costruisca un noi capace di affondare radici in nuove storie, in nuovi cammini, spesso imprevisti…
E’ una festa che vive e pulsa nelle emozioni delle storie belle e drammatiche del mondo che ci circonda e che ogni anno si aggiungono e si fondono nell’anima della festa, fatta di gioia, accoglienza, curiosità, incontro, scambio… intessuta di una determinazione e di una passione che si rinnova anno per anno, dove ognuno torna a portare il suo dono per contribuire al successo di tutti, vulnerabile all’incontro…”

Quale ruolo della solidarietà in questo evento?

Non solo musica e danze. Sono molteplici le varie forme espressive delle varie culture presenti alla manifestazione. Quali? Perché questa scelta?

un modo di stare al mondo e di dare significato all’esistenza propria e del mondo stesso. Lo si fa tramite racconti, miti, simboli, riflessioni teoriche, ma anche attraverso le pratiche, sia rituali sia quotidiane. Coinvolge tutta la persona e il gruppo/ popolo, a partire dalle dimensioni del corpo, della vita quotidiana (modi di cibarsi, di vivere il tempo, la produzione di beni, l’abitare…), delle relazioni con gli altri, con la natura, con ciò che si percepisce come trascendente sé. E’ necessariamente un insieme aperto agli stimoli esterni e al futuro. E’ evidente per noi che una relazione interculturale"domanda"non solo parole, ma dialoghi di gesti intessuti di esistenza quotidiana e sostenuti dall’energia dei tempi di festa.
Siamo consapevoli del rischio di ‘fare folklore’. Il nostro sforzo è quello di non limitarci alla presentazione espressiva, ma di coinvolgere migranti ed italiani in piccoli cambiamenti quotidiani, che facciano nascere relazioni di buon vicinato in casa, al lavoro, al mercato, a scuola... Continuiamo perciò a proporre anche altri piccoli eventi formativi per crescere in uno stile interculturale di incontro, che sappia andare oltre gli stereotipi e valorizzare le diversità, gestendo con maggior serenità gli inevitabili conflitti.

Uno sguardo al futuro… Quali proposte? Quali propositi? Nuovi obiettivi? Nuovi orizzonti?

Riuscire ad ‘esportare’ in altri ambienti ed in altre realtà territoriali della provincia il ‘patrimonio’ di Giavera (i valori di riferimento, le conoscenze, le esperienze, i rapporti, la stima e la fiducia acquisiti,...) Ci piacerebbe che la ‘festa’ di Giavera si facesse percorso formativo o almeno evento culturale in altre zone della provincia.
Un rinnovato e più organizzato coinvolgimento delle associazioni di volontariato della provincia per farne strumento di facilitazione del rapporto di convivenza nel territorio fra persone appartenenti a diverse nazionalità e culture.
“siamo convinti che noi stessi, assieme a tanti altri, ci poniamo di fronte alle situazioni con uno sguardo monocolore, condizionato dal nostro punto di vista. Crediamo che alla festa la gente possa vedere – e sostare – da altri punti di vista, cogliendo la ricchezza e le opportunità che questo offre per un incontro reale tra persone di culture diverse.”
Non ci abbandona il senso del limite, e l’attenzione a non crescere in modo ipertrofico... tuttavia, i sogni non mancano, perché di incontro in incontro si aprono nuove possibilità: una proposta nei Balcani, attraverso l’interessamento di una rete televisiva come Telechiara, la relazione con il comune di Roma, la voglia di riproporre altri eventi narrativi sul Montello sul modello de Il bosco nel cappello, del 2005, il desiderio di disseminarci di più nel territorio, la provocazione a far nascere una rete fra eventi di questo tipo in Veneto... e se vogliamo parlare di ‘personaggi’, il sogno di coinvolgere un giorno Roberto Benigni nelle nostre follie...

Quali momenti significativi della vostra attività? Quali particolari soddisfazioni?

Quale è stata la"risposta"del territorio?

Qualche commento dei vostri visitatori, collaboratori, ospiti?

“Sono padovano, e quando il mio palato ha incontrato per la prima volta il gusto del ‘com’ ghanese, pensavo di aver ritrovato i sapori della cucina della mia bisnonna.” “Sono indiana del Punjab, indosso quotidianamente sari multicolori e a Giavera ho la possibilità di scoprire cosa vogliono comunicare gli occhi delle persone che quotidianamente mi vedono camminare per strada ma che non hanno coraggio di avvicinarmi e chiedermi come sto dentro al mio sari”.

Presenza di varie culture e tradizioni. Anche religiose. Quale dialogo interreligioso avviene? Quale ecumenismo nella condivisione di questo momento di festa?

Per quanto riguarda il terzo livello, il dialogo spirituale, poco prima della manifestazione ci sentiamo tra prete cattolico e qualche musulmano per ricordarci l’un l’altro che è ora di pregare, per il tempo e per la buona riuscita di tutta questa impresa... e da ogni parte questo è sentito con grande serietà.

Un particolare che non sfugge: non si servono alcolici all’interno della festa. Nonostante questo la presenza di pubblico e straordinaria, per numero e per partecipazione e coinvolgimento. Perché questa scelta e come spiegate un ‘successo’ indiscutibile, nonostante l’assenza – tra le offerte dei punti ristoro – di bevande alcoliche?

A questo proposito, è significativo il commento di uno dei partecipanti: “la festa dà emozioni più forti che bere un bicchiere di vino o di birra”.
Per finire una battuta sui soldi. Non abbiamo grandi finanziamenti dal ‘pubblico’, almeno finora. Sono soprattutto sponsor privati (compresa, è singolare, una ditta di vini che ci sponsorizza nonostante non vendiamo alcolici...) e le entrate dalla gente e da qualche spettacolo a pagamento, grazie all’autoriduzione del compenso per scelta degli artisti. Quanto si ricava, oltre, logicamente, pagare le spese, viene suddiviso, secondo criteri condivisi di equità e di impegno profuso, fra le varie associazioni organizzatrici e impiegato per sostenere le attività sociali o i progetti nel paese d’origine. Nonostante quanto a volte si ‘chiacchiera’, “Ritmi e danze dal mondo” non è nata per ‘rendere’ economicamente: vorrebbe piuttosto ‘sorp-rendere’ per la diversità e ricchezza che esprime, offrendo l’opportunità di lavorare fianco a fianco a volontari e associazioni. Anzi, più che guadagnarci, spesso alcuni volontari ci mettono anche del proprio...
Un ulteriore post scriptum: invitiamo ufficialmente el ghibli a partecipare a “Ritmi e danze dal mondo 2008” (stiamo definendo le date in questi giorni, potrebbe essere o il 21-22 o il 28-29 giugno 2008): potremmo sin d’ora iniziare a pensare ad una forma più adatta e creativa di ‘spazio letterario’ – ‘spazio per ascolto e narrazione’... Come Mihai ha già sperimentato, una volta che ci si lascia coinvolgere può succedere quasi di tutto...

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(ISSN 1824-6648)

Ritmi e danze dal mondo

A cura di Mihai Mircea Butcovan/ Raffaele Taddeo

 

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Anno 4, Numero 19
March 2008

 

 

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