El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Maria Cristina Mauceri

Maria Cristina Mauceri

La scrittura come ponte tra due culture e realtà diverse

Dopo il successo della prima raccolta di racconti, Amanda Azzurra Olinda e le altre, ripubblicata quest'anno (1) e con la quale l'anno scorso ha vinto il Premio di Scrittura Femminile «II Paese delle donne», Christiana de Caldas Brito si ripresenta ora al pubblico con questa nuova antologia, Qui e là, che comprende testi inediti ed altri apparsi in pubblicazioni diverse e in rete. (2) Il titolo di questa raccolta ben riflette la sua situazione di scrittrice migrante che, nata e cresciuta in Brasile, vive ormai da molti anni in Italia. Armando Gnisci che ha seguito e studiato gli autori migranti che scrivono in italiano fin dall'inizio di questo nuovo fenomeno letterario afferma che «La prima ondata di scrittori migranti è quella che nel distacco si spezza la vita in due tronconi, come è destino di tutti i migranti: il primo resta sulla riva del paese del passato e l'altro cresce sulla costa ignota del paese del dopo. ( ... ) lo scrittore che scrive nella lingua del paese del dopo si avventura a costruire un ponte ... »(3)
Questa immagine del ponte che congiunge un "qui" e un "là' è una bella metafora per descrivere l'esperienza di chi vive tra due realtà. Nel caso di Caldas Brito si nota come questa esperienza possa essere positiva perché, come ha osservato Hana Picková a proposito di Kundera e Nabokov riprendendo l'immagine di un racconto di Kafka Die Brúcke lo scrittore migrante è una figura ponte tra culture e realtà diverse che apporta ad entrambe delle novità.(4) Christiana de Caldas Brito è ben consapevole di questo suo ruolo, infatti ha dichiarato che «( ... ) uno dei compiti della letteratura della migrazione è rinnovare il linguaggio e aprire la lingua in cui scrive l'autore migrante», nel suo caso l'italiano, «a nuove modalità espressive».(5)
Sicuramente uno degli aspetti interessanti della scrittura di Caldas Brito è la sua capacità di usare l'italiano in modo creativo; si ha l'impressione che a volte l'autrice brasiliana si diverta a giocare con l'aspetto sonoro delle parole come nei racconti Ià, la vecchia, Il volo, Tutti, oppure le trasformi condensandole e creando neologismi come in Maroggia. In entrambi i casi la provenienza brasiliana dell'autrice, per riprendere il titolo della raccolta, in questo caso il "là" influisce sul "qui", cioè sull'uso innovativo dell'italiano. La musicalità della lingua madre di Caldas Brito, l'amore per i giochi di parole appresi fin dall'infanzia dalla madre che era una scrittrice e infine l'interessante uso del condensamento delle parole, che rivelano l'influsso dello scrittore brasiliano Guimaráes Rosa e del mozambicano Mia Couto, contribuiscono a creolizzare l'italiano dei suoi racconti.
Christiana de Caldas Brito ha iniziato a scrivere da giovanissima, ma per molti anni ha svolto attività di psicoterapeuta e un altro degli aspetti affascinanti di questa autrice è il modo in cui la sua formazione professionale si riflette sulla sua scrittura. Secondo la sua poetica le parole liberano l'anima, cioè liberano le emozioni a volte nascoste o rimosse. Per questo il tema delle emozioni represse collegato a quelli dell'incomunicabilità e della solitudine si ritrovano in diversi racconti (Sati, Tre silenzi, Il capostazione, Rosa dei boschi e Samurai, Insieme nell'undicesima divisione) che hanno per protagonisti non solo personaggi femminili, ma anche maschili e forse questa è una delle novità della nuova raccolta rispetto alla precedente. Ne Il capostazione e Tutti la duplice anima di psicologa e di scrittrice di Christiana de Caldas Brito consente al lettore/lettrice di capire l'origine di traumi infantili, ma non ci troviamo davanti a semplici casi clinici, dietro il disagio dei protagonisti di questi racconti, rispettivamente un uomo a cui sono state imposte scelte diverse dai suoi desideri e che è ossessionato dai treni e una bambina che, respinta dalla madre, si chiude in un silenzio autistico e anela simbolicamente a rientrare in lei collezionando scatole, si intuisce la partecipazione dell'autrice alla loro angoscia e l'importanza dell'ascolto per aiutare chi soffre a esprimere le proprie emozioni.
Credo che la dimensione fantastica di alcuni racconti di questa raccolta che li rende così inquietanti e avvincenti sia collegata all'importanza delle emozioni nella scrittura di Caldas Brito che ha dichiarato di trovare sovente ispirazione per i suoi racconti nella sua vita onirica. In alcuni di essi (L'orologio, In fondo all'occhio) si passa dalla dimensione del quotidiano a un'altra dimensione inquietante, si tratta di quel passaggio di soglia che è uno degli elementi specifici del modo narrativo fantastico.(6) Ma la dimensione fantastica non è usata dall'autrice per evadere dalla realtà, al contrario è un modo per rivelarla. Da questo punto di vista è particolarmente interessante il racconto Siamo felici così, la cui protagonista è ben diversa dalle figure femminili passive dei racconti della prima raccolta perché si ribella e lotta tenacemente contro il tentativo di sottometterla a un codice di vita 'femminile" secondo il quale la felicità delle donne consiste nella maternità e nel vivere comodamente, anche se prive della loro autonomia. Questo ideale di vita `femminile" è rappresentato dalla pensione prigione in cui la protagonista una giovane che cerca di liberarsi dall'educazione alla passività che le aveva imposto sua madre accompagna un'amica che ha deciso di barattare la sua libertà per un'esistenza protetta, seppur dipendente dalla volontà altrui. L’aspetto più inquietante del racconto è il modo in cui queste donne vengono tenute prigioniere, facendo loro crescere una coda di topo. In questo racconto l'autrice ha ripreso l'antico motivo del topo sfruttandone la polivalenza di significati, infatti il topo può simboleggiare i vizi umani, l'eccessiva prolificità, ma può anche essere una vittima, un motivo spesso associato, come in questo racconto, all'immagine della trappola prigione. Caldas Brito ha saputo elaborare questo motivo in modo originale per raccontare una storia di ribellione femminile. Questo racconto si legge tutto di un fiato e con il fiato sospeso deve essere nato da un incubo e alla fine si resta col dubbio se la gamba ingessata della protagonista non sia lo scotto pagato per la fuga dalla casa prigione, ma invece l'ingessatura non nasconda una coda di topo che la protagonista vuole occultare. Il finale ci lascia nell'incertezza, un espediente tipico della narrazione fantastica, forse l'autrice ci vuole far capire che non è così semplice sfuggire a codici di comportamento imposti e che proprio le donne, anzi le madri, sono le prime persecutrici delle figlie, in quanto non le aiutano a sviluppare la loro autonomia da modelli di comportamento tradizionali.
Caldas Brito scrive «racconti brevi, fulminei nelle rivelazioni» come sono stati giustamente definiti, (7) ma che restano con noi anche dopo averli letti, ci intrigano e ci portano a riflettere sulla condizione femminile (L'attesa, Né tacchi né trucco né trucco né tacchi) o sulla condizione umana in generale, perché come ha rivelato l'autrice: «Scrivere serve a riconoscersi, a riflettere sui problemi del vivere, serve a cambiare lo scrittore e il lettore, non a contemplarsi l'ombelico.».(8) La letteratura come mezzo per risvegliare le coscienze è il motivo conduttore del racconto Eda Zarehs e a un lettore attento certo non sfuggirà che il nome della donna misteriosa che cerca di risvegliare dal coma i pazienti leggendo loro brani o poesie è l'anagramma di Sherazade che nelle Mille e una notte cercava di sfuggire alla morte raccontando storie al sultano.
Riflettere e cambiare significano anche prendere coscienza non solo dei propri problemi esistenziali, ma anche di quelli degli altri ed ecco dove la voce di Caldas Brito si leva anche per far parlare quelli che ancora voce non hanno, ma che con lei hanno condiviso l'esperienza della migrazione. Pur non essendo venuta in Italia per motivi economici come la maggior parte degli immigrati, nel nostro paese Caldas Brito ha tuttavia maturato la sua sensibilità verso coloro che soffrono "qui" in Itaha e "là" in Brasile. Non a caso alcuni dei suoi racconti hanno per protagonisti immigrati brasiliani come la giovane di Cara Jandira che in una lettera monologo esprime lo sdoppiamento tipico dell'esperienza migratoria che provoca quella condizione che Sayad ha definito «Ia duplice assenza», (9) cioè non essere presente né nel paese in cui attualmente si vive e neppure in quello che si è lasciato, insomma riprendendo ancora una volta il suggestivo titolo di Caldas Brito, non si è né "qui" né 1à,'.
Nel racconto Io polpastrello 5.423, scritto come rea¬zione alla proposta di legge Bossi Fini di prendere le impronte digitali a tutti gli immigrati, Caldas Brito collega abilmente umorismo e fantastico per prendere posizione contro una legge ingiusta. L'autrice immagina che i pol¬pastrelli degli immigrati si separino temporaneamente dal corpo dei loro possessori per andare in questura a farsi prendere le impronte, gettando lo scompiglio nella burocrazia italiana. L'effetto del racconto è duplice: da una parte fa capire l'importanza del lavoro manuale degli immigrati, dall'altra è una satira divertente e garbata della burocrazia italiana e della sua inefficienza. Per una volta il ruolo di persecutori e vittime viene rovesciato perché sono i rappresentanti della legge che diventano vittime di una legge ingiusta.
In definitiva gli autori migranti come Christiana de Caldas Brito ci fanno dialogare con altre culture e ci aiutano anche a comprendere quanto sia importante per noi aprirci all'altro, questo è il messaggio del primo racconto di questa raccolta, Sati, in cui una giovane straniera arriva in Italia con il preciso compito di aiutare un italiano a riconoscere e controllare le sue emozioni. Forse dietro la misteriosa protagonista, che sa leggere nell'animo altrui, si cela la nostra autrice che con questi racconti ci fa capire l'importanza di comprendere noi stessi per potere capire gli altri.

(1) Christiana de Caldas Brito, Amanda Olinda Azzurra e le altre, Roma; Oèdipus, 2004.

(2) Segnaliamo le riviste in rete e i testi in cui alcuni di questi racconti sono stati pubblicati. "L'attesa" in tutteStorie. Racconti letture trame di donne, rivista diretta da M. Rosa Cutrufelli n. 4 (2000), pp. 37 39, "L'equilibrista" in Alessandro Ramberti e Roberta Sangiorgi (a cura di), Destini sospesi di volti in cammino, Santarcangelo di Romagna: Editore Fara, 1998, pp. 157 161. "Tre silenzi" su www.sagarana.net; "Camuamu” su www.disp. let.uniroma1.it/kuma/kuma.html; "Cara Jandira" su www.mu sibrasilnet.it; "La francescata" su www.miscia.com/christiana; “José" su www.el ghibli.provincia.bologna.it; “Io polpastrello 5.423 " su digilander.libero.it/vocidalsilenzio/racconti1.htm successivamente pubblicato anche in Armando Gnisci e Nora Moll (a cura di), Diaspore Europee & Lettere Migranti, Edizioni Interculturali: Roma 2002, pp. 46 49.

L'indirizzo del sito di Christiana de Caldas Brito è: www.miscia.com/christiana

(3)Armando Gnisci, Creolizzare l'Europa. Letteratura e Migrazio¬ne, Roma: Meltemi 2003, p.10.

(4)Hana Pichová, The Art of Memory in Exile, Vladimir Nabokov & Milan Kundera, Carbondale & Edwardsville: Southern Illinois University Press, 2001 p. 10.

(5) Christiana de Caldas Brito. Conferenza Stampa On Line. Convegno «Culture della migrazione e scrittori migranti» su http://digilander.libero.it/vocidalsilenzio/conferenzaonline.htm

(6) Remo Ceserani, Il fantastico, Bologna: Il Mulino, 1996, p. 80.

(7) Clotilde Barbanilli, Una riflessione su Christiana de Caldas Brito, in Kúmá. Creolizzare l'Europa, n 7, (2003) www.disp.let.uni romal.it/kuma/SEZIONI/critica/kuma7 critica barbarulli.htm Kuma7.

(8) M.Cristina Mauceri, Le parole liberano l'anima. A colloquio con Christiana de Caldas Brito, in Kúmá. Creolizzare l'Europa, n. 8 (2004). http://www.disp.let.uniromal.it/kuma/SEZIONI/ POETICA/kuma8 2004

(9) Abdelmalek Sayad, La doppia assenza. Dalle illusioni dell'emigrato alla sofferenza dell'immigrato, Milano: Raffaele Cortina, 2002.

posfazione di Qui e là

 

 

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