MEMORIA INVASA
La natura che noi facciamo apparire nella seconda
parte della nostra vita, non è sempre, anche se spesso
tale, la nostra prima natura sviluppata o appassita,
ingrandita o attenuata; talvolta è una natura inversa,
un vero e proprio vestito rivoltato.
Marcel Proust
Ieri, o un paio di mesi fa, o forse l'anno scorso?, siamo stati invitati a cena dagli Antunes. Appena usciti dalla loro casa, ti mostrasti seccato. Per quale ragione mi ero distratta, senza seguire i discorsi dei nostri commensali? Avevo persino guardato da un'altra parte mentre Antonio e Júlia mi ponevano delle domande. Perché non avevo raccontato, quando me lo avevano chiesto, le mie impressioni del viaggio in Italia? E come mai il cucchiaio del dessert era maldestramente scivolato dalle mie mani?
Eravamo tornati da poco dalla costiera amalfitana. Ti risposi che probabilmente ero ancora stanca del viaggio e che forse avevo bevuto troppo vino a cena. Davvero immaginavo fossero queste le cause del mio strano comportamento, Bernardo, non mi ero mai trovata in situazioni simili.
Come avresti reagito se io ti avessi detto che durante la cena i miei occhi guardavano da un'altra parte perché io effettivamente ero altrove? Vedevo il grande orologio a pendolo nella sala da pranzo, i cristalli e i fiori a tavola, ma dall'alto di una scalinata, e il biancore dei gradini mi abbagliava, ecco perché avevo chiuso gli occhi. Tu e i padroni di casa parlavate in portoghese ma sulla scalinata qualcuno mi aveva gridato "Trofimena!" Così, il grido: "Trofimena!", e così le parole che io non capivo: "scinne, scinne abbascio che Fofò sta' a chiagne."
Bernardo, come potevano i gradini del duomo di Amalfi essere nella sala da pranzo degli Antunes? E chi mi aveva chiamato col nome di nonna, parlandomi in un dialetto che non conosco? In pochi secondi, scesi di corsa la scalinata per nuovamente vedere te e gli Antunes. Ero lì anch'io? L'eco dei miei passi risuonava ancora nella piazza di Amalfi e io sentivo le vostre voci che dicevano, cosa dicevano, Bernardo?, hai ragione, non riuscivo a seguire i vostri discorsi.
Al dessert, Júlia mi chiese se mi piaceva il budino di cocco, e io risposi, che cosa risposi, io? In quel momento ero nel podere dei nonni, a Minori, puoi capire perché fossi così confusa? Le mie scarpe poggiavano sul Boukara della sala da pranzo degli Antunes, ma i miei piedi agili e nudi salivano su un albero di limone, cosa che io, sempre vissuta in città, non avevo mai provato a fare, ma che mio padre mi aveva raccontato di aver fatto da bambino. Potrei descriverti con precisione il contatto dei miei piedi e delle mie mani con il tronco del limone; le verdi foglie mi sfioravano il viso, l'intenso profumo di terra e mare dilatava il mio petto. La cameriera degli Antunes mi aveva appena passato il budino. Sorressi il piatto, non il cucchiaio.
Ci tengo a rammentarti come hanno avuto inizio i fatti, Bernardo, e mi dispiace farlo dopo tanto tempo. O è stato ieri che tutto è cominciato?
Il vestito di seta blu, messo per la prima volta a quella cena, era stato comprato in una boutique ad Amalfi. Vuoi sapere perché non ho mai più usato quel vestito, Bernardo? Arrivata a casa, dopo averlo tolto, nel suo rovescio vidi delle orribili e grossolane toppe. Non riuscivo a capire come un abito di così delicata fattura potesse contenere, cuciti al suo interno, dei volgari quadretti di rozzo tessuto. E come mai non me ne ero resa conto nel comprarlo? Questo fatto si sommò alle assurde situazioni vissute a casa degli Antunes.
Telefonai a Júlia, la ringraziai per la cena, cercai di spiegarle il mio malessere.
Tornammo alla nostra vita abituale e, come sai, le abitudini a volte tendono una mano a far sembrare normali gli eventi che scappano all'ordinario.
In mezzo al traffico dell'Avenida Paulista, o mentre facevo la spesa all'Eldorado, senza avvertimenti, in lampi, Amalfi mi offuscava la vista con le sue casette bianche arrampicate sulle rocce, con le curve insidiosamente belle della sua costiera, con il mare che frusciava dentro l'anima. A volte, in piena notte, il sorgere del sole; oppure davanti a me, improvvisamente, si presentava quella linea blu in cui ad Amalfi si davano appuntamenti il mare e il cielo. Ah, Bernardo, quel blu amalfitano mi intontiva e confondeva. Il Chiostro del Paradiso si era trasferito a São Paulo? E quelle terrazze coltivate ad agrumi erano sempre state lì, nella mia città?
Tu, meglio di chiunque, sai che se fosse dipeso da me, sarei rimasta per sempre in quella magica costiera, invertendo il tragitto che all'inizio del novecento aveva portato in Brasile nonna Trofimena, nonno Pascà, il piccolo Alfonso, mio padre, e il suo fratellino. Io, figlia di un amalfitano e di una donna nata in Brasile, finché non avevo visto Amalfi, mi ero considerata una brasiliana e basta. Con il nostro viaggio in Italia, si era svegliata una mia parte dimenticata. Sui gradini della scalinata del duomo di Amalfi era scoccata l'ora di vivere la mia metà sconosciuta.
Non ti scrivo per cambiare le tue decisioni, Bernardo, ma per mostrarti il mio punto di vista.
Era passato molto tempo o i dolori cominciarono subito dopo? Partivano dalle spalle e diventavano insopportabili all'altezza delle braccia. A stento riuscivo a muoverle. Esami, radiografie, indagini. Tutto a posto, le mie braccia erano sane. Quando dissi al Doutor Alberto che era come se io per ore e ore avessi portato in braccio un bambino, tu e lui vi siete guardati e, per la prima volta, intravidi parole nascoste dietro il tuo sguardo. Credevi che io pensassi al bambino che non abbiamo avuto, vero?, ma quello era solo un esempio, potevo benissimo aver parlato di una valigia o magari di una cassetta di arance. Accennai al bambino solo per dare l'esempio di un peso che avrebbe provocato un simile dolore. Da allora, il tuo sguardo non fu più quello di un compagno, ma si mutò nello sguardo apprensivo di un papà che protegge la sua bambina.
Ninna nanna, Nannarella,
o lupo s'è magnata a pecorella,
ninna nanna, Nannarella...< /i>
Eri tu a cantare per me, Bernardo?
E a prepararmi la torta con la crema al limoncello, eri sempre tu?
Suoni e visi e barche e gabbiani e curve e nomi lontani improvvisamente mi assalivano. La mia vita s'illuminava di altre vite. Prima di dormire, quando volevi sapere come mi sentivo, non ti rispondevo solo perché ammaliata dalla lunga collana di perle luminose che Amalfi indossava.
All'inizio avevo avuto anch'io un po' di paura. Con il passar del tempo, o solamente da ieri?, quelle bizzarre sensazioni non mi spaventavano più. Anzi, mi deliziavano. Amalfi mi regalava momenti inediti, mi allargava con i suoi doni, mi faceva vivere in doppio.
Volevi scoprire cosa rappresentavano per me quelle esperienze. Dicevi di avere davanti a te la porta giusta, ma che ti mancava la chiave per aprirla.
Sono stata io a trovare quella chiave, Bernardo. Per puro caso.
Una mattina, girovagando al centro città, senza una meta precisa, mi vidi davanti alla Pinacoteca do Estado de São Paulo. Entrai. Sai bene che non mi attirano gli ambienti chiusi, che i musei mi hanno sempre comunicato un senso di oppressione, ma lì, in quella pinacoteca dalle ampie sale, mi sentivo bene. Dopo qualche giro, stavo per andarmene, quando lo notai a distanza. Senza che l'avessi mai visto, lo riconobbi. Lentamente, gli occhi fissi a guardarlo, camminai come un automa, fino ad avere Os emigrantes davanti a me. In un grande olio su tela, in varie tonalità di marrone, ero presente al drammatico momento della partenza di emigrati italiani, uomini, donne e bambini con fardelli e fagotti sulle spalle, destinati al Brasile. Quella scena mi era familiare perché così mio padre aveva descritto la sua partenza da Napoli. Papà si ricordava di avere avuto un cappelletto in testa, di essere scalzo e di portare un sacco sulle spalle, proprio come il ragazzetto del quadro. Sulla tela, in primo piano, piegato sotto un immenso carico, un uomo camminava in avanti; alla sua destra, una donna dall'aria trasandata. Nell'osservarla, rabbrividii. Non per i suoi grandi occhi tristi, ma per le toppe. La donna, Bernardo, sopra la lunga gonna aveva un grembiule con le stesse toppe del vestito che avevo comprato ad Amalfi. Avvicinai ancora il mio viso a quella donna stremata dalla fatica e, santo cielo!, notai che portava in braccio un bambino. In quel preciso istante, capii l'origine dei dolori alle mie braccia. Tremavo. Guardai la targhetta accanto alla cornice per sapere chi aveva dipinto quel quadro. Os Emigrantes era stato dipinto nel 1910 da Antonio Rocco, pittore italiano nato nel 1880, indovina un po' in quale parte d'Italia, Bernardo? Antonio Rocco, venuto in Brasile dopo aver studiato all'Accademia Nazionale delle Belle Arti di Napoli, era nato ad Amalfi!
Tutto cominciò ad avere un senso. Quel quadro era la chiave, Bernardo. Presto avrei aperto la porta e in un'unica trama avrei unito i fili di una storia che non era solo mia.
Mi hai detto che ero strana rientrando dalla pinacoteca. Non ero strana, Bernardo, ero sconvolta. Mi misi a letto con la scusa di un'emicrania e ti ho sentito dire alla domestica che mi lasciasse sola, che dovevo riposare. Non ho riposato e non ero sola, Bernardo. Centinaia di emigrati italiani appena arrivati a Santos, a un nuovo mare, a una nuova costa, a una nuova lingua, erano lì con me. Che confusione in quella camera! Uomini, donne e bambini, impauriti dopo una lunga traversata oceanica, stanchi, sporchi, con fagotti pesanti, pacchi e cesti, valigie legate con lo spago, scatole di cartone.
Mi portasti da uno specialista che mi consigliò molto riposo e dei farmaci. Perché non li ho mai presi, Bernardo? Per non cancellare Amalfi e i miei parenti, per non scordarmi delle esperienze che non sono solo loro ma che appartengono ad un intero popolo.
Quando si parte, quando si va via del proprio paese, cosa rimane della patria? I ricordi, Bernardo, solo questo rimane. Devi sapere che la patria dei miei nonni e di mio padre occupa adesso il fragile spazio della mia memoria.
È da un paio di mesi, o da ieri che sono qui? Premuroso nelle tue raccomandazioni, sei venuto a trovarmi più di quanto permettano i tuoi appuntamenti di lavoro. Mi hai detto che presto la nostra vita tornerà come prima. No, Bernardo, non illuderti. I miei pensieri ormai hanno il colore del mare e del cielo di Amalfi. Voglio restare qui con il mio blu amalfitano.
La gente qua balla al ritmo del tamburello, gli scugnizzi giocano nei pomeriggi di sole, e le ruote di ferro dei loro carruoccioli stridono sui vicoli in discesa. Di notte, insieme ai pescatori, cantiamo o lero lero ma nun è o vero, o lero lero... e le onde del mare dolcemente ripetono ma nun è o vero, ma nun è o vero...