In un’intervista rilasciata per una tesi di laurea affermi che la tua formazione linguistica nella scuola e in Università è stata fatta sul francese, arabo e russo. Non citi l’italiano. Dove hai imparato l’italiano? Qual è stata l’influenza della cultura italiana sulla tua formazione?
C’è un termine che mi piace usare ogni volta che mi viene fatta questa domanda: in che modo hai imparato la lingua italiana. Rispondo: sono un intruso nei meandri di questa lingua; visto che non ho mai fatto studi scolastici o universitari per imparare la lingua di Dante. Ed è la pura verità. Fino ad oggi non ho mai studiato l’italiano, come fanno tutti quelli che vogliono imparare una nuova lingua. Non ho fatto nessun percorso accademico. E’ stato il caso da una parte e l’amore per una grande civiltà come quella dell’impero romano ad avvicinarmi a questa bellissima lingua. Sono cresciuto bilingue avendo studiato sia l’arabo sia il francese fin da bambino. Durante la mia infanzia mi piaceva guardare i programmi di Raiuno che erano, e lo sono tuttora, accessibili da Tunisi. Avendo la Rai costruito da decenni un ripetitore terrestre sulla collina di Bou Kornine. Bisogna sempre tenere in mente che a Tunisi c’è sempre stata una folta comunità di italiani che si era insediata nel paese nord africano a partire dal quindicesimo secolo. Quando nel 1881 la Tunisia fu proclamata Protettorato francese, a fronte degli ottantamila cittadini francesi che risiedevano in Tunisia c’erano 250 mila cittadini italiani. Ero appassionata di film di storia, e come la maggior parte dei miei coetanei guardavo spesso e volentieri i film storici, quelli che parlavano dei gladiatori, e delle conquiste romane nel mondo. Forse in quei film nell’inconscio di un’intera generazione si tentava di costruire l’immagine dell’Eroe. Da bambini abbiamo sempre tendenza a voler raffigurare il profilo di qualche eroe immaginario. E credo il mio Eroe immaginario si trovava all’interno di quel mondo romano, era da ricercare in quei film. Quello fu l’inizio, che in qualche modo forgiò una parte della mia personalità. La cultura italiana non ha avuto nessuna influenza nella mia formazione accademica durante gli anni che ho vissuto nel mio paese di origine. Ho cominciato il mio vero viaggio alla scoperta della cultura e della civiltà italiane quando sono venuto a vivere in Italia. Era importante per me impadronirmi della lingua dell’altra per poter comunicare e agevolare lo scambio di idee e la convivenza. Essendo linguista, e avendo una perfetta padronanza della lingua francese ho cominciato dunque a studiare da solo, con l’aiuto di un libro di grammatica, la lingua italiana. Quello importante veicolo linguistico, mi ha permesso poi di andare alla scoperta della cultura italiana e delle sue varie sfumature.
Sei stato uno dei pionieri della letteratura della migrazione. Ti senti ancora partecipe di questa letteratura. Ti senti ancora uno scrittore anche se non hai pubblicato altro dopo il romanzo l’immigrato?
Non mi sono mai definito uno scrittore anche all’indomani della pubblicazione di “Immigrato”. Scrivere per me non è una professione, e quindi non mi posso attribuire quell’aggettivo. Potrei affermare che sono un letterato, un individuo che ama la cultura e i libri. Ho svolto diversi lavori da quando sono arrivato in Italia: il barman, l’insegnante di francese e di arabo, il traduttore, l’interprete, e dalla metà degli anni novanta fino ad oggi il giornalista. La scrittura per me è un impegno etico e morale da una parte e un lusso dall’altra. Un impegno perché mi piace usare il verbo per raccontare le miserie dell’essere umano e denunciare le ingiustizie. Un lusso perché per scrivere uno ha bisogno di tempo, di molto tempo e di tanta serenità mentale. E per uno come me che ha scelto di andare a vivere lontana da casa, in un paese straniero il tempo lo impiego soprattutto per lavorare e far fronte alle difficoltà e alle rogne quotidiane della vita. Se mi sento ancora partecipe di questa letteratura della migrazione? Non credo, e la colpa non è di questa letteratura , ma di questo paese dove le case editrici e gli intellettuali di destra o di sinistra sono ancora molto indietro rispetto a tanti altri paesi del mondo. Culturalmente parlando intendo.
Come è stato accolto agli inizi degli anni ’90 il tuo libro? Oggi come è accolta la letteratura della migrazione?
Immigrato fu ben accolto quando fu pubblicato. Era per tanti un nuovo approccio per raccontare non solo l’immigrazione ma soprattutto la società italiana dall’interno, il macro cosmo raccontato attraverso il micro cosmo. Almeno questa è la mia sensazione. Il libro fu anche una operazione editoriale e commerciale per l’allora casa editrice Theoria che cominciava a fare i suoi primi passi nel mondo feroce, spietato e a tratti burlesco dell’editoria italiana. Credo che sono in tanti a riconoscere che dopo Italo Calvino la letteratura italiana ha cominciato a perdere terreno a livello mondiale. Sembra che la letteratura italiana stia in una fase di ricerca di se stessa. Chiunque oggi è bravo a pubblicare un libro… dipende dal nome e dalle amicizie. Non importa più la trama e il contenuto di un libro per essere pubblicato, ma quanto spettacolo il libro e il suo autore potranno garantire alla casa editrice che lo pubblica. Intorno ad un libro oggi ci sono vere e proprie holding di profitto. La letteratura della migrazione di oggi ha spazi ridotti e marginali. Sembra essere di nicchia rivolta solo agli addetti ai lavori. Ci sono solo piccole e sconosciute case editrici che continuano ad investire in questo tipo di letteratura. Nello spazio letterario, culturale, e mediatico italiano l’interesse per la letteratura della migrazione da parte dei “decideurs” e dell’industria del libro è quasi inesistente. Ci si interessa in modo sporadico, di tanto in tanto, istituendo magari dei concorsi oppure invitando l’immigrato di turno per parlare del magico concetto della “integrazione”.
Molti scrittori appartenenti alla letteratura della migrazione dei primi tempi sono poi scomparsi di scena. Condividi anche tu la distinzione che alcuni fanno sul fatto che i veri scrittori sono letterati migranti e migranti letterati? Perché molti smettono di scrivere?
Credo che la risposta a questa domanda si trovi nelle mie precedenti risposte. Aggiungerei che i così detti scrittori appartenenti alla letteratura della migrazione dei primi tempi non sono scomparsi di scena di propria volontà, ma sono stati rimossi e allontanati da questa scena. Alcuni sono stati forse considerati scomodi per la tenuta dei loro discorsi e la loro franchezza. E poi l’Italia a mio avviso ha un suo vizio particolare che si applica in quasi tutti i campi, diffuso sfortunatamente anche nel mondo dei letterati: Esattamente come succede nel mondo dello spettacolo e della televisione si tende sempre a cercare nuovi soggetti per suscitare l’interesse del lettore, spettatore, ricevitore. Va bene produrre un cellulare o una macchina ogni mese e bombardare la gente di pubblicità per indurla ad un consumo frenetico e senza regole. Si fa un po’ dappertutto. Ma quando queste regole sono applicate anche nel mondo della produzione letteraria si arriva al degrado culturale della società.
Che apporto può dare la letteratura della migrazione alla letteratura italiana?
Tanto, se le viene data una vera e reale possibilità, basta guardare le esperienze francesi, inglesi e statunitensi per esempio al riguardo. Tanto per citarne alcune.
E’ ancora opportuna una distinzione della letteratura della migrazione dalla letteratura italiana?
Non ho mai fatto personalmente una distinzione tra i due tipi di letteratura. E se bisogna propria fare una distinzione, parlerei di letteratura italiana da una parte, e di letteratura straniera di espressione italiana, almeno per il momento, dall’altra parte. Ho già usato questo concetto agli inizi degli anni novanta. Ma non fu mai ripreso da nessuna parte. Tra alcuni anni i figli nati da matrimoni misti o da genitori immigrati metteranno le basi per la nuova letteratura italiana “tout court”, anche se si chiameranno Mohammed, Olek, Gibril, mao tsi tung o altro.
Hai letto qualche volta la rivista el-ghibli? Che giudizio ne dai? Come a tuo parere può essere migliorata?
Ho avuto modo di consultare il sito el ghibli, e ho trovato delle cose interessanti. Ho notato, visitando la pagina della grafica che c'e' stata una flessione dal mese di gennaio 2005 ad oggi. E se dovrei fare qualche osservazione suggerirei periodicita' minore rispetto all'attuale.
Immigrato è stato ristampato ancora quest’anno da un una grande casa editrice. Questo fatto presuppone che è ancora un testo letto e apprezzato e che quanto si descrive della situazione degli immigrati sia ancora attuale?"
Credo che la ristampa di Immigrato da parte di una grande casa editrice come la Bompiani non sia legato all’interesse che le grandi case editrici in Italia portano alla cosi detta letteratura dei migranti. La decisione di ristampare Immigrato mi e’ stata comunicata da Fortunato. Mario aveva deciso di passare dalla Rizzoli alla Bompiani, e aveva incluso anche Immigrato nel pacchetto dei libri che dovevano essere pubblicati. Per Bompiani non importava nulla di Salah Methnani, perchè non aveva voce in capitolo. Si trattava di accontentare un Autore, Mario Fortunato, e convincerlo a pubblicare con loro. Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, credo che Immigrato sia un testo ancora valido e di stretta attualità, per il semplice motivo che ricorda come in questa paese nulla è cambiato di fatto nella gestione di un fenomeno cosi complesso come quello della immigrazione. Mi azzarderei addirittura a dire che rappresenta per alcuni versi il totale fallimento di questo paese e dei suoi legislatori, che sono eletti dal popolo, nel promulgare una legge adeguata dove i diritti e i doveri sono uguali per tutti. La questione della immigrazione è stata affrontata dalla pubblicazione di immigrato ad oggi come se fosse una emergenza. E immigrato è di nuovo nelle librerie per ricordare che in questo paesi si fanno solo promessi e basta...