El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

benedetta malavolti

Intervista realizzata da Benedetta Malavolti per la tesi di laurea (1999) in antropologia culturale “Gli intellettuali maghrebini a Roma”- Università di Roma “La Sapienza”. ( sono state apportate leggere modifiche alle risposte che risentivano troppo della forma orale. La neolaureanda aveva infatti ritrascritto da una registrazione)

Da che tipo di famiglia provieni e che tipo di educazione hai ricevuto da parte della tua famiglia ?

Una famiglia media, il padre geometra e la madre casalinga. La famiglia, anche se si è separata, però teneva molto a dare sia a me che a mia sorella una buona educazione, quindi non solo un’educazione arabo-musulmana , ma mista, perché era giusto che fosse così. E quindi non solo sono stato nel Qutteb, che sarebbe la scuola coranica, ma anche nell’asilo nido francese a Tunisi. Devo dire che la scuola coranica era più che altro come una “vendetta”, mi mandavano li così per tenermi chiuso in un posto, però mi hanno dato la possibilità di studiare il francese già da un età piccola, prima di andare alla scuola elementare. Poi sono arrivato all’università e mi sono laureato in lingue e letterature straniere: in inglese e russo. È diverso il sistema educativo a Tunisi, assomiglia di più a quello francese, piuttosto che a quello italiano. Non ci sono tesi di fine corso, ma tesine nel corso dell’anno; si facevano delle tesine sulla civiltà americana, su quella inglese, sugli indiani d’America, sull’industria e via dicendo e se uno veniva bocciato due anni di seguito veniva espulso dall’università. Quindi un sistema molto rigido. Poi c’erano gli esami di fine anno, che erano esami proprio tosti.

L’uso delle lingue nella scuola, solo francese o per alcune materia anche arabo ?

All’elementare le lingue erano il francese e l’arabo; alla secondaria, dall’età di 12 anni fino a 18 più o meno, arabo, francese e inglese, che subentrava verso il terzo-quarto anno. Adesso le cose sono cambiate. Adesso credo che si possa scegliere addirittura un’altra lingua, o l’italiano o il tedesco; ognuno sceglie quello che gli pare e non tutti scelgono l’inglese. Poi all’università ho studiato l’arabo, il francese, l’inglese e il russo. L’italiano, non l’ho mai studiato.

Che uso hai fatto nel tempo di queste lingue ?

Una l’ho quasi dimenticata; è il russo. L’arabo e il francese sono due lingue che ho usato per i miei lavori, per traduzioni, per il mestiere del giornalista. L’inglese lo uso soprattutto per comunicare con amici, scrivere lettere, viaggiare, quindi è uno strumento che non mi serve per poter lavorare, poi col tempo uno dimentica. Le tre lingue di cui mi servo per il mio lavoro sono l’arabo, il francese e l’italiano. Cerco sempre di perfezionarle al massimo. Perché sono le tre lingue ... scrivo, magari, articoli sia in arabo, che in francese, o in italiano. Traduco anche sempre queste tre lingue. Poi forse a 40 anni non sarò in grado di maneggiare più di due lingue. Non lo so, è una questione di età, nell’apprendimento di una lingua straniera subentra sempre il fattore età. Questa è una cosa scientifica, linguisticamente provata, cioè il bambino fino a 5 anni può imparare qualsiasi lingua, dopo di che diventa una lingua da insegnare con metodi scientifici e via dicendo.

I motivi della tua migrazione ?

Gioco, voglia di conoscere, amore della civiltà e della cultura romana, la storia. C’era il fascino di un’Italia che vedevo in televisione, di cui sentivo parlare attraverso gli amici. Un’Italia che comunque è molto vicina, un popolo mediterraneo. Poi la voglia di continuare gli studi, perché era quello il mio principale obiettivo e pensavo di poter fare il dottorato di ricerca, credevo che in Italia le cose fossero diverse, cioè fossero come in Francia, quindi con una laurea conseguita a Tunisi, potevo venire qui e iscrivermi direttamente all’università, quello era , diciamo, la causa , la cosa che mi ha spinto ad emigrare. Perché non volevo iniziare a lavorare in un ministero, oppure cominciare ad insegnare. Ero ancora piccolo per una vita lavorativa e volevo ancora conoscere, viaggiare, ecc. e ho scelto l’Italia per un fattore personale, ho letto molto, vedevo sempre i film dell’antica Roma, quindi era una cosa che mi incuriosiva e che volevo andare a vedere.

E poi che tipo di realtà hai trovato ?

Completamente diversa, ecco per esempio ho scoperto di essere un africano venendo qui a Roma, di non essere bianco, queste sono cose.... perché io mi sentivo arabo musulmano , tunisino, ma non ho mai pensato all’Africa, no ? come posto di origine. E’ una cosa alla quale non avevo mai pensato. Arrivi qui e poi ti rendi conto.. ti dicono “ ah, allora sei africano” dico “no, sono tunisino”, “si, però è in Africa”. Quindi questa tendenza a collocarti in un continente piuttosto che in un paese o in una civiltà. Poi la realtà era che non era vero che potevo iscrivermi all’università. Quando si è giovani si riesce a trovare anche dei lavori facili, che ne so fare il cameriere , fare delle cose per poter poi continuare gli studi, questa è la realtà che ho riscontrato appena sono arrivato qui.

Di fronte a questa realtà che scelte hai fatto ?

Dopo un mese avevo già in mano il biglietto di ritorno, me ne stavo andando, perché mi rifiutavo di finire che ne so, sotto un ponte. Non è che avevo tutti questi soldi , andavo alla cieca, non sapevo cosa sarebbe successo, mi sentivo un laureato, una persona che comunque ha studiato e volevo fare qualcosa di interessante che qui non era possibile poter fare. Arrivai l’8 ottobre del 1987, il 25 novembre avevo già il biglietto di ritorno, arrivai con la nave e stavo rientrando con l’aereo da Roma, solo che ho incontrato una persona che mi ha detto che ci sarebbe stato un’amnistia, non so che, all’epoca un’amnistia, che è ? Dice “ ah no, è una sanatoria che ti permetterà forse di poterti iscrivere all’università”. Io c’ho creduto, allora mi sono detto “ok, facciamo una cosa, mi devo dimenticare di essere un laureato, sono un giovane, potrei fare qualsiasi cosa, quindi finche non ci sarà questa sanatoria potrei fare il cameriere, insomma arrangiarmi e poi riprenderò gli studi”. Solo che non era poi così facile. E non era vero che una volta che si ha un permesso di soggiorno ci si può iscrivere all’università, perché anche un italiano che ha una laurea conseguita all’estero deve fare una convalida e la deve fare nel paese di origine. Tutta una cosa complessa, cosa che comunque col tempo ho fatto, mi è stata riconosciuta con l’obbligo di sostenere 5 esami e me ne mancano due , che non so quando riuscirò a finire, in lettere, ma anche li diventa un lusso studiare. Chissà un giorno forse l’avrò, ma non ho mai comunque lavorato, fatto lavori con la laurea. Sono cose che sono riuscito a inventarmi, a fare.

Adesso di che ti occupi ?

Adesso di tante cose, diciamo che il mio lavoro principale è il giornalista, sono socio della stampa estera, sono corrispondente di un giornale di lingua francese tunisino e corrispondente della radio tunisina in lingua araba. Ho tradotto un autore maghrebino di nome Choukri , ho tradotto dall’arabo all’italiano “Il folle delle rose”, altri testi , separati, altri racconti. Ho tradotto una drammaturgia di un drammaturgo tunisino , dal tunisino in italiano, ho tradotto un testo sulla Libia dall’italiano in arabo, “Libia natura e uomo” sulla archeologia e la geologia della Libia dalla preistoria fino ai giorni nostri. Ho scritto qualche articolo, qualche racconto, oltre al famoso libro “Immigrato”, insieme con Fortunato. Poi ho fatto per due anni la tv, ho lavorato per una tv araba e ho fatto un po’ di radio con la rai, dei collegamenti con radioraitre e ho fatto anche dei reportage per la rai, per la televisione, due speciali tg1 uno di 8 minuti sull’islam in Italia , uno di 30 minuti sull’immigrazione in Italia, sono andati in onda uno nel Marzo del ’97 e il secondo il 2 Agosto sempre ’97. Ho girato un documentario, un tg2 dossier sulla tolleranza tra le tre religioni, musulmani, cristiani e ebrei che dovrebbe andare in onda il mese prossimo, che però devo finire di montare mettere le musiche.. Principalmente credo questo sia.

Quindi quali sono i tuoi interessi prevalenti, i temi sui quali torni più spesso ?

Ma penso sia l’immigrazione, visto come un vissuto un po’ penoso, vissuto pieno di sofferenze, di solitudine. Non ha importanza se sei circondato da tanta gente, è una solitudine che ti lacera, la lontananza dai propri familiari. Tutti questi aspetti, inerenti allo status dell’immigrato che lascia il proprio paese, che si allontana dai propri familiari, che più passa il tempo più si rende conto che magari ha fatto una scelta sbagliata e però non può più tornare indietro. Tutte queste cose, questi pensieri che ti fanno a volte stare male, a volte magari ti spingono a inventarti delle cose, è l’aspetto interiore dell’immigrazione. Pensieri, osservazioni della società che cambia ma che continua a non vedere no ? E a non voler ammettere che ci sono nuovi cittadini, tutte queste cose qui, tutti questi aspetti. E poi l’inerzia, l’indifferenza soprattutto delle istituzioni. Tutto quello che è stato fatto sempre è stato fatto per regolarizzare, oppure per accogliere i profughi, cioè quindi c’è questa tendenza ad accogliere questi nuovi arrivati, considerarli come una calamità con la quale si deve convivere, sono persone a cui bisogna dare assistenza, non sono persone autonome, sono delle persone che magari hanno qualche rotella che non funziona, quindi bisogna stare attenti. Poi con i fenomeni di integralismo potrebbero essere dei soggetti pericolosi. E poi come uno potrebbe trasformare tutte queste sue preoccupazioni, questi pensieri, magari in un prodotto artistico, un libro, una canzone, una poesia, un documentario, un film, insomma è un travaglio ecco. Il travaglio di chi è lontano da casa e fa parte di una società che lo ha adottato, in cui continua comunque a sentirsi estraneo, e le cose le fa perché è lui che spinge per fare, nessuno gli concede mai nulla. Poi ci sono vari gradi di immigrati, chi accetta di essere immigrato, chi non lo accetta, chi vuole fare una carriera politica, quindi va ai sindacati, chi va ai partiti, chi cerca di farsi passare per una vittima, chi va magari a spacciare droga, ci sono tutti questi aspetti.

Ma che definizione daresti di te stesso ?

Sono un essere umano che ha scelto di vivere qui, che ha i suoi limiti, che cerca di fare delle cose che potrebbero ravvicinare, spiegare, far capire, insomma, creare. Che comunque non permetterà mai che, in un modo o nell’altro, qualcuno cerchi di schiacciarlo, o considerarlo come un parassita. Uno che avrebbe potuto scegliere qualsiasi altro posto. Il luogo scelto è l’Italia, è un luogo che ho scelto per una serie di motivi, ma poteva essere New York o poteva essere Parigi. Dal momento che ho scelto di essere qui per motivi miei personali, io penso di vivere come se vivessi a Tunisi o a Parigi, con alcune preoccupazioni in più, perché non si hanno gli stessi problemi che si hanno a Tunisi, a Parigi o a New York. Ogni paese ne crea determinati, una tipologia di problemi. Quindi io cerco di convivere con questi problemi, di superali, di andare avanti e di fare nel mio piccolo, di contribuire nel mio piccolo a favorire il dialogo, l’incontro. Non l’integrazione, che per me non è...., è una parola che non ho mai digerito e che non mi piace, perché per me è in qualche modo peggiorativa, come espressione. Allora è meglio la convivenza, perché io posso essere musulmano, buddista, ebreo, quello che è, però parlare con un altro che magari professa un’altra religione, e nello stesso tempo trovare dei punti di incontro.

Che opinione hai del modo in cui si parla del mondo arabo-islamico e della Tunisia nei massmedia ?

E’ un modo caricaturale, quello di pensare sempre che il mondo arabo è un harem, è un mondo compatto, che la donna è schiava, che c’è la sabbia ovunque, che i dromedari stanno per le vie delle grandi città. Che sono persone che devono essere tutelate in qualche modo, che non hanno la tecnologia, che non hanno il cervello, dei sudditi magari di qualche potenza . Questo è un po’ quello che si dice o l’idea che la maggior parte della gente ha del mondo arabo. Poi dopo tutto quello che è successo, dopo la guerra del golfo, c’è stata una maggiore apertura. La gente ha cominciato a capire che l’Algeria non è la Tunisia, che l’Arabia Saudita non è l’Iran e via dicendo. C’è troppa ignoranza, questo è quello che poi porta a farsi del mondo arabo un’immagine pittoresca.

Credi che resterai a vivere in Italia, in prospettiva dove ti vedi ?

Ovunque e da nessuna parte .

Sui progetti di lavoro c’è qualcosa che non mi hai detto ?

Continuo a progettare dei documentari, vorrei finire questo libro che mi sto trascinando da anni, però non ho mai trovato il tempo per poterlo ultimare, anche se manca veramente poco. Ma poi ..

Posso chiederti di che cosa tratta ?

Guarda, ne ho parlato in passato con poche persone e a un certo punto l’ho messo nel cassetto, non c’ho più pensato. L’ho tirato fuori da circa un paio di mesi e come titolo avevo pensato ad un titolo molto forte, che è “Vomito”. Ed è la storia di un immigrato che arriva a Roma e pensa di incontrare una ragazza che aveva conosciuto a Mosca e tutto il primo capitolo parla delle sue avventure e il suo vissuto a Mosca, gli incontri con tanti studenti, studentesse donne. E poi ecco il tentativo di rivivere a Roma, di cercare lavoro , casa, di incontrare gente e poi di trovarsi in situazioni che lo cambiano totalmente, perché arriva un giovane ingenuo che crede nell’amicizia, crede in tante cose, poi comincia a scoprire la corruzione della società in cui vive e la falsità delle persone e poi arriva a commettere un triplice omicidio : i suoi datori di lavoro. In modo molto forte. Gli Lega loro le mani con gli intestini essiccati dell’agnello, fa tutto un rito, poi li brucia , insomma. Però si costituisce, va dalla polizia, dice “eccomi qua” non è che sfugge alla .. è come un atto liberatorio, perché ha talmente sofferto... allora il suo modo di reagire alla fine è diventare un banale criminale, forse un razzismo all’incontrario. Questa è un po’ la trama.

C’è un legame tra le tua attività professionale e le tua funzione di intellettuale ?

Io non so se .. non si può fare il mestiere di intellettuale. L’intellettuale è la persona dotata di un veicolo linguistico e culturale che gli può permettere di creare, fare delle cose, partecipare alle conferenze, spiegare, scrivere , questo è il ruolo. Perché non è più, non si parla più dell’intellettuale come una volta, quello che guida le nazioni. Sono le idee che devono cambiare le società. No, oggi non esistono quasi intellettuali, ovunque , non ci sono più i vari , per parlare del caso dell’Italia, Moravia, Svevo. Per me l’ultimo intellettuale italiano, perché Moravia alla fine si è chiuso, frequentava dei salottini, però non faceva un’azione, questi qui di oggi per me sono più che altro, cioè i vari Asor Rosa, Eco, non hanno più la figura dell’intellettuale di una volta. La loro è una scelta professionale, cioè di uno che sceglie di non fare l’operaio....... Comunque uno cerca di fare delle cose, di scrivere, di.. non so se uno può dire di essere intellettuale o meno, se sono complementari o meno.

Il tipo di attività che tu cerchi di svolgere ottiene un riconoscimento da parte della società italiana, vedi una certa apertura, un certo interesse ?

No, è ancora presto per l’interesse. La società italiana crede di non essere ancora pronta ad accettare prodotti fatti da gente che viene da fuori. No, solo in alcuni casi, solo in pochi, amici o persone che comunque sanno quello che vale. Però la massa non è ancora pronta a valutare la cosa per quella che è, se non c’è un riconoscimento. È un po’ come nei film, nel cinema. Prendi Benigni, quando ha avuto quell’Oscar è stato valorizzato di più. Purtroppo si ha secondo me la tendenza a ignorare tutto ciò che viene prodotto dalla straniero, chiunque esso sia. Perché viene considerato una persona non in grado di poter fare determinate cose, soprattutto intellettuali. Cioè non è in grado, non è capace di fare un film, di poter girare un documentario, non è capace di poter scrivere in lingua italiana, non è capace di poter eccellere in un determinato campo. Questo è secondo me l’atteggiamento della società italiana nei confronti degli stranieri in generale. Perché nell’immaginario collettivo lo straniero è o uno che sta al semaforo a lavare i vetri, oppure se ne sta in qualche campo a raccogliere i pomodori, oppure sta in qualche fabbrica del nord perché serve la manodopera. Ma un artista, a parte qualche eccezione come quella modella tunisina - lei è una persona che è ricca, ed è esotica. Lì entriamo nel campo dell’esotico. Anche l’uomo, il brasiliano che balla la salsa, non è nemmeno un bravo danzatore, è esotico. Però secondo me l’Italia non è ancora pronta, ci vorranno ancora decenni prima che le cose cambino.

Sai darmi alcuni riferimenti intellettuali, personaggi , letterati, del mondo arabo e occidentali che svolgono un po’ il ruolo di guida, non so, di esempio per te ?

Di esempio ? Uno è senza dubbio Paul Bowles, l’autore americano, lo scrittore americano , nonché compositore americano espatriato dal ’45 che vive a Tangeri in Marocco, di cui Bertolucci ha fatto il film, Il tè nel deserto. Lui appare anche nel film, tra l’altro l’ho anche intervistato, è stato pubblicato un lungo articolo che ho scritto su l’Unità. Ho 40 ore di registrazione che ancora non ho sfruttato, che però un giorno frutterò. L’ho scoperto all’età di 17 anni e attraverso i suoi occhi io sono entrato in Marocco. Perché lui ha scritto tanti libri sul Marocco, l’incontro con i berberi, ed era il mio idolo, mi piaceva proprio, anche se lui a volte parlava di hascisc. Però mi piaceva il suo modo di scrivere, frase corta, la chiusura che aveva, ti porta in una storia e poi, in un paragrafo di tre righe, chiude, riesce a chiudere. Quella cosa proprio.... per parlare di stile. E poi il contenuto. Questa sua visione dell’intellettuale occidentale trapiantato in un paese, non dico maghrebino, dico marocchino, perché lui è il Marocco che ha scelto, anche se poi ha visitato anche l’Algeria e la Tunisia. Però ha questa visione un po’ distaccata... Ha incontrato quasi tutti gli intellettuali, da Sartre, a Tennessee Williams, tutti, tutta la beat generation l’ha conosciuta lì, tra Parigi e Tangeri e poi viaggiava e andava anche a Parigi. Questo è uno, anche perché poi dall’ ‘89 si è creata un’amicizia con lui, sono andato spesso a trovarlo, ho tutti i suoi testi con dediche e cose varie, insomma , e poi mi fa tenerezza per la sua età. A vederlo è comunque una persona che affascina, perché si vede che ha vissuto. Poi ecco apprezzo, fra gli scrittori italiani, Vittorini, Svevo, anche perché forse era in un contesto molto particolare con varie etnie; ecco gli scrittori di inizio ‘900 per la parte italiana. Poi ovviamente Pirandello . E poi ho un testo che per me..... è il testo che avrei voluto scrivere, molto affascinante, che per fortuna è stato anche tradotto in italiano, pubblicato da Sellerio nel ’92, si intitola “ La stagione della migrazione a Nord”, di Tayeb Salih, il sudanese, quello è il mio testo preferito. Io avrei voluto scrivere quel testo perché parla di questo sudanese che va nell’Inghilterra anni ’30 e racconta tutta la sua vita .. , sono poi cose che succedono anche oggi : la parte di chi fa la vittima, la parte di chi approfitta del fatto di essere straniero per rimorchiare, la parte di chi invece si sente preparato, si sente a volte non uguale ma anche superiore alla società che lo accoglie. Perché parla la loro lingua, conosce la loro cultura. E poi questa sua scelta di tornare, di avere questa sua stanzetta, il caminetto, è un miscuglio di un po’ di cose che io trovo molto bello, ben scritto. Lui ha scritto tre libri, ho la raccolta in arabo, ma quello è quello più bello, poi non ha più scritto altro. Lavora all’UNESCO, sta in Qatar, l’ho visto l’anno scorso in un convegno internazionale a Asilah in Marocco e poi un altro scrittore che potrei citare, non Ben Jelloun, ovviamente, ma uno scrittore egiziano deceduto, un premio nobel mancato. E’ stato candidato ma non l’ha mai avuto, l’ha avuto Mahfuz, che scrive roba popolare. Si chiama Tawfiq al-Hakim, uno dei suoi testi più belli si intitola La gente della caverna ( Ahl al-kahf ), tratto da un passaggio del Corano, da una storia che è citata nel Corano : ci sono due o tre persone che si sono svegliate con un loro cane, e lui riproduce questa storia in un testo teatrale, con tre personaggi, uno rappresenta l’occidente, uno l’oriente e l’altro una via di mezzo. E dipinge un po’ il carattere arabo, orientale, com’è; è gente che funziona col cuore, che non è razionale, mentre quella occidentale è molto razionale e quindi tutte e due alla fine muoiono e il terzo che è la via di mezzo, non ha voluto pronunciarsi l’autore sulla fine che farà, e lo lascia così sospeso. Ecco questo è uno dei testi secondo me che va inserito nelle università europee, va studiato, va veramente approfondito, perché poi c’è tutta una corrente negli anni ’30 in Egitto che si poneva questo quesito: cosa facciamo noi arabi musulmani ? Torniamo alle radici, oppure cerchiamo di copiare quello che ... oppure ... e lui è riuscito a dirlo in un testo, secondo me straordinario. E’ stato tradotto male, io dovrei avere da qualche parte questo testo in italiano, che sono riuscito a trovare appena sono arrivato qui andando a spolverare un po’ la biblioteca, a cercare testi. Ho trovato questo testo suo, però era tradotto male, era un’edizione del’ 55.

Ti senti portatore di più culture e eventualmente quali sono gli aspetti positivi e negativi di questa condizione ?

E’ ovvio che uno si sente portatore di più culture. Perché è stato in contatto, è cresciuto in un ambiente, ha viaggiato. Già viaggiando impara, entra nelle case degli altri, vede altre cose. Magari prende quello che considera positivo e trascura ciò che è negativo. Poi col tempo impara che anche nella sua cultura magari ci sono cose che non vanno bene. Quindi cerca di eliminarle e si avanti. Poi si forgia una personalità, fatta di una molteplicità di culture e non di una sola, perché si arricchisce di questi elementi culturali provenienti da varie culture. Io per esempio ho un divano letto giapponese, un tavolo indiano, cioè delle cose a volte, tanto per dire una cavolata no? Cioè lo fai anche senza renderti conto, perché poi diventa una cosa che acquisisci inconsapevolmente e quindi per forza se viaggi, se scegli di vivere in un paese che non è il tuo, se leggi devi per forza essere un portatore di diverse culture, non puoi essere diversamente.

Puoi farmi degli esempi di elementi, aspetti della cultura italiana e delle tue culture di provenienza che hai eletto tra gli altri valori ?

Ecco per esempio quando si va a visitare una persona si ha l’abitudine di portare la frutta, cosa che io ho sempre fatto, invece di portare il vino. Questo non vuol dire che io non beva vino, però ecco è un modo di dire: ok, questa è la mia abitudine e io la preferisco. Della cultura italiana o europea in generale : il rispetto degli appuntamenti, ecco la razionalità nel gestire determinate questioni, quindi essere pragmatico. Senza renderti conto che poi gli aspetti culturali non sono soltanto apprendere, no ? Sono anche gli atteggiamenti quotidiani che a volte sono magari rozzi, quando tu ti infili nel traffico devi fare quello che fa il romano se no muori. Sono cose che tu, senza renderti conto, acquisisci, no ? Ecco poi, inevitabilmente, anche tu cominci a chiedere alla gente di che segno è, cosa che mi hanno domandato in milioni “Di che segno sei ? “ Allora tu inconsapevolmente magari quando incontri una persona cominci a un certo punto “Ma di che segno sei ?”. Quindi fai la domanda che ti sei sentito fare diverse volte, ma non perché centri qualcosa, no, ma perché è diventato un riflesso e queste sono le cose che tu acquisisci. Poi definirle cose positive o negative...., fanno parte ... il caffè dopo pranzo, queste cose, la grappa, anche cose così, no ?

Fai parte di associazioni, gruppi culturali ? Oppure hai mantenuto contatti con associazioni, singole persone, gruppi in Tunisia ?

Non solo in Tunisia ma anche in Marocco, in Francia, in America, in Kuwait..

Di che tipo se si possono ..

Scrittori, intellettuali, direttori di teatro, professori universitari, giornalisti.

Che ne pensi della definizione di “letteratura della migrazione” ?

Ma in Francia non si pone più la domanda perché oramai fa parte della letteratura francese, è senza dubbio una letteratura molto particolare. Ti dò un esempio. Se tu andassi a Tunisi e stessi a Tunisi per tre mesi scopriresti posti che magari un tunisino che abita a Tunisi non conosce. La stessa cosa è anche vera per un tunisino che viene a vivere a Roma. Ci sono posti che ho scoperto da solo, perché lo sguardo è diverso. Ci sono tanti romani che passano ogni giorno dal Colosseo, ma non lo vedono, o dal Tevere. Il Tevere sta lì, però nessuno si rende conto.. a te invece che vieni da fuori è una cosa che ti colpisce. Quindi tutto quello che ti colpisce poi, magari gli altri lo vedono come una cosa normale, e quindi anche la letteratura della migrazione è un veicolo per raccontare queste cose che vedi e che gli altri non vedono, che sono cose particolari, che sono cose diverse. Per esempio una delle cose, ecco, una delle cose che mi incuriosiva, e l’ho detto anche in immigrato, è come è fatta la casa di un italiano. Magari un italiano potrebbe essere curioso di sapere come è fatta la casa di un immigrato, perché si pensa sempre che un immigrato vive in una stanza con venti persone, che non ha una libreria, che non può avere dei cd, che non può avere la tecnologia, il computer, queste cose qui. E io sono un immigrato, anche se sono diventato cittadino italiano continuo ad essere un immigrato, perché il mio percorso non è il percorso di uno che è stato inviato da un governo per studiare, per svolgere un lavoro, quindi sa che è un soggiorno determinato, dopo 5 anni, 4 . Il mio è un viaggio che è iniziato 12 anni fa e in questo viaggio io ho cercato di farmi una vita, di cambiare tante case. I miei sogni, i miei desideri sono quelli di un essere umano, che può essere un italiano, francese. Ancora qui non si riesce a capire questo. Non so, se tu facessi..... provassi a fare domande, dovrebbe essere una cosa molto divertente, a una tua amica. ”Senti, ma secondo te la casa di un immigrato com’è, come vivono questi stranieri in Italia, che cosa hanno ? Cos’è, entri, cosa trovi dentro casa ?” E quindi quando tu hai questi interessi che l’italiano non può avere, non può pensare com’è la casa dell’italiano, perché ci vive. Lo straniero invece potrebbe essere incuriosito, e quindi potrebbe immaginarla e immaginandola mette un po’ di suo e di quello che è la realtà. Quindi magari viene fuori qualcosa .. potrebbe anche essere una cosa schifosa, però di solito è sempre una cosa che tende verso il bello, verso la perfezione. Perché un po’ sono cose che ha visto magari nei film, un po’ sono cose che ha intravisto da lontano e un po’ è la sua immaginazione, ammesso che lui abbia il veicolo linguistico per poter esprimere queste cose. Non è che tutti gli immigrati sono in grado, bisogna essere preparati. Non è che essendo immigrato uno deve per forza produrre un prodotto artistico-culturale. Quindi è una letteratura secondo me particolare e interessante, però che è ancora agli inizi, per un semplice motivo, perché la qualità dell’immigrazione in Italia è quella che è. Non ci sono, come in Francia, laureati come si dice in giro. Poi c’è anche l’handicap della lingua, non tutti gli immigrati sono in grado di poter manipolare la lingua. Possono magari parlarla, ma un conto è parlarla e un conto è scriverla. Quindi ci vorrà del tempo, l’ho già detto nel ’92. Forse tra 30 anni ci sarà una vera letteratura della migrazione, tra 30 anni, quando i figli degli immigrati e i figli nati da matrimoni misti saranno adulti, tra loro ci saranno anche scrittori e nessuno potrà rimproverarli perché hanno scritto una parola in un certo modo, perché fanno parte di questa cultura e di questa società. E tutti gli altri dovranno accettare quel loro modo di scrivere e sarà la letteratura portante del futuro. Questa è una mia opinione personale.

Credi da qui di poter incidere sulla realtà tunisina, cioè di avere una certa influenza attraverso quello che fai ?

Incidere per fare cosa ? Di sicuro io credo che in Tunisia ci sono stati tantissimi cambiamenti e il tunisino per natura è una persona che guarda sempre verso altri orizzonti, non ha bisogno del mio intervento, però fa sempre piacere sapere che c’è un tunisino che in qualche modo è riuscito ... perché è raro che un immigrato riesca a realizzarsi, a fare il giornalista, il regista di un reportage che poi va in onda su rai uno.

Ma non so, dipende quali sono i tuoi obiettivi, forse anche portare, per esempio, un’immagine più veritiera dell’Occidente, per dire una cosa qualsiasi...

In quel modo certo. Di sicuro gli dico di non venire in Italia. Questo è poco ma sicuro. Perché magari alcuni, adesso non più, perché la gente è sveglia, perché ci sono le antenne paraboliche, si viaggia via internet, non ci sono più frontiere, quindi si sa. Però per quei pochi che magari continuano a sognare un Occidente ricco, io dico : “No, guardate, rimanete la dove siete che state meglio.”

Che tipo di rapporto hai con la religione ?

Sono musulmano, molto credente. Però tu devi sapere che oggi la maggior parte, questo è vero anche per i cristiani, tende ad appartenere ad una religione magari senza osservarla. Osservare la religione musulmana vuol dire fare 5 preghiere al giorno, digiunare, dare l’elemosina, andare alla Mecca e attestare che Dio è unico e Maometto è il suo profeta. Io l’unica cosa che non faccio è la preghiera. Non dovrei bere, non dovrei magari fare determinate cose. Ogni tanto le faccio, ogni tanto bevo, ma non perché mi voglio ribellare alla mia religione, ma perché forse sono cresciuto in un ambiente molto laicizzato. In Tunisia si cresce con una certa libertà nel fare, cioè uno già a 17- 18 anni c’ha la ragazza, è come stare in Europa, non è come in Arabia Saudita dove magari ti sposi una donna senza nemmeno vederla. A Tunisi oggi quei tabù di una volta non esistono più. Una ragazza può dormire a casa del ragazzo, ci sono convivenze, si è trasformata. Questo per esempio in Marocco non c’è, c’è un altro tipo di libertà, c’è più prostituzione dovuta a una serie di circostanze, perché li c’è ancora la poligamia, lì la ragazza viene data in sposa magari a un uomo che poi la ripudia, allora lei... Invece quando si tratta di avere rapporti seri con una ragazza in Marocco le modalità sono più tradizionali. C’è il tabù. E quindi uno che proviene da una cultura così aperta vive la sua religiosità come un fattore culturale.

Diresti di sentire in modo particolare, di avere dentro di te un’appartenenza nazionale forte, oppure no ?

Amo il mio paese, è un paese che adoro. Nazionale... mica sono Milosevic ! Proprio essere nazionalisti oggi, secondo me, diventa un soggetto di scherno, credo. È un’altra forma di integralismo, è un’altra forma di negare l’altro e questo porta sempre alle guerre, porta sempre all’odio. Di sicuro se gioca l’Italia e la Tunisia io tifo per la Tunisia. Sarei un bugiardo se ti dicessi che tifo per l’Italia.

Il sentimento di appartenenza si ferma al calcio ?

No, ma io credo che bisogna stare molto attenti alla parola nazionalismo...

Io però non ho parlato di nazionalismo, ma di sentimento di appartenenza nazionale....

Ma certo, si, quello è diverso. Certo, se non appartieni, se non ti senti, non senti che appartieni a qualcosa non sei nessuno. Devi appartenere. Vuol dire che tu neghi tutta la tua storia, tutto il tuo vissuto, i tuoi ricordi, la tua infanzia, tutto questo fa parte di una tua appartenenza a una società, una comunità, a un paese, a una terra, un pezzo di terra. E questa nel mio caso è la Tunisia, poteva essere qualsiasi altro posto, però senza quello io non esisto. Non posso essere uno che non appartiene a nulla, sarei invisibile.

Kepel tenta una schematizzazione dei vari gruppi di intellettuali presenti nel mondo arabo-islamico e individua due gruppi fondamentali : gli ulama, cioè coloro che hanno studiato nelle madrasa e l’intellighenzia, cioè gli intellettuali occidentalizzati che hanno studiato in scuole di impianto europeo. Infine individua un terzo tipo di intellettuali che definisce i “nuovi intellettuali”, cioè coloro che si riferiscono a categorie dell’ordine trascendente pur non avendo una formazione tradizionale, e che manipolano queste stesse categorie attraverso i metodi appresi sui banchi di scuola di istituzioni educative moderne di origine occidentale. È d’accordo con questa analisi, anche se molto schematica, o no ?

In effetti è un po’rigida. Questo signore, io non ne ho mai letto nulla, dovrebbe essere una persona c’ha più di 50 anni e continua a parlare ancora di Ulama. Quindi è una persona che ha una connotazione religiosa dell’intellettuale. Perché Ulama è un termine teologico e quindi oramai questa parola non esiste : gli Ulama. L’intellighenzia è un’altra parola che a mio avviso non è più in uso, perché per intellighenzia si intende i primi intellettuali, parlo del maghreb in generale, che hanno iniziato a combattere il colonialismo attraverso la scrittura : da Chraibi a Khatibi, a Laabi , a Ben Jelloun. Hanno creato riviste in lingua francese. E gli altri, che invece definirebbe Ulama, anche se non lo erano, perché non avevano nessun rapporto con la religione, ma erano arabizzanti. Questo negli anni ’60. La parola stessa “intellighenzia” è un po’ antica per i miei gusti. Nuovi intellettuali : non condivido questa sua affermazione che sono dei manipolatori, è un altro modo di pensare il mondo, sono persone che hanno studiato o nel proprio paese o all’estero però che hanno una visione diversa del mondo. Quindi hanno un loro modo di scrivere, di pensare e non credo che siamo manipolatori? Ognuno di loro, a modo suo, cerca di fare la sua battaglia.. è come in un mercato, ognuno ha un prodotto, chi patate, chi pomodori e ognuno cerca di esporlo nello stesso modo. Chi è bravo riesce a vendere tutti i suoi prodotti, cosa che sta succedendo oggi, chi non lo è ...

Sapresti delinearmi delle tendenze in campo politico e culturale ?

Tra gli intellettuali ci sono sempre i dissidenti, quindi quelli che non approvano un regime. Questa è una categoria. Poi, ci sono quelli che sono neutri e che pensano a mangiare il pane quotidiano e che hanno le loro esperienze. Quindi non so come definirli, sono delle persone equipaggiate di strumenti culturali e che non sono né di destra né di sinistra né di centro, che sono un po’ ovunque e ognuno cerca di curare i propri interessi. Non ha importanza se devi allearti con uno di destra o uno di sinistra, ma è uno che si fa il mazzo tutta la vita e che la pensa in un certo modo. Ce ne sono tanti di intellettuali così, oggi. Non ci sono più quelli che hanno un impegno come una volta. C’è molta confusione tra di loro, non riesci più a distinguerli. Puoi dire “Questo è uno che si impegna”, però sai che ha fatto delle cose veramente orribili e dici “Ma come può un nome così noto ?”. Poi alcuni di loro sono diventati delle puttane, perché si prestano ad esibizioni davanti al pubblico, però non sono veramente ciò che cercano di far sembrare. E i dissidenti, quelli che, come Laabi, che sta ancora in Francia, che ha vissuto, ha conosciuto la galera, è stato in qualche modo torturato, ha deciso a un certo punto di non scrivere, però poi ha ripreso. Un altro dissidente che ha fatto una scelta clamorosa, che è stata molto criticata dai suoi altri colleghi scrittori, è stato Rachid Boudjedra, quando ha deciso dopo la guerra del golfo di non scrivere più in lingua francese e ha cominciato a scrivere in arabo.

C’è secondo te una specificità che caratterizzi l’intellettuale del Maghreb ?

Una è sicura : il vissuto coloniale che lui si porta appresso. Che l’abbia vissuto in prima persona o che sia stato tramandato attraverso le scuole, i libri, la lingua stessa. Questa è una delle specificità credo più caratteristiche dell’intellettuale del Maghreb. Un’altra specificità dello scrittore maghrebino, ma direi anche dell’intellettuale, e questa non è una cosa che dico io, ma che mi hanno fatto notare, la figura della donna, negli scritti, di nudi, di cose di sesso, ecc. Come se cercassero di compensare in qualche modo una depressione che poi non è vera. Ma leggendo, quando si pensa a Choukri, si pensa allo stesso Ben Jelloun in alcuni testi, si pensa a Abdellak Serhane, a Boudjedra stesso, cioè c’è sempre questa figura della donna, del sesso, delle puttane. È come se la vita per loro fosse un continuo.. un correre in continuazione dietro alle donne. Che altra specificità può avere ? Ecco, la sua mediterraneità, che lo caratterizza da altri, insomma dall’Oriente e quindi parla spesso e volentieri di tabù e quindi ha tendenza spesso anche a criticare la società da cui proviene, questa è un’altra specificità. C’è sempre, fa emergere una società molto corrotta, contorta.

Che rapporto c’è in Tunisia tra politica e religione ?

Politica e religione... in Tunisia si è tentato in modo molto intelligente di non far incidere il fattore religioso sul fattore politico e soprattutto quando c’è stata questa ondata di integralismi. Gli intellettuali, ma anche lo stesso governo si è detto contro, perché la religione non può essere il monopolio di un gruppo. Cioè un gruppo non può dire : “Ecco, noi siamo i veri rappresentanti, i veri musulmani, gli altri sono degli atei”. Nessuno se lo può permettere questo. Quindi in un modo molto intelligente, introducendo anche alcuni corsi nelle scuole ecc. per preparare le generazioni future ad accettare il diverso, accettare .. a vivere in uno spirito di tolleranza e non di chiusura. Così non si ha questo atteggiamento di dire io sono musulmano, io devo fare questo, devo fare quell’altro. Tanto è vero che per esempio nella legislazione tunisina ci sono cose che sono in contraddizione con quello che è l’islam, come per esempio l’abolizione della poligamia, tanto per citarne uno, la condizione della donna, una serie di cose.

Che lettura fai tu del fenomeno islamista, perché c’è stata questa... ?

Credo che ci sianono alcune persone che hanno cercato di manipolare la religione per il potere. L’unica lettura che io dò.

Però hanno avuto un certo seguito, perché ?

Perché hanno giocato sulla povertà della gente. Perché per esempio in Tunisia non c’è un fenomeno integralista ? C’è stato in qualche modo, ma non come c’è quello algerino, perché si è pensato ad un certo punto che i motivi per far fuggire la gente, quindi l’esodo verso l’Europa è la povertà, ciò che alimenta i gruppi fondamentalisti, ciò che alimenta, che permette loro di avere un esercito è la povertà. Tu puoi andare benissimo, è come il problema mafioso, perché c’è la mafia, perché c’è omertà ? Perché la gente sa che anche avendo 10 figli a carico, vivendo in una casa messa dalla camorra, la mafia, ecc. ci sarà sempre il boss che provvederà ai tuoi figli. Quindi la mafia gioca sulla povertà della gente, quindi le consente di vivere. È lo stesso, il meccanismo è lo stesso. Quando si va nei quartieri e si vedono persone che non hanno da mangiare, che sono disoccupate, gli dicono : “Beh, vieni da me, io ti do i soldi, il lavoro”. In Tunisia invece c’è stato un progetto: perché uno non diventasse un delinquente, non emigrasse, per farlo vivere dignitosamente, il governo ha fatto arrivare tutto alle persone, anche quelle che vivono in posti sperduti. Quindi costruzioni di scuole, la linea telefonica, l’acqua, l’antenna parabolica. Ti permette, attraverso delle agevolazioni fiscali, anche di avere dei prestiti, ti incoraggia a creare dei progetti. E’ stata una ricetta che ha dato degli ottimi risultati.

Ma della situazioni politica che cosa pensi ?

Penso che ci sia stabilità, penso che la Tunisia abbia fatto, in questi ultimi 10 anni, un salto di qualità dal punto di vista economico e oggi quando si parla dei paesi bisogna vedere le cifre. Cioè la gente vive meglio, tutti si possono permettere quello che era un lusso, che era il privilegio di una minoranza. Oggi il benessere è diffuso fra una grande maggioranza. C’è di tutto, si vive insomma, c’è un’ alta percentuale di persone che hanno case e soprattutto c’è stabilità, sicurezza. Ecco per esempio il rischio che una persona esca alle 10 di sera e qualcuno lo , magari, lo uccida, non c’è. E quindi io credo che è un paese dove fa “bon vivre”, ecco, si vive bene. Non c’è il rischio che le cose possano peggiorare, c’è una stabilità anche politica che personalmente mi va più che bene.

Allora perché non torni in Tunisia ?

Chi ti ha detto che non torno in Tunisia ? Io a volte vado sei volte l’anno. È un viaggio con un inizio, questo non vuol dire che deve arrivare dopo un anno, dieci, venti, non si sa dove ti porta, ma il legame con la Tunisia io ce l’ho ancora forte. Solo che io qui ho iniziato un percorso, ho iniziato una vita. È come se avessi fatto un progetto, questo progetto non lo puoi mollare e andartene via, cioè non lo puoi neanche trasportare perché è fatto di contatti, è fatto di cose, è fatto di una serie di .. ed è qui che ho iniziato la mia vita, se l’avessi iniziata a Tunisi io non sarei mai partito da Tunisi. Non è che me ne sia andato perché non mi piaceva Tunisi. Io da quando sto qui ... gli odori, le cose mi mancano eccome, ne soffro, però io se fossi stato a Tunisi non sarei stato in grado di fare il corrispondente della radio a Roma, tanto per capirci. Però il ponte c’è, me lo sono costruito da solo e vado avanti e indietro. Cerco anche di favorire lo scambio da una parte e dall’altra di intellettuali, di gente che magari può contribuire a sua volta. E quindi questo potrebbe anche ridurre il senso di estraneità. L’unica cosa che mi dà ai nervi in questo paese sono le limitazioni. Questo è il problema grosso dell’Italia, che poi non è soltanto un problema dell’immigrato, è il problema di tutti. Però per un immigrato diventa una cosa in più, molto pesante e molto antipatica. Non c’è un perché uno non torna in Tunisia, forse tornerò, forse no, forse andrò, perché ho uno spirito libero, mi sento a Tunisi qui, mi sento a Roma quando sono a Tunisi, mi potrei sentire a New York, a Parigi, dipende poi dagli interessi che ti crei, dipende dalle persone che incontri. Oggi io posso fare tutto il lavoro stando davanti al computer, collegato a internet e non ha importanza dove sto. Solo che è ovvio, stando a Tunisi, è come un qualcosa in più. Ci sono cose che se ci fossero state qui a Roma sarei stato più felice. Cose banali, non lo so un caffè, andare a bere un tè alla menta, un ristorante tunisino, queste cose più un bagno turco. Non so che cosa darei per un bagno turco. Io sono pronto a pagare 100.000 lire per un bagno turco, ma un bagno turco come Dio comanda, ma un vero bagno turco, non una sauna con un po’ di vapore ! ! ! Queste cose qui. Poi magari vai a Parigi e trovi tutto, però ecco non trovi lo spirito mediterraneo che trovi qui. Non si può avere tutto nella vita, quindi bisogna accontentarsi, avere quello che puoi ottenere e aspettare per il resto.

Cosa pensi dell’attuale fase della vita politica italiana ed europea ?

C’è tutto un sistema qui, si va a votare il maggioritario, il proporzionale ecc. però è tutta una farsa. Qui comandano i partiti, continueranno a comandare, poi fanno le scenate al pubblico in televisione e poi si mettono d’accordo. Guarda il caso del sottosegretario dell’UDR in manette. Un sottosegretario del governo. Quando ci fu il putiferio, me lo ricordo, quando D’Alema ha sciolto la riserva e stava per formare il governo e l’Udr di Cossiga, che adesso non è più di Cossiga è di Mastella. Ci sono questi colpi di scena. La politica italiana è fatta di colpi di scena e non cambierà mai, anche se non c’è più il Psi, la Dc.

E invece della politica a livello europeo ?

A livello europeo, io credo che l’Unione Europea , anche se ha dovuto faticare molto per arrivare ad un unione monetaria e via dicendo per contrastare lo strapotere americano, che ha le sue ramificazioni un po’ ovunque nel mondo, è una cosa molto positiva, bisogna poi vedere nell’applicazione.. cosa ne sarà. Cioè se ci sarà veramente una distribuzione delle ricchezze. Se il tenore di vita in Germania un giorno diventerà lo stesso che in Italia, cosa che io credo un po’ difficile. Comunque già è un buon inizio. Bisogna fare in modo di rendere le leggi dei vari paesi, ovviamente mantenendo la sovranità, l’autonomia dei vari paesi, più o meno compatibili, cosa che ancora non è. Perché se lo fosse stato la mia laurea sarebbe stata riconosciuta in Italia senza problemi, senza dover fare nessun esame, perché è riconosciuta in Francia. Questo è un esempio.

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(ISSN 1824-6648)

Salah Methnani e Mario Fortunato: gli autori di Immigrato

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 3, Numero 14
December 2006

 

 

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