C’era una volta un tale di nome Nessuno che abitava in una terra lontana e desolata chiamata Mediterrania. Possedeva una casa grande in mezzo ai boschi, fuori città, che si era costruito dopo tanti anni di lavori forsennati e sacrifici immani. Il suo rapporto con le grandi metropoli era molto limitato, e la gente in provenienza da paesi confinanti che incrociava nel mercato dei dromedari una volta l’anno lo lasciava con l’amaro in bocca e lo spingeva ad accarezzare il sogno di emigrare un giorno nelle loro terre. Era curioso di scoprire il trucco che usavano quelli individui per mantenere la loro pelle bianca e avere gli occhi dipinti del suo colore preferito: il blu del cielo.
Incontrare quella gente, avvicinarla, camminare sulla stessa sabbia su cui camminava, contemplare la sua andatura e la sua abilità commerciale divenne con l’andar del tempo un rito annuale per il quale Nessuno si preparava meticolosamente. Era gente fiera di se e piena del suo essere, nella maggior parte dei casi Padaniana. Persone che parlavano una lingua diversa dalla sua, che si vestivano stranamente per i suoi gusti, e che si divertivano a tirar fuori i loro passaporti, ogni volta che dovevano concludere un affare, e sbatterli in faccia al venditore di dromedari per intimorirlo e costringerlo ad abbassare i prezzi. Era il loro modo di rivendicare la loro identità riconosciuta e consolidata in tutto il globo. Nessuno era invidioso di quel potere che deteneva quella gente, e volle pure lui avere un’identità così forte per riscattarsi dal suo vissuto insignificante. Decise quindi di vendere la casa e seguire il richiamo dei venti del Nord alla ricerca di fenomeni naturali come la pioggia, la nebbia e la neve di cui aveva sentito molto parlare ma che non aveva mai visto. Sperava di poter mettere fine alle sue sofferenze e costruirsi invece della vecchia casa un volto, un nome, una vita. Il suo viaggio fu lungo e faticoso e il dromedario che lo guidò attraverso le dune del deserto morì prima di raggiungere la frontiera con la Padania. Soggiornò in quel paese a lungo e lavorò sodo all’edificazione di un mausoleo regale finché non gli cadde un giorno una roccia piovuta dal cielo e gli ruppe una spalla. Attribuì la colpa della sua disgrazia alla pioggia e si prosternò, non appena fu dimesso dall’ospedale dove era ricoverato, per pregare l’onnipotente e invocare la sua clemenza. Chiese al signore di mandare in futuro piogge più miti sulle spalle dei suoi servi e tornò a? ultimare i lavori che aveva lasciato in corso. Era orgoglioso di vedere il monumento prendere corpo pietra dopo pietra per racchiudere uno di questi giorni l’anima del sovrano che aveva ordinato la sua edificazione e che stava quasi per inghiottirlo nel buio della sua fossa.
C’era un tale di nome Nessuno che abitava in una terra lontana e desolata chiamata Mediterranea. Partì un giorno lasciando alle spalle la casa che custodiva i suoi ricordi e la sua infanzia. Percorse il suo destino per riprendere un’identità che non gli fu mai data. Gli regalarono un permesso di soggiorno, una carta di identità, e lo registrarono all’ufficio di collocamento. Trascorse la sua esistenza scrivendo su un sudario le stranezze della vita e se n’è andò improvvisamente senza lasciare traccia. Su quella tanta ambita e rincorsa identità soffiò il vento inclemente del deserto e ne cancellò ogni impronta.