El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

l'oggi che non c'è mai

salah methnani

Diversamente dai bambini che si svegliano ogni mattina per trovare pronto, apparecchiato sul tavolo della cucina quello di cui hanno bisogno per nutrirsi, io mi alzo tutti i giorni con la speranza che possa finalmente incrociare, sul pianerottolo della palazzina dove abito o dentro il bar sotto casa, dove di solito entro per fare colazione quella figura femminile che popola i miei sogni e stenta ad entrare nella mia vita reale di uomo solo. Passo la maggior parte della giornata, in seguito, a guardarmi intorno, a fissare i volti che mi circondano sull'autobus o quelli che affollano i treni della metropolitana durante le ore di punta per lasciare libero sfogo alle mie fantasie e immaginarmi in compagnia di una donna che mi vuole bene. Guardo di fronte a me, vedo una coppia , chiudo gli occhi e poi mi metto a sognare per alleggerire la pesantezza di ciò che mi manca e di cui ho molto bisogno, amare e sentirmi amato. Investire il mio cuore e accudire il cuore di una compagnia, un'amica di un lungo percorso, una complice sotto le coperte del mio gelido letto. Le mie visione vengono costantemente disturbate e la mia mente torna subito a pensare che la realtà è altro e che mi devo proibire di immaginare ciò che non esiste. Sento la voce di una piccola particella rinchiusa in una parte remota del mio cervello che mi ordina di rassegnarmi, di non chiedere troppo dalla vita, di lasciar perdere. Una voce che comincia a prendere corpo lentamente fino a soffocarmi. Tu sei diverso, sei uno straniero non hai il diritto di sfiorare neanche un capello delle nostre donne, voi altri siete dei barbari, avete la poligamia, opprimete le donne, le maltrattate, e via dicendo - continua a dirmi quella inusitata voce.
Io cerco di ignorarla e di illustrare un’argomentazione concreta per far cessare la validità di quei decreti che sono diventati oramai appiccicati sulla mia pelle, ma invano. Non importa se ricordo a quella voce che sono un essere umano come tutti gli altri che ha bisogno d'affetto, non ha nessun significato dire che l'uomo è diverso dall'animale e che quindi ha bisogno di soddisfare determinate necessità vitali. Passo la giornata in compagnia di me stesso, anche le persone ti evitano quando vedono che non sei in grado di attirare l'attenzione del sesso gentile su di te. Ho imparato ad essere in questo mio esilio un uomo indipendente mio malgrado, un autonomo costretto a fare tutto da solo. Torno a casa e mi preparo da mangiare dopo aver lavato i piatti del giorno precedente e messo a posto la cucina. Mangio come mangiano gli animali o almeno cerco di adeguarmi al loro modo di mandare giù il cibo, tutto di un colpo ; cerco di far durare il pranzo il meno tempo possibile per non allungare la mia solitudine. A casa ci sto poco, odio sentire il vuoto intorno a me. La sera non ha fine, è grigia, neanche la televisione riesce ad attutire la mediocrità che mi attornia, mi invento sempre qualcosa da fare per dimenticare la mia situazione e mi metto ora a pulire per terra e ora a stirare i panni. Prima di andare a letto mi lavo i denti, e delle volte mi fermo più a lungo in bagno per fare certe cose e auto illudermi che non ho bisogno di nessuno. Nella vita si ha sempre voglia di ciò che non si ha, e questo lo posso capire ; ma non riesco a percepire come si fa a non desiderare ciò che è umano. La mia non è una pretesa del superfluo ma una ricerca del fondamentale, del naturale. E' strano come l'appartenenza a una etnia piuttosto che a un'altra possa trasformare lo stato naturale delle cose e come può essere negato a qualcuno l'accesso alle essenzialità dell'oggi per il semplice motivo che non appartiene originariamente alla comunità che lo ha adottato. Passano i giorni senza che io possa trovare rimedio alla mia segregazione, i sogni si trasformano in incubi dentro i quali la donna rifiuta di entrarci. Comincio a frugare nella memoria per cercare di ricordare la prima volta che vidi una femmina, in carne e ossa entrare a far parte della mia schifosissima vita. Le immagine riaffiorano, piano piano, un po’ sfogate e con una gioia amara, come quando uno rimpiange ciò che non può più permettersi; rivedo sfilare davanti a me la mia infanzia.

Avevo sei o sette anni circa quando cominciai a far parte del mondo degli uomini. Non andavo più con mia madre al bagno turco, dove le donne si vedevano seminude, ma a quello degli uomini in compagnia di mio zio materno Aziz. Il mio rapporto con il sesso opposto cambiò di colpo e la mia sensibilità riguardo l'argomento anche. L'individuo non si rende conto di solito del suo essere quando è rinchiuso dentro un cerchio, riesce a valutare le cose meglio una volta che ne esce fuori e getta sull'insieme delle cose uno sguardo distaccato da fuori. Fu soltanto allora che capii la distinzione e la separazione fra i due mondi, quello femminile e quello maschile. E visto che non mi era stato più concesso di stare in mezzo alle donne e di frequentarle, iniziai a provare piacere a fare il ruolo dell'adulto bisognoso della sua dolce metà e a fermare ogni tanto la mia vicina di casa, che aveva i miei anni, davanti al portone e dirle qualche parola carina. Imparai meglio col passar del tempo il significato e la necessità di avere una fidanzata. I miei si resero conto della passione che nutrivo per Nadia e ci scherzavano sopra : il nostro piccolo è diventato un uomo, ha pure la ragazza - dicevano. Era diventato noto nel mio quartiere che da grande avrei sposato la mia innamorata. La mattina, sua madre la lasciava andare a scuola insieme a me e a mia madre. Tenevo la sua mano stretta nella mia, non la volevo lasciare neanche quando arrivavamo dentro il cortile della scuola e dovevamo separarci ; passavo la mano sul suo bel visino e le accarezzavo i capelli prima di vederla allontanarsi nella direzione opposta, non eravamo nella stessa classe. Mi piaceva dividere con lei, durante la ricreazione le merende che gonfiavano il mio zaino, e fare lunghe passeggiate insieme a lei, la mano nella mano ; i miei compagni di scuola ne erano gelosi. Ogni volta che mia madre mi portava a una festa di matrimonio di qualche parente o amico di famiglia immaginavo Nadia al posto della sposa e io al suo fianco. La notte la sognavo.

Era l'epoca dei bei tempi, dell'innocenza, del possibile ; non erano ancora stati emessi i divieti. Era tutto naturale, il sogno dei bambini non veniva soffocato e la vita aveva più gusto di ora ; non mi ponevo il problema dell'esilio del corpo né lo sradicamento dell'anima. Ma la crudeltà dell'esistenza vuole che l'uomo cresca di corsa e impari, per forza maggiore, a non badare più allo stato interiore delle cose. E in questo sono in molti ad aiutarlo. Non si può avere tutto dalla vita - ho spesso sentito dire - non si possono contemporaneamente guadagnare soldi e spenderli, il denaro o lo si spende o lo si guadagna. Non puoi essere immigrato e permetterti il lusso di avere una donna, pensa a lavorare e tieni la bocca chiusa, mi aveva spiegato una persona riferendosi a ciò che avevo appena detto. Anche mia sorella era diventata complice in questo gioco. Mi raccomandava di diventare un uomo ogni volta che la sentivo al telefono, abbi pazienza e pensa al tuo lavoro, non ti tormentare di altro e non pensare alle donne. Sei ancora giovane, hai molto tempo davanti a te, hai appena trent'anni non li sprecare o non regalarli ad altri. Quando vorrai ti troverò una bella sposa, una ragazza che ti merita, di buona famiglia. Allora potrai goderti la vita come quando eri piccolo, ma non ora. Avrai la donna dei tuoi sogni, magari sarai un po’ vecchio ma non importa, ti coccolerà e prenderà cura di te, ti fara dimenticare tutte le tue frustrazioni interiori e porterà il tuo seme per dare vita a un bel bambino che ti assomiglia. farete dei viaggi insieme e riderete dei giorni bui del tuo esilio, che una volta erano presente e che nel futuro diventeranno passato,. Prevedo per te un avvenire pieno di luce, fratello mio - concludeva sempre le sue affermazioni prima che riattaccassi la cornetta. A mio sorella piaceva molto il drammaturgo tunisino Ali Douagi , che diceva in una delle sue opere :
Ha trascorso la vita con la speranza che gli
viene dato un chicco d'uva

Quando è morto gli hanno regalato un grappolo
intero.

Ed è per questo che la capisco.


dicembre 1993

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Supplemento

(ISSN 1824-6648)

Salah Methnani e Mario Fortunato: gli autori di Immigrato

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 3, Numero 14
December 2006

 

 

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