IL DIARIO POETICO DI GEZIM HAJDARI SULLA SOCIETA ALBANESE
Ed è ancora poesia, quella vera, quella che non segue ritmi o metriche, quella che denuncia, quella che graffia l'anima e che fa male al cuore. L'ultima pubblicazione del poeta, narratore Gezim Hajdari, edito da Fara Editore, dal titolo emblematico Poema dell'Esilio , in libreria in questi giorni, è uno specchio degli anni che hanno segnato il crollo della dittatura staliniana di Hoxha e la nascita del pluralismo politico in Alba¬nia, dopo mezzo secolo di terrore e isolamento totale dal resto del mondo.
Più che un poema è un diario che tenta di far luce nella società albanese pervasa in questo arco di tempo da misteri, tragedie e crimini di guerra. E' una dichiarazione di dolore, dove Hajdari soffre, scava, urla e bestemmia dall'esilio, vigila, si ribel¬la, si dispera, ma poi si illumina perché, proprio dall'esilio riesce a denunciare. Si legge: 'Tirana adora i tiranni.
L’Albania è il paese della corruzione, dell'umilia¬zione e del sangue innocente, l'Albania continua a divorare i propri figli come Medea: è per que¬sto che non tradisco l'esilio, amici miei".
Il poeta albanese, esule da tanto tempo nella nostra città, tanto che nel 2000 ha ricevuto la cittadinanza onoraria, ha dichiarato: "non avrei mai pensato di scrivere un libro, che forse sconvolge¬rà i miei lettori, ma vista la grave situazione che sta attraversando il mio Paese oggi, trovandosi sull'orlo di una guerra civile, ho sentito il dovere,,',¬di scriverlo a nome di tutti i poeti esuli, che come seguono con ansia e vivono con molta preoccupazione tale situazione, cercando di fare qualcosa di utile per la cultura e per il futuro dell'Albania, che sta affrontando con¬dizioni estreme di vita". E' un poema, che trova la sua forza vitale nella disperazione della denuncia, gridare al mondo, per risentirne l'eco, nelle due lingue del poeta: l'albanese e l'italiano, come la sua appartenenza ormai a due mondi, quello in apparenza latente in lui, ma in realtà assolutamente,. vivo,e l'altro quello della quotidianità che narra di esilio e di sfida. Gezím Hajdari è un uomo di frontiera, ferito nella ferita, in namo¬rato del nulla, e dell'origine del freddo. E' un uomo che vive di poche cose, condannato alle frontiere, dalle frontiere ... i suoi occhi: sguardi incrociati fra quelli che giungono ed altri che par¬tono e dentro di sé si sente un po' nessuno e un po' tutti, ubriaco di mondi".
Hajdari scrive di vita e di morte, con la penna intrisa di mare, di terra e di cielo, regalandoci emo¬zioni che annientano e sgomentano La poesia alba¬nese è una delle più dilaniate in Europa.
Il cosiddetto "realismo socialista" (il manifesto dell’arte di partito) come in nessun altro paese al mondo, ha mostruosamente steriliz¬zato mezzo secolo della poe¬sia albanese e l'intera letteratura nazionale. Essere poeta in Albania, in un paese piccolo ma di grandi tragedie forse è più difficile che altrove dove ad essere condannati sono non solo coloro Che scrivevano, ma anche i loro libri e a volte le loro tombe.
Roberto Mirabella in "Flash magazine gennaio 2006"