El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Rodolfo Coccia

Le spine nere di Gezim Hajdari

La spina di per sè è già dolorosa e se acco munata al colore nero diventa bandiera della sofferenza. Siamo abituati alla soffe renza del poeta Hajdari, chi ha avuto l'occasione (il privilegio) di leggere i passati lavori sa già di trovarsi di fronte ad un uomo che vive nel dolore senza pianto.
Un lamento dignitoso a volte tedioso, ma identi ficato e sofferto nell'a more (con l'amore) per la propria terra. Sono diversi anni che Gezim vive nella nostra città, dal 2001 è cittadino onorario della Città di Frosinone per meriti let¬terari, città testimone dei suoi primi anni d'esilio dalla amata Albania. Lo incontro appena tornato da un recital al Piccolo di Milano, mi fa dono di "Spine Nere" ed. Besa ultimo lavoro con testo a fronte in lingua, caratteristica del poeta che compone in italiano per tradurre nella lingua madre albanese.
Ero abituato ai versi di Gezim, i suoi precedenti lavori occupano parte della mia biblioteca e del mio bagaglio poetico, ma in que st'ultimo suo libro inaspettatamen te mi sono trovato di fronte a un cambiamento irreversibile e invo lontario.
Sembra, con gli anni sia andato ad affinare ed esemplificare il pressante canto dell'esiliato dove per esilio non intendiamo (oramai) più l'accesso negato al suo paese, ma un esilio volontario, proveniente dal cuore. Amare la propria terra, così vicina, eppur lontana, cantarla in un paese amico ma pur sempre straniero hanno forgiato sempre più la parola del poeta come un infuocato ferro da piegare e modellare a proprio piacimento. La pietra dura, la sabbia, la polvere, la pianura o la fredda montagna sono simboli della terra albanese, che accompagnano Gezim nella vita, tanto che il poeta è tenuto “,non a viverla, ma attraversarla" e in quest'ultima fatica Gezim l'attra¬versa con l'occhio (e il cuore) di chi si sente (a ragione) cittadino del mondo. Alla malinconia, ecco che improvvisamente si affaccia l'ironia, alla disperazione affiora lo sberleffo e i versi si muovono in un caos ordinato rivolto esclusivamente alla mancata "Besa" (promessa) dell'occidente. Nulla più , può accadere a Gezim rafforzato della sua sofferta Gjam (convulsa enumerazione dei meriti del defunto), nulla più può tocca lo in una vita votata esclusivamente alla poesia, una poesia pensata e sof ferta sulla propria pelle, un canto a volte gridato in ogni angolo del mondo, a volte seppellito sotto la dura terra della sua amata Albania.

Rodolfo Coccia "Flash magazine- mensile della nuova Ciociaria" maggio 2004

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(ISSN 1824-6648)

Gëzim Hajdari: Il poeta della migrazione

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 2, Numero 11
March 2006

 

 

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