El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

intervento di Micheletti al forum di Mantova

All'interno dell'incontro odierno sulla "letteratura della migrazione" potrei rappresentare una figura spazzata via dal corso della storia, una specie estinta che nemmeno più il WWF è disposto a proteggere: la figura del coatutore. Gli scrittori che inviano le loro produzioni al premio letterario Ex&Tra o che comunque riescono a far sentire la propria voce nel mondo dell'editoria oggi si esprimono direttamente in italiano, in un italiano più o meno rispettoso delle convenzioni, più o meno espressivo, più o meno nuovo. Agli inizi degli anni '90, quando si sono affacciate le voci d'esordio degli scrittori immigrati, i testi pubblicati erano invece frutto di collaborazioni fra giovani autori giunti da pochi anni in Italia e italiani nella maggior parte dei casi già forniti di esperienze editoriali, i coautori appunto, che con modalità di volta in volta diverse fungevano da tramite a livello linguistico e culturale. Non da parte degli editori ma dal pubblico ci fu allora una certa difficoltà ad accettare l'idea di questi libri "a quattro mani" ( ma queste mani si usano per scrivere?) e l'idea stessa della presenza a volte discreta , a volte ingombrante, del coautore italiano. Per prepararmi a questo forum, ieri ho tolto dall'armadio la cartella dei ricordi e sono andato a recuperare alcune recensioni di allora: ho sorriso nel trovare termini come "tradurre", "riordinare", "rielaborare" "compilare", termini riduttivi, più rassicuranti di un concetto scomodo e innovativo quale lo "scrivere insieme". Fra le varie "coppie miste" letterarie di questi tempi, inoltre Saidou e io costituivamo fra l'altro una sorte di eccezione, perchè la nostra Promessa di Hamadi, uscita nel 1991, era l'unico fra i testi della cosiddetta "narrativa nascente" a porsi come romanzo vero e proprio, come fiction; e abbiamo costituito una eccezione anche in seguito, perchè siamo stati gli unici a riproporre nel 1995 la nostra collaborazione con La memoria di A. ( e siamo fra le poche "coppie miste" del mondo dello scrivere a non avere subito tempestose rotture, cosa da non sottovalutare perchè a mio giudizio essere amici ha lo stesso valore di scrivere libri). Dopo il 1995 i miei rapporti con la letteratura migrante si sono allentati, tanto che non so in quale misura le mie riflessioni sull"'apporto alla letteratura e alla società italiana" da parte degli immigrati si riferiscano alla situazione presente o siano superate.
Per quanto riguarda il primo punto di cui si conversa oggi, quello relativo all'apporto propriamente letterario di questi scrittori immigrati, ritengo che lo si debba intendere come un punto di arrivo più che di partenza, un traguardo più che un presupposto. Certo gli immigrati possono dare un forte contributo a svecchiare una tradizione letteraria per tanti versi ingessata e accademica quale quella italiana: è una occasione da non perdere, una sfida da non lasciar cadere, ma l'esito non è scontato, il successo non è garantito in partenza. Si tratta di un'operazione che secondo me richiede tempi di maturazione che non devono essere affrettati per impazienza. Il contributo degli immigrati in questa direzione può essere comunque importante: il loro punto di forza sta nel collocarsi al di fuori della nostra tradizione culturale e al tempo stesso di potersi distaccare o rapportare criticamente anche alla tradizione culturale loro, svecchiando insieme l'una e l'altra, se occorresse. Sul secondo versante, circa l'apporto della letteratura migrante alla società italiana, lo intendo non come un punto di arrivo ma come un punto di partenza. Scrivendo, l'immigrato denuncia la condizione di oppressione, di esclusione, di marginalità, di solitudine in cui tutti gli immigrati si trovano a vivere. Su questo siamo d'accordo, ma non basta, bisogna andare oltre. Mi auguro che gli immigrati non siano confinati a una funzione letteraria di testimonianza, cosa che finirebbe per costruire attorno a loro una nuova "gabbia", immateriale ma non meno soffocante di quelle dei centri di detenzione temporanea di cui a Milano abbiamo un esempio molto poco temporaneo in via Corelli.. Mi auguro che l'immigrato non sia costretto a rimanere prigioniero del proprio vissuto, augurio che al giorno d'oggi può suonare ovvio, ma che ai tempi della Promessa di Hamadi non lo era altrettanto, perchè le aspettative dei lettori andavano tutte nel senso del racconto autobiografico, cosa che ha dato anche origine a una serie di fraintendimenti, con esiti a volte involontariamente comici.
In sintesi, non è solo la propria condizione di vita che l'immigrato ha il diritto di esprimere, m il proprio mondo interiore, la propria immaginazione, la propria fantasia senza confini, come del resto le prove letterarie del vostro percorso stanno a testimoniare. In conclusione, vorrei proporvi un gioco di simulazione. Immaginiamo per un momento di non essere seduti comodamente in questa sala dal soffitto a cassettoni, con le finestre affacciate su questa splendida piazza, ma fingiamo di essere stipati nella stiva di una barca, una della cosiddette "carrette del mare" che di notte trasportano immigrati sul canale d'Otranto, una notte di mare agitato che fa sentire ancora più lontane e irraggiungibili le coste italiane. Fra noi corre una certa paura , qualcuno la esprime, qualcuno per vincerla racconta la prima cosa che gli viene in mente. Uno racconterà di aver sentito parlare del peschereccio maltese che la notte di Natale del 1996 è stato speronato dalla nave “Johan” ed è colato a picco nel canale di Sicilia con la stiva piena di gente. Un altro racconterà della nave carica di albanesi speronata il 29 marzo 1997 dalla marina militare italiana, dei morti mai più recuperati. Uno racconterà una fiaba del suo paese, la fiaba di un pescatore e di una pesca miracolosa, un altro racconterà di come si cucina il pesce a casa sua e di un pranzo di matrimonio, un altro ancora di Moby Dick e uno infine il sogno della notte prima. Se si mettessero assieme le storie che si raccontano le persone chiuse nella stiva di una nave in una notte di mare agitato sul canale d'Otranto in attesa di vedere spuntare all'alba le coste italiane, avremmo già scritto un libro e spero che prima o poi qualcuno lo scriva. Per il momento grazie a tutti voi e...buona navigazione.

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Supplemento

(ISSN 1824-6648)

incontro con saidou moussa ba e alessandro micheletti

A cura di raffaele taddeo

 

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Anno 2, Numero 10
December 2005

 

 

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