El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

gabriella ghermandi e yousif latif jaralla, alla ricerca di uno spazio letterario tra scrittura e oralità

eugenia mazza




Gabriela Ghermandi narratrice italo-etiope tra scrittura e oralità

La tradizione della narrazione orale in Italia ha origini molto antiche quando dalla Grecia Aedi e Rapsodi iniziarono a viaggiare portando con loro un ricco repertorio di storie mitiche. I cantastorie sono stati uno dei principali canali di diffusione della letteratura cavalleresca, nell'area mediterranea, soprattutto fra gli strati popolari. Un problema misterioso, per gli studiosi di etnolgia e di letteratura riguarda il meccanismo attraverso cui il ricco meteriale culturale viaggiando da un luogo all'altro lascio' dietro di se una traccia cosi' profonda da fornire lo stimolo necessario perche' ogni popolo esprimesse la prorpia creativita', fondendo la tradizione altrui con la propria. Dai tempi piu' antichi, centrale e' stato dunque il ruolo dei cantastorie come mediatori e diffusori della cultura del tempo in fruizione popolare.

Nel Medioevo i Jongleurs francesi avevano iniziato a far conoscere tra il popolo le leggende carolinge, giullari e menestrelli si spostavano di citta' in citta' intrattenendo la gente nelle piazze e nelle corti, alcuni venivano dalla Provenza e i loro temi cortesi ebbero grande impatto sulla letteratura delle nostre origini.

E' opinione fra gli studiosi che la tradizione orale, dai giullari medievali ai cantastorie, abbia giocato in Italia un ruolo importante nella diffusione delle tradizioni cavalleresche. Proprio durante quei secoli scrittura e oralita' viaggiavano su binari paralleli che spesso s'incontravano su un terreno di scambio e arricchimento reciproco. La scrittura era l'espressione dell'uomo colto, nobile e ricco, di contro la rappresentazione orale era patrimonio del popolo, in essa convergevano e venivano confermati i valori culturali di appartenenza. Il Mediterraneo durante il Medioevo, diventa un punto strategico di incontro e di scontro di uomini, idee e storie; l'invasione araba della Sicilia e l'avventura delle Crociate avevano intensificato i rapporti tra Oriente e Occidente gettando le basi per un prolifico scambio di storie. Nel caso della Sicilia per otto secoli tali racconti sono stati tramandati di generazione in generazione prima di dar vita in epoca romantica, alla tradizione dell'opera dei pupi.

Fatte queste premesse vorrei accennare a due importanti opere tra le piu' rappresentative del Medioevo; il Decamerone di Boccaccio e "Le Mille e una notte"

Nel Decamerone di Boccaccio l'oralita' entra nella scrittura e acquista un valore simbolico importante. La parola e' salvifica e la narrazione sottrae i giovani dal pericolo della morte. Una morte che si realizza fuori e dentro il testo, a Firenze a causa della peste e nello spazio della pagina a causa della fissita' della parola scritta rispetto alla parlata. Uno dei paradossi della scrittura e' la sua associazione con la morte, Platone ad esempio metteva in guardia gli uomini dal pericolo della distruzione della memoria.

Il potere della parola di sospendere e posticipare il tempo della morte e' un tema anche'esso presente in un'altra famosa opera medievale "Le Mille e una Notte". In entrambe le opere si utilizza la metafora della narrazione per dimostrare che alla verita' si puo' accedere solo tramite il racconto. La narrazione sospende il tempo reale e supera i confini spaziali per diventare un veicolo di conoscenza capace di portare l'uomo al di la' della sua esperienza terrestre.

Con la parola araba "Al Salik" s'intende un viaggiatore che viaggia in se stesso, ed e' il titolo che alcune confraternite mistiche mussulmane conferiscono a coloro che praticano il percorso verso la conoscenza e la verita'. Il racconto ha il potere di intrattenere, di essere catartico, di ammonire ed insegnare una morale, di trasmettere i ricordi e la conoscenza popolare e infine e' strumento prediletto della ricerca interiore e della verita'.

Narrare diventa sinonimo di viaggiare con l'immaginazione, a questo proposito e' significativa la I novella della VI giornata del Decamerone, dove un cavaliere offre alla sua dama di portarla in viaggio con se, a cavallo con una delle belle novelle del mondo.

Come nelle Mille e una Notte anche nel Decamerone assistiamo ad una tecnica metanarrativa in cui vi e' l'incapsulamento di una storia nell'altra, la metafora della cavalcatura che abbiamo appena menzionato suggerisce secondo il simbolismo medievale, la ricerca spirituale. La parola diventa il veicolo con cui compiere il viaggio da dentro a fuori se stessi ma e' anche il modo in cui si riesce ad entrare in modo significativo in contatto con gli altri.

Un ponte immaginario lega l'esperienza orale del Medioevo in Italia con quella contemporanea, la somiglianza si realizza sulla base delle contaminazioni e degli scambi e grazie all'apertura dei confini culturali tra Oriente e Occidente, Africa e Italia.

La narrazione orale oggi per gli artisti stranieri non e' legata ad una necessita' o alla volonta' di continuare una tradizione culturale ma sembra invece rappresentare il desiderio di sperimentare un genere alternativo tra scrittura e oralita'.

La nuova messa in scena orale ha perso il suo carattere popolare e si rivolge verso un pubblico nuovo capace di apprezzare un messaggio che si fa sempre piu' sofisticato.

Gabriella Ghermandi e' una artista di origini italo-etiope, la sua esperienza umana e culturale si lega non solo all'Etiopia, dove ha vissuto parte della sua vita ma anche all'Italia dove da anni vive a Bologna. La sua attivita' nel campo della letteratura oltre la scrittura si rivolge verso altre iniziative come la rivista online "El-Ghibli" di cui lei e' attualmente parte del comitato editoriale. I successi nel campo della narrativa sono presto sfociati in un bisogno di aprirsi, per un contatto piu' diretto con il pubblico ascoltatore. Durante uno scambio di corrispondenza la Ghermandi difinisce la sua idea di narrazione: "Raccontare vuol dire incontrare senza filtri e creare una relazione con i lettori -ascoltatori". Gabriella Ghermndi approda alla narrazione orale solo in un secondo momento, dopo avere per anni raccontato le sue storie per iscritto, in uno stile vivace e descrittivo che l'ha vista protagonista del concorso letterario Eks&Tra dedicato agli scrittori migranti e dove ha ricevuto il primo premio con il racconto il telefono del quartiere.

La messa in scena della Ghermandi, presenta delle caratteristiche specifiche che si differenziano sia dall'azione teatrale, che dall'esibizione legata esclusivamente all'oralita' e improvvisazione. Il lavoro di quest' artista parte dalla scrittura, nel momeno stesso in cui le sue idee e i suoi ricordi si fissano sulla pagina.

E' solo successivamente che la storia si materializza in uno spazio extratestuale non piu' limitato alle pagine del libro ma vissuto all'interno dei teatri, stanze, giardini e piazze. In questi luoghi, e' la voce della narratrice a risuonare e a creare quel rapporto diretto con il pubblico.

La narrazione orale della Ghermandi, si presenta allo spettatore come una lettura recitata, spesso di tono colloquiale, in cui l'autrice conversa con se stessa e con i suoi personaggi. La familiarita' dell'intonazione della voce suggerisce la marcata presenza dell'elemento autobiografico all'interno delle sue storie. Durante la lettura accade spesso che veniamo trascinati fuori dai nostri confini geografici e proiettati nel mondo dell'infanzia dell'autrice che e' presente in ogni sua opera.

La voce e' lo strumento che le serve ad evocare i ricordi di luoghi e persone lontane, ma non si tratta solo di parole, insufficenti ad esprimere la profondita' della memoria, la narratrice alle parole alterna il canto.

La voce e' uno strumento che offre al narratore due livelli distinti in cui puo' essere raccontata una storia. Il primo potremmo dire piu' esterno e descrittivo, il secondo piu' interno e legato alle emozioni. Con le parole la narratrice ci descrive le persone, ci fa conoscere i fatti, con il canto invece ci porta lontano nella profondita' del ricordo ad esprimere cio' che e' inesprimibile.

Il canto della Ghermandi si presenta in una lingua straniera per noi italiani, un misto di amarico(lingua uficiale dell'Etiopia) e tigrigna ( lingua ufficiale dell'Eritrea), eppure la nostra comprensione non viene limitata, al contrario percepiamo quegli echi lontani che appartengono all'infanzia e alle sue radici culturali.

Durante uno spettacolo di narrazione, l'artista cerca di connettere i fili delle relazioni, mi riferisco a quei rapporti che nella pagina del libro difficilmente si realizzano e che coinvolgono principalmente il narratore, la storia e il pubblico.

In una rappresentazione orale il narratore riesce a dare l'interpretazione del testo che desidera, provocando sui suoi ascoltatori la reazione desiderata. Cio' si realizza grazie al fatto che gli spettatori vengono invitati a condividere un'atmosfera collettiva.

Nella scrittura al contrario la ricezione della storia puo' essere diversa per ogni lettore in quanto dipende dalle condizioni esterne e dalla disposizione interna al momento della lettura.

Gabriella Ghermandi durante gli spettacoli afferma di sentirsi come se : "la storia si materializzasse e diventassimo tutt'uno, io, il musicista e il pubblico. Mi sembra che ci sia un solo cuore che batta, lo sento dilatarsi e contrarsi nell'atmosfera che ci avvolge" Queste parole ci danno l'esatta idea del sentimento di unita' alla base dell'esperienza narrativa, che puo' dirsi pienamente riuscita quando narratore e pubblico riescono ad annullarsi l'uno nell'altro.

Qualche tempo fa a Lucca, durante un seminario sulla scrittura migrante, ho avuto il privilegio di assitere ad uno spettacolo di narrazione di Gabriella Ghermandi, dove si e' esibita raccontando una storia dal titolo: All'ombra dei rami sfacciati, carichi di rosso vermiglio. L'accostamento fono-sintattico di quelle parole provoco' in me spettatrice una immediata reazione sensoriale, in cui suoni e colori prendevano forma in una immagine dalla vena sarcastica e sfacciata.

Solo in seguito ho potuto fare i dovuti riferimenti di senso che le parole del titolo tendevano a celare, cio' ha contribuito a mettere in risalto una caratteristica della narrazione orale che consiste nella realizzazione di un'esperienza che oltre ad essere intellettuale si basa molto sugli effetti provocati dal suono della voce, delle parole e degli strumenti musicali.

Durante quella messa in scena la narratrice ha ricorso a quegli effetti paralinguistici che abbiamo gia' menzionato, attraverso l'utilizzo del tamburo chiuso che produceva dei suoni naturali simili alla pioggia e al vento creando l'atmosfera ideale in cui calare il racconto.

Una suggestiva definizione di cio' che le storie significano per lei si ritrova nei versi che segnano l'inizio del racconto All'ombra dei rami sfacciati.....:

"Siamo storie
di storia nella storia.
Angoli o centri
di trama e ordito
del tessuto del mondo.
Nicchie ricavate
in intrecci di eventi.
Noi siamo nella storia"
(1)

La narrazione si presenta da questa introduzione, come atto riflessivo del se e delle cose che si trovano a specchiarsi e rivivere nelle parole, il racconto ha il potere di creare il nuovo ma allo stesso tempo di tramandare e conservare la memoria.

Le storie rispecchiano la nostra vita e noi ci rispecchiamo in esse, in un rimando all'infinito in cui diventano la trama e tessuto del mondo.

L'arte del tessere a cui si rifanno le parole della Ghermandi, si ripresenta spesso come metafora prediletta che meglio rappresenta l'arte del narrare. Nella tradizione islamica ad esempio, il telaio per tessere rappresenta la struttura e il movimento dell'universo, la tessitura e' un lavoro di creazione , un parto che serve a creare nuove forme.
E' importante sottolineare che la tessitura e' un'arte che vede la donna in primo piano, in alcune tribu' africane la donna e' considerata la tessitrice della comunita', non solo le spetta il ruolo di creatrice ma anche di cucitrice dei rapporti sociali, collante necessario all'interno della famiglia e della comunita' e infine depositaria della conoscenza che tramanda attraverso i suoi figli.

La funzione delle donne anziane come custodi dei costumi viene sottolineato nelle battute iniziali del racconto della Ghermandi. Aveva ragione nonna Berechtì esordisce la narratrice, a sottolineare che la voce della nonna rappresenta la voce della ragione stessa che e' ricca di esperienza e valori archetipi.
Presso le societa' africane le donne sono anche cantastorie, donne di medicina, e vengono tenute in grande considerazione come indovine e sognatrici. Questa loro capacita' innata di narrare non e' spesso tenuta in considerazione poiche' si svolge prevalentemente all'interno della famiglia e della comunita', il loro attagegiamento e' spesso restio all'esterno, non si espongono di fronte alla gente ma sono piu' degli uomini capaci di narrare e creare storie.
Le donne somali per fare un esempio si dice che siano delle bravi narratrici e continuino a perpetuare una tradizione che vede tra le piu' illustri antenate la figura di Sherazad. Questa e' l'eroina delle Mille e una Notte, figlia del visir che si dice fosse dotata di un coraggio superiore al suo sesso, grande intelligenza unita a sottigliezza di ingegno, componeva versi meglio dei piu' famosi poeti del suo tempo.
Sherazad si offri' di andare in sposa al sovrano e il primo giorno di nozze comincio' a raccontare....

Possiamo cosi' restituire a nonna Berechtì i dovuti onori per essere il centro di quella tela dal quale si tramandano le storie, di cui noi tutti siamo una trama.

All'ombra dei rami sfacciati carichi di rosso vermiglio E' una storia dalle sfumature femminili che racconta di una bambina in uno spaccato di vita segnato dai cambiamenti politici in Etiopia, dal suo rapporto con la sua famiglia e dal desiderio di scoperta titpico della sua età.
Il racconto si svolge nel clima culturale e storico degli anni 70' in Etiopia, quando in seguito ad un colpo di stato venne proclamata la Repubblica. Da quel momento in poi la nazione fu sottoposta ad un regime dittatoriale filosovietico, rovesciato nel 1991 dal fronte democratico rivoluzionario del popolo etiopico e eritreo. Le vicende storiche di quegli anni le ritroviamo nel racconto della Ghermandi vissute attraverso i ricordi d'infanzia, la storia e' essenzialmente autobiografica e la narratrice ci informa di avere utilizzato una tecnica etiope di metafora continuata, in cui sotto l'ingenuita' di quelle esperienze infantili si nasconde la denuncia verso i sistemi politici repressivi. La metafora di maggiore effetto e' quella dedicata alla televisione, chiamata la scatola da nonna Berechti' che la considera un prepotente avversario e non le risparmia tutto il suo disprezzo. La televisione puo' essere cosi' vista come strumento di alienazione che mortifica il tempo e impedisce interazione e movimento tra gli individui, diventando una forma di oralita' passiva. La televisione non ha solo degli effetti deleteri sulla dinamica dei rapporti sociali ma serve anche come strumento di propaganda politica e di manipolazione. La narratrice ricorda quando un giorno la televisione smise di proiettare i telefilm americani mostrando solo le righe grige. Per un po' di tempo non funziono' e non per qualche guasto ma a causa del nuovo governo che proibiva la vista dei fillm e telefilm americani e cosi' oltre la tv scomparsero anche tutti quei beni come le caramelle e i giocattolini considerati di lusso e tanto cari ai bambini. L'anno in cui si svolge il racconto e' il 1974 quando venne annunciata l'istaurazione di un'economia di tipo socialista controllata dallo stato, la figura politica dominante di quegli anni e' quella del colonnello Menghistu che accentro' su di se tutti i poteri. Nella narrazione della Ghermandi la scomparsa del capitalismo e l'arrivo della nuova ideologia non servi' a migliorare le condizioni di vita degli abitanti dell'Etiopia, tuttavia agli occhi della giovane protagonista significo' la scomparsa delle caramelle e l'arrivo delle biciclette dalla Cina di Mao. Che passione la bicicletta e quanti ricordi legati all'emozione di andare e alla paura di cadere fino al giorno in cui i ladri la rubarono. La bicicletta sembra rappresentare la gioia della liberta' e il veicolo attraverso cui sperimentare le proprie abilita' e lanciarsi alla conoscenza dell'ignoto. Un ricordo vivido accompagna la descrizione delle lezioni di bicicletta in quei giorni di vacanze, in cui i passanti rimanevano stupefatti e scandalizzati alla vista di una bambina che faceva cose da maschi.
Ma si deve vedere una bambina fare cose da maschi! (2)
Grazie alla bicicletta la giovane protagonista riusci' a poco a poco a percorrere la strada , provando il brivido di essere andata oltre i confini" "Dove c'e' la paura c'e' anche il coraggio! Domani andrai piu' lontana!" "Ogni giorno aggiunsi un pezzetto di strada, scoprendo muretti e punti di appoggio utili a fermate improvvise, ma lo sguardo restava sempre concentrato sulla strada.....Il passaggio dall'altra parte, quello che mi permetteva di volgere lo sguardo, finalmente verso l'esterno, per quella parte di me abituata a controllare, avvenne all'improvviso"(3)

In questa descrizione la narratrice riscopre in quel ricordo l'emozione che si prova quando ci si lancia alla scoperta del nuovo infrangendo le regole.
Lo spirito di conoscenza della giovane e il suo desiderio di libertà, diventano emblematici di una condizione umana oppressa dai sistemi politici e dalle regole sociali. La natura, come preannunciato nel titolo di questo racconto diventa il simbolo della libertà:
Buganville multicolori e due imponenti acacie cariche di fiori rosso vermiglio, con rami sfacciati che oltrepassavano il muro di cinta.(4)
Quelle acacie, i cui fiori di colore rosso crescevano incuranti di barriere e muri di cinta, sono testimoni del fatto che la natura non obbedisce alle limitazioni imposte. La narratrice proietta su quei rami che con insolenza si protendono al di la' del muro, il suo bisogno di liberta', cosi' come i rami Gabriella Ghermandi sembra protendersi sfacciatamente al di la' della scrittura.
Sono diversi gli spunti che la storia ci regala, la narratrice si serve del racconto non solo per rivivere i cari ricordi legati alla sua fanciullezza in Etiopia ma anche per lanciare alcune istanze politiche le cui implicazioni diventano attuali.




Narrazione orale mistica in Yousif Latif Jaralla

Il secondo narratore che mi accingo ad introdurre, seppure diverso dalla Ghermandi per esperienze culturali e per stile narrativo, e' in qualche modo legato alla narratrice. La Ghermandi infatti afferma che l'idea di aprirsi al pubblico ascoltatore nacque quasi inaspettata dopo avere assistito ad uno spettacolo di Yousi Latif Jaralla. Dopo di cio' fu l'inizio di una amicizia che puo' dirsi emblematica e ci fa riflettere sull'importanza che ha nell'arte lo scambio e l'incontro di generi e di espressioni creative diverse.

Yousif Latif Jaralla e' un iracheno nato a Baghdad nel 1959 e residente in Italia dal 1980. La sua storia si iscrive in un panorama ampio e ricco di esperienze personali e artistiche che lo vedono impegnato nei campi espressivi piu' disparati come la pittura, la regia, la recitazione, la musica, la poesia e infine la narrazione. Questo eclettismo accompagnato da un bagaglio culturale ricco e profondamente legato alla cultura arabo-islamica, ne fa a mio parere un protagonista estremamente interessante nel panorama della narrazione orale in Italia.

Per comprendere interamente Yousif Latif Jaralla, e' necessario varcare i confini del mediterraneo per giungere in Iraq, in quei territori per tanti secoli promotori di civilta' e sapere. La lingua araba prima dell'avvento dell'Islam era parlata non ne esisteva una scritta. I beduini del deserto avevano sviluppato una propensione verso il racconto e la poetica, dovuto soprattutto al loro stile di vita. Il mutare continuo di ambiente favoriva momenti di intensa contemplazione e stimolava riflessioni sulla natura transitoria dell'essere e delle cose. Il poetare fu subito il modo in cui riuscirono ad esprimere le emozioni piu' profonde e quelle sensazioni legate alla natura. Con l'avvento dell'Islam il poeta continuo' ad esercitare un potere al limite tra l'umano e il divino tanto che il profeta Maometto ne parla come di colui che ha sotto la lingua una chiave che puo' accedere ai tesori di Allah. I versi e i racconti ambivano ad innalzare l'individuo verso una sfera spirituale, sottolineandoil carattere rituale e religioso di molti testi poetici arabo islamici

.

La formazione umana e culturale di Yousif e' influenzata da una propensione innata al racconto rituale e mistico, le cui radici affondano all'origine materna beduina e al successivo contatto con gli insegnamenti delle scuole mistiche dei Sufi

.

Originari dell'Iraq, i Sufi credono nel raggiungimento di un'esperienza finale di unita' tra l'uomo e Dio che si rivela attraverso la bellezza. Il poeta sufi non e' interessato ad una letteratura fine a se stessa, egli cerca il vero e chi ama il vero si annulla in esso attraverso un linguaggio pieno d'amore e unita'. Il poeta si serve della poesia diventando il mezzo per comunicare l'incomunicabile.

Le storie narrate da Yousif Jaralla son intrise di quell'ineffabilita' e profondita' simbolica che nasce da questa formazione mistica. La religione e il rituale svolgono una funzione importante nella letteratura orale di molti paesi, la parola umana viene considerata quell'eco personale di cio' che e' misterioso nel mondo infraumano. La parola e' l'importante strumento della narrazione orale e parlare e' partorire la parola metterla al mondo come un essere vivente.I cantastorie ribadiscono piu' volte l'importanza del suono delle parole che deve raggiungere le orecchie del pubblico ancor prima di trasformarsi in significato. Le parole, gli strumenti e la voce creano il ritmo che 'e fondamentale perche' oltre ad aiutare la narrazione e' il modo che ci permette di raggiungere uno stato piu' alto dell'essere.

"...e' come lasciarsi trasportare da una corrente di un fiume, un buon narratore chiude gli occhi e si lascia prendere da quell'intimo vitale e il resto verra da solo, la storia crea quel suo ritmo narrativo"(5)

Yousif Jaralla attribuisce alla tradizione del suo paese un importante stimolo e fonte d'ispirazione che ha le sue radici nella consuetudine al racconto. Quando parla della narrazione, ritorna con la memoria ai racconti della nonna, alle serate passate intorno al braciere, ai cantastorie del bar che si esibivano in un angolo su una pedana, ai narratori erranti che si spostavano di citta' in citta' declamando e diffondendo storie e notizie. Questa memoria e' il suo bagaglio, e' la materia che ha deciso di manipolare riuscendo a realizzare uno stile personale in cui le vicende si legano al rituale, al suono, all'atmosfera che riesce a ricreare. Secondo Yousif Jaralla la narrazione e' come un palloncino che bisogna gonfiare per farlo rivivere, e' come la piuma che contiene in se l'eredita' di un volo, il compito del narratore e' quello di mandare questa piuma piu' in alto che puo'. La storia deve creare il suo ritmo e lasciare a noi spettatori il compito di seguire il volo di quella piuma.

"Da piccolo assieme ai miei compagni andavamo in cerca di piume, quelle piccole, bianche e soffici...andavamo all'aperto e ogniuno di noi con una piuma nel palmo della mano, pronti ad iniziare la gara: soffiare e fare volare la piuma piu' in alto possibile...da grande, ogni volta che mi ritorna in mente quel gioco mi domando in che modo noi piccoli abbiamo afferrato che quelle piume erano i ricordi di un volo...mi domando da dove ci e' sorta la nostra convinzione che se e' una piuma allora di volo si deve intendere...deve avere l'istinto del volo, il volo e' un eredita'... la narrazione deve essere una cosa del genere, mandare piu' alto e piu' lontano una piuma."(6)

La narrazione di Jaralla nasce dall'emozioni, dall'istante che si consuma, da un'intuizione che si materializza per mezzo della fantasia, della voce e della musica. Ho avuto il privilegio di assistere ad uno spettacolo di narrazione di Yousif Jaralla in occasione del festival dei narratori svoltosi a Polizzi Generosa ( Sicilia). Jaralla si e' esibito con un racconto dal titolo "La casa delle farfalle" .

La Casa delle Farfalle narra la vicenda di un suonatore di flauto iracheno di nome Abd Semia' Assien che si trova coinvolto nella I guerra del golfo. Nel 1980 Saddam Hussein invase l'Iran per garantirsi l'accesso al golfo persico, la guerra fece duemilioni di vittime e si protasse fino al 1988. Yousif Jaralla incontra Abd Semia Assien in occasione di un evento musicale a Palermo e li' viene a conoscenza della sua storia. La narrazione rielabora alcuni momenti drammatici della vicenda di Abd Semia, segnati da sentimenti di angoscia e disperazione che lo portano sull'orlo della follia. Il narratore vuole esplorare questa angoscia dall'interno, per poi comunicarcela tramite il canto, i suoni e le parole in una lingua straniera, tutto cio' giunge come un eco e crea un'atmosfera carica di sospensione.

Il racconto segue un percorso a ritroso, nella fase iniziale non abbiamo idea dell'identita' del personaggio, nonostante cio' il narratore ci proietta da subito in una prospettiva interna che ci fa conoscere la natura del suo malessere senza ancora svelarne la causa. Abbiamo un alternarsi continuo di momenti di narrazione e altri in cui il narratore esce per descriverci i fatti come si trattasse di cronaca, finendo per contestualizzare la vicenda narrata.

La narrazione comincia con degli effetti sonori prodotti dalla voce di Jaralla, non si tratta di parole ma servono e ricreare emozioni e urgenza come venissero direttamente a rappresentare la sofferenza del personaggio. Da questi suoni e parole scomposte, emerge la voce della madre che richiama Abd Semia alla vita. I rintocchi martellanti di questo richiamo incutono all'atmosfera un senso di agitazione, percepiamo l'urgenza e il dolore di una madre impotente di fronte la follia del figlio, immobilizzato nella sua angoscia. Non possiamo dire se quella sia una voce reale oppure frutto della mente del personaggio stesso, un alter ego sano che tenta di riportarlo in superfice, nonostante cio' veniamo presi da un grande senso di pena verso quella voce materna. Il momento piu' intenso e' raggiunto dal senso di rassegnazione e abbandono in cui si lascia andare la madre, che non vedendo altra via di uscita avverte il figlio che, se non si riprende entro 30 giorni, anche lei si lascera' andare.

Il narrartore riprende il racconto, ci troviamo ora su un autobus, con un autista che canta e Abd Semia con le mani legate dietro la schiena che piange senza freno. A scortarlo ci sono due guardie che non riescono a rimanere indifferenti alla vista di quella disperazione. L'autista che guida l'autobus non sta in verita' cantando ma si tratta di gemiti e spasmi causati dalla vista dell'orrore dei corpi morti sulla strada e distruzione tutt'intorno. Abd Semia guarda le scie lasciate dai missili e ricorda quando da bambino pensava che quelle scie fossero orme tracciate dagli angeli. La narrazione si interrompe e con essa il battito ritmico del tamburo, il narratore fa una pausa in cui risuona una domanda attesa dal pubblico:
"Chi e' Abd Semia Assien"?
Si apre una parentesi in cui racconta la storia di Abd Semia Assien, e come da semplice professore di flauto all'istituto di musica di Baghdad, si trovo' coinvolto nell'orrore della guerra. Abd Semia era un tipo secondo molti sregolato e bugiardo, non si sa bene come avesse conquistato quella fama, indubbiamente aveva un debole per il vino e le donne. Quest'ultime venivano da lui amate nelle case di appuntamenti chiamate da lui stesso "la casa delle farfalle". Non era matto ma per lui tutto cio' che era bello era una farfalla. Non sappiamo chi veramente fosse Abd Semia ma di una cosa possiamo essere sicuri, il flauto lo suonava bene. Lui diceva di avere la musica in agguato nel soffio, sulle unghia, mostrando con cio' un talento naturale, un dono divino.

Il giorno in cui lo obbligarono ad arruolarsi non avrebbe mai immaginato che sarebbe veramente successo, e come tanti altri, lui uomo di cultura, artista con una spiccata sensibilita' musicale e amante appassionato di tutto cio' che e' bello, fu costretto ad assistere agli orrori di una guerra.

Qui s'interrompe di nuovo il racconto della vita di Abd Semia, Jaralla intrattiene un dialogo con il suo personaggio, per poi subito dopo rivolgersi al pubblico raccontando come e quando conobbe Abd Semia. Alla fine si vengono svolgendo i fili della matassa narrativa e con questi, la realizzazione che la storia nasce da un'altra storia, e che la narrazione eseguita da Yousif trova vita grazie all'altra fatta da Abd Semia una sera calda d'estate.

Come dice Walter Benjamin la narrazione e' un dono, un atto di generosita', in cui il ricevente ha il dovere di restituire il dono attraverso un' altra storia. Questo racconto e' un tributo alla vita di un uomo ma e' anche l'opportunita' di alzare un grido contro la violenza e la guerra che calpesta tutto cio' che e' bello. Yousif Jaralla carica di profondo significato l'esperienza di un incontro e da quello crea una storia in cui si mescolano stile personale ed esperienze di vita.

La storia analizzata a differenza di altre dell'autore, non presenta elementi esplicitamente religiosi, il misticismo di Yousif qui vive nell'atmosfera che riesce a creare. La voce, il ritmo e la musica sono le componenti di questa atmosfera magica in cui si realizza l'unita' e la fusione tra narratore, narrato e pubblico. Il cantastorie ha mostrato un arte che sa andare oltre le sfere reali, in un alternarsi di stadi della coscienza, dove affiora l'inconscio e il ricordo, il presente e il passato e dove autore e personaggio diventano un tutt'uno L'immagine della guerra che emerge in questo racconto e' vissuta al di la di ogni comprensione e contro ogni legge divina. Cio' e' messo in evidenza ancor piu' dal contrasto drammatico in cui bellezza e poesia vengono calpestati dalla logica dell'odio. La guerra secondo Abd Semia, rappresenta il piu' inquietante male dell'umanità, ancora piu' della morte, perche' impedisce all'uomo di condurre una vita normale e lascia ferite profonde difficili da rimarginare. Abd Semia Assien sarà l'unico sopravvissuto tra intellettuali, artisti e professori che furono mandati a combattere in quella battaglia. Il prezzo che dovette pagare e' raccontato con grande intensità nelle battute iniziali della narrazione di Yousif Jaralla.

Abbiamo seguito il percorso circolare della narrazione ed è proprio la fine che ci permette di capire il momento inziale in cui si consuma il dramma della vita di Abd Semia. Il personaggio emerge dalla voce del suo delirio che diventa anche il percorso che l'anima segue per giungere in superficie. Il misticismo del narratore risiede nel mistero della sua voce e dei suoni, nella ripetizione concitata dei nomi e delle parole, che insieme costituiscono l'atmosfera e il fascino ipnotico della narrazione orale.

Siamo qui giunti al termine di questo percorso che ci ha permesso di avvicinarci all'esperienza artistica di Gabriella Ghermandi e Yousif Jaralla. Il loro esempio rimane testimone di un arte che attinge a fonti diverse e che fa tesoro della propria tradizione e memoria. Attraverso la loro opera ci immergiamo in un territorio inesplorato che promette nuovi stimoli nell'ambito di una concezione della letteratura che utilizza le tecniche del racconto e della rappresentazione. Gli esempi appena mostrati s'iscrivono nell'ambito di un fenomeno artistico e contemporaneo che si muove tra tradizione e sperimentalismo avvicinando sempre più popoli della terra, le loro memorie ed emozioni su uno spazio culturale italiano. La testimonianza che ci offrono questi artisti ci serve come base per affrontare l'idea di un genere letterario alternativo che si realizza attraverso la narrazione orale e che nei prossimi anni promette di crescere, istaurando un rapporto sempre diverso con la scrittura.

(1) Gabriella Ghermandi, All'ombra dei rami sfacciati carichi di rosso Vermiglio nella rivista on line El Ghibli (www.el-ghibli.provincia.bologna.it)

(2) Gabriella Ghermandi, All'ombra dei rami sfacciati carichi di rosso vermiglio pag. 5

(3) idem

(4) idem pag. 4

(5) In una corrispondenza elettronica del 02/2005

(6) idem

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Anno 2, Numero 8
June 2005

 

 

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