El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

narrativa e discorso

antonella emina

"Letteratura e tradizione" è un buon connubio per designare la sostanza del raccontare. La narrazione scritta moderna accetta la sfida di coniugare il retaggio di conoscenze, usanze, geografie e affetti del passato con le trasformazioni che caratterizzano il presente. Il racconto orale tradizionale, invece, espressione delle società pre-industriali del mondo intero, per sua natura rimane strettamente ancorato all'ambiente sociale che lo produce e lo riceve. Parlare di narrazione non è né semplice né scontato, benché molte siano le occasioni per leggere dell'argomento. Certo, narrare rimanda semplicemente al modo di raccontare, cioè al fatto di trasformare una storia in un racconto. Tuttavia proprio il "modo di raccontare" è il risultato di operazioni complesse che vanno al di là di una sintassi fra le diverse parti di una narrazione (agente, azione...) e di quelle unità minime del mito che possono essere considerate archetipi di un sentire condiviso fra tutti i popoli. In realtà, delegando uno o più narratori, la scrittura narrativa spinge anche e soprattutto nella sfera del sentire proprio dell'autore, che, a sua volta, capta, assimila o rielabora specificità della comunità di riferimento.

In primo luogo, quindi, la narrazione trasforma la sua materia, vale a dire azioni ed eventi, in romanzo, novella, racconto, biografia, autobiografia, parabola; poi, ad azioni ed eventi accosta il discorso quale strumento enunciativo che riporta l'autore alla ribalta. La centralità della sensibilità dell'autore, quale ricettacolo e "rielaboratore" di esperienze, pone la narrativa di migrazione, per sua natura diasporica e per forza delle circostanze transnazionale, nella posizione privilegiata di osservatorio di situazioni estreme, diventando l'occasione di operazioni molteplici sulla materia che ha contribuito alla formazione della persona stessa dell'autore. L'oggetto letterario - e in particolare l'opera narrativa - si presenta come corpo nuovo, in quanto non è soltanto evocazione della permanenza di ciò che siamo stati in una certa fotografia della nostra vita, ma si afferma ancor più vivacemente come testimone di quel divenire che è la vita stessa. Attraverso un processo che, da un lato, assume la tradizione (consapevolmente o meno) e che, dall'altro, ripensa le norme e gli usi della comunità di origine e li mette alla prova del paese di arrivo, l'azione letteraria dell'immigrato intraprende uno sforzo di comprensione e di appropriazione del nuovo. Il processo non è diverso nella narrativa, quella senza specificazioni di sorta; tuttavia, nel caso della letteratura di migrazione, è, per così dire, estremizzato. La condizione di "immigrato" acutizza le esperienze, enfatizzando la riflessione su quel divenire che è semplicemente la vita.

L'immigrato vive la situazione finale di un processo migratorio che prevede anzitutto un'e-migrazione - cioè un non sempre lineare allontanamento, in primo luogo fisico e poi psicologico ed affettivo, dal luogo di appartenenza. Segue, quindi, il migrare, cioè la traversata, il lungo o breve momento del passaggio. Tutto ciò è passato al vaglio dell'individuo-scrittore, entità psicologica, affettiva e morale, che opera, talvolta inconsciamente, una sintesi creativa i cui riflessi vanno ben di là dalla mano che scrive. Per mano dell'autore, infatti, il processo migratorio diventa, frequentemente e in prima battuta, materia viva per il raccontare, ma si fa anche e soprattutto sollecitazione per una specifica poetica della narrazione.

Riportiamo il caso di Amin Maalouf, esemplare per la sua notorietà, per la sua scrittura variegata e per la sua vicenda personale. Nato in Libano nel 1949 risiede in Francia dal 1976. Di lingua madre araba e di espressione francese per quanto attiene alla scrittura, scopre nella fuga dalla guerra l'origine della sua ispirazione (cfr. Dedica a Amin Maalouf, a cura di Egi Volterrani, 2002). La guerra e la conseguente fuga costituiscono una sorta di bolla più grande e forte delle altre, capace di scoperchiare le dissonanze, i malintesi, le paure di un'esistenza individuale - che però assume esplicitamente tutte quelle altre vite che l'hanno preceduta o che sono incidenti con quella presente. L'insieme della sua opera costituisce il canto polifonico di chi è parte di una minoranza e trova, nella propria condizione minoritaria, una via per incontrare i timori e le insicurezze dell'uomo contemporaneo, confrontato, suo malgrado, a un CaosMondo (espressione di Édouard Glissant, scrittore della Martinica) di cui è pure difficile declinare i tasselli. Irrimediabilmente outsider nella propria terra e al di fuori, l'autore esalta, in Origin (2004, orig. Origines, 2004), il percorso, la strada, a discapito delle radici, a suo dire adatte ad un vegetale, ad un albero, ma non all'essere umano, dotato invece di piedi.

Per esprimere un tale intrico di esperienze e di sentimenti, la scrittura o si lascia guidare dagli eventi, diventando oscura, o li assume e diventa ibrida. La Narrazione, in quest'ultimo caso, non potrà quindi mantenersi sul filo del racconto di eventi immaginari (ma non per questo meno veri) ma si aprirà ad altre forme del dire, modo realisticamente ibrido dell'espressione.

A tale proposito, citerei soltanto un autore italiano, Majid el Houssi, singolare e profondamente emblematico al tempo stesso. Dico e sostengo "italiano", benché già sull'attributo di nazionalità rischio contestazioni sia da parte di personaggi ossessionati da una presunta purezza etnica, sia, al contrario, probabilmente anche da parte dell'autore stesso, che si sente parte di due, o meglio di tre (in virtù dell'alfabetizzazione, degli studi giovanili, della storia del paese d'origine e del suo mestiere di studioso di linguistica francese) mondi. Diciamo allora "italiano contemporaneo", con tutte le sfaccettature di indeterminatezza che oggi vengono finalmente a galla nel nostro paese.

"Scrivere in Italia significa - dice Tahar Lamri - vivere nella lingua italiana, convivere con essa e farla convivere con le altre mie lingue materne significa forse creare in qualche modo l'illusione di avervi creato radici". Ebbene, l'esempio scelto sembra poco calzante, perché Majid El Houssi - nato a Bou Merdès (Tunisia) nel 1941, in Italia dal 1961, e perfettamente a suo agio nella lingua italiana, che padroneggia in tutte le sue sfumature - scrive in francese. Eppure il suo ultimo romanzo (Un journée à Palerme, 2004) racconta della precoce appropriazione dell'italianità da parte di un giovanissimo narratore tunisino sbarcato a Palermo il 12 ottobre 1961, proprio come vi sbarcò l'altrettanto giovane autore. Esaminiamo il significato di questo avvicinamento alla civiltà ancora sconosciuta, attraverso le vicende di Gharib. Il nuovo arrivato si affida a Abû 'Abd Allâh Muhammed Ibn al-Qattâ, fine grammatico, abile lessicografo, poeta, stabilitosi nella città siciliana nella seconda metà del X secolo: l'incontro fantastico fra i due rompe tutte le barriere temporali. Il saggio accompagna il giovane in una passeggiata che occupa l'arco di una giornata, come del resto il romanzo stesso, e che si presenta vera e propria soglia verso l'età adulta. L'iniziazione si attua per mezzo dell'insegnamento paziente del Maestro, che parla della città mettendo in rilievo il costante rimando a un passato prestigioso sul quale la civiltà araba regna sovrana. Lo spunto archeologico consente di evocare nomi prestigiosi: il poeta Ibn Hamdis, il geografo al-Idrissi, il "poligrafo" Ibn Ja'fâr. L'attenzione però non è rivolta solo alle influenze dell'altra sponda del Mediterraneo ma avvia la riflessione sulla sintesi fra il mondo occidentale e quello maghrebino attraverso, per esempio, l'accenno alla vicenda personale e, per così dire, "professionale" del filosofo Tommaso, padre della Chiesa e riconosciuto artefice dei fondamenti delle società occidentali. Tommaso, infatti, racconta il Maestro a Gharib, pur avversando le posizioni dell'erudito mussulmano Ibn Roshd, arriverebbe ad utilizzare alcune sue argomentazioni riguardanti l'interpretazione delle idee di Aristotele, al punto che su diversi punti i due verrebbero a concordare.

In altre parole, il personaggio di El Houssi, prima ancora di creare radici nella nuova società, scopre quello che già gli appartiene, riconosce tratti architettonici propri ed espressioni culturali che, pur pertinenti al nuovo mondo, convergono con quelle lasciate. Non è tanto questione di integrazione del nuovo arrivato all'ambiente, quanto di integrazione della nuova civiltà in un sistema che presenta numerosi punti di incontro. Questa appartenenza primitiva non richiede neppure di integrare il codice linguistico, perché tutto si gioca su un altro piano. Non essendo necessario l'intervento sulla lingua, questa può restare quella che l'autore attribuisce come radice ai propri narratori sul piano dell'enunciato, o a se stesso sul piano dell'enunciazione.

Non più la tradizione, ma le tradizioni vengono a costruire l'opera letteraria, tessendo fili di molteplici memorie. Tecnicamente ciò è reso possibile grazie agli artifici di una narrazione che mette in campo, nel caso citato, un secondo narratore, capace di orientare il punto di vista di quel Gharib che avrebbe rischiato di restare prigioniero del proprio passato, della nostalgia e, probabilmente, anche della paura dell'ignoto, facendogli scoprire che le radici e il "camminare" possono non essere in contraddizione.

Tuttavia, un'opera letteraria è tale anche in virtù della lettura. Per questa ragione quindi auspico l'uso dell'italiano anche da parte di autori provenienti da altre aree linguistiche, non tanto per sancire il loro radicamento nella nuova realtà e neppure quello dei loro personaggi, che il più delle volte già lo sono, ma piuttosto a favore del lettore che scoprirebbe, attraverso occhi allenati a fare i conti con la differenza, un mondo, il proprio, che spesso gli resta oscuro, perché contraddittoriamente bloccato su identità ridotte a strutture archetipali risalenti alla notte dei tempi e, al contempo, preso dal vortice dei venti incerti dell'esistenza.

Antonella Emina

Home | Archivio | Cerca

Archivio

Supplemento

(ISSN 1824-6648)

evocamondi
festival di narrazione e letteratura orale

 

Archivio

Anno 2, Numero 8
June 2005

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links