El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

interviste - progetto babele

UN'INTERVISTA A... Julio Monteiro Martins a cura di Pietro Pancamo

Caro professor Julio Monteiro Martins, per lei (autore assai apprezzato di romanzi, racconti e saggi) la poesia, se non sbaglio, è una sorta di passione privata. Nel senso che davvero pochi sono i versi da lei sinora pubblicati. Perché questa scelta?

Non è che la poesia per me sia esattamente una "passione privata", ma piuttosto ho prodotto molto meno, quantitativamente parlando, in poesia che in prosa. Perché? Sicuramente non per ragioni di "mercato", di cui non mi importa niente. Piuttosto, forse, perché nella scrittura della mia poesia emergono elementi del mio inconscio, elementi scomodi, addirittura rimossi, certe verità svelate da un'apertura intima dell'io a livelli più profondi, che fanno sì che io mi conceda a questo "lusso dello spirito" più raramente. Ogni volta che scrivo una poesia è un piccolo sconvolgimento nel mio essere, come se l'acqua ferma dell'"acquario" fosse smossa, la sabbia del fondo liberata, e i pesci impazzissero per un po', si agitassero, fino al ritorno della sabbia ai suoi fondali. Scrivere poesia mi fa questo strano effetto (e magari lungo tutti questi anni la poesia mi ha fatto risparmiare qualche sessione di psicanalisi...). Però, non è un evento minore nel complesso della mia opera letteraria. In Brasile alcuni critici letterari importanti come Fritz Teixeira di Salles, Guilhermino César e Juvenile Pereira hanno scritto che consideravano la mia poesia la parte più importante e intensa della mia scrittura. È un punto di vista da prendere in considerazione. E non sarei sorpreso se eventualmente anche in Italia in futuro accadesse lo stesso. Dopo Il percorso dell'idea, un libro scritto in un genere "misto" tra prosa e poesia - si tratta di "pétits poemes en prose" -, pubblicato in Italia dalla Bandecchi e Vivaldi, di Pontedera, nel 1998, sto lavorando ora a una raccolta di poesie tout court, tutte scritte originalmente in lingua italiana, intitolata Eclissare il Taj Mahal.

La pregherei di illustrarci il suo modo di fare poesia; ad esempio, quali temi preferisce trattare nei suoi versi? E quali autori hanno influenzato di più il suo stile?

Inizio dalla seconda domanda. Per me è impossibile parlare di autori che hanno influenzato la mia poesia, perché da bambino sono stato un voracissimo lettore, prima di tutto di quella in lingua inglese, letta a voce alta da mia madre mentre studiava per le lezioni che doveva impartire presso la cattedra di Letteratura nordamericana all'Università e che riguardavano, a quel tempo (i primi anni Sessanta), T. S. Eliot, Robert Frost, Emily Dickinson, Auden, e tanti altri). Poi, nella prima adolescenza, ci sono stati i grandi poeti brasiliani - Drummond, Bandeira, João Cabral, Vinícius, Cecília Meirelles, Osvald de Andrade, Castro Alves - i portoghesi, come Fernando Pessoa e Florbela Espanca, e subito dopo, gli ispanoamericani Neruda, Paz, Ruben Dario, José Marti, Violeta Parra. A quel tempo - erano gli anni più severi della dittatura militare in Brasile, ma anche i più fertili, i più "epici", della musica popolare brasiliana, delle cosiddette "canzoni di protesta" - la poesia presente nelle parole delle canzoni straordinarie di Chico Buarque, Caetano Veloso, Milton Nascimento, Gilberto Gil, Gonzaguinha e Tom Jobim è diventata senz'altro parte della nostra formazione poetica. E solo più tardi, a metà adolescenza, entrarono con più vigore i francesi, gli italiani, i tedeschi, i russi, gli inglesi... Oggi, alcuni dei miei poeti favoriti vengono dall'Europa dell'Est, la Szymborska, Brodskij, Milosz... Quanto ai temi... non saprei dire esattamente. Forse tutto: il senso dell'esistenza, il brusio generale del mondo, l'amore e la morte, la presenza del sublime, l'inutilità di fondo di tutti i movimenti, lo splendore di ritrovarsi umano, la bellezza dell'errore.

Quali sono, a grandi linee, le differenze principali fra la tradizione poetica brasiliana e quella italiana?

Lo sviluppo della poesia italiana ha avuto un percorso completamente diverso, come sappiamo tutti. In comune abbiamo il sentimento mediterraneo (diceva Blaise Cendras che il Mediterraneo cominciava in Turchia e finiva a Rio de Janeiro), l'eredità greco-romana, un'attenzione privilegiata ai piaceri della carne, letto o fornello, e la lingua latina, che sorprendentemente per tanti versi è rimasta più intatta nel portoghese che nell'Italiano, isolata in quella propaggine atlantica dell'Europa per venti secoli, come si vede in parole portoghesi come "deus" o "aliás".

Per quanto lei si diletti di poesia, il suo campo specifico - nel quale peraltro ha già riscosso notevoli successi - rimane pur sempre la prosa e, in particolare, la narrativa. Vorrebbe parlarci allora del suo ultimo libro di racconti La passione del vuoto?

La raccolta La passione del vuoto è appena uscita dalla Besa editrice, ed io la considero uno sviluppo ulteriore di questa mia nuova "avventura narrativa" in lingua italiana, iniziata con la raccolta precedente presso la stessa casa editrice, Racconti italiani. Posso dire che è un libro che, nonostante sia così recente, riscuote già un grande apprezzamento di critica e lettori. Ma è difficile per me parlarne, perché sono ancora troppo coinvolto, non ho quel minimo distacco critico necessario per una vera analisi. Carmine Gino Chiellino, professore di Letteratura comparata ad Augsburg, in Germania, che ne ha scritto la prefazione, dice per esempio, su La passione del vuoto, che "ciò che accomuna di più i racconti brevi e a volte brevissimi di Julio Monteiro Martins e che conferisce unità estetica al volume è il fatto che essi in realtà sono degli incipit che annunciano tanti romanzi. Giunto alla fine di ogni suo racconto ho avuto la netta sensazione di entrare in un romanzo, che Julio Monteiro Martins non racconta per non imbrigliare la fantasia dei suoi lettori. O si tratta di un raccontare tutto brasiliano che a me sfugge? In ogni caso il suo modo di raccontare realtà italiane era finora ignoto alla letteratura italiana". E più avanti conclude dicendo che "l'alternanza di racconti che nascono da memorie parallele e di racconti che si nutrono dell'assenza dello spazio, garantisce alla raccolta un equilibrio estetico che ogni lettore amante dell'alta letteratura gusterà fino all'ultima sillaba". Così, siccome mi fido di Chiellino, lascio a lui la parola

Home | Archivio | Cerca

Archivio

Supplemento

(ISSN 1824-6648)

incontro con
Julio Monteiro Martins

di raffaele taddeo

 

Archivio

Anno 1, Numero 7
March 2005

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links