El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

l'ancora di saint exupery

Baghdad. Hangar di un aeroporto in disuso. Un aereo giace fermo al suo interno. Alcuni iracheni in un angolo all’ombra bevono tè.
Alà accarezza le ali dell’apparecchio. È triste. Malinconico. Gli uomini che sono seduti a bere lo invitano a raggiungerlo. Ma Alà è altrove con la testa. Pensa a cosa vuol dire quell’aereo per lui. Pensa al suo passato con la divisa da pilota civile.
I ragazzi continuano a chiamarlo e a ricordargli che quello è un aereo morto. È inutile sperare che voli ancora. Nessuno ormai può più volare in Iraq.
Alà si siede con loro al tavolino. Gli servono del tè.
“Capitano bisogna mettersi l’anima in pace. Anche noi siamo a spasso e senza lavoro.” “Già forse avete ragione” - risponde mentre con lo sguardo vola oltre l’hangar, nei cieli che una volta attraversava.

Una flotta di tornado sfreccia nella notte assordando tutti. Nella casa di Alà tutto trema. Le pareti, i letti, anche un piccolo armadio cade a terra con i giocattoli di Susanna, sua figlia.
La bambina si sveglia. Piange. Ma il padre è lì. Ad abbracciarla. A dirle che non c’è nulla di cui aver paura. Sono solo degli aerei. Ma la piccola è terrorizzata. Non ne può più di quei rumori tutte le notti.
Per calmarla Alà inizia a raccontarle una favola: La favola di Saint Exupery. Il piccolo principe.
La ragazzina finalmente si addormenta abbracciando la sua bambola.
Alà si allontana. Si tocca gli occhi con le dita, come a massaggiarli.

Alà e sua figlia camminano lungo la strada. Susanna ripete che non le piacciono gli aerei. Fanno cadere tutto quanto per terra e fanno anche male alle orecchie.
Il padre le sorride. Papà guidava gli aerei civili che sono diversi e sono poi molto silenziosi.
I due si fermano davanti ad un’abitazione. Un tipo fuori lo aspetta. L’uomo gli chiede se sa scrivere in inglese? Si, risponde Alà.
Bene, allora dovrà presentarsi l’indomani mattina.
E’ contento. “Papà ha un nuovo lavoro” - fa alla figlia. E per festeggiare le va a comprare un gelato; sta pagando il gelato, quando la vista gli si annebbia improvvisamente. Si toglie gli occhiali. Si strofina gli occhi. La cassiera attende. “Problemi?” Egli scuote la testa e dà alcune monete alla donna. Questa lo guarda stranita. Le ha dato solo pochi spiccioli che non bastano certo a pagare un gelato. Alà aggiunge altre monete, poi la vista torna normale.
Lui e la figlia escono. Susanna è un poco preoccupata. Cosa ha il padre? “Non è nulla. È che ho dormito poco stanotte”. Susanna crede sia colpa sua, per averlo svegliato.
Alà la rassicura. Lei non c’entra nulla. Lei è il suo piccolo angelo custode.

Il giorno dopo Alà si presenta al posto di lavoro.
Un uomo lo conduce in uno sgabuzzino con pochissima luce. Questa è la sua scrivania. Deve tradurre delle lettere commerciali in inglese.
Il compenso è di tot. dinari iracheni a foglio tradotto.
L’ex pilota prende la penna ed inizia a tradurre.

Sono diverse ore che egli è seduto su quella scrivania. Delle gocce di sudore gli scendono sulle tempie. Quasi non riesce più a vedere dalla stanchezza. È distrutto. La vista è molto bassa.
Il suo datore di lavoro si accorge che Alà ha qualche problema. Naturalmente lui nega tutto. E’ solo un poco di stanchezza. Non è abituato a stare tutte quelle ore in uno sgabuzzino. Ma può svolgerlo tranquillamente. Nessun problema. L’indomani starà sicuramente meglio. Alà a fatica raggiunge l’uscita.
Prima di andare a casa, passa a prendere la figlia che ha lasciato da una coppia di amici. Ha gli occhi molto rossi. La signora se ne accorge. Alà cerca di sviare il discorso, prende la piccola e si trascina a casa. Quindi stremato si butta sul letto chiudendo gli occhi.
Susanna si siede accanto a lui con la testa sul suo petto.

Padre e figlia sono nella sala d’attesa di uno studio medico. Le pareti sono vecchie. Altre persone attendono sedute.
Susanna vuole anche lei degli occhiali nuovi. Li vuole rosa. Alà le dice che è bellissima così, e che gli occhiali servono solo per vedere meglio. E papà senza quelli non può lavorare.
Una signorina finalmente chiama il suo nome. Il padre chiede a Susanna di aspettare lì e fare la brava. Può giocare con la sua bambola che si è portata dietro.
Alà entra nello studio e saluta il medico abbracciandolo. Sono amici di vecchia data.
“Allora vediamo di cosa si tratta…” viene sottoposto ad una serie di analisi ottiche. Gli strumenti non sono nuovi, ma il dottore sembra sapere il fatto suo. Prima un occhio, poi un altro. C’è grande silenzio, rotto solo da qualche ordine del suo amico.
“Alà apri la pupilla per favore.”
Finite le analisi il dottore e Alà sono seduti uno di fronte all’altro.
Il suo amico dottore è molto serio e gli chiede se lamenta riduzione del campo visivo, e se la notte ha problemi nel distinguere le figure. Alà accenna di si con la testa.
“Hai altri disturbi come l'abbagliamento, o talvolta l'incapacità di distinguere i colori?” Alà abbassa ancora la testa. Ora è molto preoccupato.
Il dottore gli spiega che dovrebbe sottoporsi ad analisi più accurate come la fluorangiografia, o l'esame del visus. Esami che in Iraq, per via dell’embargo non sono possibili. Quindi la sua diagnosi non può essere certa al cento per cento. Pensa comunque che l’amico possa essere affetto da una malattia che si chiama Retinite Pigmentosa.
E’ una malattia degenerativa che colpisce le cellule fotorecettrici della retina (i coni ed i bastoncelli) uccidendole lentamente. In questo modo la capacità visiva viene progressivamente ridotta.
In genere la malattia esordisce sin dall’infanzia, ma non è detto, può anche iniziare più tardivamente come nel suo caso. Il restringimento del campo visivo, inizialmente lieve, evolve progressivamente fino a diventare una visione tubolare cosiddetta “a cannocchiale”.
Compaiono poi altri disturbi come l'abbagliamento, l'incapacità di distinguere i colori, ed una particolare forma di cataratta.
L'esito finale è purtroppo in molti casi la cecità assoluta.
Alà è senza parole.
Il dottore scrive qualcosa su un bigliettino, poi glielo consegna. È il nome di un suo amico oculista. È a Londra. Lui sta lavorando ad una tecnica per rendere possibile il trapianto di tessuto retinico, o per lo meno l’innesto di cellule sane su retine malate. Non c’è niente di sicuro, ma è almeno è una speranza. E poi solamente loro possono dirgli se la sua diagnosi è giusta.
Beppe è sconvolto. Londra? E con quali soldi?
Inoltre non ha passaporto, non ha un visto… E poi c’è sua figlia Susanna.
Il dottore non sa cosa dire. Si rende conto che il suo amico è nei guai, ma l’alternativa è la cecità.
Alà esce dallo studio mentre pensa a tutto questo. Susanna è tutta contenta di vederlo e gli va incontro saltandogli addosso. Ma il padre non riesce a dissimulare la sua preoccupazione.
“Susanna smettila per favore…”

Pomeriggio. Dentro la casa di Alà ci sono diverse persone che girano per le stanze. Guardano i mobili, i quadri. Osservano i tappeti.
Uno di loro fa un offerta per un mobile. Alà cerca di contrattare, ma non è mai stato un mercante. Lui è un pilota di aerei civili E poi non ha tempo. Non ha alternative. Quel mobile vale almeno il triplo! Lo ha comprato in Egitto durante un viaggio.
Lo stanno derubando, ma non ha altra scelta. Non ha tempo. Vada per quella cifra. Susanna nella sua stanzetta guarda impietrita la gente portarsi via tutto quello che era loro. Un uomo le chiede addirittura se è disposta a vendere la bambola. Ma Susanna la stringe a sè. Alà interviene. La bambola è di Susanna. Non è in vendita.
Peccato fa l’uomo, a mia figlia sarebbe piaciuta e l’avrei pagata bene.
Susanna allora capisce che forse può aiutare il padre vendendola. Ma il padre la accarezza amorevolmente. La bambola è una cosa sua. E nessuno glie la porterà via.

È sera. La casa è completamente vuota. Non è rimasto praticamente più nulla.
Il vecchio pilota firma un ultimo foglio. Un signore accanto a lui sigla a sua volta il contratto. Segue una stretta di mano. L’uomo consegna molti dollari ad Alà, che a sua volta gli consegna le chiavi di casa.
Susanna è seduta in un angolo. Raggomitolata.
Ha visto sparire la casa in un solo giorno. Alà la prende in braccio e le dà un bacio. “Faremo un viaggio bellissimo vedrai…” – dice - poi si accorge che l’unica cosa rimasta è una mappa attaccata alla parete.
È il suo primo piano di volo. La prende dalla parete e se la mette in tasca.
Quindi con le valigie in mano escono da casa che ora non gli appartiene più.

Alà e Susanna vanno nella casa di una coppia di amici. Dormiranno da loro quella notte. La donna si prende cura amorevolmente di Susanna dandole da mangiare e mettendola a letto.
Alà in cucina parla con il suo amico. Cerca di spiegargli e di spiegare a se stesso che non aveva altra scelta. Non poteva lasciare Susanna lì. Lei è la cosa più importante che ha. E poi se riuscirà a guarire e tornare a lavorare, per la figlia vivere a Londra sarà un occasione incredibile. Avrà un futuro certo migliore di quello che ora può offrirle in Iraq come cieco.
Il suo amico pregherà per lui. Alà è scettico, sua moglie è morta, poi l’embargo, ora pure la cecità! Che Dio è mai questo?

Mattina presto. Alà e Susanna lasciano la casa. C’è molta commozione. Abbracci, saluti. “Tutto andrà bene vedrete…” Ma le lacrime scendono ugualmente sul volto della donna che li guarda andare via. Susanna e Alà salgono su un pullman. Susanna ha sonno e si addormenta subito sulle ginocchia del padre che osserva la sua città forse per l’ultima volta.

È notte. Un piccolo porto in Turchia. Alà consegna dei soldi ad un uomo. Susanna le è sempre accanto. Quindi i due salgono su un’imbarcazione. Un tipo losco gli fa segno di scendere sotto.
La barca è già gremita di gente ed è quasi difficile camminare. Alà prova a girarsi e chiedere di rimanere fuori, ma il tipo è irremovibile. “Di sotto ho detto”.
In quella stiva gli occhi della gente parlano di disperazione mescolata a speranza.
Finalmente Alà e Susanna riescono a trovare uno spazio dove sedersi.
Accanto a loro un uomo gli sorride e gli offre un pezzo di cioccolata. Si chiama Mohamed, anche lui è iracheno.

Beppe è un uomo sulla quarantina, ha un viso scuro bruciato dal sole e dall’acqua salata del mare. E’ un pescatore. Guida il suo peschereccio la “Rosy” mentre rientra al porto. È un uomo gentile. Lo si vede mentre dispensa sorrisi e pacche sulle spalle con i suoi uomini. La pesca è andata bene, faranno un buon incasso al mercato.
Beppe attracca con la sua barca nel porto, insieme ai suoi marinai passa per il mercato. La gente lo conosce bene.
“Hei Beppe hai messo su pancia eh!… Ormai non si lavora più come una volta!”
“Tu pensa alla tua di pancia che mi pare una mongolfiera…”
Beppe insieme a Nordin un suo marinaio, vende il pesce al mercato.
Un uomo controlla la merce.
Beppe se la ride e ruba una fragola da una cassetta lì vicino.
“Quella te la scalo dal conto…”
L’uomo pesa dunque il pesce dividendolo per tipo.
Quindi dal portafoglio preleva dei soldi e li dà al pescatore, che a sua volta li divide con i suoi marinai. Poi li saluta e dà loroappuntamento per l’indomani.
“Domani giornata intera, non scordatelo!”

Rientra in casa. Ha una moglie di nome Rosa che l’aspetta con il pranzo pronto. Lui le racconta della pesca, della barca e di Nordin, il suo marinaio marocchino, che ha appena saputo di sua moglie incinta.
“È una bella notizia” - poi Rosalba si allontana improvvisamente incupita.
Lui si alza per seguirla. La rassicura. Anche loro avranno dei figli.
Rosa scuote la testa. “Lo sai quello che ha detto il dottore…” Bisogna avere fede, fa lui. Se Dio vorrà avremo anche noi un figlio un giorno.
Rosa però si è rattristata e si mette a piangere. Beppe l’abbraccia sorridendole e ricordandole che lui la ama. Lei gli sorride e lo bacia. Poi si rimette a sedere.
“Insomma si mangia o no in questa casa?

Nella stiva della nave Mohamed spiega ad Alà che sta andando a Manchester.
Lì ci sono dei loro compaesani che hanno un ristorante e gli hanno promesso un lavoro come cameriere.
L’idea è di arrivare fino a Sangatte in Francia. Di lì prenderà contatto un certo Marc Busson, che gli farà attraversare la Manica.
Susanna sta giocando con un'altra bambina poco più avanti.
Nella stiva c’è chi mangia, chi dorme.
E per i proprio bisogni c’è un bagno in cui è quasi impossibile entrare.

È l’alba. E come tutti i giorni Beppe è già sulla barca a togliere il telo che la protegge dall’umidità della notte. Arriva Nordin, poi gli altri due marinai. Da un magazzino si caricano le reti. Si controlla che tutto sia funzionante. La nafta, l’olio. Ci sono anche degli ottimi panini con la frittata. Offre Rosa oggi. Il vino lo ha portato Nordin. È tutto pronto.
Si tolgono gli ormeggi e lentamente si lascia il porto.
C’è sempre un’emozione particolare quando si esce. E tutti in silenzio ammirano il sole che si alza ed il mare aperto ad attenderli.

È quasi il tramonto. Alto mare. Nei volti dei marinai le rughe solcate dal sole e dalla fatica di una giornata piena di lavoro. Beppe aiuta Nordin nel tirare una cima. Un altro marinaio si occupa di accatastare il pesce in scatoloni. Un altro ancora aiuta a tirare l’altra cima. Uno dei marinai sta raccontando della sua ragazza. Questa vuole sempre andare al cinema. A lui il cinema non piace. Non gli piace starsene seduto al chiuso. Nordin scherza suggerendogli di metterle le mani addosso… I ragazzi ridono.
Beppe guarda in cielo. Una nuvola nera si sta avvicinando.
“Che ne dici?” gli chiede un marinaio a Beppe.
“Non mi piace per niente, tiriamo su la rete e torniamo a casa.”

E’ sera. A terra Rosa guarda preoccupata davanti alla finestra. Lì piove ed il mare si sta ingrossando. Prova a guardare la televisione, ma inizia ad essere piuttosto nervosa.
Il notiziario, inoltre, parla di un improvvisa burrasca arrivata da oltreoceano.
Rosalba chiama la capitaneria di porto per avere informazioni. Quindi prende un impermeabile ed esce.

Beppe ed i suoi hanno appena finito di tirare su la rete. Ora piove molto forte, ed il mare è cresciuto parecchio. Ma sono tutti lupi di mare. Tutti sanno come comportarsi. Nessuno si lamenta. Semmai la concentrazione è maggiore.
Beppe ha acceso il motore. Si torna a casa. Prova a contattare la capitaneria, ma la radio è stranamente fuori uso.
Ogni onda ora è un muro di acqua che gli si getta contro. Tanto che uno dei marinai nell’intento di liberare una cima pericolosamente rimasta libera, quasi scivola in mare. Nordin interviene in tempo e lo salva. Beppe innervosito urla di non fare cazzate.

Nella stiva della barca, Alà tiene stretta Susanna. La barca è in balia delle onde e della tempesta. Intorno almeno cento persone che urlano e che sono terrorizzate. Mohamed sta pregando Maometto. Così come altri passeggeri. Alà però non prega nessuno. Stringe solo sua figlia a sè, “Vedrai il soldato di Saint Exupery verrà a salvarci lanciando un’ancora”.
Uno dei tre uomini dello scafo scende nella stiva.

Nella capitaneria Rosa prega Dio, la moglie di Nordin invoca Maometto.
La moglie di Beppe cerca disperatamente di mettersi in contatto con il marito, ma inutilmente. La tempesta ha tagliato fuori ogni contatto. I cellulari non prendono. Alla radio non rispondono.
L’ufficiale della capitaneria cerca di rasserenare le donne.
Beppe si è trovato in situazioni ben peggiori. E ha sempre portato a casa la pelle.
Non ha mai conosciuto un marinaio migliore. Si sarà sicuramente accorto della tempesta in tempo.
E starà già tornando.
Ma Rosa ha ugualmente paura e con il cannocchiale cerca di scrutare in mare la barca del marito.

L’uomo che era sceso nella stiva sta ora dicendo ai profughi di uscire fuori a piccoli gruppi.
Qualcuno ha paura. Cosa vogliono fare? Un uomo tenta di ribellarsi. Ma il tipo è senza scrupoli.
Tira fuori un arma e lo uccide. Terrore nella gente.
Alà stringe a se Susanna.
L’uomo ordina di nuovo a tutti di uscire senza fare storie.
Gli scafisti stanno facendo buttare gli uomini in acqua come fossero uova marce. Hanno i fucili puntati. È una carneficina. Le persone in acqua non sanno nuotare ed affogano.
Alà prende una cima trovata per terra e la lega stretta intorno alla figlia. Quindi le dice di tenersi aggrappata a lui, qualsiasi cosa succeda.
Susanna prende la sua bambola e la incastra tra le corde.
È il loro turno. Si tuffano.
La pioggia e le onde sommergono tutti.

Nella tempesta Beppe cerca di portare la sua Rosy verso terra. Le onde a volte gli si schiantano sopra e c’è poco da fare allora. Bisogna resistere, tenere la barca il più possibile dritta. Nordin nota qualcosa in acqua. Beppe non vede nulla. “Ma si… C’è qualcosa laggiù!” ripete Nordin.
Beppe lascia per un attimo il timone a Nordin, esce dalla cabina e aggrappandosi dove può cerca di avvicinarsi alla prua. Ondate di acqua lo investono. Finalmente vede qualcosa. Ma è solo una bambola. Una stupida bambola.
Pochi metri più avanti c’è però qualcos’altro. È un uomo. È Alà.

Beppe rientra velocemente in cabina ed ordina a Nordin di dirigersi verso il naufrago, e ai marinai di prendere un gancio.
Gli uomini sanno che sarà pericoloso. Ma è loro dovere farlo.
Nessuno fa obiezioni, ma la paura rimane.
Dopo vari tentativi, finalmente riescono ad agganciare il corpo che sembra in fin di vita. Stretta a lui c’è pure una bambina. Susanna.
Vengono tirati su. Beppe si occupa della bambina. Nordin dell’uomo. Entrambi gli praticano un massaggio cardiaco. La tensione è altissima.

La Rosy finalmente entra in porto. Rosalba e la moglie di Nordin riconoscono la barca. Si guardano. Ce l’hanno fatta. Ma la preoccupazione rimane. Staranno tutti bene è la domanda che nessuno ha il coraggio di fare.
Beppe riprova ad usare la radio che finalmente funziona. Chiama la capitaneria di porto. Stanno tutti bene. Ma hanno due naufraghi a bordo. Che facciano arrivare subito un’autoambulanza.
La Rosy lentamente attracca in porto. I naufraghi vengono portati via da una autoambulanza.
Rosalba abbraccia suo marito. Nordin sua moglie.

Alà e Susanna sono ricoverati in Ospedale. Un dottore passa attraverso i letti dei naufraghi.
Un’infermiera accarezza la piccola Susanna. Il dottore le dice che devono riposare.
Fuori dall’ospedale i giornalisti cercano di entrare per avere informazioni. Pare siano morte centinaia di persone. Un disastro.

Beppe è nel letto con Rosalba. La moglie gli dice che ha avuto tanta paura. Ha temuto che lui non tornasse più. Beppe l’abbraccia. È Dio che l’ha guidato tra quelle onde. È Dio che gli ha fatto salvare quell’uomo e quella bambina.
Pensavamo fosse troppo tardi quando li abbiamo trovati. Ma dentro sentivo che non era così. Non sa spiegargli il perché, ma sentiva che erano ancora vivi.
Beppe e Rosalba si baciano e dolcemente fanno l’amore.
Fuori piove ancora.

Il giorno dopo Beppe e Alà si presentano in ospedale. Hanno portato dei vestiti e Susanna ha comprato una barbie per la piccola. Entrano nella stanza.
Alà e sua figlia stanno meglio, lo informa l’infermeria.
Rosalba mette nelle braccia della bambina la barbie che la ricambia con un sorriso.
Rosa le fa vedere come vestire la bambola. Come pettinarla. Susanna è contenta.
Ma deve riposare, dice l’infermiera. Possono tornare domani.
Alle loro spalle si presenta però un ufficiale di polizia che invita Beppe a seguirlo in caserma.
Rosa lo guarda interrogativa. Neanche Beppe capisce bene. Ma l’uomo si fa più insistente. Devono fargli delle domande.
Beppe saluta Rosa. Si vedranno dopo a casa.

In caserma Beppe trova Nordin e gli altri due marinai ad aspettare in una piccola stanza. Nessuno è stato ancora chiamato.
Poi finalmente esce un carabiniere. Vogliono parlare con Giuseppe Giuppi.
Il commissario è seduto dietro la scrivania di legno. Muove delle carte. Fa aspettare Alà che rimane in piedi ad attendere, come se questo non esistesse.
“Lei è accusato di favoreggiamento di immigrazione clandestina.”
Il commissario ordina il sequestro della barca ed ordina sia a lui che ai suoi uomini di non lasciare il paese.
Giuseppe è allibito. Cosa dice? Lui accusato? È lui che ha salvato quegli uomini!
“Questo è tutto da dimostrare, per ora è stato trovato con due iracheni a bordo.
Ed uno di questi è un pilota.

Nel porto la notizia si è diffusa. I pescatori ridono. È forse una barzelletta. Giuseppe uno scafista? Lui che è un uomo che se può aiuta sempre tutti! La gente è indignata.
Beppe raggiunge gli altri al molo. È molto triste, ma allo stesso tempo rabbioso. Un giornalista capisce che quello è lo scafista di cui si parla.
“Quanto prendeva per portare gli extracomunitari in Italia?”
Beppe non resiste. Si gira e colpisce il giornalista in pieno volto.
Quindi si rintana nel caffè del porto.
Un vecchio pescatore urla al giornalista: “Per noi la legge del mare è la prima regola a cui teniamo, prestare soccorso in mare è una regola sacra. È un codice tramandato di padre in figlio da secoli! Idiota!”
Beppe guarda il mare infrangesi sugli scogli del porto. C’è ancora pioggia e vento.

Alà apre gli occhi, ma non vede nulla. Gli occhiali sono persi. Accanto c’è la figura di una ragazzina. È Susanna a cui allunga la mano. Sorridendo le dice “Hai visto che Saint Exupery ci ha salvato…”
La bambina gli sorride.
Il carabiniere che stava dietro la porta avvisa il commissariato che l’uomo si è svegliato.

Al commissariato di polizia Alà è interrogato dal magistrato. Sa parlare un poco l’italiano. Con calma inizia dunque il suo racconto. La sua cecità. La disperazione. Il viaggio. La tempesta. Il dramma di sua figlia che vive con l’incubo della guerra.
Il soldato immaginario di Saint Exupery.
Il magistrato è un uomo che vede solo in una direzione.
Davanti ha un uomo che sa parlare bene le lingue, è un pilota, ha girato il mondo, ha indirizzi in tutta Europa, ed è stata ritrovato nella sua giacca un piano di volo.
In un clima di guerra che incombe nel mondo è sospettato per forza.
Iracheno. Arabo. Musulmano. Pilota.

Sui giornali in prima pagina esce la notizia che un grosso terrorista è stato arrestato.
Anche la televisione ne parla.
E Giuseppe è al bar davanti allo schermo che sfoga la sua rabbia. Ce l’ha contro la stupidità dello stato. Ma è solo uno sfogo. Gli amici lo fanno calmare. Gli offrono una cosa da bere.
Beppe confida ad un amico che quell’uomo e sua figlia gli sono entrati dentro.

La moglie di Beppe, Rosalba ha preso a cuore la bambina, è andata a trovarla al centro dove sono stati messi gli immigrati. Le ha portato da mangiare e altri giocattoli.
Per Susanna che non vede il padre da diversi giorni è l’unico volto gentile a cui aggrapparsi.
Il sorriso della bambina va dritto al cuore di Rosa, lei che non può avere figli, finalmente ne ha trovato una. Quel sentimento di maternità così bello, così forte, dolce, la fa sentire una donna felice.
Quel giorno a riprendere Rosa dal centro è venuto Beppe. Lei gli parla della piccola.
Il vecchio uomo di mare capisce che sua moglie si sta affezionando a quella ragazzina più di quanto dovrebbe.
“Susanna ha un padre e prima o poi la verrà a prendere!”
Rosa ha uno sguardo triste.

Alà è di nuovo chiamato a testimoniare. Davanti a lui c’è però un altro giudice. Un uomo gentile che lo sa ascoltare. Sa capire il dramma di quell’uomo. A cui è stato tolto tutto. Viene scagionato dall’accusa di terrorista, ma deve essere comunque rimpatriato.
Questa è la legge. Verrà portato al centro di rimpatrio per clandestini, dove si trova anche sua figlia.

Il centro scoppia di persone. Oltre a questo è appena arrivata una nuova barca stracolma di persone.
I clandestini vengono ammassati ovunque. Prigionieri che non hanno commesso alcun crimine. Uomini perquisiti che hanno nome Allessi, Ali, Luc, Mose, Ismail, Ibraham. Uomini con mille storie. Scampati dall’inferno. Dalla guerra. Dalla fame. Dalla repressione. Dalla tortura.
Alà insieme agli altri viene fotografato, poi vengono prese le sue impronte. Poi gli viene chiesta l’identità. Egli è distratto. Si guarda intorno. Pensa a sua figlia. Dove è sua figlia?
Si chiama Alà Alif, lo ha già detto. Stai calmo gli intima la guardia. Dove è mia figlia, ripete Alà. Ma nessuno sembra sentirlo.
Finalmente le operazioni burocratiche terminano.
La vista di Alà è peggiorata, e lui inizia a vagare tra la gente, che è seduta e sdraiata ovunque, alla ricerca di sua figlia. Non si accorge che ci sono solo uomini ed adulti.
“Avete visto una bambina?” È questa la frase che inizia a ripetere senza tregua.
“ È una bambina con i capelli lunghi, l’avete vista?”
“Si chiama Susanna, è mia figlia.”
Di persona in persona la sua paura di averla persa aumenta.
In preda al delirio, mentre quasi viene portato via da un carabiniere, Mohamed, l’uomo che aveva incontrato all’inizio nello scafo, gli prende il braccio e lo ferma.
Sua figlia è con le donne nell’altra parte dell’edificio. L’ha vista lui stesso. Sta bene. È con le suore. Ora deve calmarsi. Tutto si risolverà…
Esausto Alà si siede accanto a Mohamed. Quest’ultimo si è salvato per miracolo al naufragio. Si è aggrappato ad un pezzo di legno e ha resistito per quasi un giorno intero. Poi una nave lo ha salvato.

Rosalba passa più tempo possibile con Susanna. Le suore ormai la conoscono e si fidano. Le ha comprato un vestitino ed un cerchietto rosa per i capelli. Tutte cose che non aveva mai fatto prima. Susanna ricambia quei gesti di affetto con dei sorrisi. Non sa parlare l’italiano, ma è lo stesso molto tenera. Si decide a chiedere all’assistente sociale che lavora al centro:
“Dove andranno a finire i bambini? Esiste la possibilità di adottarli?”

Beppe, a casa, discute con la moglie. Cerca di riportarla alla ragione. Quella non è sua figlia. Ha un padre. Si chiama Alà. E lui lo ha salvato in mezzo al mare.
Ma Rosa non vuole sentire ragioni. Forse quello è proprio un segno del destino. Se lui l’ha salvati, forse è proprio perché loro adottassero sua figlia Susanna.
Beppe si arrabbia. Cerca di farle capire dove sta il giusto.
Cerca di convincerla a non rivedere più Susanna, o altrimenti quando si separerà da lei sarà ancora più duro.
Rosa è però determinata, e Beppe già nervoso per non poter più lavorare in quel periodo, esce di casa sbattendo la porta.

Beppe è in un bar. Sta bevendo una birra quando un signore con la barba gli si avvicina.
“Tu sei Beppe Giuppi vero?”
Beppe si allontana prima di perdere la pazienza. È stanco dei giornalisti che gli fanno domande idiote.
Ma il tipo non è un giornalista. Si chiama Marco Allegri ed è dalla sua parte. Sa quello che gli è successo. Ha letto la sua storia. Sa che nonostante lui abbia salvato quell’uomo e la bambina dall’annegamento, la polizia non gli ha ancora rilasciato il permesso di uscire con la sua barca. E questo è davvero assurdo.
Ma ancora più assurdo è far tornare in un posto un uomo che vi è appena scappato. Rischiando la propria vita e tutto quello che ha. Come l’uomo che ha salvato.
Marco appartiene ad un centro sociale. Secondo lui è dovere di tutti far sapere all’opinione pubblica le gravi condizioni in cui versano tutte queste persone imprigionate senza aver commesso alcun reato, persino al di là delle disposizioni normative.
Il centro di permanenza temporanea, il CPT, quest'anno ha raggiunto limiti mai toccati prima. Le condizioni in cui gli extracomunitari sono costretti a vivere sono pessime: senza vestiti di ricambio, spazzolini, saponi e quant'altro dovrebbe invece essere garantito loro. Adesso il centro non ha neanche più la cucina poiché il container destinato ad ospitarla è stato invece adattato ad ulteriore dormitorio. Container e tende dormitorio che in questo periodo raggiungono anche la temperatura di 70 gradi! Ed hanno due soli bagni funzionanti per quasi 200 persone!
Beppe gli chiede cosa vuole da lui.
Marco ha bisogno del suo aiuto, ed in particolare quello di sua moglie Rosa.

E’ sera. Beppe ed i ragazzi del centro sociale stanno tagliando con una tenaglia le reti di protezione. Quindi senza farsi vedere entrano nel giardino del centro.

Rosa, intanto, bussa alla porta del centro. Il carabiniere, che è praticamente un ragazzino durante il periodo di leva la riconosce. A quell’ora non sarebbero permesse visite. Rosa ha promesso di portare dei dolci a Susanna. E le dispiacerebbe molto se non potesse averli. Quindi gliene offre uno. Il carabiniere ingenuamente prende il dolce e la fa entrare.
Rosa si dirige da Susanna. La prende per la mano. Quindi, senza dare troppo dell’occhio, cerca una porta. Una porta che evidentemente qualcuno le ha segnalato. La porta conduce in un’altra stanza chiusa. Da qui Rosa accede ad un altro ingresso che da sul giardino. I ragazzi e Beppe entrano di nascosto nel centro. Uno di loro blocca il carabiniere. Non vuole fargli del male. I ragazzi e Beppe attraverso un corridoio giungono nella parte del container dedicata agli uomini.
Anche qui immobilizzano un carabiniere. Beppe cerca Alà. Finalmente lo trova e gli dice di seguirlo. Susanna è già al sicuro.

Fuori dal centro la polizia si è accorta di quello che sta accadendo. Molti clandestini vengono ripresi. Beppe protegge Alà e lo conduce attraverso un sentiero fino alla sua macchina.
Davanti ad attenderli c’è Rosa con Susanna. Padre e figlia si abbracciano fino a piangere di gioia. Beppe e Rosa si guardano. Ora lei sa di aver fatto la cosa giusta.
Alà ringrazia Rosa che saluta lui e sua figlia. Ma non c’è molto tempo.
Anche Beppe bacia Rosa, lui l’ama, quindi accende la macchina ed i tre partono.

Rosa al commissariato viene interrogata.
“Ma ti rendi conto di quello che hai fatto?”
Il commissario la conosce bene. Sin da quando era piccola. Non si capacita ancora di come sia stato possibile che lei abbia fatto quello che ha fatto. Secondo lui è gravissimo. Ora su di lei e suo marito cade ora un imputazione di rapimento.
Rosa cerca di spiegare che era giusto fare così; quell’uomo e sua figlia avevano bisogno di aiuto. E nessuno sembrava volergliene dare.
Suo marito è stato prima incolpato di aver salvato due persone da un naufragio. Ora incolpano anche lei di aver ridato la libertà a quelle stesse persone. Che giustizia è mai questa?

Beppe ha guidato tutto il giorno attraverso strade secondarie, ed è veramente esausto. Ma proprio quando decidono di fermarsi a dormire vedono un posto di blocco. Le macchine procedono a passo d’uomo. La polizia controlla macchina per macchina i volti delle persone. Sono loro che cercano? Meglio dividersi. Beppe chiede ad Alà di scendere e raggiungere a piedi quel palazzo oltre i controlli, tagliando per i giardini. Susanna rimane con lui. Desterà meno interesse con un italiano.
Alà si allontana. La macchina di Beppe si avvicina al posto di blocco. Il poliziotto guarda in viso i due. Chiede se quella è sua figlia. “Si, lo è”- risponde Beppe. Stanno andando a trovare il nonno che abita in quella cittadina. Il poliziotto è incerto, ma un sorriso di Susanna lo convince completamente. Possono passare.
Alà oltre il palazzo rientra in macchina.
I tre ripartono

E’ l’alba. Alà apre gli occhi svegliato dalle prime luci. È dentro la macchina. La piccola Susanna sta ancora dormendo dietro. Beppe non c’è. L’iracheno scende dalla macchina e si accorge di trovarsi in un piazzale. Poco più avanti una piccola chiesa.
Alà si gira di nuovo verso la macchina per vedere se Susanna si sia svegliata. Ma la piccola dorme tranquilla. Decide di entrare nella chiesa.
Dentro c’è un uomo nelle prime file che è inginocchiato. È Beppe. Lo raggiunge.
“Tu non preghi il tuo Dio?” fa Beppe stringendo un rosario nella mano.
“Il mio Dio mi ha tolto tutto, preferisco credere negli uomini.”
Beppe scuote la testa, ma non aggiunge altro.

Rosa a casa parla con la madre. Ora è agli arresti domiciliari. In attesa di giudizio.
Di Beppe nessuna notizia.
La madre è molto preoccupata. Dove sarà ora suo marito? E di loro cosa sarà dopo quello che hanno fatto?
Finalmente arriva una telefonata.
È Beppe. Chiama da una cabina. Stanno tutti bene. Poi attacca per paura che rintraccino la telefonata.
Rosa guarda fuori dalla finestra come in cerca di una risposta a tutte le sue domande.

Alà racconta a Beppe, mentre Susanna dorme, la sua storia. Ex capitano di aerei civili. La moglie morta quando Susanna era ancora piccolissima. Poi la malattia agli occhi. È per questo che non crede in Dio.
Beppe non è un filosofo. È un uomo di mare. Se gli è capitato tutto questo lui è convinto che deve esserci una ragione, anche se ancora Alà non sa bene quale.

È notte fonda. Alà e Susanna sono arrivati a Sangatte in Francia. Mohamed nella barca gli aveva parlato di un certo Marc. Ma è troppo pericoloso per Alà uscire fuori e cercare questo tizio.
Beppe cerca di parlare con alcuni brutti tipi nei bar di Sangatte.
Ma nessuno sembra conoscere questo Marc.
Beppe è un uomo pratico. Sa come funziona il mondo. Dalle tasche tira fuori cento euro. A quel punto un uomo si fa avanti. Parla un brutto italiano. Perché vuole vedere Marc?
Un suo amico e sua figlia devono passare il confine. Sono extracomunitari.
Il tipo scruta da cima a fondo Beppe. Hanno i soldi?
Ce li hanno. Non si preoccupi. L’uomo vuole vedere Alà e sua figlia. Beppe lo porta da loro. Sono in macchina dietro l’angolo. Marc scruta sia Alà che sua figlia.
Hanno problemi alle gambe? No risponde Alà. Bene, perché ci sarà da camminare molto. Inoltre gli Inglesi hanno aumentato i controlli. Bisognerà stare molto attenti.
Il passaggio verso la speranza costa cinquemila euro. Mille anticipati.
Alà gli da i soldi. Sono dollari, ma vanno bene uguale.
Si parte nella notte alle quattro. Passa lui con un pulmino a prenderlo davanti a questo bar.

Rosa sta male. Ha la nausea ed è già la seconda volta che va al bagno a rimettere. Prova a sdraiarsi ma la sensazione di malessere rimane. La madre che è con lei è preoccupata.

Alà, Susanna e Beppe attendono quelle ore che rimangono in macchina. La piccola dorme dietro.
Alà ringrazia Beppe per tutto quello che ha fatto. È un uomo dal cuore grande. È un grande uomo.
“Basta con le ciance, deve pensare agli occhi e a guarire, ora.”
Giunge il camioncino con Marc. Beppe abbraccia Alà e sua figlia.
C’è grande commozione.
Alà e Susanna stanno andando via, quando Beppe lo ferma.
Vuole dargli una cosa prima di andare via. È il suo rosario. “Che Dio ti protegga.” Alà prende in mano il rosario e lo chiude nel pugno.
Quindi lui e Susanna salgono nel pulmino.

La madre ha portato la figlia in ospedale. Rosa ha dolori stranissimi. Forse è lo stress di tutto quello che è successo. Forse la figlia è malata. Rosa entra nella stanza del pronto soccorso.

Il camioncino si ferma due volte per caricare altri extracomunitari come loro. Poi finalmente giungono nel posto e scendono.
La notte è fredda e piovosa. Alà e la figlia con altre persone cominciano un’altra traversata che fa paura a chiunque.
Guidati da un uomo senza scrupoli che ha preso quasi tutti i loro soldi. Soldi che valgono la vita.
Camminano al buio accanto ai binari dei treni. La paura assale tutti ad ogni lampo di luce. Ognuno prega in silenzio. Il tunnel sembra più lungo della vita.
Alà non vede quasi nulla. Nella notte la sua malattia peggiora. Tiene per la mano Susanna e segue le figure che gli stanno davanti.

Rosa esce dalla visita con il medico. Ha un espressione surreale. La madre le chiede come va. Rosa non risponde. È incredula. Non crede a quello che ha sentito. Una lacrima le scende sul viso. La madre è ancora più preoccupata.
Poi un sorriso di felicità le si affaccia in volto.
“Mamma sono incinta.”

Alà, sua figlia e tutti gli altri sono fuori dal tunnel.
La luce del giorno e della speranza li abbraccia. Alà ha ancora in mano il rosario.
Alza la testa al cielo. Forse è la prima parola che rivolge a Dio.

Londra. Stazione dei treni. Giorno. Alà e sua figlia in mezzo al mondo. La piccolina è abbagliata da tanta gente. Da tanto rumore. Da tutte quelle persone.
Su uno schermo gigante a Trafalgare Square la notizia che la guerra contro l’Iraq è cominciata.
Alà e Susanna entrano in un palazzo. Salgono delle scale. E finalmente entrano nello studio dell’oculista.
L’uomo li accoglie con grande gentilezza. Ha ricevuto la lettera con la sua storia. Lo fa accomodare subito senza aspettare.
Susanna come la volta precedente aspetta fuori. In mano la barbie che Rosa le ha regalato.
Il dottore sottopone gli occhi di Alà a diverse analisi.
Quindi lo fa accomodare per parlargli.
La situazione è molto grave. La diagnosi del suo amico collega in Iraq purtroppo era esatta. Alà soffre di retinite pigmentosa. È una malattia che a questo stadio non può essere arrestata. Porta alla cecità. E lui non può fare davvero nulla. Forse se la malattia fosse stata presa prima, si poteva pensare ad un trapianto. Ma a questo punto, neanche la scienza può intervenire.
Alà è senza parole. Quanto gli rimane prima di diventare cieco?
Può succedere da un momento all’altro.

Ora cammina nelle strade di Londra con la figlia che tiene per mano.
“Voglio portarti a vedere una cosa Susanna”. I due salgono le scale del British Museum.
Un lampo bianco si affaccia negli occhi di Alà, che è costretto a fermarsi un attimo.
Si tocca gli occhi. Ma la luce ritorna.
Alà e Susanna fanno i biglietti per entrare, quindi si dirigono nel settore dove ci sono le reliquie storiche del mondo iracheno.
L’uomo vede ormai solo i contorni degli oggetti eppure nel rivedere la sua storia il suo viso si illumina di gioia. È il suo passato. Ed è quello che vuole che rimanga nella sua memoria. Per lui tutto quello ha un valore immenso. Inestimabile. È qualcosa che rimarrà per sempre nella sua anima.
“Susanna, questo è il nostro passato. Noi veniamo da qui” - dice Alì mentre gli scende una lacrima nel suo viso.

L’iracheno è di nuovo per strada. Sul collo ha indosso il rosario di Beppe. Si è fermato davanti un negozio di elettrodomestici. I televisori mostrano le prime immagine del bombardamento a Baghdad. Susanna osserva la televisione, ma Alà non vede più nulla.
Tutto si è fatto bianco intorno come latte.
È cieco ormai.
Cerca la mano della figlia.
Con voce tenera le dice “Da oggi sei tu il mio Saint Exupery”.

Fine.

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