Nell'ex pastificio romano chiamato Pantanella, continuano ad
addensarsi, a trovare rifugio stranieri immigrati con e senza
permesso di soggiorno, che svolgono attività marginali e sono
senza dimora. Quattro stranieri di diverse nazionalità, sono i
protagonisti di questo pastificio occupato.
Pantanella assume
l'aspetto di una città nella città. All'interno del pastificio si
organizzano, comitati che chiedono garanzie e un minimo di
servizi all'interno del pastificio, aiutati da italiani.
Le
autorità tergiversano, fanno promesse. Intanto nel complesso
industriale in disuso man mano, l'organizzazione della vita
diventa più visibile, più reale. Si passa da un minimo di
organizzazione civile a quella economica e commerciale, ma alla
fine la polizia attacca il pastificio e lo sgombera.
Questa è
la storia in maxiseguenze. All'interno si stabiliscono, si
intrecciano altre mini storie, almeno quattro che conducono il
filo del discorso. E' una sorta di sinfonia narrativa, perchè
ci sono quattro temi che si rincorrono, si intrecciano.
Pantanella sembra essere un caos, una Babele di lingue, di
costumi e di abitudini. Una Babele dove è difficile organizzarsi,
parlarsi. Pantanella è il momento successivo alla confusione
delle lingue, quando l'uomo non ha più paura di Dio ed ha bisogno
di riorganizzarsi e di superare la divisione delle culture.
Ma Pantanella non è una nuova Babele in cui i linguaggi diversi
portano alla distruzione, è la nuova Gerusalemme che attraverso
il rimescolamento di lingue si propone una nuova articolazione,
una nuova comunità, una nuova civiltà.
Nel libro si
contrappongono due città: una fuori, ormai corrotta, cinica,
falsa, la vecchia Gerusalemme; ed un'altra all'interno ove
faticosamente si sta proponendo qualcosa di totalmente nuovo, in
cui gli egoismi di orgoglio razziale, etnico, perdono ogni valore
perché tutti sono in quel posto non in virtù dell'appartenenza ad
un popolo, ma in virtù della propria singola umanità. E' una
nuova Gerusalemme perché è l'emblema di un salto di qualità nella
civiltà dell'umanità. Non hanno più senso le nazioni, la
diversità etnica, la diversità di colore e pelle. Pantanella è la
costruzione di una città ove la mondialità trova la sua
cittadinanza.
Rachid Boudjedra nell'introdurre questo romanzo
ne dichiara l'assoluta letterarietà, riconoscimento non da poco,
e aggiunge che " le diverse lingue... trasformano questo romanzo
in un arcobaleno di immagini poetiche, di profumi mischiati, di
colori sfumati. E soprattutto di voci sovrapposte che rendono
questo romanzo una torre di Babele piena di grida e rabbia,
risate e comicità, sangue e lacrime, amore e odio.
Eppure
questa mondialità è fatta di piccole storie, di sofferenze
comuni, della nostalgia, dell'amore, della necessità della fuga.
E' la vita della quotidianità, con le sue delusioni, con il
desiderio di chiudere una volta per tutte. E in questa dimensione
del particolare, spesso fa da controcanto l'eternità, di Roma, il
suo fascino descritto e pennellato con mano rapida e sicura:
"Non c'è altra maniera di riempirsi le tasche, per assicurarsi
l'indispensabile per vivere non c'è altra via. Questa
conversazione si svolgeva una di quelle sere in cui passeggiavano
nella vecchia città. Lì dove la storia si è fermata con tutta la
sua grandezza, sfidando tutti. Ahmad contemplava le cose, le
guardava profondamente. Si fermò per scoprirle, per scoprire le
linee curve, i disegni; e un alito di vento li sfiorava mentre
camminavano. La notte cominciava a calare. Roma era come una
sposa notturna, uscita dalla sua stanza in cerca del suo
sposo."
Se da una parte c'è Roma con la sua grandezza data
dalla storia che non passa e che sfida tutti, dall'altra c'è una
nuova Roma da costruire. "La sporcizia si accumulava in tutti gli
edifici. Erano rimasti per anni in quello stato. Come si potevano
portare fuori tutte quelle tonnellate di immondizia? Quando
videro tutto quello sporco si spaventarono, ma ciò nonostante
decisero di provare a pulire. Si divisero in gruppi e lavorarono
insieme. Ogni gruppo era formato da 20 persone....quel giorno i
segni della felicità erano visibili sui loro volti". Questa
comunità ogni giorno cammina, si organizza quasi in silenzio,
sottovoce: " Di notte nella comunità della Pantanella, alcuni
rimanevano svegli, altri sprofondavano in un sonno profondo e
infelice. Si sentivano i respiri da una parte e dall'altra.
Alcuni tossivano, altri sbadigliavano, altri ancora ascoltavano
la radio cercando di sentire una notizia che provenisse dal
proprio paese, altri fumavano. Era come una comunità viaggiante,
debole e stanca, che non sa nemmeno se partire di nuovo verso un
altro paese lontano....In quelle ore le menti erano piene di
sogni, di sogni di un domani luminoso, di un lavoro e di una
casa, per mandare i soldi alla moglie e ai figli, per aiutare i
genitori anziani.."
Questa nuova città è temuta, perché
rischia di diventare l'antitesi della vecchia eterna città,
perché minaccia la sua grandezza, la sua saggezza, minaccia il
suo fascino ma specialmente svela nell'intimo quale è la storia
di ogni città che vuole essere grande, svela il segreto che sta
dietro ogni eternità urbana: La Babele delle lingue, la Babele
dei costumi, la Babele dei popoli.
E' la paura del
rovesciamento della storia: mentre nella Bibbia l'unità
linguistica rende gli uomini simili a Dio e la divinità
interviene per spezzare quest'atto di orgoglio, nella nuova
storia si parte dalla molteplicità delle lingue per provare a
costruirne una unica. Si vuole impedire la costruzione di una
nuova civiltà a partire dalla diversità delle lingue, perché
questa è la vera sfida dell'umanità, questa fa la grandezza di
ogni grande città, Roma una volta, New York oggi. La possibilità
di una nuova città che faccia il salto di qualità e che si
costruisca a partire dalla diversità delle lingue non può essere
tollerata.
" Una mattina presto la 'città' fu circondata da
carabinieri e polizia. Furono accesi i riflettori. Si sentivano
rumori e i fischi delle radio che cercavano di mettersi in
contatto con la centrale. C'erano cani, manganelli, donne e
uomini, sembrava il giudizio universale. Arrivavano da cielo e da
terra.....La 'città' era circondata da ogni parte, non c'era una
via d'uscita o un posto dove nascondersi...Tremavano, fumavano,
mentre la polizia li puntava con le mitragliette. Parlavano in
arabo, urdu, hindi, mentre la polizia parlava solo in
italiano".
In questa città da costruire, da edificare, con
questi uomini, nuovi Mosè che tentano di costruire un nuovo
popolo, di superare nuovi mar Rosso, la storia di ciascuno, il
passato di ciascuno è un basamento, è una pietra angolare su cui
erigere, su cui costruire, perché la scelta diventa l'inizio
della nuova costruzione: "Ahmad disse: - Sono un immigrato, non
sono un esule e non sarò un esule in un ufficio scalcinato delle
Nazioni Unite...Non piangere mia cara, io sono un immigrato
venuto dal mare in cerca di un pezzo di pane, qualche lira da
mandare a parenti affamati, come ha detto Henry, il bengalese.
Mettiamo da parte i soldi per mandarli alle nostre mogli, ai
nostri figli che non hanno niente. I nostri re e i nostri
ministri si appropriano delle valute pregiate per trasferirle
nelle banche..."
La Gerusalemme è distrutta e da questa
distruzione viene fuori un quadro di ribellione e di
disperazione. "Nel cielo si formò un quadro con delle lettere,
una scritta. Alzarono gli occhi, illuminati dai raggi della luna
piena. Si affollarono per vedere. Era un quadro con su scritto
'basta'. L'intero universo gridò, tutte le città, tutte le
strade, i boschi, i deserti, i mari, il mondo intero:
B...A...S...T...A!"