Comunemente si chiama letteratura orale il discorso letterario prodotto oralmente, nel senso di linguaggio messo in atto, realizzato, effettuato, in un atto concreto della lingua (Dubois, 1973). In questa prospettiva sono stati realizzati grandi progressi grazie alle ricerche effettuate fino ad oggi. Attualmente si può dire che è terminato il grande dibattito relativo ai generi che comprende e alla disciplina che la riguarda. Come ogni atto di comunicazione, possiede un lato individuale e un altro collettivo; ha a che fare con il presente, ma anche con il passato nelle due dimensioni sopra menzionate. Si riferisce tanto agli atti della tradizione orale, vivi o abbandonati, di gruppi differenziati socioculturalmente, quanto ad avvenimenti presenti registrati nella memoria di gruppi urbani, rurali, di indigeni, di immigrati, di bambini, anziani, donne, uomini, operai, gay, matti, detenuti, ecc.
Per quanto riguarda il tema specifico della narrazione, personalmente ritengo che narrare sia ordinare il mondo secondo il modo in cui si percepiscono, rappresentano e mettono in rapporto tra di loro gli esseri, le cose o i fatti della realtà (Villagra, 1995, 1994). La descrizione del sapere ereditato dagli antenati, trasmesso nelle principali espressioni discorsive di diverse generazioni, ha potuto essere decostruita dopo ripetute osservazioni del materiale narrativo di ricerca raccolto tra il 1984 e il 1992 nella Comunità Indigena di Amaicha del Valle, nella Provincia di Tucuman, in Argentina. Successivamente ho messo a confronto questi risultati con gli studi di altri ricercatori, e questo mi ha permesso di constatare l'esistenza di coincidenze, specialmente con il filosofo catalano contemporaneo Trias (1970) e la con la ricercatrice argentina Sarlo (1995). Il primo ha focalizzato il suo lavoro sulla problematica dei modelli conoscitivi imperanti, nei punti che egli chiama le "zone franche" ovvero gli spazi che hanno a che fare con la situazione vissuta ai confini dell'Impero Romano (Trias, 1994. 21-25). La seconda, partendo dalla semiotica del discorso, si è dedicata allo studio delle forme strane, quelle che si sviluppano ai margini dell'ironia, della parodia, della policromia, del gioco del doppio codice, del linguaggio discontinuo e dell'andirivieni tra coscienza e sogno.
Come abbiamo già detto. Il sapere che si trasmette attraverso la narrazione, sia di ricordi di storie di vita, sia di eventi accaduti nel passato lontano oppure nel presente, è collegato all'esperienza individuale, e questa, a sua volta, alla percezione e alla memoria soggettiva, famigliare e comunitaria. Questa pratica permette al narratore e a chi lo ascolta di ordinare il suo mondo dotandolo di una continuità temporale e di una unità spaziale. L'individuo combina elementi eterogenei e persino contrapposti dei campi visuali presenti e passati in un solo punto di attenzione, il quale conduce alla ricostruzione fondamentale della memoria.
Questo sapere, che dà l'idea di una certa opposizione nelle sue forme espressive, nei referenti e nei contenuti, genera uno spazio adatto ad una "estetica del margine" legata ai discorsi "di crocevia" (Sarlo, 1995). In questo tipo di discorsi predomina la dinamica della complementarietà orientata da connessioni che portano al superamento delle contrapposizioni assolute. A questa ricerca del superamento delle differenze in America Latina, bisognerebbe aggiungere gli elementi provenienti dalla cultura spagnola e al suo modo di inserirsi, a partire dal suo insediamento nella zona a metà del XVI secolo. Questa presenza è eterogenea, giacché riunisce nella sua stratificazione anteriore gli apporti culturali giudaico-cristiani, musulmani, arabi, africani e preromani che la cultura spagnola aveva preso in prestito e li trasferì in punti sia centrali sia periferici del suo territorio (Millones, 1981). Questa situazione di crocevia culturale si aggiunge alle "versioni" che ha dato origine all'introduzione del modello europeo attraverso l'evangelizzazione e l'insegnamento laico, che ha svolto una funzione di omologazione nel nord ovest argentino e le successive migrazioni iniziate alla fine del XIX secolo. Le operazioni logiche implicite in queste forme inducono a pensare che a partire da stimoli culturali complessi, diversi e frammentari, un determinato gruppo umano organizza l'informazione in modo selettivo, economico e flessibile, coerentemente con il contesto dinamico del cambiamento sociale e della modernizzazione che gli tocca vivere. Immersi in questa situazione di pluralismo culturale, specialmente gli abitanti delle zone rurali o delle comunità indigene, partecipano ad una molteplicità di mescolanze di ingredienti culturali, cosa che li porta alla costruzione di identità differenziate. Questo contrasto di identità e la sua risoluzione è un referente obbligato per ogni studio sulla letteratura orale. (Millones, 1982; Buxò i Rey, 1990).
In queste espressioni si possono trovare le formulazioni di un "discorso dal margine" o una "estetica del margine". Queste enunciazioni significano che i produttori o i narratori costruiscono coscientemente un immaginario composta da elementi di mondi e tempi diversi. In casi come questi, Sarlo (1995) propone la nozione di "ideologema del doppio". In questa concezione si trovano strettamente legati temi importanti come la versione e la traduzione (Lévi-Strauss 1972 [1968]; Reyes, 1984).
L'atto del ricordo e la funzione della memoria
L'atto del ricordo e la funzione della memoria nella narrativa della Comunità di Amaicha del Valle evidenzia certi meccanismi della conversazione che richiamano l'attenzione. Essi ci suggeriscono un modo di collegare il presente con un passato che rimane silenzioso, parallelo, senza contaminarsi con l'attualità, ma che a volte emerge alla superficie del discorso locale più per persuadere della sua esistenza che per dissuadere. Si tratta di un passato che irrompe per aggiungersi provvisoriamente ad un altro passato. Questi incontri danno l'idea di crocevia che, ad un altro livello si traduce nella possibilità di un cambiamento nella direzione del significato del discorso narrativo. Con termine crocevia, pertanto, ci riferiamo al luogo in cui si incontrano gli enunciati provenienti da diversi livelli. Da questo incontro è possibile la nascita di un nuovo significato, specialmente per ciò che attiene all'atto del vivere e del ricordare.
I fatti diffusi che si iscrivono nel tempo e nello spazio delle narrazioni si realizzano, ovviamente, attraverso meccanismi impalpabili. Questo mi ha portato a dotare di voce e di immagine il fenomeno in questione, il che ha avuto come prima conseguenza un lavoro di riscatto. Riscattare, quindi, implicava, tra l'altro, che dovevo percorre il passato, ripercorrerlo. Questo movimento significava che dovevo riandare dal presente al nascondiglio degli altri. Transitare per spazi in cui sono trascorse vite altrui, voci di altri. Vale a dire, una traduzione o operazione di passaggio da un enunciato dato ad un altro enunciato considerato equivalente. Tradurre in semiotica significa che c'è un senso e che se ne può parlare. Questa azione di passaggio, di trasbordo da un discorso considerato come l'immagine di un determinato gruppo o comunità comportava un'ansia di riempire di contenuto il vuoto in un tempo e in uno spazio determinati. Implicava, pertanto la necessità di aggiudicargli una storia. Questa maniera di storicizzare si è basata nell'atto della memoria. Di modo che le narrazioni avrebbero messo in movimento non solo il mio ruolo di ricercatrice, ma anche il soggetto della narrazione. Nel momento in cui si attivava la memoria, questi sarebbe entrato e sarebbe uscito dal passato, allo scopo di recuperare i dati che avrebbero facilitato la valutazione del presente. Il lavoro della rimembranza, in questo senso, avrebbe rinviato ad un processo di rivitalizzazione e di riciclaggio della memoria del soggetto e della comunità o del gruppo sociale a cui si rivolge.
La messa in marcia di questo tipo di ricerche non rappresenta nessuna novità in quanto agli obiettivi del riscatto, ma è senz'altro innovativa per ciò che riguarda lo sviluppo di un nuovo campo disciplinare orientato ai problemi socioculturali. Questo nuovo spazio di ricerca, con i suoi obiettivi e i suoi metodi specifici, si è esteso ad altre discipline, nelle quali è difficile individuare i compiti, in quanto il riscatto abbraccia produzioni umane meno concrete, ma "impalpabili", come nel caso della narrativa orale, nel nostro studio specifico (Garcia-Rolandi, 2000).
I ricercatori che attuano il riscatto di questo tipo di patrimonio, affrontano il fenomeno culturale, in linea generale, a partire da modelli interdisciplinari o multidisciplinari. In questi studi predomina la prospettiva dell'antropologia e/o della semiotica. La linea di ricerca che la distingue è la conquista di modelli di classificazione e di analisi che vengono poi rispettati e sistematizzati coerentemente con il materiale di studio e rispondono alla dinamica dei gruppi che producono le differenti manifestazioni culturali ( Kusch, 1973; Cipoletti, 1983; Colombres, 1984; Losada, 1984).
La riproduzione di contenuti di esperienze trascorse e vissute dal soggetto, si realizza mediante la libera associazione, evocazione o riproduzione spontanea e inconscia, ma anche per via volontaria e di riflessione cosciente (Postilla, 1975 e Núñez Madrazo, 1996: 486).
La riproduzione spontanea evoca un vissuto anteriore in modo libero. Perciò, l'evocazione libera permette che il contenuto fissato e conservato nella memoria torni ad attualizzarsi ricomparendo nella coscienza. Una cosa vista momentaneamente si collega, per somiglianza o per contrasto, con altre cose viste in precedenza, attraverso cui essa è riprodotta parzialmente o totalmente. L'associazione dei ricordi può essere assimilativa, quando si produce un miscuglio tra elementi anteriormente percepiti e uno nuovo, e successiva, quando gli elementi non riescono a mescolarsi con il nuovo.
La capacità di ritenzione della memoria e l'oblio sono aspetti determinanti, legati al tempo, nel senso della distruzione delle tracce in relazione con la distanza temporale. Ma l'oblio può anche derivare da una dissipazione delle tracce o di loro componenti, interferenza di altri ricordi, o conseguenze da altre inibizioni.
Nel materiale narrativo specifico di cui dispongo e' importante osservare e analizzare come si produce la variante dell'oblio, nel suo aspetto di meccanismo occultante. Allo stesso tempo consideriamo che l'atto di ricordare avviene in gran parte nascondendo un'immagine repressa, e che questa si conserva a livello di un significato occulto. Credo che in questo tipo di oblio trovino posto non solo i contenuti individuali e sociali della memoria, ma anche la funzione della conoscenza ereditata dagli antenati e quello che vi si aggiunge mediante l'apprendimento sistematico.
Il linguaggio e l'uso di segni esterni e interni promotori del ricordo sono essenziali nell'affrontare questo aspetto della ricerca. Nel formulare verbalmente situazioni e attività passate, l'essere umano sintetizza il passato e il presente attraverso la sua memoria, che non solo convalida i frammenti del passato, ma unisce al presente elementi o segni dell'esperienza passata già interiorizzati. La storia si costruisce mediante l'appropriazione sociale del passato, così come è percepito e narrato da chi lo vive, in modo tale che la storia si trasforma in una "invenzione" a cui la realtà apporta i propri materiali (Núñez Madrazo, 1996; Vigotsky, 1995 [1930]; Portelli, 1989). Questo fatto creativo dell'attività umana permette di riprodurre la realtà in stretta relazione con la memoria o la ragione e i sentimenti sono collegati. Quanto più ricca è la realtà, maggiore è la possibilità di fantasia e viceversa. Attraverso la fantasia si interpretano le esperienze e i sentimenti, al tempo stesso la coscienza collega i sentimenti con il significato e il senso.
Fonti citate
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