L'opera di Erminia Dell'Oro è oggetto di ricerca anche in ambito universitario. L'interesse nei suoi confronti è elevato specialmente quando ci si occupa di postcolonialismo, tema particolarmente seguito negli Usa. Ecco qualche frammento tratto da pagine di critica apparse su quotidiani e periodici.
Sauro Borelli, L'Unità,
mercoledì 1 febbraio 1989
"L'associazione d'idee più
immediata, assolutamente lecita, corre, nel caso particolare,
all'intrepida baronessa Blixen, alias Isak Dinesen, ed al suo
celebre, esemplare «diario in pubblico» La mia Africa.
Per Erminia Dell'Oro e per Asmara addio, però, si tratta
soltanto d'un punto di riferimento, di richiamo, per
lusinghiero che sia, soltanto meccanico. Chè, in effetti, il
corpo, la sostanza viva dello stesso libro si animano,
s'ispessiscono di scorci psicologici-esistenziali, di aneddoti, di
ricordi pur frantumati, in suggestioni e in emozioni tutte ed
autonomamente native. La stessa scrittura, di quando in quando,
sofisticata o colloquiale, mediata o tutta contingente,
proporziona sulla pagina un. microcosmo separato che, proprio nelle
fisionomie, nei caratteri definiti, memorabili di parenti, di
amici e famigli eritrei riflette, spogliata d'ogni enfasi o indebita
epica, la catastrofica avventura dell'Italia in Africa, sia ch'essa
s'incentri su personaggi civilissimi attratti naturalmente dal
«Continente Nero», sia ch'essa si fondi sulle pretese, le
prevaricazioni intollerabili dell'«imperialismo
straccione» praticato dal fascismo."
Franco Loi,
Il Sole 24 ore, domenica 12 febbraio 1989
"Questo romanzo
[Asmara addio] di una gentile e intelligente signora che dirige la
libreria Einaudi in via Manzoni, ha almeno due componenti
affascinanti, oltre la storia della famiglia Dell'Oro, che
s'intreccia alla storia di quel meraviglioso popolo eritreo che
ancora oggi vive con grande coraggio e dignità l'epopea
del suo riscatto dalla dittatura abissina, dopo aver subito
l'occupazione inglese e italiana. Intanto l'impostazione
poetica data alla vicenda e alla scrittura, che alterna usi e
tradizioni eritree alle vicissitudini degli italiani, in un impasto
di un limpido italiano e asmarino, tigrino e magrebino. Nel romanzo
c'è, incessante, il commovente senso di una perdita e di una
sconfitta: la perdita di valori e persone che, insieme, costituiscono
il mondo straordinario dell'infanzia e di un'età, il momento
magico in cui la vita di un popolo dà respiro a un'utopia
- la speranza che qualità e forza degli individui trovi
sostegno nel fervore di una coralità; la sconfitta di un
sogno, del creare un'isola felice, un'umanità migliore in una
natura ancora ricca di doni e incontaminata."
Mario
Spinella, Le muse, oggi, gennaio-febbraio 1989, n. 60
"Come
avviene sempre più spesso nella recente produzione narrativa,
anche qui [ Asmara addio] la materia del libro è offerta
dalla memoria della propria crescita, dalle figure domestiche e
parentali, le amicizie, il piccolo universo degli incontri. Ma lo
sfondo entro cui queste modeste, private vicende si svolgono, è,
in questo caso, l'Eritrea, Asmara, ove la protagonista è nata
e ha vissuto a lungo prima di "emigrare" (è il
caso di dir così) in Italia. Vi è quindi una doppia
distanziazione, temporale e geografica: ed è forse
quest'ultimo aspetto a costituire la peculiarità di queste
pagine. L'autrice sembra esserne del tutto consapevole, se si
propone - e vi riesce - di destare subito nel lettore l'impressione
di trovarsi in presenza di un'atmosfera in certo modo "fiabesca".
Lo testimonia la sapienza con cui apre e chiude l'itinerario delle
vicende domestiche, con l'immagine di un'isola magica, l'isola
degli uccelli, quasi un territorio del sogno e della bellezza,
immersa nelle nebbie e nella luce che segnano i confini tra
realtà e irrealtà. Ma ciò non impedisce a
Erminia Dell'Oro di campire, quasi posti in maggior rilievo da questa
cornice, una ricca galleria di personaggi, uomini, donne,
bambini, etiopi, italiani, ebrei, sudanesi, eritrei, inglesi: tutto
un caleidoscopio di immagini tagliate al vivo, penetrate con
umana simpatia e con un non comune rispetto per le altrui vite, anche
nei loro errori, nelle loro debolezze, negli urti, nelle
contrapposizioni inevitabili. Emergono tuttavia, in questa
composita rappresentazione, gli abitanti del luogo, la loro
esistenza di miseria, al limite della fame, conferma in un tempo
immobile che li investe di una dignità antica della quale noi
europei sembriamo spesso aver perso sino le tracce. A paragone
con la nostra frettolosità, le nostre tensioni, queste donne e
questi uomini - quali ce li presenta la Dell'Oro - sembrano
godere, nell'arco breve tra la nascita e la morte, di una loro
stabilità e sicurezza interiore, e spesso appaiono, nella
umiltà della loro silenziosa presenza, come un punto
certo di riferimento, un luogo di solidità e di certezza,
apparentemente non turbato, nel fondo, dalle vicende esteriori
che coinvolgono, così direttamente, i "bianchi"."
Franco Lanza - L'Osservatore romano, 18 marzo 1992
"Al
suo secondo romanzo [L'abbandono], la «eritrea milanese»
Erminia Dell'Oro conferma insieme la tematica e le speranze
concepite nel primo Asmara addio (1988) costituendo un esempio
in verità raro in questi anni (se non unico) di letteratura
italiana d'estrazione coloniale. Certo il lettore disincantato
vorrebbe saperne di più: ché non pare verosimile una
sorveglianza stilistica cosi matura e scaltra in una scrittrice
alloglotta, né basta qualche ingenuo solecismo (per es. «il
suo corpo si disfava e diventava mare.) ad illudere i destinatari
sui reali codici d'emittenza. Anche la struttura della favola, che ha
per protagonisti donne eritree ed emigrati italiani, militari e
civili, dagli anni Quaranta in poi è disegnata con i
colori dell'immediatezza ma conosce anche quella tecnica della
trasparenza simbolica che la conduce a servirsi degli
stessi modelli in uso nella narrativa europea di taglio psicologico e
memorialistico... Scritto in terza persona come ogni storia
d'implicita virtualità epica, il libro della Dell'Oro coglie
spesso i personaggi in momenti di sosta meditativa, di sospese
interrogazioni e stupori, di oscillazioni tra l'esile memoria dei
tempo vissuto e la fragile utopia di quello da vivere."
Corrado Staiano, Linus, 1992
"Nel romanzo L'abbandono di Erminia Dell'Oro,
pubblicato da Einaudi, colpisce anzitutto l'atteggiamento civile e
morale della scrittrice, la sua appassionata identificazione
con i sentimenti, le vicende, i drammi di uomini e donne infelici:
al di là delle sue qualità letterarie, L'abbandono
è un atto di alta solidarietà umana. Il romanzo è
estremamente moderno e di attualità: perché esce in un
momento di sconvolgimenti, di dissoluzione e di ricomposizione
della società, perché le ondate migratorie nei
prossimi decenni saranno fortissime e creeranno nel Nord. de1
mondo problemi gravi di integrazione e di convivenza. Il libro è
anche un invito alla tolleranza. Come se la scrittrice dicesse:
guardate, ecco qui i destini creati dall'ignoranza, dalla divisione
delle classi, dai conflitti di razza, di costume, religione,
cultura. La Dell'Oro ha una grazia naturale nel raccontare il
mondo dei poveri, il mondo dei bambini poveri, soprattutto. Si
comprende, leggendo, com'è profonda la sua conoscenza del
vero anche dei fatti minimi, i gesti i particolari che danno
credibilità al racconto. I quartieri miserabili delle
città, le case delle periferie, i collegi delle suore dalla
fredda carità sono raccontati con semplice
verità."
Gabriella
Parati, Via Dogana, rivista delle donne, n. 9 marzo-aprile
1993
"Negli ultimi anni sono stati pubblicati due romanzi di
Erminia Dell'Oro, una scrittrice italo-eritrea, che riportano la
nostra attenzione sui coloni ed il colonialismo italiani nel
Corno d'Africa. Il primo romanzo Asmara Addio (Edizioni Studio
Tesi, 1988) è un testo autobiografico in terza persona in cui
l'autrice esprime chiaramente il proprio anticolonialismo. Molte
pagine contengono la descrizione di personaggi eritrei e del loro
sfruttamento da parte degli italiani colonizzatori. 1 veri
protagonisti di questo romanzo sono, però, Milena e la sua
famiglia che vivono la condizione privilegiata di "bianchi"
in questo spazio coloniale. Si crea cosí una
inevitabile dicotomia tra i "bianchi" e gli "altri",
una dicotomia che in questo contesto narrativo autobiografico ed un
pò nostalgico non può essere superata. Nel suo
ultimo romanzo intitolato L'abbandono (Einaudi, 1991). Erminia
Dell'Oro lascia i toni autobiografici del precedente e racconta la
storia di due donne eritree: Sellass, la madre, e Maríanna, la
figlia. L'attenzione della scrit trice si sposta cosí
dall'analisi del proprio passato ad una completa attenzione
all'altro ed al rapporto complesso tra una madre eritrea e la
figlia meticcia."