El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

analisi complessiva

Il tessuto narrativo dei romanzi di Erminia Dell'Oro si determina attraverso tipologie similari di personaggi e modalità di narrazione che sembrano costanti e ne diventano quindi la cifra interpretativa. Da una parte infatti abbiamo la costanza della presenza di personaggi di età minore, giovani e/o adolescenti; dall'altra è ricorrente la presenza dell'ebraesimo non tanto come modalità religiosa, che si avverte poco, quanto come continuazione di quella lunga storia della diaspora, cioè dell'instabilità della dimora, di una continua ricerca di altro spazio, di un'altra fuga, di un'altra cacciata. Spesso i personaggi bambini servono per guardare la realtà con il loro sguardo speciale, che rende tutto inspiegabile, irrisolto, così come è nella loro vita e nella loro mente. Molto spesso i personaggi bambini lo sono perché i referenti della scrittura sono proprio loro. Significativo, fra questi, è Aptè (La gola del diavolo), eroe sconosciuto alla comunità, ma capace di altruismo per pura amicizia. La sua generosità arriva fino al sacrificio della vita. Egli, pur ammalato, non si risparmia per salvare gli amici e specialmente la sua amica Lù. Come la maggior parte degli eroi bambini è capace di forti affetti e di grandi slanci d'amore. Anche in un testo come la La casa segreta la visione della guerra, della vita clandestina, nascosta, è vissuta dal punto di vista dei ragazzi. Sotto molti aspetti si pone come un testo parallelo a quello di Anna Frank, con la differenza che, mentre in questo il narratore è interno, ne "La casa segreta" è esterno e, pur tuttavia, la focalizzazione rimane ancorata al mondo e alla mentalità dei giovanissimi. Questi esprimono esigenze contrapposte a quelle del mondo adulto, a volte non sono compresi e sono in aperto conflitto con esso. Significativo in questa descrizione di incomprensione è il romanzo L'abbandono, dove il tessuto narrativo vive nel dialettico rapporto fra Marianna e la madre, in cui la figlia esprime l'ansia di una esigenza di affettività contemperata da desiderio di libertà, di rapporto solidale con la natura, mentre la madre rimane chiusa nel suo astio e rancore oggettivato nella figlia Marianna. La costante circolazione di personaggi appartenenti all'universo ebraico apre uno squarcio in questo mondo di esperienza di colonialismo e di meticciato. Ci si trova davanti non solo a questa problematica, già di per sé scabrosa perché sostanzialmente rimossa, ma anche costantemente richiamati alla storia dell'olocausto, alle persecuzioni razziali, alla riproposizione di una storia di allontanamento. Tutto l'insieme delle narrazioni, pur nella maggior parte immerse nel pieno di questi drammi storici, viene esposto con delicatezza, così che non si è mai ancorati a descrizioni violente o piene di livore. La discriminazione, lo stesso olocausto sembra essere vissuto quasi come una fatalità che è inutile continuare a recriminare. Il lettore sembra incamminarsi all'interno di quattro tematiche di fondo: l'esperienza del colonialismo da parte di coloro che avevano cercato di rispondere positivamente alla fata morgana della politica nazionalistica espatriando in Africa; la sofferenza patita dagli ebrei dopo le leggi razziali e la tragedia dell'olocausto; il meticciato, visto come la situazione più dura e più emarginante perché rifiutata dai nativi, non ben accolta dagli italiani, anzi da questi spesso scaricata; il punto di vista della popolazione locale di fronte all'esperienza dell'occupazione subita. Le tematiche coesistono senza che nessuna prenda il sopravvento sulle altre. In alcuni testi è predominante l'uno o l'altro aspetto, in altri sono compresenti senza che si stabilisca una egemonia, una gerarchia. Lo spaccato che ne vien fuori è quello di una completezza ed insieme di una leggerezza narrativa perché non sovraccaricata da nessuna delle quattro problematiche.

Il secondo aspetto fondamentale nei romanzi di Erminia Dell'Oro è dato dalla modalità narrativa, che possiamo configurare secondo due linee di fondo: a) la costante presenza dell'aspetto onirico; b) un struttura narrativa che possiamo dire frammentata. L'aspetto onirico non è assimilabile all'interno di una dimensione psicoanalitica, per cui il sogno è espressione della struttura psichica di fondo della persona, espressione di esperienze, sedimentazione di percorsi di vita traumaticamente assembrati che si libera nel momento in cui l'io o il super io vengono meno al controllo della persona. Esso è invece ascrivibile alla dimensione del sogno profetico, biblico (e in questo la cultura ebraica emerge prepotentemente), anticipatore di eventi. Il sogno è una cifra significativa che percorre quasi tutti i romanzi di Erminia. Questa concezione del sogno si sposa facilmente, a me pare, con la cultura autoctona del territorio del corno d'Africa, almeno di quel periodo, ove il sogno viveva ancora in una dimensione prescientifica. La modalità onirica di questo genere fa sì che il tessuto narrativo si distanzi da un ambiente culturale europeo e coesista e conviva invece con quello dell'ambiente rappresentato. La sensazione che se ne ricava è quella di una certa distanza, di una difficoltà ad immergersi nel tessuto narrativo che assume un sapore ieratico.

Il frammentarismo presente, conglobato a livello di descrizione più di quello frastico, ritengo sia un fatto voluto perché adeguato ai referenti che spesso, mi sembra di capire, sono i ragazzi o un mondo giovanile. Le descrizioni, gli approfondimenti psicologici, i fatti molte volte sono appena accennati e formano un tessuto narrativo per giustapposizione di fatti piuttosto che per evoluzione della trama. Ancora una volta la sensazione che emerge è quella di una leggerezza che facilita la lettura e la rende spesso anche piacevole.

Il testo Mamme al vento si distanzia dal resto della produzione narrativa perché parecchi degli elementi tipici presenti negli altri romanzi, qui scompaiono. Non vi più un problema di meticciato, non vi più l'ambiemte del Corno d'Africa, non vi è più la problematica ebraica. La vicenda è calata in una Milano degli anni '70 - '80 - '90. E' una storia in cui i protagonisti sono borghesi e tutto il mondo descritto è quello della borghesia, salvo un piccolissimo accenno a una senegalese e a una pugliese, madre di 12 figli e moglie di un disoccupato. E' la descrizione del vicolo cieco in cui è sprofondata la borghesia illuminata che, ormai incapace di una relazione filiale positiva e con i suoi errori, rischia di creare persone sofferenti e infelici. Anche chi è dotata di grande bellezza - una bellezza tale da far girare anche i cani - non sa riconoscere le proprie ricchezze e rischia di sprofondare in un buco nero da cui è impossibile risollevarsi. E' una borghesia che non sa neppure gestire un rapporto matrimoniale sereno, sincero e quasi cinicamente assume come valore quei modi di vita che non sono null'altro che i propri fallimenti. La disfatta di questa classe sociale trova la propria oggettivazione nella continua richiesta dello psicanalista, che fa da sacerdote e funzionario religioso della liturgia che ne celebra la morte sociale. Tale disfatta, sul piano narrativo, è significata dal fatto che il padre e la madre di Francesca non hanno un nome, mancano di personalità, mancano di reale esistenza. Una tinta di ironia soffusa in tutto il testo lo rende ancor più drammatico, perché ciascuno riesce a riconoscere nei personaggi una parte, piccola o grande, della propria sconfitta da borghese. Ciò che lega questo testo agli altri, pur nella sua diversità, è il fatto che ancora una volta la realtà è vista con gli occhi di bambini, poi adolescenti. Francesca non diventa mai adulta, anche quando ormai ha una sua casa e convive con degli uomini. Anche in questo romanzo, a mio parere, è presente quel frammentarismo di cui ho già accennato. I fatti non si sviluppano per consequenzialità di rapporti causali. Spesso sono accidentali, forse perché la vita stessa è accidentale e non è legata da alcun rapporto causale. Noi vorremmo trovarlo, ma esso ci scappa continuamente.

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(ISSN 1824-6648)

incontro con
erminia dell'oro

di raffaele taddeo

 

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Anno 0, Numero 2
December 2003

 

 

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