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cervantes ad algeri

silvia rigon

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI MILANO
FACOLTÀ DI SCIENZE POLITICHE – FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA IN MEDIAZIONE LINGUISTICA E CULTURALE
"

Cervantes ad Algeri

Elaborato finale di:
Silvia Rigon
Matr. n. 73491008
Relatora: Prof. Jolanda GUARDI
Anno accademico 2009/2010
INDICE
>
introduzione 3
Parte prima - Come i Cervantisti di tutto il mondo hanno investigato sulla sorte di Cervantes ad Algeri, ovvero lo stato dell'arte 5
1.1 Un’analisi sulla provenienza degli studi 6
1.2 L'Algeria e le opere di Cervantes> 16
1.3 L'influenza algerina nell'ideologia di Cervantes 18
1.4 Le opere di Cervantes come fonte storiografica 19
1.5 Le opere di Cervantes come fonte biografica 20
1.6 Conclusioni 25
Parte Seconda - Come si percepisce la presenza di Cervantes nei vicoli di Algeri 26
2.1 Il Romanzo:Don Chisciotte ad Algeri 26
2.1.1 L’esperienza diretta come fonte cognitiva 26
2.1.2 L’analisi dei simboli e delle tematiche 28
2.1.2.1 Il deserto e la distruzione 29
2.1.2.2 La memoria e la resistenza 30
2.1.2.3 I luoghi della memoria di Algeri 33
2.1.3 La società 35
2.1.4 Algeri protagonista 39
2.2 L’intervista a Waciny Laredj 40
Conclusione 56
Bibliografia ragionata 58

Introduzione

Il presente lavoro cerca di dimostrare come le produzioni culturali siano influenzate dai luoghi e dalle situazioni economiche e sociali, nelle quali sono concepite, e come, a loro volta, persistendo al cambio della struttura, ispirino successive produzioni culturali, che analizzano e modificano la nuova realtà. Infatti, secondo me, la letteratura non è un’arte avulsa dalla realtà ma influenza ed è influenzata dal contesto e ha una grande importanza, soprattutto nella costruzione dell’identità delle diverse società e dei singoli individui. Per fare ciò prendo in considerazione la produzione di Cervantes e il suo legame con l’Algeria.

Nella prima parte della ricerca approfondisco l'influenza del soggiorno di Cervantes ad Algeri sulla sua produzione letteraria. Analizzo quindi gran parte degli studi che esaminano il legame tra Cervantes e Algeri pubblicati fino a questo momento. Si tratta di relazioni, presentate in vari congressi letterari, e di alcune monografie, scritte principalmente in lingua spagnola da studiosi e studiose, provenienti da Francia, Spagna, Algeria, USA, Egitto e Italia.

Per effettuare questa analisi prediligo i tagli comparativo e tematico. Per l’approccio metodologico mi baso sugli scritti di Edward Said, Remo Ceserani e Terry Eagleton che mi hanno permesso di avere una base, fornendomi non solo strumenti di critica letteraria ma anche di teoria storico/sociologica, dimostrando in maniera raffinata il legame tra letteratura e società e quello tra critica letteraria e contesto.

Presentando gli studi scelti, osservo la maniera in cui sono stati influenzati dal contesto in cui si trovavano gli studiosi e le studiose; caso eclatante quello delle critiche americane, prodotte dopo l’11 settembre, che si inseriscono in un discorso di ‘scontro di civiltà’, tra il mondo ‘occidentale’ e quello ‘arabo/musulmano’.

In seguito approfondisco come, secondo gli studi presi in esame, l’Algeria sia stata fonte di ispirazione per la scrittura di molte opere di Cervantes (dalla Histora del cautivo a la Numancia) e come la formazione dello scrittore sia stata influenzata dalla sua permanenza algerina. Infine analizzo come le opere cervantine siano oggi considerate un’importante fonte biografica e storiografica, proprio in virtù dell’importante legame tra produzione letteraria e contesto.

Nella seconda parte della ricerca esamino in che modo la permanenza di Cervantes ad Algeri e la sua opera maestra El Quijote abbiano influenzato e siano il punto di partenza del romanzo Don Chisciotte ad Algeri di Waciny Laredj, guida per esplorare l'Algeria negli anni Novanta, quelli del terrorismo: la narrazione, infatti, si snoda nel 1995.

Svolgo quindi un'analisi del romanzo che intreccia le tecniche narrative con gli avvenimenti che hanno scosso il paese e con la raffigurazione della società e del conflitto, proposta dall’autore. Prediligo un’analisi dei temi e dei simboli racchiusi nel romanzo, importanti per capire non solo il contesto algerino ma anche la complessità della vita umana.

Inoltre, il romanzo analizzato, essendo portatore di una forte critica della situazione algerina degli anni Novanta, si erge a simbolo della memoria e della resistenza, conservando l’ambizione che lo sforzo della scrittura possa cambiare la realtà, aspetto approfondito anche attraverso un'intervista all'autore.

L’intervista con l’autore fa emergere la validità del parlare di Cervantes oggi e come questo discorso sia un punto di partenza per la riscoperta di comuni radici dei popoli mediterranei, per rivendicare un percorso storico e culturale interconnesso in nome di un’identità multiforme e non di un’identità chiusa, coerente e omogenea, come, ahimè, viene ancor oggi da alcune parti proposto.

*Tutte le traduzioni, dove non diversamente specificato, sono mie.

Parte prima

Come i Cervantisti di tutto il mondo hanno investigato
sulla sorte di Cervantes ad Algeri, ovvero lo stato dell'arte

Querido Adolfo: Sé que estás
preparando un trabajo sobre las
críticas a Cervantes.
Pertrechado como te encuentras, creo
que te será fácil satisfacer esta
curiosidad. ¿Conoces algún libro sobre
Cervantes en el que se estudie la
influencia que sobre su espíritu ejerció
su permanencia entre los argelinos?
¿Crees que Cervantes durante su
cautiverio conoció la literatura árabe?

De una carta de Miguel Cané a Adolfo Saldías (1892)
.

Nella prima parte della presente ricerca approfondisco l'influenza che la prigionia algerina di Cervantes ebbe nelle sue opere. Per fare ciò analizzo gli studi pubblicati che si concentrano su questo periodo della vita dello scrittore.

Nella prima sezione, attraverso le linee guida della critica tematica e del pensiero di Edward Said, così come espresso in Cultura e imperialismo,1 presento gli studi selezionati. Faccio presente che quelli francesi e molti di quelli algerini sono citati dai saggi di Ahmed Abi-Ayad2 e di Adriana Arriagada de Lassel3 in quanto non mi è stato possibile reperire le fonti primarie. So dell'esistenza di alcune fonti in quanto citate nei saggi di Abi Ayad - massimo studioso del tema – come, ad esempio, le ricerche svolte in occasione di tesi di dottorato; per altre, pur conoscendone la collocazione, la difficoltà di consultazione è consistita nella loro localizzazione in Algeria. Lo scopo del lavoro, del resto, non è fornire la mappatura completa di quanto pubblicato sull'argomento, ma di dare in maniera sufficientemente esaustiva un'idea dei diversi tipi di approccio alla relazione fra Cervantes e l'Algeria.

Nella seconda sezione, attraverso la comparazione dei vari studi considerati, affronto il legame tra le opere di Cervantes e il soggiorno algerino per verificare se e come quest'ultimo le abbia influenzate. Nella terza sezione approfondisco in che modo gli studiosi percepiscono l'influenza ideologica che questa fase della vita ha avuto sul pensiero dello scrittore. Nella quarta e nella quinta sezione analizzo infine come le opere cervantine siano utilizzate in qualità di fonte storiografica e biografica.

1.1 Un’analisi sulla provenienza degli studi

Molti sono gli studiosi di letteratura che si sono occupati di Cervantes. Tra questi solo un esiguo numero, soprattutto negli ultimi vent'anni, si è interessato alla residenza di Cervantes ad Algeri. Infatti come afferma Waciny Laredj nella sua monografia: La grande lacuna, in tutte le biografie, risiede sempre in questa parte algerina, fondamentale nella vita letteraria di Cervantes, che manca per diverse ragioni, non sempre visibili sotto l'ammasso dei presupposti politici e religiosi.4

Un primo approccio a questi studi può essere effettuato in base alla critica tematica, i cui principali obiettivi, secondo Elizabeth Frenzel, citata da Cesarani, consistono nell'individuare quali ragioni spingono un autore a preferire quel tema e non un altro, perché un tema conosce un grande successo in determinate epoche e perché assume un significato particolare in una determinata cultura.5

Per intraprendere una critica tematica sugli studi che riguardano gli anni algerini di Cervantes è stato, per me, molto importante avere come guida Cultura e Imperialismo di Edward Said poiché mi ha aiutato a trovare una chiave di lettura in quanto l’analisi qui proposta cerca di indagare il legame tra le argomentazioni di critica letteraria e altri interessi politici/ideologici, legati al periodo e al contesto nel quale sono stati effettuati. Concordo, infatti, con l’affermazione di Said, che “la cultura è una specie di teatro nel quale le varie cause, politiche e ideologiche, entrano in rapporto le une con le altre”.6 Cercherò di farmi guidare da alcune accortezze, poiché

io non credo che gli autori nel loro lavoro siano meccanicamente influenzati dalla ideologia, dall'appartenenza di classe o dalla storia economica, ma credo anche che essi siano profondamente inseriti nella storia delle società cui appartengono, e che siano condizionati – oltre a condizionarla - in varia misura da quella storia e dalle loro esperienze nella società.7

Come emerge dagli studi di Ahmed Abi Ayad8 e Adriana Arriagada,9 i primi a occuparsi della prigionia di Cervantes ad Algeri furono i Francesi durante l'occupazione, infatti nel 1857 lo scrittore spagnolo fu nominato “ilustre personaje esclavo” dal Vescovo di Algeri. Successivamente furono diversi i momenti in cui si indicò Cervantes come figura importante dell'Africa del Nord, quasi a rivendicarne l'appartenenza alla colonia e, di conseguenza, alla ‘madrepatria’ francese.

Gli studi successivi10 si concentrano sulla figura di Cervantes nell'allora enclave spagnola di Orano, non più come schiavo ma come emissario speciale del re cattolico. In questi studi vi è una lettura positiva del soggiorno algerino di Cervantes e un'esaltazione della sua persona, quasi fosse un primo colono. L'interesse dell'Accademia coloniale algerina invece è tardo: il primo articolo11 risale al 1961, un anno prima degli accordi di Evian.12

Anche in Spagna, dalla fine dell’Ottocento, si effettuano studi sul tema, in cui si possono osservare una certa varietà di punti di vista e di argomentazioni, spesso legati al particolare momento politico. Il primo studio su Cervantes in terra algerina, pubblicato in Spagna risale al 1887, in seguito a una spedizione in Algeria, volta a individuare la grotta13 dove Cervantes si nascose in una delle sue tentate fughe. Avanzo l'ipotesi che questa ricerca avvenga sull'onda della restaurazione borbonica del 1874 e quindi dell’esaltazione dei valori nazionali, quando Cervantes viene “considerato l'“autore-propaganda” dello “spagnolismo” più ufficiale e recalcitante”.14

Dalla fine del secolo XIX° si passa agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando viene pubblicato il saggio Cervantes en Argel y sus libertadores Trinitarios,15 ritenuto ai tempi molto innovativo nell'ambiente accademico, data la scarsità degli studi sull'argomento. L’autore, Cortines Murube, utilizza una forma narrativa pomposa e retorica ed esalta la cristianità contro la barbarie dei mori; si tratta di uno studio tipicamente franchista, imbevuto di orientalismo.

Dopo il 2003, invece, vengono pubblicati una serie di studi che partono da Cervantes per esaminare il contesto politico ed economico che circonda e accompagna la sua vita. Tra questi citiamo quello dello storico Miguel Angel de Bunes Ibarra, Relaciones económicas entre la monarquía hispánica y el islam en la época de Cervantes,16 in cui si analizzano le trasformazioni dei poteri politici ed economici nel mondo mediterraneo, avvenute durante la vita di Cervantes, considerato un testimone diretto, e si giunge così a spiegare le ragioni del colonialismo europeo. Nell'introduzione del saggio, l'autore tiene a precisare che, per mancanza di fonti e di studi, oggigiorno è possibile fare una ricerca solo superficiale sul periodo cervantino. Anche Barrio Gozalo nel saggio El corso y el cautiverio en tiempos de Cervantes17 affronta il tema, questa volta da una prospettiva storica, evidenziando la parzialità degli studi condotti fino al momento. Il fine dello studio è ricostruire il contesto della “guerra di corsa” e della prigionia ai tempi di Cervantes e utilizza anche testi letterari come fonte storiografica. Un altro studio interessante è quello di Camacho intitolato El trasfondo islámico en el Quijote: cautivo cristiano y exiliado morisco18che investiga dal punto di vista culturale le relazioni tra cristiani e musulmani e il loro influsso sulla letteratura. Il saggio, ad esempio, si dilunga sulla maurofilia19 che esisteva nella penisola iberica e che portava a un equo trattamento estetico ed ideologico di musulmani e cristiani.

Gli ultimi studi si distinguono poiché offrono una rilettura del contesto e dell'opera non più monolitca e manichea, ma volta a mostrare la porosità e i legami che sono sempre stati presenti tra Spagna e Magreb. Questo cambio di ottica non mi sembra casuale ma funzionale al cambiamento delle politiche nazionali che puntano a un'apertura e a un dialogo con il Magreb.

Dopo l'indipendenza anche gli algerini iniziano a studiare e scrivere su Cervantes, facendo un tipo di lettura che si può sintetizzare con le parole di Ahmed Abi Ayad.

Algeria e Cervantes costituivano una bella e preziosa coppia, molto amorevole, nonostante tutte le difficoltà e le pene sofferte e condivise in quella capitale mediterranea.20

La bibliografia algerina inizia nel 1981 con l'articolo di Tassadit Yacine Les Bagnes d'Alger d'aprés Cervantes,21 che ha l’obiettivo di dare alcune informazioni, tratte dalle sue opere, relative all'immagine che Cervantes propone dell'Algeria, in cui vengono sottolineati il cosmopolitismo della capitale, la tolleranza religiosa, il mondo dei prigionieri e il mercato degli schiavi, dove avviene lo smembramento delle famiglie. L'opinione di Cervantes sulla crudeltà di Hasan Pasha in relazione ai prigionieri cristiani viene contrapposta a quella del viaggiatore Laurent D'Arvieux secondo cui “i mori furono più umani con i loro schiavi che gli europei con i loro domestici”.22

Adriana Arriagada de Lassel nel 1986 pubblica El mundo musulmán en Miguel de Cervantes,23 un articolo in cui, dopo una presentazione dell'antagonismo Occidente/Oriente, che ha caratterizzato il XVI secolo, l'autrice analizza la biografia di Cervantes in relazione alla contrapposizione cristiani-musulmani, evidenziando come la sua opera rifletta “la sua preoccupazione per i problemi concernenti gli incessanti scontri tra cristiani e musulmani”.24 Arriagada de Lassel, inoltre, presenta una serie di personaggi coevi, illustrando da una prospettiva storica costumi, religione, vita giuridica e militare del mondo musulmano.

Lo studio considerato più completo da Abi Ayad è El mundo musulmán en las obras de cautiverio de M. de Cervantes, di Boukhari Cheikh.25 Nella prima parte vengono presentate le ragioni che hanno spinto Cervantes a trattare il tema musulmano, nella seconda vengono descritte la vita e i costumi dei musulmani, parlando anche di diversi personaggi coevi. Nella terza vengono approfondite le relazioni tra Cervantes e la comunità turca e mora. Nella quarta e ultima parte viene dato rilievo all'utilizzo degli arabismi26 nell'opera di Cervantes.

Crítica de la realidad social española a través del arte literario en la obra de M. de Cervantes27 è la tesi discussa a Orano da Khiat Ghaouty nel 1990 dove, secondo Abi Ayad, l'originalità risiede nel profondo interesse dell'analisi che “prova ad abbracciare, con spirito critico, l'amplia creazione letteraria di Cervantes”.28 Tahar Mejdoub, nel suo studio, presentato al congresso La huella del cautiverio en el pensamiento y la obra de M. de Cervantes di Madrid nel 1993, parla della messa in scena de La Numancia, unica opera cervantina in cartellone fino a quel momento in Algeria, che venne rappresentata nel 1968, per la regia di Abdelkader Alloula,29prima a Orano e poi in una tournée per tutto il paese; l'opera fu accolta molto bene, in alcune zone addirittura con entusiasmo.30

L'ultimo lavoro algerino analizzato è quello di Waciny Laredj Sur les traces de Cervantés à Alger del 2007.31 È un libro bilingue in arabo e francese, pubblicato ad Algeri; si differenzia da tutte le altre ricerche per l’ampia documentazione iconografica che permette una rappresentazione visuale di Algeri. L’iconografia è composta da fotografie e quadri di algerini e non. Il libro inoltre contiene il testo della storia del cautivo32 che, come molti studiosi credono, è in gran parte autobiografica e narra della permanenza cervantina in terra algerina.

Anche negli Stati Uniti si sono sviluppati studi su Cervantes in Algeria. Il primo incontrato risale al 1981 ed è di Murillo33 che cerca di trovare una premessa del Quijote nella storia del capitán cautivo, considerata autobiografica. La figura di Zoraida è letta come funzionale alla redenzione del cautivo (lettura totalmente ribaltata dal critico Rios Camacho);34 in questa visione, secondo il mio punto di vista, Zoraida e l'Algeria appaiono come strumenti per l’elevazione e per l’esperienza di uomini spagnoli, indi ‘occidentali’, e relegate a questo ruolo.35 Seguono altri studi che perpetuano questo tipo di interpretazione come quelli di Sánchez36 ed Eisenberg.37
Dopo l'11 settembre 2001, anche altri autori statunitensi si sono inseriti nel discorso su Cervantes, taluni cercando nel passato una giustificazione alla visione dello scontro di civiltà,proposta da Huntington.38 Alcuni cervantisti, anche molto noti, interrogano infatti Cervantes sulla contemporaneità: da Antonia Maria Garcés inCervantes en Argel. Historia de un cautivo39a Roberto A. Véguez in Don Quijote and 9-11: the clash of civilization and the birth of the modern novel40 a Daniel Eisenberg in Cervantes, el mundo musulman y la guerra en Irak.41 Nel prologo del suo libro Garcés42 fa più volte riferimento all’11 settembre 2001 come inizio della rinascita del tema Islam e mondo occidentale e la conseguente comparsa di studi sui traumi delle vittime di questi attentati; la scrittrice, facendo anche un parallelo con le vittime dei campi nazisti, inserisce Cervantes, volendo investigare il trauma come fonte creativa. Nonostante ciò l’autrice mostra la porosità delle frontiere tra società musulmana e cristiana e offre un’esplorazione del mondo sociopolitico del Nord Africa nel XVI° secolo. L’autrice, come vedremo più avanti in un altro suo saggio, vede l’opera di Cervantes come un canto alla tolleranza.

Se Garcés e Véguez si interrogano per contrapporsi in qualche modo al mainstreaming, mettendo in luce il rispetto di Cervantes per l'Islam e considerando la sua permanenza in terra musulmana come simbolo di interculturalità, altri, come per esempio Eisenberg, concentrandosi sulla sua condizione di prigioniero, lo utilizzano per condannare la cultura araba e dipingerla come violenta e incolta. Eisenberg strumentalizza Cervantes per giustificare l'imperialismo; secondo lo studioso Cervantes sarebbe a favore di un attacco militare all’Iraq perché cosciente della minaccia verso la civiltà occidentale da parte del nemico musulmano. Il testo dimostra una discreta superficialità nel trattare Cervantes ma è nell'affrontare il mondo arabo che ci presenta una manichea divisione tra questo e l'‘Occidente’. Sembra che si appropri di Cervantes come rappresentante dell'‘Occidente’. Nel suo caso si può dire che, come afferma Said, “la cultura finisce però per venir associata, spesso in modo aggressivo, con la nazione o lo stato; diventa ciò che differenzia “noi” da “loro”, quasi sempre con un certo grado di xenofobia”.43

Anche lo studio dell'egiziano Khaled Mohammad Abbas “Cervantes y el cautiverio, Historia del capitán cautivo”44 rientra nello schema del superamento della contrapposizione cristiano-musulmana. Abbas legge in Cervantes un invito alla conoscenza tra i popoli, in una prospettiva di incontro, e il trattamento oltraggioso nei confronti dei mori, in alcune delle opere cervantine, viene visto come specchio della realtà esistente, ovvero dell'inimicizia tra musulmani e cristiani.

Nella mia analisi ho tenuto conto anche degli studi di Sliwa, Piras, King, Cruz e Scaramuzza.45 Lo studio di Sliwa del 1998 analizza un documento inedito riguardante il pagamento del riscatto di Cervantes. Krysztof Sliwa fa poi una comparazione con un documento simile, utilizzando gli strumenti della critica formale, e giunge così a mostrare aspetti inediti della biografia di Cervantes. Gli studi di Piras e Scaramuzza sono legati all’Accademia italiana; quello della prima, intitolato Miguel de Cervantes: sintassi e argomentazione nella Informaciòn en Argel del 2004, è stato raccolto dal centro Cervantes Virtual e si propone inizialmente come critica formale per poi arrivare ad analizzare il documento La información46 e il suo autore attraverso i meccanismi della critica psicoanalitica. Segue nel 2006 quello di Scaramuzza47 in cui si afferma che la prigionia di Cervantes ad Algeri è stata la premessa per la scrittura del Quijote,definendola una realtà assurda e insostenibile. L’autrice cita come fonte storiografica El cuento sudel cautivo, dicendo che gli schiavi venivano torturati e uccisi “anche per motivi di poco conto”, fatto che da vari studi è smentito.48 Ci dice che l'ossessione cervantina per la libertà lo ha portato a una perdita del senso della realtà all’origine delle sue tentate fughe.

Anche in Sud America vi sono studi sul tema e due sono le pubblicazioni prese in considerazione. La prima, del 1992, intitolata Cervantes, el cautiverio y los renegados,49 inizia sottolineando l'importanza degli anni algerini nella opera dello spagnolo e, accennando al tipo di economia basata sulla pirateria, evidenzia la curiosità, che aveva nei confronti della realtà e dei “renegados”50 che rappresentavano, secondo Diego de Haedo51 circa la metà della popolazione di Algeri. Secondo lo studio, i “renegados” venivano considerati da Cervantes il principale nemico e quasi tutti gli alti ufficiali con cui Cervantes entrò in contatto lo erano: citando Haedo come fonte, 21 dei 35 proprietari delle navi da pirateria erano renegados. Inoltre viene affrontato il tema delle conversioni di costoro e della loro relazione con Cervantes, analizzando la raffigurazione, via via più mite, della figura dei renegados e la presenza di personaggi storici.

La seconda pubblicazione, del 2005, è di Cruz. Si tratta di una ricerca piuttosto innovativa poiché si occupa anche dell’infanzia sivigliana di Cervantes, per poi studiare il rapporto tra mori e prigionieri. Non nega che vi siano in molte opere immagini negative dei “mori”, però evidenzia che vengono conciliate con altre più positive, per esempio in riferimento alla scelta di Sidi Hamete Benengeli e all'idea del manoscritto originale del Quijote in lingua araba.

Al termine di questo excursus va notato che solo in rare occasioni gli studiosi fanno riferimento agli studi algerini,52 alcuni ne ignorano l'esistenza, limitandosi a citare quelli coloniali francesi. Anche questo non è privo di significato e tanto meno casuale; a questo proposito è significativa l’affermazione di Said:

Il potere di narrare, o di impedire ad altre narrative di formarsi ed emergere, è cruciale per la cultura e l'imperialismo, e costituisce uno dei principali legami tra l'una e l'altro.53

Credo che questi studi sostengano in parte l’idea

che la fonte della vita e di ogni azione significativa è nel mondo occidentale […]. Secondo questa idea, le regioni più remote del mondo non hanno vita né storia né cultura di cui valga la pena di parlare, né indipendenza o una realtà che valga la pena essere rappresentata senza l’occidente.54

1.2 L'Algeria e le opere di Cervantes

Tutti gli studiosi concordano nel dire che l'Algeria fu una grande fonte di ispirazione, alcuni come Garcés55 arrivano ad affermare che senza di essa Cervantes non avrebbe avuto l'ispirazione per scrivere. Di questo avviso è anche Scaramuzza la quale propone un'ipotesi innovativa, affermando che

sia stata questa [la stesura della Información], nel corso di un'esperienza di vita [dunque il periodo algerino], in cui Cervantes abbia pensato ed elaborato quella moltiplicazione dei piani che successivamente avrebbe posto nel Quijote come meccanismo narrativo che il gioco di specchi sui diversi autori consente.56

Simile è la posizione di Barrio Gozalo il quale, nel suo studio intorno alla prigionia di Cervantes, sostiene che queste esperienze “trasformarono e fecero maturare i loro migliori frutti sotto il sole della Berberia e le mezze lune musulmane.”57 Questa tesi è sostenuta dal fatto che molte sue opere sono ambientate in Algeria: La Numancia, La casa de los celos, Los tratos e Los baños de Argel, El gallardo español e parte de La historia del cautivo, contenuta nel Quijote. In diverse, tra l'altro, si trovano personaggi storici facilmente individuabili: ad esempio il personaggio di Azán Agá si riferisce allo storico Hasan Basha, padrone di Cervantes e governatore di Algeri; Agi Morato a Hayyi Murad, ricco commerciante renegado; Zoraida a Zahra, giovane figlia di Hayyi Murad che, negli anni in cui fu prigioniero Cervantes, andò in sposa al re del Marocco.58

Anche il lavoro di Camacho fornisce supporto a questa tesi; infatti ricostruisce la cornice islamica del Quijote, che relaziona con la tradizione letteraria di tema morisco e con la cultura islamica con cui Cervantes è entrato in contatto durante il suo soggiorno ad Algeri. Secondo lo studioso vi è una prima epoca in cui Cervantes è al servizio dell'impero spagnolo e una seconda nella quale, come conseguenza della prigionia algerina,

si accentua la sua difesa dell'ideale della libertà senza riserve, la pazienza come virtù e l'apprezzamento dell'eroico nei vinti, e tutti questi valori sono, tra molte cose, valori molto islamici e di “futuwah” e di scontro con una “weltanschauung”.59

Interessante è poi la sua lettura della Historia del cautivo e in particolare della figura di Zoraida, un personaggio non convenzionale, che rappresenta la lotta contro il passato e l’educazione imposta, in contrasto con la morale cristiana ma in sintonia con una certa coscienza islamica.

1.3 L'influenza algerina nell'ideologia di Cervantes

Come già notato, i saggi presentati sottolineano l'importanza della permanenza di Cervantes ad Algeri per la sua produzione letteraria (addirittura Scaramuzza arriva a intitolare il suo studio Mondi impossibili: la prigionia di Algeri come premessa del Quijote),60 divergono però sulla valutazione dell’influenza ideologica sulle sue opere. Del resto, come afferma Ceserani a proposito dell'ermeneutica dei testi, “la lettura, in quanto atto, non è mai innocente, il che non significa che essa sia colpevole, ma che la verità del testo è quella della sua lettura”61 e come dice Said questa lettura è influenzata dal contesto del lettore.62

Secondo Eisemberg, nel saggio ¿Por qué volvió Cervantes de Argel?, lo scrittore spagnolo

tornerà da Algeri convinto o nuovamente convinto della visione ufficiale spagnola dei mori, che presto rafforzerà nelle sue commedie: La Numancia, La casa de los celos, probabilmente le perdute Batalla naval e Trato de Constantinopla, oltre cheLos tratos e Los baños de Argel, La gran sultana e El gallardo español.63

Questa tesi viene rigettata da quasi tutti gli altri studiosi, come per esempio Abbas, secondo cui Cervantes “chiama alla conoscenza tra i popoli e le razze sottolineando la necessità di universalizzare il linguaggio presentandoci come modello quello della berberia”.64

Per la colombiana Garcés “la produzione letteraria di Cervantes sorge, quindi, come un canto di tolleranza, come un'apertura alla differenza e una proposta per considerare la cultura islamica in tutta la sua ricchezza”.65 Anche Cruz e King condividono questa posizione che vede un Cervantes tollerante ed equo. King arriva a dire che il pensiero di Cervantes si riassume nella frase:

le religioni ci dividono, mentre la condotta morale generosa unisce tutti gli uomini liberi civilizzati. Rimane l'eco del giudizio sul renegado Uchalí, che nonostante la sua religione, “moralmente fue un hombre de bién”.66

Per alcuni studiosi la permanenza di Cervantes ad Algeri non è importante solo per la costruzione di una teoria religiosa cervantina, ma costituisce anche l'origine di alcune sue teorie politiche. Anche qui vengono sottolineati aspetti diversi: secondo Eisenberg67 la sua teoria politica si basava sulla giustizia e su un'economia produttiva, secondo Ayala, citato da Medina Molera,68 Cervantes era una delle più preclare coscienze dissidenti e Camacho lo raffigura come un oppositore del decreto di espulsione dei moriscos in quanto credeva nella distinzione tra il fattore etnico-biologico e quello religioso negli esseri umani, quest'ultimo sentito come unica differenza tra mori e cristiani.69

1.4 Le opere di Cervantes come fonte storiografica

Molti degli studiosi, sia di letteratura, che di storia, convergono sul fatto di considerare le opere di Cervantes come fonte storiografica. Quello su cui non vi è accordo è quali opere siano da considerare come tali. Il caso più eclatante è quello dell'analisi della Topografía de Argel, pubblicata da Haedo, testo sulla cui paternità vi è ancora un ampio dibattito. Per esempio Garcés ed Eisenberg lo considerano un testo storiografico dei più minuziosi, addirittura “vera letteratura di testimonianza, letteratura di documentazione e di protesta sociale”,70 mentre Medina Molera lo definisce, “un autentico orrore intellettuale”71 per la parte Diálogo de los mártires de Argel.

Tutti gli studi presi in esame sono concordi, in misura diversa, nell'attribuire alle opere un ruolo nella ricerca storiografica; per esempio Abi Ayad, mentre parla di Caznave, evidenzia il fatto che

diede a conoscenza l'importanza e il valore della sua opera [di Cervantes] non solamente per gli studi letterari ma anche per la storia algerina dell'epoca moderna.72

Barrio Gozalo conferma la validità dell'utilizzo delle opere cervantine per la ricerca storiografica ma giudica anche molti degli studi, condotti finora, poco rigorosi e, citando Fisher, funzionali alla “creazione di una leggenda destinata a soddisfare i pregiudizi razziali, il nazionalismo e l'imperialismo caratteristico della fine del XIX secolo”.73 Infatti bisogna distinguere il fatto storico dalla volontà e dalla necessità dello scrittore, così come bisogna leggere testi tipo la Información en Argel alla luce del bisogno di Cervantes di proteggersi dall'Inquisizione al suo ritorno in patria.74

1.5 Le opere di Cervantes come fonte biografica

Il genere biografico racchiude varie problematiche tra cui il fatto che spesso dietro questi lavori vi sia l'idea di un qualche “disegno” unitario che ha dato forma alle vicende e alle opere durante l'esistenza biologica e storica di un individuo e che è compito del biografo scoprirlo. Secondo Ceserani, questo porta a una selezione personale e arbitraria dei dati e comporta un alto grado di soggettività interpretativa.75

In base agli studi effettuati, tre sono i possibili percorsi di ricerca bibliografica per un’indagine biografica del soggiorno algerino.76 Il primo è costituito dai documenti, redatti da Cervantes, da testimoni e familiari e da suoi contemporanei, in qualche maniera legati al tema della prigionia. Il secondo è costituito dalla individuazione della “profonda orma che lasciano nell'opera di Cervantes tutte le circostanze fino ai più piccoli dettagli della sua prigionia ad Algeri”.77 Il terzo è quello dell'analisi della bibliografia attuale circa la prigionia tra il Cinquecento e il Seicento.

La prima strada è seguita da Sliwa che analizza un documento, fino al 1998 inedito, riguardante il pagamento del riscatto di Cervantes. Lo compara poi con altri documenti di natura simile e ne deduce che effettivamente fu “schiavo del re di Algeri, Ali Mamì, e che sua madre e sua sorella contribuirono al suo riscatto”,78 che sua madre mentì quattro volte, dichiarandosi vedova, per ammorbidire i cuori dei membri del Consiglio della crociata del re Felipe II.

A complicare la ricerca biografica vi è il fatto che la picaresca vita di Cervantes racchiude molte lacune. Come spiega il critico Medina Molera nell'introduzione al suo libro Cervantes y el Islam: El Quijote a cielo abierto,79 Cervantes stesso ha distrutto e occultato materiale affinché non si potesse risalire a molte delle informazioni biografiche. Per colmare questa lacuna molti cervantisti si rifanno dunque alle opere dell'Alcalino. Cruz individua due piani nella produzione cervantina, quello dell'idealismo e quello del realismo, a cui corrispondono le descrizioni dei prigionieri senza possibilità di riscatto, dove si mostra “l'Algeri reale che l'autore vide e soffrì”.80

Spesso però nei saggi sono utilizzati due o addirittura tutti e tre i percorsi bibliografici. Infatti, secondo Garcés è imprescindibile studiare la biografia dell'autore poiché sono molte le tracce che ha lasciato nella sue opere. Siccome molte di queste parlano della sua permanenza ad Algeri, su questa vi sono moltissime speculazioni.

I letterati si sono posti molte domande alle quali hanno dato le più svariate risposte, come, a esempio, se Cervantes fosse un nuovo cristiano di origine andalusí, se fosse omosessuale, se fosse musulmano o filo-musulmano o sui motivi per i quali sia scampato impunito a tutti i suoi tentativi di fuga falliti durante la prigionia ad Algeri, perché sia tornato da quella terra africana o come fosse la sua vita ad Algeri e quella degli altri prigionieri e schiavi cristiani. Eisenberg81 si interroga su una possibile conversione cervantina o meglio sul fatto che abbia pensato alla conversione, visto i vari benefici che ne avrebbe tratto, ci dice che le discussioni nelle opere cervantine sul riniego mostrano che lo ebbe in mente e che fu tema di dibattito tra i prigionieri; si interroga sull'inimicizia con Blanco de Paz, il quale arrivò a denunciarlo all'Inquisizione per “cose viziose, brutte e disoneste” che avrebbe compiuto ad Algeri. Da cosa si proteggeva esattamente con La información.82 Si chiede anche il motivo che lo portò a rientrare in Spagna e, escludendo motivazioni affettive o religiose, propone la sua vocazione letteraria, tesi discutibile poiché, una volta arrivato in patria, fece richiesta per essere mandato nelle Americhe, nella zona della Colombia, per qualsiasi tipo di incarico.83 Afferma anche che ignorasse totalmente l'arabo classico e la sua letteratura, anche se non spiega il perché della sua affermazione né le sue fonti. Inoltre dice che in Algeria vi era un'economia parassita, una mancanza di cultura e che, se la sessualità abbondava, l'amore non esisteva, anche in questo caso senza citare fonti.

Sul mancato castigo susseguente le quattro tentate fughe di Cervantes vi sono diversi punti di vista. Eisenberg afferma che, sotto il potere di Hasan Basha, allora governatore di Algeri, una volta tentata la fuga, Cervantes non ricevette nessuna punizione, anzi prima il governatore lo tenne nella propria casa e poi lo lasciò un'altra volta libero di passeggiare per la città. Mc Gaha84 suggerisce che Zahara, la seconda sposa di Hasan Basha, si fosse innamorata di Cervantes, divenuto suo amante, e avesse persuaso Hasan affinché lo perdonasse.
Abbas e Sanchez,85 attribuiscono la sua sorte all'avarizia dei suoi proprietari, i quali, avendolo trovato in possesso di lettere firmate da nobili, pensavano di poterne trarre un lauto riscatto; questa tesi non spiega tuttavia come fosse scampato alle punizioni fisiche che non diminuivano il valore del prigioniero.

Il primo a scrivere sulla possibile omosessualità come causa della incolumità di Cervantes fu Zmantar. Anche Combet nel suo studio Cervantes ou les incertitudes du désir e l'illustre cervantista Canavaggio non escludono una relazione con il suo padrone Hasan Basha, ipotesi condivisa da Rosa Rossi86 e molti altri.87 Una posizione decisamente interessante e chiarificatrice su questo aspetto è quella di Medina Molera il quale approfondisce la creazione da parte dei clerici cristiani della sessualità musulmana e afferma che effettivamente “tra i corsari sembra che fosse abituale la pratica di una sessualità senza quasi restrizioni e pregiudizi”.88 Ci dice che non sarebbe strano che Cervantes fosse stato bardaj89 nella relazione col suo padrone, “quello che non è giustificabile è una presunta mascolinità senza macchia di Miguel de Cervantes”.90 Medina Molera sottolinea il fatto che la presunta omosessualità di Cervantes sia respinta dagli omofobi cervantisti, tra questi possiamo citare Sánchez.91

Sul fatto che Cervantes fosse filo-musulmano pone il dubbio Camacho il quale fa notare come nella storia del cautivo si legga “una certa supremazia morale della cultura islamica e arriva a chiedersi: “potrebbe esistere un certo “Islam incoscente” derivato dalla sua relazione con il mondo musulmano?”92

1.6 Conclusione

Attraverso lo studio dello stato dell’arte è emerso che effettivamente Cervantes, nella sua produzione letteraria, fu influenzato dal suo soggiorno algerino. Ne è prova eclatante la ricerca biografica e storiografica che viene effettuata attraverso le sue opere. Attraverso questo tipo di analisi ho rilevato e provato a dimostrare che non solo l’opera letteraria è legata e influenzata dal contesto in cui viene prodotta ma anche le sue critiche e quindi le letture che si fanno di questa.

Parte Seconda

Come si percepisce ancora la presenza di Cervantes nei vicoli di Algeri

Nella seconda parte della ricerca intendo mostrare come la permanenza di Cervantes ad Algeri e la sua opera maestra El Quijote abbiano influenzato e siano il punto di partenza del romanzo Don Chisciotte ad Algeri di Waciny Laredj,93 che inoltre diventa una guida per esplorare l'Algeria dei primi anni del terrorismo. Svolgo dunque un'analisi del romanzo che intreccia le tecniche narrative con gli avvenimenti che hanno scosso il paese. La scrittura di Laredj è altamente simbolica e polisemica, costituisce un continuo svelamento di ciò che si cela dietro ai silenzi. Come dice Costanza Ferrini nella prefazione al romanzo, l’autore “in questo suo narrare si fa cacciatore di silenzi, dà luce e voce all’inespresso, all’invisibile”.94

Inoltre la ricerca viene completata da un’intervista all’autore del romanzo e del saggio,95 già presentato nella prima parte, in modo da rendere possibile una comprensione più ampia non solo del testo ma anche del contesto e dell’influenza che la letteratura ha avuto su quest’ultimo.

2.1 Il Romanzo: Don Chisciotte ad Algeri

2.1.1 L’esperienza diretta come fonte cognitiva

Cervantes parla alla modernità. Per avvicinarlo e permetterci di sentirlo, Waciny Laredj lo fa vivere nel suo romanzo attraverso il personaggio Vásquez Cervantes de Almería, soprannominato Don Chisciotte, un giornalista discendente dello scrittore spagnolo, che inizia un viaggio sulle orme del suo antenato. Non accontentandosi di una conoscenza libresca, costui vuole vivere e vedere per capire e, nel primo incontro col protagonista algerino e voce narrante del romanzo, dice:

Come capire Cervantes senza passare per le solite vie. Ho pensato di ripercorrere la sua vita studiandone i particolari, seguire le sue orme facendo i viaggi che aveva fatto e visitando le città in cui era stato, in modo da riuscire a comprendere le sue sensazioni, le sue paure, e scrivere qualcosa sulle città che aveva amato e in cui aveva vissuto.96

Queste parole sembrano quasi contenere una velata critica ai tanti studiosi sia di Cervantes che dell’ Algeria e del mondo arabo in generale che, chiusi nell’Accademia, perdono il contatto con la realtà e con le fonti primarie. Miguel de Cervantes dunque appare come colui che vuole approfondire e capire, egli diviene simbolo dell’interculturalità e dell’aspirazione a un tipo di verità scoperta attraverso l’esperienza vissuta e quindi non solo basata sui libri.

Come Don Chiscotte, che vede le cose al di là delle loro apparenze, così dovrà fare Vásquez Cervantes che scoprirà come Algeri sia una città dove nulla è quel che sembra, che esiste un’altra storia nascosta dietro quella ufficiale. In questa scoperta viene aiutato dal narratore, Hsissen Cide Hamete Benengeli, un impiegato al Ministero della Cultura, paragonabile sia al Sancho Pancha de El Quijote che al suo narratore.
Cervantes è sì un pretesto letterario per un’esplorazione fisica dell’Algeria degli anni Novanta ma offre anche indicazioni su una metodologia, quella che insegna a scrivere a partire dal proprio vissuto. Infatti il personaggio di Hsissen parla in prima persona e costituisce il narratore di primo grado interno. In alcune parti cede la parola a Vásquez Cervantes de Almería che, tramite le osservazioni sul suo taccuino, accede anche lui allo stato di narratore interno. Con questo escamotage Laredj ci dà la possibilità di leggere la stessa storia attraverso vite ed esperienze diverse, insegnandoci come la nostra storia personale sia la base per l’interpretazione del reale. I due personaggi hanno due vite parallele, come quelle dei loro antenati. Hsissen Vásquez Cervantes hanno un passato comune: entrambi gli avi giunsero in Algeria dalla Spagna, entrambi furono uomini di cultura e arrivarono con una ferita alla mano, procurata in mare; in un certo senso l’incontro tra Hsissen e Vásquez costituisce un reincontro e una conciliazione.

2.1.2 L’analisi dei simboli e delle tematiche

Per esplorare il romanzo è necessario analizzare i simboli che Laredj utilizza fin dalla prima frase, infatti il testo si apre con un’immagine ossimorica:
A..l..g..e..r..i.
Algeri, magnifica città senza senso, uccello libero. Meretrice amata.97

Continue contrapposizioni accompagnano tutto il romanzo e quella tra vita e morte, in vari aspetti (la contrapposizione tra deserto e acqua, per esempio), è la più ricorrente. Algeri viene spesso descritta come un deserto, luogo di corruzione, avvolta in un oblio che fagogita tutto ciò che incontra. Molti personaggi assumono questo spirito nel loro comportamento e ne divengono personificazioni, ad esempio il Ministro della Cultura, la sua segretaria, il rettore dell’Università, il primo taxista, il gestore della discarica Sciafik.

A questa immagine si contrappone quella di un’Algeri che resiste, descritta viva e bianca come “il cotone lavato con l’acqua pura di una fonte della Kabilia”.98 Anche il senso di purezza e la capacità di mantenere vivo il passato divengono caratteristiche di alcuni personaggi, come il narratore Hsissen, sua nonna Hanna, l’interprete Maya, la direttrice del Museo Nazionale Nura, il tassista Karim Leduc. Tutti hanno in comune il fatto di essere memori della storia della città, uno dei temi chiave del romanzo. Infatti è la memoria un modo essenziale per superare la situazione di violenza. Il romanzo, attraverso la narrazione di questi personaggi, si inoltra nella storia politica dell’Algeria degli anni Novanta.

In questo mio lavoro cerco di individuare i temi e la maniera con cui vengono trattati, mostrando i legami con i personaggi, che hanno tutti una forte valenza simbolica. In particolare affronto quelli del deserto, della corruzione, della memoria, della scrittura e della politica. Essi sono strettamente legati l’uno all’altro e non è dunque possibile dividerli poiché, come in un gioco di specchi, similmente a El Quijote, un tema richiama l’altro, creando quella complessità che si ritrova sempre nella realtà del mondo.

2.1.2.1 Il deserto e la distruzione

Il primo tema analizzato, centrale nel romanzo e trattato fin dalle prime pagine, è quello del deserto. Infatti la città è descritta dal narratore Hsissen come un deserto, dove anche il mare è un altro deserto e la parola è imprigionata e repressa; la città è in preda all'ingiustizia, è una “foglia caduta da un cipresso divelto in un vuoto senza eco”.99 Qui linguisticamente foglia e foglio (waraq in arabo) sono sinonimi e i fogli sono quelli su cui viene scritta la storia di un paese, che in questo caso precipita in un baratro senza memoria.

Non a caso il tema del deserto è affiancato da quello della distruzione, in particolare della memoria, e così, se la vita è desolazione, la scrittura viene vista come l'unica fuga possibile dall'aridità. Mentre scrive, il narratore definisce “il ticchettio interminabile di questa antica macchina simile al cadere della pioggia su una superficie levigata”.100 Tuttavia, poiché cade su una superficie levigata, la parola scivola, non può penetrare e diventare fertile, e dunque può sembrare una specie di fuga. Solo il cranio di Hsissen si crepa e permette alla scrittura di penetrare, svuotandolo “della melma e della materia grigia”.101 La macchina da scrivere è arruginita: alla ruggine, che corrode e cancella il passato, si contrappone l’olio a gocce che diventa simbolo della cura, di un modo di resistere.

La mancanza di libertà porta alla cancrena che rimanda all’immagine della distruzione e del deserto. Un’altra possibile via di fuga da questa situazione è “superare le paure e affrontare le cose con fantasia”.102 Siamo davanti a un paese in cui tutto è mosso dal potere: l’immagine della fonte che inizia a zampillare solo in presenza del Ministro (personificazione del potere e del clientelismo) o il consiglio a Hsissen di un alto funzionario del Ministero dell’Interno di farsi un bagno, quando da settimane non c’è acqua in città, ce lo fa capire. L’abbandono e la distruzione arrivano a far sembrare una tomba nel deserto una fonte103 e il monumento ai caduti, una massa di cemento senza vita, sembra un dio impotente in quanto è posto in un luogo che non ha memoria.104

2.1.2.2 La memoria e la resistenza

La memoria sembra la chiave, la soluzione che può fermare la distruzione di Algeri. Già dalle prime pagine del romanzo il narratore si presenta senza né pene né lingua, ha perso il piacere e gli resta solamente la scrittura. In un certo senso questo unico strumento rimastogli dipende anch’esso dalla corruzione statale, come confessa il protagonista.

Anch’io nel mio piccolo ho accettato di immergere le dita nel delizioso miele della corruzione e della cupidigia che ha colpito la maggior parte degli abitanti della città.105

Hsissen ha appunto comprato la macchina da scrivere a un’asta, “organizzata dal Ministero nell’ambito di una ‘campagna’ per il rinnovo degli strumenti di lavoro”,106 la quale si era estesa e trasformata in una svendita delle proprietà statali. È dunque sceso a compromessi con l'ingiustizia per ottenere l'unica possibilità di liberazione. È tuttavia frenato nella scrittura per

la paura di essere rapito. È il timore che mi assale ogni volta che penso agli amici inghiottiti in questa città. Le conseguenze sono assolutamente imprevedibili. 107 E con la paura anche la memoria è minacciata e, quando la memoria è minacciata, rimane soltanto la nostalgia.108

Il tema della memoria è onnipresente nel testo. Il cittadino, senza di essa, diventa “figlio del nulla”.109 Insieme alla scrittura il primo forte simbolo della memoria è rappresentato dal fiore di cassia che Hsissen tutte le mattine compra e mette sulla sua scrivania in ufficio. È un piccolo gesto di ribellione (contiene lo spirito ribelle di Carmen) e, in quanto tale, attira la morte. Questo fiore è simbolo della memoria in quanto rappresenta l’unica eredità,110 portata dal suo avo morisco, scacciato dall’Andalusia dall’Inquisizione.

La nonna di Hsissen, Hanna, ha l’abitudine di dire che “chi dimentica il colore del fiore di Cassia non ricorda il colore della terra.”.111 Inoltre, come abbiamo visto per la macchina da scrivere che richiede dell’olio, anche per il fiore di Cassia c’è bisogno di un vetro speciale, altro simbolo della cura che bisogna avere per conservare la memoria.

La nonna di Hsissen, Hanna, è un personaggio chiave della preservazione della memoria. È colei che affronta con il ricordo e la fantasia la bruttura in cui si trova la città e così fa rivivere la sua bellezza e grandezza attraverso i ricordi. La donna è un chiaro esempio del bisogno di raccontare che, come sostiene Stephen Jay Gould, fa parte della natura umana.112 Un simbolo della memoria per Hanna sono anche i tatuaggi, che lei definisce la sua eredità: essi rappresentano i sogni della sua giovinezza, sono segreti e utilizzano un codice enigmatico la cui traduzione è in mano a poche donne. Hanna racconta di “tempi meravigliosi” di “prima che i montanari e la tribù dei figli di cane invadessero la città cancellando ogni segno di vita civile.”113 Secondo Hsissen, le parole di Hanna sono calde, “come la pioggerella che cade sugli innamorati”,114 quindi, anche in questo caso, il ricordare e la narrazione sono visti come l’acqua che si contrappone all’aridità della città.

Un altro simbolo della memoria è costituito dal taccuino di viaggio; Cervantes ne aveva uno e ora anche il suo discendente ne ha uno. Una volta imprigionato, gli viene sottratto dall’esercito e lui lo sostituisce con un altro. Così, insieme a Hsissen, possiamo essere partecipi della sua memoria e della sua esperieza.
Un personaggio che incarna la lotta per la preservazione della memoria è Nura, la direttrice del Museo delle Belle Arti che affronta il Sindaco fondamentalista della città e i suoi collaboratori e accoliti, impedendo loro di entrare nel museo e distruggerlo.

Chi lotta per conservare i luoghi della memoria è punito duramente, per esempio attraverso gli omicidi mirati, come quello contro il Presidente dell’associazione “Amici della vecchia Algeri”, e le continue minacce di morte, come quelle che i membri dell’Associazione, mentre cercano di difendere ciò che resta della città storica, ricevono da parte di un misterioso gruppo terroristico. L’omicidio avviene quando scoppia lo scandalo del coinvolgimento dell’Amministrazione Provinciale nella speculazione del vecchio porto, in cui si trova il molo dove la nave nel quale Cervantes era prigioniero attraccò. Waciny Laredj porta un’altra volta alla luce i legami tra Stato e terrorismo, come nel già citato caso del Sindaco contro Nura.115

2.1.2.3 I luoghi della memoria di Algeri

Laredj, inoltre, ci guida attraverso i luoghi storici della città e, per mezzo della sua narrazione, li fa rivivere, testimoniando la loro esistenza. Hsissen è la nostra guida in questo viaggio, che inizia col monumento ai caduti nel porto, presentato come una massa di cemento senza vita, un dio impotente, un’ombra nera e pesante. Questa descrizione lascia intendere quello che verrà esplicitato in seguito sullo stato di amnesia che ha colpito la popolazione.

Dalla guerra di liberazione sono passati più di quarant’anni. I giovani d’oggi non sanno nemmeno che i nomi delle strade delle loro città sono quelli dei caduti nella guerra di liberazione. Per i ragazzi i partigiani sono un’entità non ben definita che appartiene al passato, ma di contro essi conoscono bene la loro attuale situazione miserabile. Una società intollerante accresce l’odio.116

Insieme a Vásquez Cervantes de Almería, Hsissen conduce il lettore all’orto botanico, ormai diventato un luogo spoglio, “un ambiente desolato, privo di vita, malato, umido, insensato”.117 Nel giardino si sofferma a descrivere una statua di donna col bacino fratturato e coperto di cemento, da cui ha inizio la narrazione della razzia effettuata dal Sindaco e dai suoi collaboratori. In seguito si procede, visitando i ruderi della fontana di epoca ottomana, dove probabilmente Cervantes bevve, prima di rifugiarsi nella grotta, e quelli del “Caffè dei platani”. Nella descrizione del luogo ritorna l’immagine del deserto, infatti la nostra guida ci dice: “Sembravano due tombe in un deserto”.118 Anche la casa di Sisani, villa riccamente descritta de Hanna, è solo un rudere abbandonato: del ricordo della sua magnificenza, vivo nelle parole della signora, rimane solo la vista del mare.

L’osservazione del degrado crescente di questi luoghi attenua l’impatto di quello della grotta, dove Cervantes si nascose, che, nonostante avrebbe dovuto essere un monumento nazionale, si trova in mezzo a una discarica e appare “in condizioni pietose, lasciata all’incuria, profanata dagli uomini e dal tempo.”119 Si può vedere che “al centro il piccolo obelisco era deturpato da scritte inneggianti il F.I.S.”120 Questo dettaglio non è irrilevante perché un’altra volta viene mostrata la relazione tra il F.I.S.121 e la distruzione. La visita si conclude con la descrizione delle rovine di Villa Medici, una villa in mezzo a una pineta, di cui viene raccontata la storia, piena d’arte e di personaggi affascinanti. Durante questo percorso, mentre ci vengono mostrati i luoghi e il loro degrado, veniamo a conoscenza della loro storia e del loro significato.

La descrizione dei luoghi, portatori di memoria, continua quando Vásquez Cervantes de Almería viene imprigionato, cambia però chi parla: utilizzando il discorso diretto libero, si dà voce a Maya, l’interprete. È lei a narrare le storie dei sotterranei di piazza del Governo, dove il giornalista è in stato di arresto, collegando la descrizione alla ricostruzione di momenti storici. Veniamo così a conoscere la storia dell’isola di Peñon, un isolotto di fronte ad Algeri, come quelle dei prigionieri del tempo di Miguel de Cervantes. Secondo Vásquez, Maya è come Hanna: entrambe vivono, narrando e aspettando un momento migliore.

Un altro luogo affascinante per la sua relazione con il tema della memoria è la discarica di Wadi al-Sammar, chiamata “la fabbrica”, in cui è situato un deposito di oggetti e manoscritti antichi: è allo stesso tempo una discarica e un museo (vi si trova la targa commemorativa dell’inaugurazione della grotta di Cervantes), è inoltre un luogo aperto al libero scambio (di partite di medicinali, opere d’arte, e ogni genere di merce) tra i funzionari d’alto rango dello Stato, gli stessi gestori di quei luoghi vengono infatti “scelti tra i più qualificati funzionari dello Stato”.122 Uno dei centri nevralgici della corruzione si scopre essere anche uno dei luoghi della perdita della memoria. Di fronte a questa situazione Hsissen narra la storia di Bakhti, un giornalista che, avendo rivelato il traffico di medicinali, poiché credeva “di poter combattere tutti i mali della società denunciandoli, scrivendo”,123 fu assasinato.

Una delle presunte fabbriche è diretta da un gestore specializzato in rarità e reperti che vengono sottratti ai siti archologici con la complicità di personaggi altolocati, intoccabili. […] sono state vendute per abbellire le nuove ville dei Figli-di-Cane ignoranti che depredano tutto.124

Sciafik il gestore della discarica, esibendo il suo “bottino”, narra la storia di molte opere d’arte, mostrando “il mondo meraviglioso nascosto nelle viscere della nostra discarica nazionale”,125 facendoci così conoscere le storie di letterati e pittori che vissero ad Algeri, come quella del poeta Régnard e di Elvire e quella di Stein. Sciafik fa vedere anche un antico manoscritto, che si credeva perduto, specificando che il Ministero della Cultura dovrebbe comprarlo prima che lo faccia qualche orientalista ed esca così dal paese, che rappresenta, per esempio, la depredazione della cultura algerina. L’amarezza e il senso di impotenza di fronte allo spoglio e alla distruzione della memoria del paese si concretizza nel pensiero di Hsissen: “urlare è insensato in un mondo in cui i giochi sono già fatti”.126

2.1.3 La società

Laredj in tutto il suo romanzo descrive la complessità della società algerina e il suo rapporto con il potere e la situazione in cui si trova a vivere. La mancanza di conoscenza e memoria storica da parte dei grandi movimenti presenti in Algeria, come i partiti islamici o quelli nazionalistici, è evidenziata anche dalla riflessione dello studioso Hugh Roberts sullo stato dell’identità algerina negli anni Novanta. Egli infatti vede nello svilupparsi di una coscienza storica dell’identità algerina una soluzione importante al conflitto in corso nella società.127

Il romanzo, facendoci conoscere lugohi e persone, ci guida a scoprire un pezzo di storia algerina, sgretolando lo stereotipo, creato dai media europei, sulla situazione. Infatti, grazie all’incontro con Hsissen, Vásquez Cervantes può dire:

tutto ciò è folle, è assurdo. Non è questa l’immagine che da noi viene data della situazione algerina. Sembra che il terrorismo sia nato in seguito all’annullamento delle elezioni da parte del regime che così ha impedito a chi le aveva vinte di andare al governo. Ma al di là di questo, gli atti di terrorismo sono inaccettabili.128

Laredj utilizza la citazione di articoli di giornali per parlare di alcuni efferati e violenti omicidi compiuti dai terroristi contro le donne, come ad esempio quello di una madre sgozzata davanti alle proprie figlie. Hsissen, prima di una di queste descrizioni, esclama:

131

Nel romanzo più volte viene evidenziata la connivenza tra Stato e terroristi: nel caso degli omicidi nel porto antico, quando alcuni terroristi, con la complicità di un sottoufficiale, hanno sgozzato alcuni marinai, permettendo così di trasformare l’area in una zona militare, oppure nel già citato caso delle minacce terroristiche rivolte ai membri dell’associazione “Amici della vecchia Algeri”, quando si sono opposti alla speculazione del porto da parte dell’Amministrazione Provinciale, culminate con l’omicidio del Presidente. Ma la più forte denuncia è data dalla scoperta di Hsissen che nella sola provincia di Algeri vi erano più di 900 associazioni culturali, in realtà erano cellule del FIS, finanziate dallo Stato.132

Un altro aspetto della società ampiamente trattato è quello della corruzione e del clientelismo che paralizzano la città e alla stesso tempo ne costituiscono il motore, infatti essi determininano le uniche interazioni esistenti in qualsiasi attività commerciale, dalla gestione della discarica-fabbrica alla scelta di esperti da mandare in Europa. Questi mali vengono personificati attraverso i personaggi del Ministro della Cultura e del Rettore dell’Università e delle loro segretarie.

Nella società le persone sono isolate, solo poche continuano a vivere nelle proprie abitazioni,133 la classe intellettuale è ancora più isolata. Il Governo, in relazione ai giornalisti, afferma che non può proteggerli tutti: ad esempio, un amico di Hsissen, che lavora per i servizi segreti, accusa gli intellettuali di non rendersi conto dei pericoli che corrono. Nei servizi di sicurezza vi è un grande disprezzo per gli intellettuali e soprattutto i comunisti: durante un interrogatorio a Vásquez Cervantes un militare, a proposito di Hsissen, gli dice: “sappiamo che questo individuo, con la sua ideologia comunista, non lascia altro che rovine e distruzione ovunque passi”.134
La borghesia algerina è rappresentata ignorante e grottesca.

La nostra borghesia, piuttosto primitiva, ha cominciato ad adeguare i propri ibridi costumi a quelli della borghesia mondiale. Mi Spiego. Qualche anno fa era di moda farsi una biblioteca di libri antichi […]. Qualcuno ha anche comprato Il capitale di Marx, per errore ovviamente: la copertina rossa finemente lavorata sembrava quella di un trattato di teologia!135

L’atteggiamento disomogeneo della popolazione viene personificato attraverso le figure di due taxisti. Il primo, appena Hsissen sale in macchina, cambia subito radio, passando da Fairuz136 a una che trasmette la lettura salmodiata del Corano, ha paura e adotta completamente il lessico dei gruppi islamici, esclamando, contrario ad avvicinarsi all’edificio sede dei ‘servizi di sicurezza’: “penserebbero che sono un traditore o un miscredente seguace del governo!”,137 è spaventato non vede l’ora di liberarsi di Hsissen e teme per la vita dei suoi figli.

Il secondo invece affronta la paura e cerca di resistere, è cosciente delle difficoltà sempre maggiori e arriva a dire: “Se le cose continueranno in questo modo tutti i giovani andranno sui monti.”138 Come gran parte della popolazione benché, in seguito a minacce, abbia cambiato casa, insiste sul fatto che non bisogna disperare e che si devono costruire degli spazi per dimenticare e star bene, come ha fatto lui che, per esempio, durante la preghiera del venerdì va a giocare a scacchi.

2.1.4 Algeri protagonista

L’altra grande protagonista del romanzo è la stessa Algeri la studiosa Jolanda Guardi in un suo saggio su Algeri afferma che la città nel romanzo diventa una metafora e che “le vicende che si snodano all’interno dei romanzi non sono altro, da questo punto di vista, che pretesti per raccontare la città, che diventa lo spazio necessario affinché i protagonisti esistano e si distinguano.”139

“La guardiana delle ombre”, la leggenda della città di Algeri secondo i racconti di Hanna, nell’edizione araba del romanzo è parte del titolo e in quella francese ne è l’unico titolo. Algeri infatti ne è la grande protagonista. Secondo la leggenda narrata nel taccuino Vásquez attraverso le parole di Hanna la guardiana delle ombre

È una donna senza età, non invecchia mai, sembre in attesa, da secoli. A chi le chiede il motivo di questa disperata attesa, nonostante un’orizonte cupo risponde: Un giorno l’orizzonte avrà un altro colore, le nuvole nere diventeranno acqua che bagnerà tutte le direzioni. Il sole, custodito gelosamente, tornerà a sorgere con orgoglio. Sono stata costretta alle vecchie ombre, non l’ho scelto io. Non voglio vivere per sempre nell’oblio. Aspetto mio figlio Hammo, il Fiero, colui che porta la luce, che mi farà uscire dalle tenebre. Tornerà. Lui tornerà. Un secolo, nella vita di un essere come me, non è niente.140

Questo racconto esprime la resistenza e l’attesa, forse l’unica maniera di esistere nella situazione di distruzione descritta dal romanzo.

2.2 L’intervista a Waciny Laredj141

Waciny Laredj è un intellettuale poliedrico, scrittore, giornalista e professore alla Sorbonne e all’Università di Algeri. Mi ha concesso questa intervista che mette in luce vari punti toccati nella tesi. Laredj parla dell’importanza che l’Algeria ha avuto nella traiettoria letteraria di Cervantes e di come questo soggiorno l’avesse cambiato. Inoltre descrive il significato che Cervantes ha per l’Algeria contemporanea e la modernità e più in generale parla dell’influenza della letteratura sulla società e sul contesto, del suo potere potenziale e simbolico. Riflette sul significato del produrre una letteratura attiva, di denuncia, di decostruzione delle verità ufficiali, per produrre un cambiamento. Mostra il suo punto di vista sulla società algerina, sull’importanza della letteratura come testimonianza e come riflessione sull’identità di un popolo.

1- In una sua precedente intervista ho letto che Don Chisciotte è stato uno dei primi testi che ha scoperto; qual è la sua relazione con Cervantes?

È una relazione sul piano personale e storico poiché discendo da una famiglia di morisco, proveniente dall’Andalusia, che fu cacciata dai re cattolici nel sedicesimo secolo: dunque vi è una continuità familiare. C’è qualcosa che mi unisce a questo scrittore sul piano della passione che io ho riversato nella scrittura e questa è una prima variante.
La seconda è il passaggio di Cervantes in Algeria dal 1575 al 1580, quando fu fatto prigioniero dai corsari turchi. Questo avvenimento è legato al suo lato guerriero in quanto tornava in patria in seguito alla battaglia di Lepanto. Durante quei cinque anni, Cervantes ha fatto un percorso che ha cambiato la sua visione di questa terra e che si riflette nel Don Chisciotte. Il cambiamento non avvenne in modo superficiale: grazie alla protezione del suo padrone, godeva di una certa libertà e aveva relazioni con le persone e questo gli ha permesso di avere uno sguardo abbastanza esatto sull’Algeria. Questo cambiamento mi ha molto colpito perché dimostra che l’evoluzione degli individui è determinata dall’esperienza. Io sono stato alcuni giorni nei luoghi di Cervantes e allora ho scritto il libroSur les traces de Cervantès à Alger,142> un libro in francese e in arabo che racconta, da un punto di vista storico, la permanenza di Cervantes ad Algeri.
Tutto ciò su un piano personale ma c’è un terzo aspetto, nato da questa relazione: l’incontro possibile tra Occidente e Oriente, cioè la possibilità di cambiare a partire dall’incontro. Infatti, dopo Algeri, Cervantes è diventato un’altra persona e ha dovuto affrontare diversi problemi al suo ritorno in Spagna: è stato obbligato, ad esempio, a provare che non aveva avuto nessuna relazione con imorisco e che non era un pericolo per il suo paese.

2 - Perchè occuparsi ancor oggi di Cervantes? Che significato ha in relazione all'Algeria? Cosa potrebbe dire all’Algeria e alla Francia di oggi?

Ho già in parte risposto. Quando vi trovate in faccia all’estremismo, siete obbligati a trovare delle soluzioni e, per me, non si tratta di una soluzione semplicemente politica ma di una soluzione legata alle mie convinzioni di vita più profonde rispetto alla guerra e alla storia. Con l’estremismo dovevamo convivere in Algeria e bisognava trovare una soluzione che non fosse nella logica di guerra e lo stesso vale per la Francia. Noi algerini siamo portatori di una storia molto complessa, rispetto alla quale da un lato si insiste sulla memoria e dall’altro sull’oblio come se la storia fosse una pagina bianca.
Ma dopo circa cinquant’ani dall’indipendenza dell’Algeria, a mio parere, bisogna installarsi in una logica diversa da quella guerriera perché ci sono altre cose che ci legano alla Francia sul piano storico ma anche economico ed è meglio mettersi su un piano pragmatico che restare in questa logica guerriera. Sono gli estremismi che impediscono la possibilità della soluzione e dell’ascolto. Perciò ho concepito Le Livre de L’Emir143 che è il dialogo tra Abdelkader, un combattente algerino dell’Ottocento, e monsignor Dupuch, primo vescovo di Algeri, nonostante la guerra e le differenze sul piano religioso e sul piano dell’immaginario. Di questo è testimonianza la bella lettera inviata dal religioso a Napoleone III per la liberazione del patriota. Per me questo è qualcosa di formidabile, frutto di un dibattito, di un incontro e di un amore. Se uno rimane fermo nel suo angolo non c’è questa possibilità di incontro.

3 - Era in Algeria nel periodo descritto dal romanzo? Se sì, cosa ha significato scrivere negli anni Novanta in Algeria? Qual è il valore del mantenere vivi i propri ricordi e del raccontare la propria esperienza?

Io ho lasciato lasciato l’Algeria nel 1994, cioè un anno dopo la dichiarazione delle ostilità da parte degli islamisti. Io avevo avuto un invito in Francia dall’École Normale Superieure. Era pericoloso per me restare in Algeria, perciò sono entrato in clandestinità; la mia Università mi ha dato sei mesi di congedo in quanto la mia vita era in pericolo; questo mi ha permesso di venire in Francia e insegnare, avevo un contratto di sei mesi e ho cominciato a lavorare qui ma, siccome avevo degli incarichi e dei corsi all’Università di Algeri, dopo i sei mesi sono stato obbligato a ritornare: vi restavo una o due settimane, quindi tornavo in Francia e poi ritornavo ancora. Lavoravo all’esterno dell’Università, mantenendo un rapporto e mettendomi d’accordo con questa. Infatti non potevo insegnare all’Università perché sarei stato attaccato. Ci si vedeva in un hotel, che era ben protetto, eravamo una quindicina di persone e facevo delle lezioni; non era difficile mettersi d’accordo con queste persone, ci si trovava per un paio d’ore, non tenevo dei corsi bensì dei seminari e questo mi ha permesso di restare in contatto con l’Algeria.
Questa esperienza l’ho raccontata nel libro Mémoire de lutte, non ancora tradotto in francese, in cui racconto il mio percorso di scrittore e intellettuale in un’Algeria dilaniata dalla guerra civile. L’importante non è che sia una storia personale ma che dia un’immagine della storia degli intellettuali. Questi incontri erano dei momenti di riflessione a cui partecipavano dei giornalisti, degli universitari, degli scrittori come me, degli studenti, dei professori, eccetera, tutta gente in rapporto con la cultura, che tentava di sviluppare qualcosa, interrogandosi anche sul perché l’islamismo fosse contro la cultura in generale. Tutto il libro è in prima persona ma non si tratta di un’autobiografia. Certamente c’è dell’autobiografico, ma è meno importante della storia che riguarda il popolo ed è una maniera di dire che io ci sono, di partecipare a qualcosa, di condividere con il mio popolo questo aspetto tragico. Io sono restato e, adesso che vivo a Parigi, ogni mese torno in Algeria per continuare il mio corso e il mio seminario, anche se sul piano materiale non è conveniete. L’importante per me è restare all’ascolto, restare vicino al mio popolo, scrivere, descrivere e segnare la storia del mio paese.

4- Qual è la genesi del romanzo Don Chisciotte ad Algeri? Che relazione ha con il saggio Sur les traces de Cervantès à Alger?

Per il romanzo Don Chisciotte ad Algeri144 ho immaginato questa storia: il ritorno di un uomo sulle tracce del suo antenato Cervantes. Questo nipote immaginario, letterario, di Cervantes è messo in una situazione molto dura perché arriva ad Algeri il primo giorno in cui gli islamisti hanno dichiarato che avrebbero ucciso tutti gli stranieri: ecco allora uno straniero che entra in Algeria. Assomiglia a Cervantes che è arrivato in una situazione di guerra. Si trattava di guerra, anche se era una guerra contro i mulini a vento. Questo per me è avere l’onore e la fortuna di partecipare al cambiamento, anche se si ricevono molti colpi.
Nello stesso tempo questo bisnipote ci fa scoprire un altro mondo nascosto che costituisce la storia sotterranea. C’è una giovane ragazza, Zoraida, che lo aiuta e che porta lo stesso nome di un personaggio del Don Chisciotte. Dopo qualche anno che ho terminato il romanzo, ho sentito che conoscevo molte cose sul periodo algerino di Cervantes, sul cambiamento di un uomo. Allora mi sono detto perché non scrivere un libro su Cervantes alla mia maniera, dato che avevo delle altre cose da dire su Cervantes dal punto di vista storico.
Mi sono battuto per degli anni perché la grotta di Cervantes fosse restaurata, preservata e riconosciuta come patrimonio nazionale e questo è avvenuto qualche anno fa. Sono stato molto contento: è stata una battaglia soprattutto sul piano simbolico perché è un luogo che parla dell’incontro, è il simbolo di un viaggio che cambia un uomo e questo significa che il cambiamento è sempre possibile in tutte le epoche e aiuta a comprendere le società.
Avevo capito che non era chiusa la mia parentesi con Cervantes perché occorreva dare alle nuove generazioni algerine un luogo simbolico per dire che nel loro paese, sebbene vi siano state guerre e incomprensione, non ci sono solo musulmani ma ebrei, cristiani, altre religioni, altre lingue e persone diverse provenienti da tante parti.
Ho scritto quasi un anno fa un libro, pubblicato a Beirut, che è nella lunga lista del Booker Prize e che si intitola La maison andalouse, in cui racconto, in maniera letteraria ma anche documentata sul piano storico, l’incontro tra Cervantes e Hamed Benengeli, il personaggio narratore del Don Chisciotte. Il romanzo non è stato ancora tradotto in francese e lo sarà tra qualche mese.

5 -Mi sembra che nel suo romanzo Don Chisciotte ad Algerila scrittura sia vista come forma di resistenza, sia politica che psicologica. È stato così per lei? Allo stesso tempo mi sembra di leggere una certa disillusione sul fatto che possa veramente incidere sulla società. Cito Hsissen: “Urlare è insensato in un mondo in cui i giochi sono fatti”. Cosa significa ora per lei la scrittura e che valore ha? Secondo lei come la letteratura influenza il contesto in cui viene prodotta e l’identità di una società?

Certo che non si cambia una società con un libro o due perché il cambio della società avviene attraverso un sistema di accumulazione, cioè quando si accumulano sapere, libri, insegnamenti, ci sono interessi economici, storici, ma tutto questo è nella storia. Non è del tutto una menzogna dire che, a partire da un romanzo, si determinano dei cambiamenti in quanto l’impatto della scrittura è così forte perché tocca il lato umano, l’interno degli esseri umani. Per esempio le persone che leggono il mio romanzo hanno delle reazioni e io sono contento perché dico che la scrittura non ha un impatto politico diretto ma sul piano personale e sul piano delle convizioni produce dei cambiamenti. Ci sono delle certezze che sono completamente false e quindi si ha bisogno della scrittura per sapere che le cose non sono come si crede che siano.
Innazitutto la scrittura è determinata dalle scelte personali dello scrittore. Per me si tratta della scelta della modernità, anche se questa scelta è molto dura e a volte porta a dei fallimenti a livello personale e sociale. Io ho fatto questa scelta e dunque scrivo in questa logica, con il fine della modernità che significa fare evolvere la società su diversi piani come quello dell’organizzazione statale e sociale. Dunque le scelte politiche e personali si ripercuotono sulla scrittura: non esiste una scrittura che non si rapporti con la società ma nello stesso tempo non si produce, scrivendo, un discorso solo politico. Si produce conoscenza con la bellezza, con la scelta delle parole, delle frasi, il che non vuol dire che si sia dissociati dalla società. Ho scritto un libro Les ailes de la reine,145 pubblicato da Actes Sud, in cui si parla della disintegrazione della società e del sistema nel tempo vertiginoso degli islamisti. Ho parlato di una danzatrice di balletto che si batte contro l’integralismo. È la testimonianza di un gruppo che si oppone agli estremisti attraverso l’arte. C’era della gente che mi diceva che parlavo della danza e dell’arte mentre l’Algeria si distruggeva. Questo è vero da un punto di vista formale ma, quando si va al di là della superficie, ci si accorge che si tratta della storia della crescita dell’islamismo contro la cultura e di come la gente di teatro e di cultura si è ritrovata e si è battuta alla sua maniera. È rimasta là perché è il lato umano delle persone e delle società che deve resistere. Questa è anche la mia maniera di resistere. Io non sono obbligato a riprodurre i massacri e in questo senso va anche la metafora dei personaggi letterari Hsissen e Vasquez, il discendente di Cervantes: sono metafore di un modo di battersi.

6 - Per i suoi personaggi (ad esempio Maya e Hsissen) l'esilio non è un'opzione per sfuggire alla situazione. Può approfondire, in relazione alla sua esperienza biografica, il concetto di esilio psicologico e fisico.

Ci sono delle frasi su questo tema pronunciate dal personaggio di Zoraida nel Don Chisciotte ad Algeri. Quando Vasquez le dice che è una bella donna e le domanda perché non lascia il paese (lui si è innamorato di lei ed è quasi la storia di Cervantes), lei risponde che non è la Zoraida del suo antenato, che è la Zoraida nata lì, che ama molto il suo paese, che è molto attaccata alla sua terra e a ciò che le appartiene, per cui intende battersi. In effetti le donne hanno fatto molto per l’Algeria durante la guerra di liberazione e dopo l’indipendenza, malgrado la società non sia stata riconoscente e anche oggi vengano considerate soggetti di secondo livello. Avevano fatto molto, avevano partecipato come infermiere, come combattenti, eccetera, alla liberazione del paese, sfortunatamente coloro che hanno avuto il potere, non hanno avuto la forza di riconoscere il loro vero contributo e il loro apporto alla società. Lo stesso è accaduto durante la guerra civile algerina contro gli islamisti. Loro hanno pagato un grande tributo per le loro scelte. Ci sono stati anche scrittori e giornalisti che sono rimasti e si sono battuti alla loro maniera. Per me è stata una cosa importante ma questo non vuol dire che io sia contro coloro che hanno lasciato il paese nella situazione difficile in cui ci trovavamo. Ci sono stati grandi giornalisti che non potevano lavorare, che erano sotto la minaccia di essere assassinati e che, sotto l’attacco criminale dei terroristi, hanno dovuto lasciare il paese ma hanno continuato a partecipare, a lavorare e a fare qualcosa.
È vero che io vivo a Parigi con tutta la mia famiglia e insegno alla Sorbonne. È stato uno spostamento geografico inevitabile ma nello stesso tempo io sono là. Conservo un piede in Algeria, partecipando alla mia maniera; quindi non ho il sentimento dell’esilio, anche se è diverso stare là vivendo tranquillamente e lavorando. Quando si fanno delle scelte si è disposti a pagare e bisogna saper pargarne il tributo perché le cose non sono facili. Quando ci si oppone all’estremismo c’è il rischio di essere assassinati e trucidati e io ho fatto questa scelta, sapendo che era difficile. L’esilio, a mio parere, permette un altro modo di scendere in campo: permette di stare all’esterno dei dibattiti e dei problemi, permette di pensare, di essere in contatto con la civiltà occidentale e con la democrazia, con il diritto, quindi permette di partecipare con questi doni e costruire una nuova società anche qui in Francia dove oggigiorno si verifica l’ascesa del razzismo. Perché adesso l’Europa ha bisogno di gente che viene da fuori, di gente che resta, che non dimentica e dice: “Fate attenzione, perché la storia sta virando, perché siamo di fronte a un estremismo che ha cambiato nome.” Mi riferisco alla destra politica, la sinistra si oppone ma non trova delle soluzioni e in questo tempo grave di crisi economica ci si può ritrovare con personaggi simili a Hitler e Mussolini. La sistuazione europea mi inquieta e mi spinge a riflettere.

7 - Il suo libro denuncia fortemente le autorità e lo Stato. Come hanno reagito alla pubblicazione del suo libro? E quale reazione vi è stata da parte della società civile?

Prima del romanzo, in Algeria c’era un’emittente televisiva con un programma di dibattito che durava un’ora dove portavo due persone di idee differenti che dibattevano tra loro. La trasmissione è finita, credo nel 2002. Cercava di portare la gente a pensare che avere opinioni diverse a livello di pensiero e di produzione letteraria e culturale non è un danno. L’ultima trasmissione è stata su Cervantes e sui suoi luoghi. Si è passati per il porto dove è sbarcato, il mercato degli schiavi dove è stato venduto, la villa dove risiedeva il governatore dell’epoca che ha comprato Cervantes e si conludeva nella grotta, che era un luogo abbandonato, sporco, pieno di immondizia, come ho descritto nel libro, certamente con qualche esagerazione. Ho mostrato tutto questo attraverso l’immagine. Siccome la televisione era statale, la trasmissione è stata bloccata il giorno dopo e questo dimostra che costa dire la verità. E io ho detto: “O mi lasciate dire quello che penso o smetto la trasmissione.” È venuto il Ministro dell’Informazione a dire che la condizione era difficile, che non si potevano mostrare quelle cose e io ho detto che non potevo lavorare in quelle condizioni, che il Governo aveva uno spazio e stava facendo la stessa cosa degli islamisti che hanno distrutto questo luogo perché lo consideravano un luogo cristiano contro l’Islam, che se avessero voluto fare di quel luogo un luogo di incontro avrebbero dovuto cercare di reagire a quella situazione.
Ero una persona popolare conosciuta dalla gente; ricordo che, quando sono passato in una via di Algeri, ho incontrato un bambino che diceva a sua madre: “È Waciny quello che ha parlato di Cervantes, di questo personaggio che è venuto dalla Spagna.” I giovani sono all’ascolto, se voi date loro qualcosa che va direttamente al loro cuore, perchè non conoscono e hanno bisogno di conoscenza. Quando voi offrite qualcosa, loro cambiano.
Posso dire che questo romanzo è stato molto ben accolto anche se sfortunatamente è uscito prima in Francia e nessuno voleva pubblicarlo in arabo. La prima edizione è stata pubblicata nel 1996 da Marsa Editions e nello stesso anno è uscito nella collezione tascabile; dopo sei anni è uscito in arabo. Prima la gente era obbligata a leggerlo in francese. La gente ha voglia di verità anche quando si offre una verità metaforica, come in un racconto. Io ho avuto poi voglia di scrivere un altro libro su Cervantes, che spiegasse di nuovo che le culture, le religioni, le persone si incontrano e che la gente cambia a partire da questi incontri.

8 - Il romanzo descrive vari luoghi della memoria della città in stato di forte degrado a cui corrisponde una perdita della conoscenza della storia, preservata, con la lotta, dai protagonisti positivi (Hsissen, Hanna, Maya). Oggi quei luoghi sono stati riqualificati? Se sì, in che modo? Come hanno cambiato la città? Sta nascendo una coscienza storica? Hsissen, a un certo punto del romanzo, ci dice: “Quando la memoria è minacciata resta solo la nostalgia”. Si è superata la nostalgia come sostituto della memoria?

Quando si ha la possibiltià di intervenire, non bisogna aspettare che tutte le cose finiscano e dire poi che è un peccato e provare nostalgia e dolore. Ad esempio la grotta di Cervantes è magnifica e importante sul piano storico: dalla fine dell’Ottocento si incontravano tutti gli appasionati di Cervantes, era un luogo turistico anche perché si trova dentro una foresta vicino al mare. È stato custodito dalla comunità spagnola e preservato dall’autorità coloniale come un luogo di turismo culturale ma sfortunatamente è stato poi abbandonato. Io mi sono battuto con un gruppo perché ritornasse a essere un luogo di incontro e turistico che bisognava preservare. Ho contattato gli spagnoli, il responsabile culturale dell’ambasciata spagnola e del centro culturale Cervantes ad Algeri. Eravamo d’accordo che Cervantes appartenesse all’Algeria ma allo stesso tempo facesse parte di una storia comune da preservare. Ho trovato una buona accoglienza da parte degli spagnoli ma vi erano degli algerini che non erano d’accordo per un restauro comune della grotta, dicendo che era un affare algerino e non spagnolo. Invece l’ultima Ministra della Cultura si è posta all’ascolto poiché conosceva bene i luoghi e ha voluto che la grotta fosse preservata e considerata un patrimonio nazionale, si sono fatti quindi degli interventi di restauro.
Io non voglio che ci sia né nostalgia né oblio storico perché questi non permettono l’esistenza su un piano personale e sociale. Ci si dimenticherà la storia del paese e si finirà per dimenticarne i luoghi. Ci sono luoghi in tutte le parti del mondo che si conoscono poco e tra non molto i giovani non ne avranno più conoscenza. C’è un sistema di dimenticanza e questo accade anche per la kasba, dove ha vissuto Cervantes. Ci sono dei luoghi che sono conservati come il Palazzo del Bey e il luogo dove i corsari attraccavano. Ma io parlo della vecchia città, che esiste ancora ed è animata, la vecchia città andalusa e turca che si dovrebbe preservare: costa parecchio, si dovrebbero mandare via tutti gli abitanti, ma questo è possibile perché lo stato algerino ha molti mezzi. Vi sono personaggi nel libro, come Hanna e tutto il suo entourage, che si battono per preservarla e per conservare la storia.

9 - Le storie narrate sono realmente accadute o sono romanzate? Quali personaggi si riferiscono a persone reali e quanto di loro è inventato? Gli estratti dai giornali nei quali si narrano i crimini dei terroristi sono veri o verosimili?

Partiamo dai personaggi veridici, quelli che fanno parte del dominio del verificabile, come si dice in critica letteraria. Tra questi c’è la nonna, molto attaccata al suo patrimonio arabo/andaluso: vi è un’indentificazione molto sincera. Per lei non esisteva la nozione di tempo, viveva in questa storia e, quando ero piccolo, mi ha raccontato la storia del nostro antenato, cioè suo nonno o il suo bisnonno che veniva dall’Andalusia. Lei raccontava delle storie come se accadessero sotto i suoi occhi, cioè nel presente, era staccata dal presente e immersa, ancorata al suo patrimonio culturale ancestrale e familiare, dunque c’è una gran parte di verità nella nonna Hanna. Hanna in lingua araba, nel dialetto algerino, vuole appunto dire nonna. La parola Hanna rimanda alla tenerezza, hanan in arabo. Questi due significati rimandano alla relazione che avevo con mia nonna, morta nel 1977.
Il secondo aspetto è legato ai giornali. I fatti che racconto attraverso gli articoli sono veri e si possono facilmente verificare; sono tratti soprattutto da Al Watan, un giornale algerino che esce in francese, come, per esempio, quello della donna sgozzata davanti alle sue figlie. Certo io l’ho integrato nel sistema romanzesco. Anche gli spazi sono veri, come la grotta, il Ministero della Cultura, eccetera, ma la storia è condotta da personaggi fittizzi come Vasquez, il discendente di Cervantes, che non è mai esistito e ho inventato e, dandogli molta forza, l’ho trattato in modo da creare l’effetto del reale.

10- In più di una parte del romanzo si accenna alla collaborazione tra gruppi terroristici e Stato (per esempio riguardo al finanziamento alle associazioni culturali che di fatto erano cellule del FIS). Secondo lei com’era possibile questa relazione se si trattava di due schieramenti che si scontravano?

Sfortunatamente la storia algerina è attraversata da questo problema. Fin dalla sua costituzione, all’interno dello stato o del partito dominante, cioè l’FLN, vi erano tutti i gruppi: i comunisti, i nazionalisti, gli islamisti, eccetera. Il Fronte di Liberazione Nazionale ha continuato ad esistere. Nelle situazioni difficili, problematiche c’è stata una sorta di esplosione all’interno del partito unico. Ciascuna forza ha preso il suo spazio ma nello stesso tempo questo costituiva un luogo dove vi erano relazioni tra le diverse forze. Quando si è permessa la formazione di associazioni e di partiti legali si ha avuto una metamorfosi: gli islamisti e i comunisti si sono ritirati e ognuno ha formato il suo partito fuori dal FLN, pur mantenendo delle relazioni all’interno del potere. Vi erano persone che consideravano inevitabile l’ascesa al potere degli islamisti ma, quando il fenomeno ha cominciato ad ampliarsi, hanno tentato di evitarlo. Anche il Presidente della Repubblica si opponeva ma vi erano delle forze all’interno del sistema, legate a una rete di interessi, che invece li appoggiavano. Anche per la sinistra e per i partiti democratici vi erano forze all’interno e all’esterno del potere. Non era un potere con una sua visione forte e unica. Anche alcuni crimini vennero coperti dallo Stato ma vi furonoanche dei democratici che si batterono. Pur essendo la situazione complessa, si può dire che con le forze democratiche vi era una parte dell’istituzione militare, che ha permesso il push di Benjadid perché, se il processo elettorale fosse andato avanti così com’era iniziato, avrebbe portato, a mio avviso, il paese al disastro. Il potere non aveva le mani pulite, ma il potere è una forza attraversata da correnti diverse, per questo si trovano parti del potere che stavano con gli islamisti e parte con i democratici.

11- Il romanzo sembra andare al di là della manichea divisione dell’Algeria tra Stato secolare e islamisti. In esso si mostra una società ben più variegata, dove, per esempio, gli intellettuali rappresentano un terzo polo. Secondo lei, da chi era formata allora la società algerina e oggi com’è?

La società algerina è costituita appunto dalle forze di cui parlavamo prima. Le forze intellettuali hanno giocato un ruolo determinante nel fermare gli islamisti poiché sono state loro che si sono battute. Molti sono morti per le loro convinzioni. Gli intellettuali non avevano delle armi per combattere gli islamisti, sono rimasti nella lotta intellettuale, ideologica; quella armata rimase prerogativa di quella parte dell’esercito, legata al nazionalismo, che combatté gli integralisti, cioè coloro che assumuno la religione come totalizzante. La società algerina è costituita anche dai nazionalisti, coloro che avevano partecipato alla guerra di liberazione e avevano preso le redini del paese. Questi sono attraversati da due forze, una legata a interessi personali e un’altra più legata agli interessi generali del paese e interessata a mantenere rapporti con gli intellettuali. La situazione è davvero complessa e richiederebbe molto tempo per l’analisi, ma in maniera schematica può essere così rappresentata.
Inoltre non vanno trascurate le forze popolari, legate alla religione, che hanno preso coscienza che l’islamismo non era religione ma interesse politico. Si trattava di gente semplice che rifiutava il potere. Quando si è accorta che l’islamismo non era la soluzione, ha preso le armi e si è difesa. Secondo me anche le forze popolari hanno salvato il paese. Non se ne parla molto e, quando se ne parla, si stigmatizzano. In generale ci si dimentica del ruolo deteminante degli intellettuali e delle forze popolari che all’inizio avevano appoggiato l’islamismo ma che, accortesi che gli islamisti uccidevano tutti coloro che non erano d’accrodo con loro, hanno preso le armi.

12 - Il ruolo delle donne (Hanna, Nura e Maya) nella Resistenza è considerato centrale. Non sono rappresentate asservite e inginocchiate davanti al potere dello Stato e alla minaccia degli islamisti. Ci può parlare delle donne che ha conosciuto in quel periodo?

Io ho conosciuto in quell’epoca tre donne che mi hanno ispirato per questo romanzo e altri. Una era la direttrice del Museo di Arte Contemporanea. Quando gli islamisti sono andati al potere nei Comuni, prima di passare agli atti criminali, hanno cominciato a instaurare la loro legge e hanno chiesto a questa donna di chiudere il museo perché vi si rappresentavano forme umane, di animali, eccetera, che erano considerate antireligiose e immorali. Questa donna ha rifiutato e non ha permesso che entrassero nel museo perché, se fossero entrati, lo avrebbero saccheggiato. Vi erano delle opere importanti come quelle di Delacroix e di altri artisti di livello internazionale. Lei ha impedito la penetrazione all’interno del sito e si è battuta. Fortunatamente dietro di lei c’era il Ministero della Cultura: lei ha affermato di non dipendere dal Comune ma dal Ministero e che, se avessero avuto qualcosa di cui lamentarsi, avrebbero dovuto farlo con il Ministero della Cultura. E questo era all’inizio e lei è stata una donna formidabile. È stato il modo delle donne di combattere contro gli islamisti che volevano imporre i loro dictat, il loro pensiero, la loro visione culturale.
La seconda donna che mi ha colpito è una ballerina di balletto, che ho avuto l’occasione di conoscere in quell’epoca a Damasco, dove metteva in scena la sinfonia Sherazad di Rimskij Korsakov con il balletto algerino, un formidabile gruppo di ballo, che sfortunatamente non ha avuto la possibilità di svilupparsi. Questa donna era stupefacente, io non la conoscevo ma le ho inviato un mazzo di fiori dopo la rappresentazione. Era una donna magnifica con una forza inimmagibile ed era chiaro che per lei la danza era l’espressione più completa contro le idee degli islamisti: è un’espressione musicale rifiutata dagli islamisti, è un’espressione libera dello spirito rifiutata dagli islamisti ed è un’espressione del corpo quando il corpo, secondo gli islamisti, va negato con il velo. Lei era là con tutta la sua presenza e con tutta la sua forza e poi c’era la rappresentazione formidabile e molto umana dell’arte. Quando le hanno detto di smettere di danzare all’Opera di Algeri, la sua risposta è stata formidabile: “Voi passate sul mio corpo, voi prendete l’Opera, ma io non uscirò, io resterò qui.” E lei è restata là fino alla fine. Per me, questo tipo di donne sono veramente impressionanti. D’altra parte vi sono stati direttori di centri culturali che, sotto la pressione degli islamisti, hanno abbandonato i centri, permettendo loro di imporre i loro dictat, e hanno fermato le attività su cui non erano d’accordo gli islamisti. Erano uomini con i baffi ma non valevano niente. Certo non è la regola, ci sono stati uomini che si sono battuti, che sono morti.
La terza è una studente. Quando insegnavo all’Università di Algeri, frequentare era molto pericoloso e io le ho detto di smettere di seguire i corsi, che non valeva la pena che lei rischiasse in quella situazione. Io andavo avanti e indietro tra Parigi e Algeri e facevo lezioni nell’Hotel d’Alger, che all’epoca si chiamava Saint George. Incontravo gli studenti in questo hotel e lei veniva da Tlemcen, una città lontanta da Algeri più di trecento chilometri, perciò era obbligata a prendere il taxi alle tre del mattino e doveva attreversare una regione infestata da islamisti con posti di blocco, era molto pericoloso. Lo faceva per assistere a un seminario. Era molto molto bella e io le ho detto di non venire perché, se l’avessero presa, l’avrebbero uccisa per la sua bellezza e se avessero saputo chi seguiva i suoi lavori, cioè io, l’avrebbero sgozzata. Lei mi ha detto: “Niet, io verrò e nessuno al mondo potrà proibirmi ciò che ho voglia di fare, non faccio niente di male, desidero imparare, seguire i suoi seminari”. Si potrebbe dire che non è importante ma sul piano simbolico lo è: c’è una ragazza che ha tutta la vita davanti a sé e che si avventura in piena notte su un taxi solo per assistere a un seminario. Io avevo quarant’anni e lei ventitre e questo mi dava moltissima forza. Queste persone mi hanno spinto ogni volta a spostarmi da Parigi per andare ad Algeri e stare una settimana per fare i miei seminari. Ecco i tre esempi sul piano simbolico: un esempio sociale, uno artistico e uno studentesco.

13 - Il personaggio di Hanna e l’importanza che ha nella formazione dell’identità del protagonista rappresenta la molteplicità e pluralità di appartenenze identitarie che i vari attori della società algerina spingono per ridurre a una singola coerente ed omogenea identità con cui si identificano (per gli islamisti l’identità algerina coincide con l’essere musulmani, per i nazionalisti con l’essere arabi e così via)? Il personaggio di Hanna è un omaggio a sua nonna araba-andalusa? Che significato ha per lei?

Il problema dell’identità è complesso. È vero che ci sono stati due elementi principali su cui si è fondata l’identità algerina: l’islam e l’arabità. Ma l’identità non si limita a questo e va oltre.
Oggi in Algeria vi sono persone che si riconoscono in questi due elementi ma ve ne sono altri, come, ad esempio, la berberità, anch’essa parte dell’identità algerina, che negli ultimi anni si sta recuperando su un piano politico e ideologico, pur se è dominata dagli altri due elementi.
Un altro elemento di identità è quello del percorso andaluso di Hanna. È un percorso che significa cultura, pratiche, musica; viene da lontano e, quando si cominciano a guardare i vari elementi costitutivi, si scopre l’apporto dell’Islam ma anche quello giudaico e cristiano. Non si sa che quelli che hanno preservato la musica algerina/andalusa, che fa parte del nostro patrimonio culturale e che costituisce la fierezza di tutto un popolo, sono stati i marrani e i morisco. Oggi sfortunatamente ci si è dimenticati di questo. Nel mio ultimo romanzo La maison andalouse riprendo tutti questi elementi che vengono da lontano e che sono ancora presenti.
Anche nella città popolare, la kasba, all’interno della grande città europea, si possono trovare tutti gli elementi di cui sto parlando. Dal punto di vista dell’architettura vi si trova lo stile moresco che viene dall’Andalusia, vi si trova la musica che è nata in questa città e rinvia alla sua storia e a questa cultura. Il responsabile coloniale, governatore dell’Algeria, che aveva un gusto molto raffinato su un piano culturale aveva fatto sviluppare lo stile neomoresco, che veniva direttamente dallo stile moresco; fu lui che fece costruire la Grande Poste, dove si riconoscono gli apporti stilistici andalusi e turchi. Per me l’identità si crea con questa mescolanza. Oggi invece si costruisce sul modello europeo che uniforma e non si riconoscono più questi elementi archittettonici identitari, anche se fanno parte della cultura profonda del paese.

Conclusione

Con il presente lavoro ho cercato di dimostrare come la letteratura e la sua interpretazione consistano in un dialogo tra passato e presente e come entrambe siano influenzate da criteri storicamente determinati.146 Ho esaminato inoltre una situazione in cui un testo letterario, in questo suo dialogo, ha inciso e segnato il contesto in cui è nato.

Nella prima parte del lavoro, attraverso la presentazione degli studi relativi alla permanenza di Cervantes ad Algeri, ho analizzato il forte il legame che relaziona critica letteraria e contesto, scoprendo come i testi critici siano frutto di determinate contingenze storiche e politiche. Infatti, secondo Gadamer,147 ogni interpretazione è situazionale e dipende dal tipo di domande che siamo in grado di rivolgere all’opera e spesso, in realtà, costituisce un monologo, recitato dai potenti a chi è senza potere. Questo è evidente, a esempio, nel caso degli studi di Eisenberg che arriva a leggere in Cervantes una giustificazione all’attacco militare in Iraq, o nella presa di parola, dopo l’indipendenza, da parte degli algerini, che formulano un nuovo tipo di domande, investigando la porosità dei rapporti e le relazioni tra Cervantes e l’Algeria con i suoi abitanti e tra questi ultimi e le sue opere.

In seguito ho approfondito come, secondo la critica, l’Algeria sia stata una tappa fondamentale nella vita dello scrittore per l’elaborazione di molte delle sue opere e come studiosi e studiose siano concordi nell’affermare che quegli anni furono di grande importanza per la formazione del pensiero politico e religioso di Cervantes. Il fatto che le opere ‘algerine’ di Cervantes siano considerate in molti studi fonte biografica e storiografica dimostra l’importanza che quel contesto ebbe nella sua produzione letteraria.

Nella seconda parte della ricerca ho svolto un’analisi del romanzo Don Chisciotte ad Algeri di Waciny Laredj dalla quale risulta l’influenza della permanenza di Cervantes ad Algeri e della sua opera maestra El quijote sulla narrativa algerina. L’analisi mette in luce le problematiche che hanno colpito l’Algeria negli anni Novanta e la ricerca di una ricostruzione della memoria.

In questo quadro si inserisce Cervantes, diventato simbolo della molteplicità dell’identità algerina, della pluralità degli individui della nazione. Inoltre il lavoro consente di capire come la letteratura non permetta solo di testimoniare ma anche di superare una situazione di violenza e di produrre una percezione più profonda della società. Questo aspetto viene ulteriormente approfondito attraverso un’intervista all’autore del romanzo.

Infine mi piacerebbe che questa ricerca potesse essere considerata un punto di partenza per uno studio della letteratura come fonte per un’analisi storico-politica dell’area del Mediterraneo. Credo, infatti, che la letteratura abbia non solo il potere di conservare la memoria ma sia anche uno strumento in grado di incidere sulla società, secondo l’ideologia di cui è portatrice e di coloro che la interpretano.

Questo mio lavoro ha cercato di mettere in luce un tipo di letteratura che ha tentato di sconfiggere lo spettro del razzismo, tornato a vivere anche nel nostro territorio, un tipo di letteratura che si pone come mediatrice tra persone per decostruire il mito di una cultura predeterminata, monolitica e immodificabile.

NOTE

1 E. Said, Culture and Imperialism, 1993, trad. it. Cultura e Imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell’Occidente, Gamberetti, Roma, 1998.
2 Ringrazio il Dottor A. Abi Ayad per avermi fornito il materiale “Argel y la huella del cautiverio en la obra cervantina” in La huella del cautiverio en el pensamiento y en la obra de Miguel de Cervantes (1994).
3 A. Arriagada, “Cervantes visto por los franceses de Argelia (1830-1962)” in Actas del tercer congreso internacional de la Asociación de Cervantistas, 1997, pp. 125-132, http://hispanismo.cervantes.es/documentos/195-indiceactasIIIcongresoMenorca.pdf
4 W. Laredj, Sur les traces des Cervantès à Alger, Alpha, Algeri, 2007, p 15.
5 R. Ceserani, Guida breve allo studio della letteratura, Laterza, Bari, 2003, p 212.
6 E. Said, Cultura e imperialismo, op. cit., p. 9.
7 Ibid., p. 18.
8 A. Abi Ayad, “Presentación y análisis de la bibliografía argelina sobre Miguel de Cervantes” in Actas del tercer congreso internacional de la Asociación de Cervantistas, 1997, pp. 99-108, http://hispanismo.cervantes.es/documentos/195-indiceactasIIIcongresoMenorca.pdf
9 A. Arriagada, op.cit.
10 Opere citate in Abi Ayad, op. cit. 1997 : J. Caznave, “Cervantès à Oran 1581” in Bulletin de la société de Géographie et d'Archéologie d'Oran, 1923, pp 215-242; E. Robles, “Cervantès à Oran” in Simoun, 1957, pp. 11-31; D’G. R. Eshougue, “Note pour une mise en scène", 1959; J.M. Guirao, “Le souvenir de Cervantès à Oran”.
11 La prima pubblicazione universitaria su Cervantes, pubblicata dalla rivista dell'università d'Algeri Revue de la Méditerranée nel 1961 è un articolo di Charles Marcilly intitolato “Reflexiones sobre la destrucción de la biblioteca de Don Quijote”.
12 Gli accordi di Evian del 1962 sono l'atto formale che dichiara il riconoscimento francese dell'indipendenza algerina. Si veda A. Laroui, The History of the Maghrib: An Interpretive Essay, Princeton University Press, Princeton 1977.
13 C. S. de Tejada Benvenuti, “La cueva de Cervantes en Argel”, in Anales cervantinos, 1974/1975, p. 107.
14 A. Medina Molera, Cervantes y el islam: El Quijote a cielo abierto, Carena, Barcelona 2005, p. 11.
15 F. Cortines Murube, Cervantes en Argel y sus libertadores Trinitarios, Gráficas Tirvia, Sevilla 1950.
16 Ma anche altri articoli come: J.C. Rios Camacho, “El trasfondo islámico en el Quijote: cautivo cristiano y exiliado morisco” in Al-Andalus, n° 231, 2003, http://www.cisi.unito.it/artifara/rivista2/testi/morisco.asp; M. Barrio Gozalo, “El corso y el cautiverio en tiempos de Cervantes” in Investigaciones históricas: época moderna y contemporánea, n° 26, 2006 pp. 81-114, http://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=2055020 ; A. Molino Molera, op. cit.
17 M. Barrio Gozalo, op. cit.
18 J. C. Rios Camacho, op. cit.
19 Ammirazione per i mori e la cultura morisca.
20 A. Abi Ayad, op. cit., “Argel y la huella del cautiverio en la obra cervantina”.
21 Y. Tassadit, “Les Bagnes d’Alger d’aprés Cervantès” in R.M.H. n. 21-22, Zaghouan, Tunisi, Aprile, 1981. pp. 87-92.
22 Laurent D'Arvieux (1635-1702) era un viaggiatore francese; si recò in Siria, Palestina e Arabia, per sei anni fu in missione presso l'Impero Ottomano; in seguito fu Console ad Algeri e ad Aleppo, dove tra l'altro liberò molti schiavi cristiani. Scrisse vari libri di memorie; tra i suoi scritti conserviamo: Mémoires du chevalier d'Avrieux; Relation d'un voyage vers le grand émir, chef des Arabes du désert; Traité des moeurs et coutumes des Arabes, Bibliobazaar.
23 A.Arriagada de Lassel, “El mundo musulmán en Miguel de Cervantes”, in Langues et littérature, n° 1, 1986, Algeri.
24 Aby Ayad, op. cit., “Presentación y análisis de la bibliografía argelina sobre Miguel de Cervantes”, p. 106.
25 B. Cheikh, El mundo musulmán en las obras de cautiverio de M. de Cervantes Tesi diretta da Adriana Arriagada de Lassel nel 1989 presso l'Università di Orano.
26 Numerosi sono gli arabismi presenti nel Quijote e nelle altre opere cervantine, lui stesso per i cosidetti realia si adopera in spiegazioni in quanto si tratta di espressioni non comuni e intraducibili, come fa notare Abbas nel suo studio: “Cervantes y el cautiverio, historia de “el capitan cautivo”, cit., pp. 20-21.
27 K. Ghaouty, Crítica de la realidad social española a través del arte literario en la obra de M. de Cervantes, Tesi di Magisterio, Università di Orano, 1990.
28 A. Abi Ayad,“Presentación y análisis de la bibliografia argelina sobre Miguel de Cervantes”, op. cit., p. 107.
29 In una nota Abi Ayad ci dice che fu reso omaggio a Abdelkader Alloula nel preambolo della pubblicazione degli atti del congresso La huella del cautiverio en el pensamiento y la obra de M. de Cervantes in quanto il regista fu una vittima dal terrorismo.
30 Opere citate in A. Abi Ayad, “Presentación y análisis de la bibliografía argelina sobre Miguel de Cervantes”, op. cit., pp. 99- 108.
31 W. Laredj, op. cit.
32 La historia del capitan cautivo è raccolta nel El Quijote nei capitoli 39, 40, 41. Narra le avventure del capitano Ruy Pérez e Zoraida. La prima parte della storia per molti critici come Murillo riprende l'esperienza diretta dell'autore: la battaglia di Lepanto, Tunisi, la Goleta, e la prigionia di Algeri.
33 L. Murillo, “El Ur-Quijote: nueva hipótesis” in Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America, 1981, pp. 43-50, http://users.ipfw.edu/jehle/cervante/csa/articf81/murillo.htm. Il saggio tra l'altro non parla mai di Islam o musulmani ma di mahomettani, il che implica già di per sé un mancato riconoscimento dell'Islam come religione autonoma ma vista come setta deviata del cristianesimo. Vedi: F. Faloppa, Parole contro, Garzanti, Milano, 2004.
34 Secondo il critico J. C. Rios Camacho, op. cit., Ruy Pérez è uno strumento per Zoraida per il suo percorso individuale di crescita spirituale.
35 Sull'immagine delle colonie vedi E. Said, Orientalism: Western Conceptions of the Orient, 1978, trad. it. Orientalismo, Feltrinelli, Milano, 1999.
36 A. Sánchez, “Revisión del cautiverio cervantino en Argel” in Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America, 1997, pp 7-24, http://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=951800
37 D. Eisenberg., “Cervantes, autor de la Topografía e historia general de Argel publicada por Diego de Haedo” in Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America, 1996, pp 32-53, http://www.cervantesvirtual.com/servlet/SirveObras/12583855434595940876657/index.htm, “¿Por qué volvió Cervantes de Argel? In Ingeniosa invención: Essays on Golden Age Spanish Literature for Geoffrey L. Stagg in Honor of his Eighty-Fifth Birthday, Ed. Ellen Anderson y Amy Williamsen. Newark, Delaware: Juan de la Cuesta, 1999, pp. 241-253, http://users.ipfw.edu/jehle/deisenbe/cervantes/argel.pdf
38 S.P. Huntington, The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order, Simon and Schuster, New York, 1996. L’autore, nell’introduzione al saggio, afferma: “La tesi di fondo di questo saggio è che la cultura e le identità culturali – che al livello più ampio corrispondono a quelle delle rispettive civiltà – siano alla base dei processi di coesione, disintegrazione e conflittualità che caratterizzano il mondo post-Guerra fredda.” Egli considera il mondo diviso in cinque civiltà monolitiche in conflitto tra loro e presenta i pericoli che quella occidentale corre.
39 M. A. Garcés, Cervantes en Argel: historia de un cautivo, Gredos, Madrid, 2005.
40 R. Véguez, "Don Quijote and 9-11: The Clash of Civilizations and the Birth of the Modern novel.", in Hispania, 48.1 2005, pp. 101-113, http://www.jstor.org/stable/20063080
41 D. Eisenberg., “Cervantes, el mundo musulman y la guerra en Irak”, in Actas Guanajuato XIV, 2004 pp. 29-49, http://users.ipfw.edu/jehle/deisenbe/cervantes/eisenberg
42 M. A. Garcés, op.cit.
43 E. Said, Cultura e imperialismo, op. cit., p. 9.
44 K. M. Abbas, “Cervantes y el cautiverio; historia del capitán cautivo”, Cairo, pp. 1-23, p.22, http://faculty.ksu.edu.sa/74682/investigacion/CERVANTES%20Y%20EL%20CAUTIVERIO.pdf
45 K. Sliwa, “Un documento inédito sobre el cautiverio de Miguel de Cervantes”, in Annales Cervantinos, 1998, http://analescervantinos.revistas.csic.es; R. P. Piras, “Miguel de Cervantes: sintassi e argomentazione nella Información en Argel”, in AISPI Actas XXII,2004, pp. 345-355, http://cvc.cervantes.es/literatura/aispi/pdf/19/I_25.pdf ; W. King, “Cervantes, el cautiverio y los renegados”, in NRFH, XL, n°. 1,1992, pp. 279-291, http://www.jstor.org/pss/40299563; J. Cruz, “Cervantes entre moros y cautivos”, in Lecturas Cervantinas, Buenos Aires, 2005, pp. 177-210, http://asale.org/ASALE/pdf/Lecturascervantinas/Cruz.pdf; M. Scaramuzza, “Mondi impossibili: la prigionia di Algeri come premessa del Quijote” in Critica del testo, 2007, pp. 181-192.
46 La información de Argel è un testo che Cervantes ha scritto prima di tornare in Spagna; serviva ad attestare la sua impeccabile condotta ad Algeri di fronte all'Inquisizione, vedi anche Piras, op.cit.
47 M. Scaramuzza, op. cit.
48 Come ad esempio il libro di A. Medina Molera, op.cit.
49 W. King, op. cit.
50 Coloro che dal cristianesimo si erano convertiti all’Islam.
51 D. D e Haedo, Topographia e historia general de Argel, Valladolid, 1612.
52 Solamente due studiosi vi fanno riferimento: D. Eisenberg, “¿Por qué volvió Cervantes de Argel?” op. cit.,1999, pp. 241-253; E A. Sánchez, op. cit.
53 E. Said, Cultura e imperialismo, op.cit., p. 9.
54Ibid. pag.18
55 M. A. Garcés, Cervantes en Argel: historia de un cautivo, op. cit,, 2005, pp. 28-30.
56 R. P. Piras, op. cit., p. 351.
57 M. Barrio Gozalo, op .cit, pp. 83-84.
58 L. A. Murillo, op. cit., pp. 43-50.
59J. K. Rios Camacho., op.cit., p. 4.
60 M. Scaramuzza, op. cit.
61 R. Ceserani, op. cit., p 51.
62 E.Said, Cultura e imperialismo, op.cit.
63 D. Eisenberg, op.cit., p. 248.
64 K. M. Abbas, op. cit.
65 M. A. Garcés, “La prisón de Argel en Don Quijote” in Gaceta dominical, 2004, pp. 9-12, p. 11.
66 W. King, op. cit., p. 291.
67 D. Eisenberg, “¿Por qué volvió Cervantes de Argel?”, op. cit.
68 A. Medina Molera, op. cit.
69 J.C.Rios Camacho, op. cit.
70 D. Eisenberg, “Cervantes, autor de la Topographía e historia general de Argel publicada por Haedo” , op. cit.
71 A Medina Molera, op. cit., p. 34.
72 A. Abi Ayad, “Presentación y análisis de la bibliografia argelina sobre Miguel de Cervantes”, op. cit.
73 C. Fisher, Barbary legend. Warand Piracy in North Africa (1415-1830), Oxford 1957, in M. Barrio Gozalo, El corso y el cautiverio en tiempo de Cervantes, Investigaciones históricas: época moderna y contemporánea, n° 26, 2006 p 82. In questo saggio l'autore sottolinea gli scarsi riferimenti degli studi alla guerra di corsa e alla pirateria europea. Sull'argomento cita anche S. Bono, Schiavi musulmani nell'Italia moderna, Napoli, 1999 e M. Barrio Gozalo, “La esclavitud en el Mediterráneo Occidental en el siglo XVIII. Los esclavos del rey de españa” in Critica Storica, 17, Roma, 1980, pp 199-256.
74 Cervantes doveva proteggersi dall'Inquisizione a causa delle accuse di Blanco de Paz e dimostrare di essere un buon cristiano e non avere avuto contatti né con i musulmani né con i rinnegati.
75 R.Ceserani, Guida breve allo studio della letteratura, Laterza, Bari, 2003, p 32.
76 Questo tipo di proposta è stata usata per primo da C. Saenz de Tejada Benvenuti, “La cueva de Cervantes en Argel”, Anales Cervantinos,1974/1975.
77 C. Saenz de Tejada Benvenuti, “La cueva de Cervantes en Argel”,Anales Cervantinos, 1974/1975, p. 108.
78 K. Sliwa, “Un documento inédito sobre el cautiverio de Miguel de Cervantes” in Anales Cervantinos, 1998.
79 A. Medina Molera, op.cit.
80 J. Cruz, op. cit., p. 12.
81 D. Eisenberg, “¿Por qué volvió Cervantes de Argel?”, op. cit.
83 J. Murga, “El Archivo general de Indias: historia de un continente”, (Documentos RNE) in http://www.rtve.es/mediateca/audios/20091017/archivo-general-indias-historia-continente-documentos-rne/661574.shtml
84 D. M. McGaha, “Hacia la verdadera historia del cautivo Miguel de Cervantes,” in Revista Canadiense de Estudios Hispánicos,n° 20, 1996, 540–46. citato in D. Eisenberg, op. cit., “¿Por qué volvió Cervantes de Argel?”.
85 K. Abbas, op cit, e A. Sánchez, op. cit., p.22.
86 R. Rossi, Ascoltare Cervantes Roma, Editori Riuniti, 1987 citato in Sánchez., op. cit., p. 7.
87 Vedi A. Sánchez, op. cit.
88 A. Medina Molera, op. cit., p. 36.
89 Nella relazione omosessuale la persona che ha un ruolo passivo.
90 A. Medina Molera, op. cit., p. 37.
91 Nel suo saggio, quando si riferisce all'omosessualità, lo fa sempre con parole di matrice sessista: la condizione di invertito, il complesso della sua sessualità, diversità sessuale, homosexualismo (per homosexualidad). In Sánchez, op. cit., pp. 7-24.
92 J. C. Rios Camacho, op. cit. pp. 7 e 9.
93 W. Laredj, Harisata al-zhilal. Don Kishot fi l-jazai’r, trad. it. di Wasim Dahmash, Don Chisciotte ad Algeri, Mesogea, Messina, 1999. 94 Ibid., p. 9.
95 W. Laredj, Sur les traces des Cervantès à Alger, Alpha, Algeri, 2007.
96 Waciny Laredj, Don Chisciotte ad Algeri , op. cit., p. 29.
97 Ibid., p. 14., citazione del poeta francese Jules Roi nato in Algeria.
98 Ibid., p. 142.
99 Ibid., p. 16.
100 Ibid., p. 16.
101 Ibid., p. 16.
102 Ibid., p. 32.
103 Ibid., p. 80.
104 Ibid., p. 24.
105 Ibid., p. 14.
106 Ibib., p. 14.
107 Ibid., p. 18.
108 Ibid., p. 26.
109 Ibid., p. 17.
110 Il fiore di cassia costituisce l’unica eredità dell’avo morisco in quanto, al momento dell’esilio, costui aveva portato con sè i semi, mentre la sua biblioteca era stata bruciata.
111 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p. 23.
112 “Siamo creature che raccontano storie; la nostra specie avrebbero dovuto chiamarla Homo narrator (o forse Homo Mendax per riconoscere l’aspetto fuorviante che c’è nella narrazione delle storie) anziché con il termine spesso non appropriato di Homo sapiens. La modalità narrativa ci riesce naturale, come uno stile per organizzare pensieri e idee.” S. J. Gould, “So near and yet so far”, in The New York Rewiew of books, XLII (1995), cit. in R. Ceserani, Guida breve allo studio della letteratura, op.cit., p.103.
113 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p.49.
114 Ibid., p. 51.
115 Ibid., p. 75.
116 Ibid., p. 114.
117 Ibid., p. 78.
118 Ibid., p. 80. 119 Ibid., p. 83.
120 Ibid., p. 84. 121 FIS ovvero Fronte Islamico di Salvezza, era un’organizzazione politica di stampo islamico e populista. Per approfondire il suo importante ruolo nell’Algeria degli anni Novanta vedi H. Roberts, The Battlefield Algeria 1988-2000 Studies in a Broken Polity, Verso, Londra, 2003.
122 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p.64.
123 Ibid., p. 73.
124 Ibid., p. 61.
125 Ibid., p. 64.
126 Ibid., p. 71.
127 H. Roberts, op. cit., pp. 138-150.
128 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p. 35, La superficiale rappresentazione dei media europei e la costruzione di dinamiche funzionali per esempio alla Francia è ben spiegata in H. Roberts, op. cit.
129 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p. 33, il romanzo è ambientato nel 1995; H. Roberts quantifica a 35.000 le persone uccise la maggior parte a partire dagli inizi del 1994 fino all’Aprile 1995, data di pubblicazione dell’articolo raccolto nel libro H. Roberts, op. cit., p 160.
130 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p 19.
131 F. Remotti, Contro l’identità, La Terza, 1997, Bari-Roma, p. 57.
132W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p. 122. 133 All’inizio del romanzo Hsissen descrive la situazione degli hotel della città tutti pieni di cittadini algerini che hanno dovuto lasciare le proprie case in seguito alle minacce, ricevute da gruppi terroristici.
134 Ibid., p. 164.
135 Ibid., p. 64.
136 È una cantante libanese, considerata la più famosa cantante araba vivente, la sua voce si ascolta in tutto il mondo arabo.
137 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p. 94. 138 Ibid., p. 110.
139 J. Guardi, “Algeri”, in Afriche e Orienti, n° 2, 2003.
140 W. Laredj, Don Chisciotte ad Algeri, op. cit., p. 143.
141 Intervista effettuata in data 4 Dicembre 2010 e non rivista dall’intervistato.
142 W. Laredj,Sur les traces de Cervantès à Alger, op. cit.
143 W. Laredj, Le Livre de l’Emir, trad. M. Bois, Actes Sud, Arles, 2006.
144Don Chisciotte ad Algeri è il titolo italiano di La Gardienne des ombres (Marsa Editions, Parigi, 1996). Lo scrittore, quando ne parla, usa il titolo francese.
145 La maison andalouse (in arabo), éditions Espace libre, Algeri, 2011.
146 W. Laredj, Les ailes de la reine, Actes Sud, Arles, 2009
147 T. Eagleton, Literary theory. An introduction, 1983, trad. it. a cura di F. Dragosei, Introduzione alla teoria letteraria, Editori Riuiti, Roma, 1998, p. 83.
148 Ibid., p. 85.

Bibliografia ragionata

La bibliografia è articolata nelle seguenti sezioni:
A) Testi su Cervantes ad Algeri
A.1 Monografie
A.2 Articoli in riviste e capitoli di libri
B) Testi sulla metodologia
B.1 Monografie
C) Dizionari e repertori

A)Testi su Cervantes ad Algeri
A.1 Monografie
CORTINES MURUBE F., Cervantes en Argel y sus libertadores Trinitarios,Sevilla, Gráficas Tirvia, 1950.
GARCÉS M.A., Cervantes en Argel: historia de un cautivo, Gredos, Madrid, 2005.
LAREDJ W., Harisata al-zhilal. Don Kishot fi l-jazai’r, trad. it. di Wasim Dahmash, Don Chisciotte ad Algeri, Mesogea, Messina, 1999.
----------------, Sur les traces des Cervantès à Alger, Alpha, Algeri, 2007.
MEDINA MOLERA A., Cervantes y el islam: el Quijote a cielo abierto, Carena, Barcelona, 2005.

A.2 Articoli in riviste e capitoli di libri
L’ultimo accesso agli indirizzi web indicati risale al 5.10.10.

ABBAS K. M., “Cervantes y el cautiverio; historia del capitán cautivo”, Cairo, pp 1-23, p.22, http://faculty.ksu.edu.sa/74682/investigacion/CERVANTES%20Y%20EL%20CAUTIVERIO.pdf
ABI AYAD, “Presentación y análisis de la bibliografia argelina sobre Miguel de Cervantes” in Actas del tercer congreso internacional de la Asociaciòn de cervantistas, 1997, pp. 99-108, http://hispanismo.cervantes.es/documentos/195-indiceactasIIIcongresoMenorca.pdf
------------------, “Argel y la huella del cautiverio en la obra cervantina” in La huella del cautiverio en el pensamiento y en la obra de Miguel de Cervantes (1994), pp. 77-89.
ARRIAGADA A., “Cervantes visto por los franceses de Argelia (1830-1962) in actas del tercer congreso internacional de la asociaciòn de cervantistas,1997 pp. 125-132, http://hispanismo.cervantes.es/documentos/195-indiceactasIIIcongresoMenorca.pdf
BARRIO GOZALO M., “El corso y el cautiverio en tiempos de Cervantes” in Investigaciones històricas: época moderna y contemporànea, n° 26, 2006, pp. 81-114, http://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=2055020
BUNES IBARRA M.A., “Relaciones económicas entre la monarquía hispánica y el islam en la época de Cervantes” , Revista de Historia Econòmica- Journal os Iberian and Latin America Economic History, anno n° 23, n° extra 1, 2005, pp 161-180, http://e-archivo.uc3m.es/bitstream/10016/3623/1/RHE-2005-XXIII-Bunes.pdf
CRUZ J., “Cervantes entre moros y cautivos”, in Lecturas Cervantinas, Buenos Aires, 2005, http://asale.org/ASALE/pdf/Lecturascervantinas/Cruz.pdf
EISENBERG D., “Cervantes, autor de la Topografía e historia general de Argel publicada por Diego de Haedo” in Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America, 1996, pp. 32-53, http://www.cervantesvirtual.com/servlet/SirveObras/12583855434595940876657/index.htm
---------------------, “¿Por qué volvió Cervantes de Argel? in Ingeniosa invención: Essays on Golden Age Spanish Literature for Geoffrey L. Stagg in Honor of his Eighty-Fifth Birthday, Ed. Ellen Anderson y Amy Williamsen. Newark, Delaware: Juan de la Cuesta, 1999, pp. 241-253, http://users.ipfw.edu/jehle/deisenbe/cervantes/argel.pdf
----------------------, “Cervantes, el mundo musulman y la guerra en Irak”, in Actas Guanajuato XIV, 2004 pp. 29-49, http://users.ipfw.edu/jehle/deisenbe/cervantes/eisenberg-armasyletras.pdf
GARCÉS M.A.,“La prisón de Argel en Don Quijote” in Gaceta dominical,2004. pp. 9-12, http://www.revistaaleph.com.co/component/k2/item/403-la-prision-de-argel-en-don-quijote
GUARDI J., “Algeri”, in Afriche e Orienti, n° 2, 2003, http://www.cigv.it/ilviaggio/algeri.html
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MURILLO L., “El Ur-Quijote: nueva hipótesis” in Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America, 1981, http://users.ipfw.edu/jehle/cervante/csa/articf81/murillo.htm
PIRAS R.P., “Miguel de Cervantes: sintassi e argomentazione nella Información en Argel”,in AISPI Actas XXII,2004, pp. 345-355, http://cvc.cervantes.es/literatura/aispi/pdf/19/I_25.pdf
RIOS CAMACHO J.C., “El trasfondo islamico en El Quijote: cautivo cristiano y exiliado morisco” in Al-Andalus, n° 231, 2003, http://www.cisi.unito.it/artifara/rivista2/testi/morisco.asp
SÁNCHEZ A., “Revisión del cautiverio cervantino en Argel” in Cervantes: Bulletin of the Cervantes Society of America, 1997, pp. 7-24, http://dialnet.unirioja.es/servlet/articulo?codigo=951800
SCARAMUZZA VIDONI M., “Mondi impossibili: la prigionia di Algeri come premessa del Quijote” in Critica del testo, 2007, pp. 181-192.
SLIWA K., “Un documento inédito sobre el cautiverio de Miguel de Cervantes”, in Annales Cervantinos, 1998, http://analescervantinos.revistas.csic.es
TEJADA BENVENUTI, CARLOS SAENZ DE, “La cueva de Cervantes en Argel”, Anales cervantinos, 1974/1975, p. 107.
VÉGUEZ R., "Don Quijote and 9-11: The Clash of Civilizations and the Birth of the Modern novel.", in Hispania, 48.1 (2005), pp. 101-113, http://www.jstor.org/stable/20063080
La maggior parte di questi articoli e o autori è citata nel repertorio Bibliografía del Quijote por unidades narrativas y materiales de la novela: Tomo I: Títulos completos, A-L ; Tomo II: Títulos completos, M-Z di Fernàndez J., Centro de Estudio Cervantino, Alcalá de Henares (Madrid), 2008. si tratta della più esauriente raccolta della bibliografia scritta su Cervantes. Rimangono esclusi da questo testo K. Abbas, professore dell’Università Al-Ahzar del Cairo, lo storico del CSIC M. A. Bunes Ibarra, lo scrittore W. Laredj, professore dell’Università Sorbona di Parigi e dell’Università di Algeri e lo studioso Rios Camacho dell’Università di Murcia.

B) Testi sulla metodologia
B.1 Monografie

CESERANI R., Guida breve allo studio della letteratura, Laterza, Bari, 2003.
EAGLETON T., Literary theory. An introduction, 1983, trad. it.e cura di F.Dragosei, Introduzione alla teoria letteraria, Editori Riuiti, Roma, 1998.
LAROUI A., The History of the Maghrib: An Interpretive Essay, Princeton University Press, 1977.
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C) Dizionari consultati

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Anno 10, Numero 41
September 2013

 

 

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