Nota biografica | Versione lettura |
Settembre 2012, Siena, Istituto Professionale ‘G. Caselli’.
E’ arrivata una studentessa straniera, occhi di un azzurro nuovo, brillante, fresco, bellissimo.
‘Mi chiamo Alina, o 18 ani, vengo da Moldavia, sono qui da 2 mesi. Mio frattelo a leucemia, io con mia madre siamo qui per lui che fa qui un tratamento’.
E’ arrivata una studentessa straniera, una donna, occhi di un azzurro nuovo, brillante, forte, bellissimo.
‘Mi chiamo Natalia, vengo da Moldavia, sono qui per mio figlio. Daniel ha 6 ani, malato, leucemia, qui a Siena curano lui’
Alina frequenta il terzo anno dell’Istituto Professionale ‘G. Caselli’ di Siena, Natalia il quinto anno, come uditrice, quando è libera dal lavoro.
E’ arrivato uno nuovo piccolo ‘studente’ straniero, occhi di un azzurro nuovo, brillante, vivace, bellissimo. E’ Daniel, prima elementare, è sabato e lui non ha scuola così con la madre e la sorella viene alla scuola dei ‘grandi’, ma non può rimanere…motivi di sicurezza.
Febbraio 2010, Moldavia. Daniel ha la febbre, macchie sul corpo analisi del sangue reparto oncologico non ci sono piastrine non ci sono quasi più globuli rossi il sangue non è rosso è arancione non ci sono cure qui dove vado AIUTO NON RESPIRO la testa mi scoppia cammino per la città come impazzita vado in chiesa PREGO. Poi un pensiero che esula dal contesto di terrore che sto vivendo OGGI E’ IL COMPLEANNO DI RODICA, RODICA VIVE IN ITALIA DA SEI ANNI. Rodica è uno degli angeli che ho incontrato attraversando l’inferno, lei in Italia ha parlato al suo medico di Daniel, lui ha contattato il consolato e...
Siamo partiti dalla Moldavia io e Daniel alle 4 di mattina, -20, la neve alta, disperazione, paura, anzi no, TERRORE. Lascio Alina, 16 anni, in Moldavia con il padre. Alina ama Daniel quanto me. Io Daniel l’ho partorito e poi lei lo ha preso in custodia come fosse suo, un legame speciale, unico, acciaio.
In un giorno solo una vita che sembrava banalmente felice diventa un incubo e dopo soli tre giorni sono in un paese nuovo che non conosco, dove non conosco nessuno, non capisco questa lingua, sono stanchissima, ho mal di testa, mi sento svenire. I medici parlano ma io non capisco cosa mi dicono di Daniel, c’è Rodica con me, sempre, lei in Italia fa la badante.
Le storie di migrazioni sono di vario tipo ma hanno tutte lo stesso tratto distintivo, SI PARTE PER CERCARE UN FUTURO MIGLIORE, in questo caso SI PARTE PER CERCARE UN FUTURO.
Oddio non capisco, ma cosa dicono…perché non possono fare la chemioterapia…c’è febbre, non possiamo, dobbiamo aspettare…aspettiamo.
510 è il numero delle medicine che Daniel ha preso in un solo mese, 17 al giorno, medicine che salvano, ma prima bruciano tutto ciò che attraversano, esofago, stomaco, intestino…COSA TI FA MALE? NIENTE MAMMA, NIENTE…possibile? Eppure.
Angeli, angeli, sono tutti angeli queste persone che intorno a me parlano questa lingua nuova che piano piano comincio a capire, è un suono amico che mi fa pensare che può esserci ancora vita. L’italiano è vita per me, l’Italia è vita per me, la seconda vita che ha un valore di gran lunga più forte della prima perché nel mezzo ho camminato sui carboni ardenti, ho conosciuto il fondo.
Un mese dentro all’ospedale, io e Daniel, Daniel e io, io e Daniel, Daniel e io…febbre no chemio, senza febbre chemio…
Le poche volte che esco e incontro delle madri con i propri figli per mano a passeggio o vedo passare gli autobus che portano i bambini all’asilo PIANGO… piango perché non posso passeggiare con Daniel, piango perché Daniel non può andare all’asilo… Non è invidia, piuttosto un sentimento di profonda ingiustizia che sento accanirsi su di noi, PERCHÉ?
Usciamo dall’ospedale, viviamo in un residence ma Daniel è vivace, ha bisogno di aria buona, dicono i medici. Dove andiamo? Non abbiamo soldi, non conosciamo nessuno….Angeli, ancora angeli italiani che ci aiutano, che ci trovano un posto dove stare meglio. La notte fa freddo, abbiamo solo due coperte, per dormire ci mettiamo addosso tutti i vestiti che abbiamo… per me, per noi è bellissimo, è vicino alla città ma c’è la campagna e ci sono altri bambini. Daniel può giocare, lui è forte, reagisce a tutto, ora ha capelli nuovi, sono ricci, prima erano lisci.
Giugno 2012. Alina non resiste, non può stare lontana da noi, anche lei viene in Italia, lascia il liceo che sta frequentando, le lezioni di teatro, di danza, lascia i suoi amici e viene qui da noi. Ha solo 18 anni ma sembra abbia già vissuto tanto, ha già vissuto tanto.
Ha lasciato tutto e non rimpiange niente, ora è qui e sta costruendo una nuova vita divisa tra Daniel, gli impegni domestici, la scuola, senza angosce. Lei sa che questo non è VIVERE ma SOPRAVVIVERE.
Divora le lezioni di italiano, è qui da due mesi e vuole sapere tutto e dice affamata, VOGLIO CAPIRE. Alina studia con me, studia da sola, impara velocemente. Non capisce gli studenti italiani, SONO POCO MATURI, dice lei… e poi gli insegnanti in Italia non sono così eleganti come in Moldavia, però sono molto disponibili, alla mano, meno rigidi.
Monopolizza le lezioni, racconta della sua vita in Moldavia con nostalgia, ma senza rimpianti, mostra le foto sul suo cellulare, un vulcano pieno di energia.
Daniel frequenta la prima elementare, gioca a calcio, è attaccante, è forte nonostante tutto e corre corre corre…parla bene l’italiano, lui è piccolo, è una spugna, impara tutto, il prelievo di controllo, una volta a settimana, una volta ogni quindici giorni, dipende.
Febbraio 2013. Stop con le medicine, se tutto va bene.
Alina, ho un figlio di quindici anni, posso darti qualche vestito per Daniel?
Sono andata a casa loro, gli ho portato dei vestiti di Leonardo, maglie, cappelli. A Daniel vanno benissimo. Mi hanno accolto nella loro ‘casa’, uno scantinato, una reggia per loro. Non che non vedano quello che vedo io, ma i loro occhi interni vedono la realtà in maniera diversa, probabilmente quella vera, quella che va all’essenza, che non si ferma in superficie perché non c’è spazio per la superficie quando hai visto gli abissi. Tutto, dopo, ha colori e sapori diversi.
Natalia appena arrivata non ha potuto lavorare, doveva stare con Daniel, poi ha cominciato, qualche lavoretto, i soliti, pulizie, assistenza agli anziani; ora però sta facendo un periodo di prova in un B&B. Deve imparare meglio l’italiano, migliorare il suo inglese, è difficile, ma ce la mette tutta. Entra la mattina presto e non sa come fare con Daniel, chi lo accompagna all’autobus per andare a scuola quando Alina deve tornare in Moldavia? Non lo sa ancora, però ci sono delle famiglie con bambini che abitano vicino a lei, può chiedere a loro… pensieri, preoccupazioni, soluzioni da trovare continuamente, eppure sorride e le brillano sempre quegli occhi di un azzurro nuovo, brillante, combattivo, bellissimo. Lei dice che da sola non ce l’avrebbe mai fatta. Una forza incredibile, superiore, sovrumana l’ha sostenuta, per Natalia è Dio.
Insegno e da sempre mi occupo dell’accoglienza degli alunni stranieri nel mio istituto. Ho incontrato e ascoltato tante storie ma questa l’ho voluta raccontare, forse perché anch’io sono madre e perché non riesco nemmeno a immaginare cosa possa voler dire dover volare via in un paese straniero, da sola, perché a tuo figlio di appena quattro anni hanno dato una settimana di vita e non c’è tempo.
Donne, donne, sono le donne che fanno la storia vera, non quella dei fatti ma quella delle emozioni, che sono capaci di sopportare carichi indicibili eppure sembrano o forse sono leggere, che quasi sempre sono sole…e attraversano mari, volano in altre terre, imparano nuove lingue, subiscono violenze, talvolta si perdono ma più spesso rinascono e allora sono fenici. C’è una forza che le sostiene, è la FORZA che esplode quando viene tolto tutto e non rimane che lottare. Lottano per i propri figli che lasciano in patria, che non sanno cosa mangiare se madri lontane non mandano soldi a sufficienza. I figli, lasciati alla madre, alla sorella, al padre, se c’è. I figli che porti con te, che accompagni a scuola in questo paese straniero, i figli che non parlano l’italiano e che i compagni prendono in giro, a volte, che hai portato via con te perché hai capito che lì non ci sarebbe stato un futuro.
Donne. Puliscono e accudiscono i nostri vecchi quando noi andiamo a lavorare, quando andiamo in vacanza, puliscono le nostre case, lavano e stirano i nostri panni, prendono volentieri i vestiti che noi buttiamo via per loro stesse e per i figli… Talvolta hanno studiato, magari sono diplomate o laureate… Fanno i lavori più umili, eppure riescono ancora a sorridere, con dignità.
Donne che danno il proprio contributo alla vita e per la vita, ciascuna con il proprio talento.
Voglio imparare ad essere più felice guardando loro.