El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

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stracomunitari 5

mohamed malih

Kamal e il cricket

Provengono dal Pakistan, dallo Sri Lanka, dal Bangladesh; sono in tutto una quarantina, sono giovani ed hanno una passione in comune: il cricket.
Mahmud Selim Siam mi spiega che è uno sport simile al baseball. Io annuisco ma delle regole del gioco non è che me ne importa granché. Sono interessato, piuttosto, all’aspetto socio antropologico della faccenda; a come le passioni, incuranti delle vicende storiche e dei confini geopolitici, viaggino nello spazio e nel tempo, e a come, nel caso specifico, quella del cricket partendo dall’Inghilterra, passando dal Bangladesh, dall’India e dal Pakistan sia giunta fino Villa Torlonia.
Uno dei tanti effetti collaterali dell’immigrazione, si direbbe.
Quanto a Selim lui milita nella serie B di una società di Ancona: “Ancona Cricket Club”. Però è stanco di dover recarsi ogni volta da Senigallia ad Ancona per gli allenamenti e le partite. Pensa di fondare a Senigallia, entro breve tempo, la “Senigallia Cricket Academy”.
Beata gioventù, penso io, e continuo con le mie fisime da socio-etno-antropologo in libera uscita…
Il fatto è che uno un po’ antropologo lo diventa suo malgrado a girare per Senigallia: fra internet point, macellerie Hallal, Kebab e i giardinieri che sembrano diventati tutti nigeriani, uno qualche curiosità su tutta questa diversità culturale e identitaria finisce per averla.
Fra l’altro Selman è anche il gestore di un internet point a due passi da Via Carducci, ex quartiere ghetto, ora in via di riqualificazione e, a quanto pare, immenso serbatoio di giocatori di cricket.

Kamal legge il giovane Holden

Leggere Il giovane Holden, che è scritto sgrammaticato e tutto quanto, mi ha illuminato riguardo allo scrivere. Tutta quella idea che scrivere deve avere certe regole eccetere eccetera, all’improvviso ho capito che non è vero niente. Scrivere è riferire un certo stato d’animo così com’è. Poi non so perché io ogni volta che leggo penso alla scrittura più che alla storia. Quando invece sento qualcuno parlare penso più a me stesso. Nel senso che bisogna mostrarsi interessati e tutto quanto e quindi sono tutto concentrato sull’impressione che faccio all’oratore. E, se uno ci pensa, è pazzesco. Nel senso è che è l’oratore che dovrebbe avere preoccupazioni del genere. In ogni caso “Il giovane Holden” è forte. È da un paio di giorni che l’ho finito e ancora ci penso. Intanto un libro che mi piace è quello che mentro leggo simultaneamente lo traduco in immagini. Come se guardassi un film insomma. Ultimamente mi è capito con Toltstoj, con un libro che parla di una adolescente e con Il giovane Holden. Quando questo succede secondo me è come una magia. Però io ho un dubbio. Nel senso che questi libri (tranne quello della adolescente) è da anni che si sente parlare di loro. Sono sulla bocca di tutti e via dicendo. E allora uno quando li legge ( se li legge) le impressioni che ne trae non si sa mai se sono autentiche o è anche che uno è suggestionato e influenzato da tutto che quello che ha sentito dire eccetera eccetera. Però, roba da non crederci, c’è una scena del romanzo di Tolstoj ( la Sonata a Kreutzer) quella in cui c’è il protagonista che racconta del momento in cui ha accoltellato la moglie…pazzesco, se ci penso mi viene la pella d’oca, che, ma dovete leggerlo se no non potete capire, dicevo che mentre raccontava del protagonista mentre che accoltellava la moglie, è riuscito a rendere l’idea cos’ bene che l’accoltellato mi sembrava di essere io. Pazzesco. Non pensavo la scrittura capace di questo. D’altronde non per niente si tratta del vecchio Tolstoj che è un grande scrittore e tutto quanto.
Pensandoci al Giovane Holden, penso anche che quel dritto di Salinger facendo parlare l’adolescente si è sottratto alla grande alla fatica di scrivere correttamente, per benino e con tutti i crismi come di solito nei libri. E allora leggendolo, io che ogni tanto mi piace scrivere, come tutti voglio dire, ora non voglio che voi pensiate che io me la stia tirando o vattelappesca, no no ve lo giuro, è proprio che mi son detto- cavolo allora per scrivere basta che uno scrive quello che li passa per la testa , senza stare a sclerare per cazzate tipo lo stile, la punteggiature ( mamma mia la punteggiatura…questa cosa della punteggiatura mi fa proprio impazzire, ragazzi) ed è fatta. Però, non so perché, ma credo che le cose non stanno proprio così. In ogni caso io “il giovane Holden l’ho letto, e allora con sta storia che ho un maledetto blog e tutto quanto, senza contare che è da una fracchia che non ci scrivo, allora mi son detto- dai non stare a fare il complicato che tanto poi finisci per non scrivere niente del tutto, fai come ha fatto il vecchio Salinger, così in modo semplice e senza fronzoli e così ho fatto. Però uno deve avere anche una personalità, un certo suo modo di dire le cose ( e soprattutto, aggiungo io: qualcosa da dire) eccetera eccetera, però chi se ne infischia, voi dite così perché ancora non l’avete ancora letto. Prima leggetelo e poi mi dite e, giuro, che vi sto pure a sentire e tutto quanto.

Kamal e una signora Chic!

La signora chic tiene la sciatica.
Ma pure la sciatica della signora chic è chic.
Ogni tanto la signora chic riceve degli amici . Tutti gli amici della signora chic sono anch’essi, ovviamente, chic.
Stanno in salotto con a disposizione squisiti cioccolatini e cinguettano amabilmente. A tener banco è la sciatica della signora chic. Per tenere desta la conversazione, qualcuno ogni tanto, molto garbatamente, dice del suo arto dolente: il dito a scatto, il tunnel carpale, molte ginocchia andate ed altri malanni.
Più di tutto, in questa atmosfera molto chic, assai rarefatta, direi quasi soffice, ad affascinarmi sono i colori delle chiome e le acconciature. Sono così incantato che il salotto non è più un salotto ma una voliera, con dentro uccelli esotici dal piumaggio variotinto. Alla cura del piumaggio vi è un coiffeur svolazzante, che con maestria e amorevole cura bada a che il piumaggio sia sempre vaporoso, e a che i colori e le nuances siano sempre molto chic

Kamal legge Baricco

Alessandro Baricco. Sì, proprio quello lì, il paraculo. Però, sai che ti dico? Ti dico che mi piace. Mi piace molto, moltissimo. Un Barnum tira l’altro.
Ha questa scrittura fluente, briosa, imprevedibile. Un vero giocoliere. Di una verbosità spettacolare: un vero mastro paroliere. Con le parole fa numeri da circo. Tripli salti mortali e robe così. Finito il pezzo ti vien da dire wow!
E poi lui è sincero. Ogni due righe ti dice che lui “non sa”. Non si schiera mai. Non fa l’intellettuale. Ammette la sua ignoranza. Scende al tuo livello, dandoti implicitamente del sempliciotto, o, fai un po’ te, l’illusione di essergli superiore. Come tutti, bontà sua, anche lui guarda la televisione. Come tutti, dice lui, non ci capisce granché d’ arte. Anche se va per mostre, lo fa di malavoglia e solo perché lo fanno un po’ tutti. Ma attenzione, è tutta una manfrina. Il colpo da maestro è in agguato. Mesdames et messieurs, faites vos jeux! Fregato. Les jeux son fait. Ti ha uccellato e non ti sei nemmeno accorto. La tua meraviglia ora è grande. Ora sei completamente stordito dalle sue parole. Sedotto a colpi di lessico e di sintassi. Ipnotizzato dal suo periodare. Ma come avrà fatto ti chiedi alla fine del pezzo.
Io ce l’ho messa tutta, e alla fine qualche trucchetto mi sembra di averlo intravisto.
Ad esempio. Gran parte dell’effetto seduttorio del suo raccontare è dovuto all’uso di un determinato frasario tipico di certi ambienti immesso però in contesti del tutto estranei. Usa ad esempio spesso un lessico sartoriale, ma un sartoriale casalingo, da rammendatrice in crisi mistica; sempre però in contesti che non t’aspetti. Per variare, talvolta, si spoglia delle vesti di rammendatrice, s’infila la paranza da casalinga devota, e ti piazza a brucia pelo perle di saggezze da lavandaia alle presse col bucato, o esclamazioni da matrona indaffarata nel tinello nel bel mezzo del resoconto, che so, di una sua visita alla Capella Sistina. L’effetto è assicurato. Questa miscellanea dissacrante fra sacro e profano, fra aulico e atmosfere da sottoscala, fra mistico e godereccio, fra vorrei ma non posso, sempre con quello sguardo di uno capitato lì per caso, per pura noia alla fine sortisce l’effetto desiderato. E cioè ti seduce. Ma lui vuole di più: ti vuole ammaliare. Qui entra in gioco la sua zampata finale. A questo punto lui ha l’intuizione. L’illuminazione. Il pezzo forte della sua esibizione. Un “non so cosa” ( tipica sua espressione) lì ma proprio lì ( il suo avverbio di luogo preferito) davanti ai suoi occhi tramuta lo sterco in oro. Grande, a questo punto, è la sua e la nostra meraviglia, nostra? Ma come avrà fatto?
Raggiunte queste cime, da brava massaia, sente il bisogno di riportare il tutto a una dimensione più terrena. E anche noi atterriamo insieme a lui, tiriamo un sospiro di sollievo, grati per questo giro sulla ruota della morte. Completamente sedotti e ammaliati. Senza nemmeno accorgersi siamo lì che ci spelliamo le mani dagli applausi e ad invocare il bis.
Giudizio: uno scrittore spettacolare, un paraculo da standing ovation

Kamal scrive una poesia che parla di una certa Fausta

Dice Fausta: ho le farfalle allo stomaco
e… sogna in libertà su un’ altalena legata all’arcobaleno
sorride ai mendicanti
lastrica di parole il cammino dei viandanti
corre il suo treno zingano
su binari tracciati da Picasso
prossima fermata l’avventura
questa donna mi piace
il paesaggio è una tela bianca da imbrattare
coi colori dell’attesa
il dio maschio, scalzato dal trono, offeso
forse non tornerà
il sole da lassù non capisce ma approva
la luna insonne gioca con le maree
e i mestrui
seminando desideri nei ventri delle donne
fermate questo treno
io scendo
ho voglia di un cappuccino
ma Fausta dov’è?

Kamal scrive una poesia sui profughi

In sella ai nostri anni migliori
sfidiamo il mare
scrutando rotte
di mille altri destini alla deriva
l’approdo è un azzardo
alle porte di Lampedusa
altre storie verranno a galla impigliate nelle reti dei pescatori
si consultino i sacerdoti delle news
per l’esatto numero dei dispersi
sul bagnasciuga
cadaveri gonfi
trafitti dai flash
e coperte termiche
per gli eroi

Kamal s’indigna contro gli indignados

Trovo un che di contemplativo, ascetico e molto zen nel sentimento “indignazione”. Mi suggerisce l’idea di una plastica posa dello spirito con tutte le buone intenzioni del pietismo laico messe bene in rilievo. Il mondo è pieno di iniquità, orrori , catastrofi e tante altre brutte cose di fronte alle quali ci si sente francamente impotenti. E per quanto si è empatici, non è che si possa passare le giornate a strapparsi le vesti e a disperarsi per tutto il male che affligge il creato. Ma indignarsi quello sì, è alla portata di tutti.
é bastato che il patriarca Stéphane Hessel impartisse il suo secco ordine ( Indignez-vous!) che in milioni hanno risposto prontamente obbedisco. Stéphane ha il physique du rôle ed è talmente longevo che la sua voce sembra provenire direttamente dall’aldilà. Autorevole perciò quanto basta per dispensare paternali ai rampolli di quest’occidente senza più un Dio a cui chiedere conforto, scossi e confusi dalla recente crisi economica e dei suoi lugubri presagi di un futuro senza più opulenza. Volentieri si son sorbiti, perciò, l’omelia del vegliardo Hessel tesa a renderli consapevoli del loro stato di privilegio, e puntellata di accorati appelli ad impegnarsi affinchè tale status quo venga conservato. Dopo tanta bambagia, ha detto in pratica il buon Hessel, ora è il momento del sacrificio, della penitenza, dell’indignazione.Tutti hanno trovato molto sagge queste parole e hanno fatto del suo pamphlet un best seller e di lui il santo protettore degli indignati. E fin qui nulla da ridere.
Confesso però che mi irrita ( stavo per dire m’indigna) quando vedo accostate, con faciloneria, le rivolte dei giovani del Nord Africa e del Medio Oriente agli indignati – o come va di moda adesso, alla loro versione spagnoleggiante: los indignados. Le rivolte dei giovani arabi hanno preso il via da un atto di pura disperazione. Mentre il meditato pamphlet del patriarca Hessel , per contro, può ben dirsi l’ ispiratore degli Indignados.
I giovani della primavera araba sono incazzati, non indignati. L’indignato è uno che blandamente esprime la sua vicinanza umana a un altro che sta subendo un’ingiustizia. Mentre l’incazzato è uno che non ce la fa proprio a subire altri soprusi e perciò si ribella.
Nulla dunque contro i los indignados e i loro sit-in, ma quanto a rivolte e rivoluzioni sono meglio attrezzati gli incazzados.

Per Kamal ad agosto siamo tutti migranti

Agosto mese di partenze e arrivi. È tutto un fuggi fuggi. Per lo più si scappa dal caldo, e si insegue il fresco. Le mete sono le più disparate, si va da quelle a raggio domestico, come il giardinetto dietro casa, i supermercati, o solo l’angolo di casa più propizio a godere del fresco artificiale del condizionatore a palla; a quelle più esotiche.
Ma noi, specie umana, pur dotati dell’istinto di migrare come certi uccelli, tuttavia non abbiamo rotte prestabilite. Noi si parte alla cieca. Non importa dove, l’importante è partire. Ad agosto l’imperativo è partire. Si diventa tutti migranti.
E anche i migranti, quelli più propriamente detti, ridiventano, se possibile, ancor più migranti. Un esodo a ritroso fra terra, mare e cielo. Si parte attratti, in questo caso, più che dal fresco dal richiamo delle radici. Come Ulisse. Solo che non c’è più bisogno di nessuna Odissea per raggiungere Itaca. Basta lasciarsi incantare dalle sirene del low cost, dai loro seducenti slogan e lasciarsi trasportare dalle loro tariffe irresistibili. Radici. Che peraltro affondano sempre meno nel suolo della terra nativa. Nella società liquida tanto cara a Bauman diventano, come dice lo scrittore algerino Tahar Lamri “radici di Mangrovie, in superficie, sempre sulla linea di confine, che separa l’acqua dolce della memoria, da quella salata del vivere quotidiano”. Radici che non conoscono più né confini né nazionalismi: si estendono la dove trovano nutrimento. Così ad agosto molti migranti diventano zingari cosmopoliti, in giro per le metropoli dove vivono altri parenti.
Fra i tanti viaggi che si intraprendono ad agosto ci sono anche quelli cosiddetti della speranza. Le carrette del mare con i loro carichi di disperazione. Qui si fugge da carestie e guerre. Verso approdi ritenuti più sicuri, più a misura d’uomo. Dove i diritti, si ritiene, sono di casa e la sacralità della persona umana è principo non negoziabile. Si ritiene. E qui fra i tanti che partono troppi non arrivano. Spesso il viaggio finisce in alto mare, nelle profondità del meditarreneo.
L’uomo dunque è un animale viaggiatore, con l’istinto innato a migrare. E non ha, si è visto, rotte o mete prestabilite. Sempre che non vogliate includere in questo discorso anche Riccione e i suoi affecionados.
Per Kamal ad agosto siamo tutti migranti

Ultimo incontro con Kamal

M - Ciao Kamal
K - Asslamou alaykoum Mohamed.
M - Perché non aggiorni più il blog?
K - Perché voglio scrivere di una cosa ma mi vergogno
M - E dai, e che sarà mai?
K - Ho trovato un lavoro
M - Dovresti essere contento
K - Invece no. Sai che lavoro è?
M - No
K - Faccio il badante di riserva.
M - Che vuol dire badante di riserva?
K - Lo so non è proprio il lavoro dei miei sogni…con questa crisi uno si deve accontentare di quello che trova…
M - Pensavo che era un lavoro solo di donne dell’est e dei filippini
K - Aggiornati caro mio. Tu parli di mille anni fa, ora ci sono tante italiane disposti a fare anche le badanti sempre se riescono a trovarlo. Comunque io, ma tu non mi stai a sentire, ti ho detto che faccio il badante di riserva.
M - Spiegami come funziona
K - Praticamente c’è una famiglia molto ricca che ha già un badante peruviano solo che questo si stanca a stare 24 su 24 con il signore a cui bada e che ha il Parkinson … ogni tanto ha bisogno di almeno un giorno alla settimana di riposo, ha bisogno delle ferie una volta l’anno, e poi anche lui è umano ogni tanto si ammala ecc, e allora per coprire tutti questi vuoti hanno pensato bene di assumere un altro badante col minimo salariale, praticamente li pagano la reperibilità… ogni volta che loro chiamano io devo farmi trovare pronto.
Spero di trovare il coraggio per scriverci un post.

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Anno 9, Numero 39
March 2013

 

 

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