El Ghibli - rivista online di letteratura della migrazione

Nota biografica | Versione lettura |

vi auguro la pioggia

paola corgatelli

In queste lunghe giornate di afa agostana, che accomunano l'Europa all'Africa, quale miglior augurio dell'arrivo della pioggia?

“Je vous souhaite la pluie”: il romanzo di esordio della camerunese Elisabeth Tchoungui (2006, ed. Plon), dal titolo bene augurante per chi soffre sotto la canicola, racconta una storia di emigrazione, quella di una ragazza delle bidonville di Yaoundé, lettrice accanita e scrittrice di novelle che non riesce a pubblicare, la quale, infine, sposa e segue un giovane francese a Parigi.

Il romanzo, in effetti, è suddiviso in due parti: la prima, dal titolo “Hivernage” racconta la lotta per la sopravvivenza di Ngazan nei vari ambienti di Yaoundé: il mercato, il ristorante dove lavora, la discoteca, l'ambasciata francese; la seconda, dal titolo “France mirage”, racconta il suo difficile inserimento nella giungla urbana della “ville lumière”.

Romanzo autobiografico? Sembrerebbe di sì, visto che nei ringraziamenti finali, l'autrice si identifica con la protagonista: “La mia gratitudine va a tutti i luoghi che hanno visto crescere Ngazan; Tenay, Yaoundé, Kribi, Dakar, Ouagadougou, Nazinga, Positano, Stromboli, Gosier, Les Saintes, La Barbade, Antigua, Roma, Venezia, La Lauzière d'Assac.”, luoghi che appartengono alla biografia dell'autrice, la quale è vissuta anche in Italia ed attualmente esercita il giornalismo in Francia.

L'abilità nel tratteggiare i personaggi, dalla venditrice di banane al veterinario della brousse, gli esilaranti battibecchi, come quello tra il sottoprefetto che deve proibire il consumo di vino di palma e un bevitore accanito, la descrizione di ambienti e situazioni (come il momento della “palabre” al villaggio dove si deve decidere se dare in sposa la protagonista al “toubab” francese) denotano una facilità di scrittura notevole ... l'autrice dà prova di grande umorismo nel delineare vizi e virtù dei camerunesi e dei parigini, ma anche di profondità di riflessione sulla vita nelle bidonville e sulla condizione delle donne africane: “Ngazan non subirà la sorte delle sue antenate, mamme e sorelle. Generazioni di africane accovacciate davanti alla supremazia maschile. Accovacciate per ravvivare la fiamma del focolare, per spennare il pollo mensile, per lavare i bambini, accovacciate per coltivare i campi, accovacciate per partorirvi, mentre il loro uomo beve, se ne va a zonzo, chiacchiera o cerca un pretesto per picchiarle.”

Romanzo sulla condizione femminile, dunque, storia di una ragazza povera e fiera: Ngazan è orgogliosa delle sue origini, in quanto discendente dagli Ewondo, che fanno parte della famiglia Beti, “signori della foresta, piccoli di taglia ma grandi nella determinazione”; nel corso della storia, Ngazan scopre come la condizione della donna africana, che non voglia scendere a compromessi e non voglia vendere il suo corpo, sia la stessa ovunque, nella foresta equatoriale come nella giungla urbana di Mbeng (Parigi). Là incontra la sua amica d'infanzia, Princesse, diventata anoressica e cocainomane, che cerca di introdurla negli ambienti televisivi ed editoriali. Ma, come in Camerun, per farsi pubblicare, una donna deve vendersi all'editore. Poiché lei si rifiuta, arriva un periodo di depressione, di solitudine e di tristezza, aggravato dalle incomprensioni con i suoceri. Solo l'incontro fortuito con un grande editore le permetterà di pubblicare il suo primo romanzo: “Pygmée-Party”; è divertente leggere il giudizio dei critici sul romanzo della protagonista, giudizio che potrebbe, di fatto, essere riferito al romanzo della Tchoungui: “La truculenza di Calixthe Beyala, il lirismo sanguinante di Saint-John Perse, la derisione di Martin Amis, notevole!” Un'autocritica positiva all’interno del romanzo stesso!

Dal punto di vista linguistico, l'opera di Tchoungui è intrisa del pidgin camerunese, che, mescolando un inglese contraffatto al francese, entrambe lingue nazionali, porta in sé la storia del paese: scoperto dai portoghesi, che lo chiamarono Rio dos Camaores (o fiume dei gamberi), da cui deriva il nome Camerun, fu colonia tedesca dal 1884 (Trattato di Berlino) alla fine della prima guerra mondiale; l'impronta tedesca è presente ancora in alcuni toponimi, come nel nome della capitale, Yaoundé, deformazione germanica di Ewondo (un clan bantù); in seguito, Francia e Inghilterra si spartirono il paese e, dopo l'indipendenza (1960), i due spezzoni si unirono nella Repubblica Federale del Camerun. Attualmente un quinto della popolazione parla inglese, il resto francese, ma esistono più di 200 minoranze linguistiche tra cui tedesco, ewondo, douala, fufulde, ghomala', baham, medùmbà, kom e altre.

Nella nota dell'autore, la scrittrice invita il lettore a servirsi del lessico posto alla fine dell'opera e afferma che: “L'Africa contribuisce alla vitalità della lingua francese. Questo romanzo contiene espressioni e parole utilizzate nel continente africano e soprattutto in Camerun.” Ne riporto alcune molto divertenti:
Chop = cibo o mangiare.
Deuxième bureau = amante
Do = denaro (dall'inglese dollars)
Flop = molto
Go = ragazza (dall'inglese girl)
Itinéraire bis = coppia adulterina
Jon = ubriacarsi (dall' inglese to drink)
Kapo = persona ricca o di potere (dal tedesco)
Lap = ridere (dall'inglese to laugh)
Maquis = piccolo ristorante clandestino
Mbeng, Mbenguiste = la Francia e chi abita in Francia
Mo = bello, carino
Pardon = significa, anche, “per favore”
Tchat = fare il filo (da tchatche, parlantina, chiacchiera)
Ton pied mon pied = sempre insieme
Waka = camminare (dall'inglese to walk)
Ya = capito, capire (dall’inglese to hear)
e via discorrendo...

Inizio pagina

Home | Archivio | Cerca

Archivio

Anno 9, Numero 37
September 2012

 

 

 

©2003-2014 El-Ghibli.org
Chi siamo | Contatti | Archivio | Notizie | Links