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uluri kamayurá

julio monteiro martins

Guyracuara viveva adesso in modo diverso da sua madre, ma aveva vaghe nozioni di questa diversità. I vecchi della tribù Kamayurá ormai da tempo avevano smesso di preoccuparsi di raccontare fatti e leggende del passato di quella comunità come, per esempio, la nascita e l’eredità del Padre di tutti i Kamayurá, la vita prima dei caraíba1, delle barche a motore e delle radioline.
Ogni tanto la gente del Centro Leonardo Villas Boas organizzava una festa per gli indio della Riserva dello Xingu. Guyracuara si preparava per giorni interi per queste grandi occasioni con penne di pappagallo, urucum2 e un uluri3 nuovo, con i lacci dipinti. Tutto per vedere gli indio danzare insieme nello stesso e meticcio rituale. Come poteva essere accaduto ciò? Anticamente, lei sapeva, le tribù erano nemiche, gli indio tutti grugni4. Sapeva solo che cacciavano, rubavano ai Kaimayurá, che piantavano manioca e che vivevano nello stesso luogo fin dalla notte dei tempi. Ora danzavano insieme Kamayurá, Txukahamãe, Juruna, Xavante e altra gente diversa da quella della Riserva.
La vita del villaggio, prima della prima visita dei caraíba, e i nuovi costumi erano cose che facevano molto pensare la donna. Ai tempi di sua madre i Kamayurá vivevano da soli, quindi dovevano saper fare tutto, proprio tutto. Kamayurá ora faceva solo degli oggetti decorativi e non era necessario sapere di più. Collane e uluri potevano essere scambiati con tutto il resto. Kamayurá non fa più fiaschi di zucca perché li fa Txukahamãe. Kamayurá non pianta più manioca. Juruna la pianta e poi la scambia con i ninnoli di Kamayurá.
Guyracuara incontrò di nuovo il Juruna Iawareté nella cerimonia funebre di un pajé5 txukahamãe. Danzarono e mangiarono insieme frittelle di tapioca, mentre gli altri indio misuravano le forze nel terreiro6. Guyracuara si ricordava bene di Iawareté. Ogni tanto era stato incaricato di portare un sacco di manioca ai Kamayurá, e la piccola india gli aveva dato tre collane della festa con lunghe penne dai molti colori. Una di queste Iawaraté l’aveva messa ora per la cerimonia di quella sera.
Stavano tutti ancora cantando, sotto la luce della luna, quando Guyracuara e Iawareté si nascosero nella folta selva per stare insieme. Guyracuara slacciò il nastro del suo uluri e aprì le gambe. Iawareté rimase dentro l’india, giocando, fino al ritorno del coaracy, il sole. Conclusa la cerimonia, tutti presero il cammino di ritorno verso i piccoli pezzi di terra che restavano di ogni tribù. Una volta tornata, Guyracuara non vide più Iawareté e nemmeno trattò più gli scambi con i Juruna. Fra i Kamayurá si compiva una tradizione della cui origine non si aveva notizia a memoria d’uomo. Tutti vedevano la pancia di Guyracuara crescere, sapendo che l’india aveva slacciato l’uluri per Iawareté, il Juruna, ma facevano finta di non saperlo e nemmeno di conoscere le sue impossibili conseguenze. La sua gravidanza sarebbe stata virtualmente ignorata dagli altri, da tutte le famiglie, fino al nono mese.
Gli indio ancora osservavano il silenzio e mantenevano il loro atteggiamento di indifferenza, quando Guyracuara sentì le prime avvisaglie del parto prossimo. Era il momento per l’india di compiere il suo ruolo secondo tradizione. Realizzare il suo patto inappellabile con il Padre dei Principi. Doveva andare da sola in riva al fiume, partorire, uccidere e lasciare là, sepolto, il figlio bastardo di una tribù straniera, e ritornare tranquilla al villaggio. Poi, mai più si sarebbe toccato l’argomento e, per nessuna ragione, nulla sarebbe più accaduto che potesse minacciare l’ordine Kamayurá.
Guyracuara afferrò una zucca vuota, un coltello e un pezzo curvo di bambù e camminò nel buio della foresta fino alla riva di un braccio del fiume Xingu. Mise la zucca con dentro l’acqua vicino a sé, si accucciò, appoggiata a una palma e, senza un grido né un gemito, spinse fuori da sé il neonato che piangeva con gli occhi serrati. Tagliò con i denti il cordone ombelicale, espulse la placenta con il piccolo indio fra le braccia, e solo allora andò ad immergerlo nell’acqua della lanca.
Il piccino smise subito di piangere e, muovendo leggermente le braccine, cercò con le labbra il capezzolo della madre. Guyracuara, dondolando il piede nell’acqua del laghetto, si mise a pensare molto seriamente. Kamayurá dice che si deve ammazzare e seppellire il piccolo perché è figlio di un indio di un’altra tribù, è stato fatto da Juruna ed è maledetto, non può vivere. Kamayurá dice che è sempre stato così. L’Orlando, il caraíba del Centro Leonardo, dice che gli indio non possono più uccidere. Che nessuno può uccidere, che è una cosa cattiva, e che lascia Mama’ê, lo spirito della foresta, furioso e grugni. Dice anche che è sempre stato così.
Juruna era nemico di Kamayurá, ma è stato molto tempo fa. Ora danzano tutti insieme. Juruna porta manioca e Kamayurá fa dei ninnoli per Juruna. Allora Juruna e Kamayurá sono fratelli e possono fare un figlio. Ma i vecchi della tribù pensano in un altro modo. Si può stare insieme solo alla gente del villaggio vicino. Se si ritorna con il piccolo al villaggio, loro si arrabbiano, ammazzano il bambino e cacciano Guyracuara dalla tribù. Fanno sparire il piccolo, mai più Guyracuara potrà nuotare nella Laguna di Ipawu, e caraíba non avrà modo di impedirlo.
Guyracuara non potrebbe più restare lì. Afferrò una foglia secca di banano e l’avvolse intorno al piccolo indio. Entrò nell’acqua fino alla vita e cercò una gigantesca ninfea fra le molte che costeggiavano il braccio di fiume. Adagiò il piccolo nella ninfea e rimase a guardare il bambino sgambettare. Gli diede il nome di U’uba-y che nel linguaggio dei caraíba vuol dire “freccia del fiume”.
L’india Guyracuara spinse la ninfea verso una corrente che incontrasse una rapida dello Xingu. Allora rimase sulla sabbia a guardare U’úba-y viaggiare nel fiume, lontano, verso qualche luogo delle foreste di Mama’ê. Il piccolo Kamayurá e Juruna ormai andava via sulla canoa di ninfea che viaggiava fra i giunchi e le felci. Caraíba dice che alla fine del fiume c’è il Mare, che è un fiume senza fine.
Guyracuara non si sentì triste. Ricompose l’uluri e ritornò al villaggio come se fosse andata a cercare noci di urucum. U’uba-y sarebbe stato il grande sacerdote delle tribù del fiume senza fine. E solo Guyracuara l’avrebbe saputo.

1caraíba: l’uomo bianco
2 urucum: frutto dell’urucuzeiro, da cui si estrae anche una sostanza tintoria
3 uluri: lacci di liane delle donne che portano attorno ai fianchi e passano tra le cosce.
4 grugni: bellicosi, violenti
5 pajé: capo religioso e spirituale nella tribù
6 terreiro: grande spiazzo all’aperto dove si svolgono i rituali e la vita quotidiana della tribù

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Anno 9, Numero 37
September 2012

 

 

 

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